Un altro calco, forse meno facile da targare dei precedenti. Questa volta, infatti, nemmeno io potrei definire uno o più nomi più o meno illustri al quale collegarlo, mentre non posso dimenticare il genere di soggetti che me l'hanno ispirato. Mia madre - cenno personalissimo - ha l'abitudine di trascorrere ogni anno qualche settimana presso un albergo della riviera dove alloggiano creature di genere femminile, anche piuttosto agées e di gusti "romantici", in un'accezione che non ha molto a che vedere con Schiller o con Coleridge ma che si può senza fatica definire languore, melensaggine e vuoto sentimentalismo. Ovviamente le volte che sono stato nell'hotel in oggetto - due o tre volte negli ultimi anni e per pochissimi giorni - ho sempre evitato come la peste di dover scambiare parola con coloro, ma non potevo evitare - a tavola o in spiaggia - di afferrare qualche frammento del discorso loro o del marito, amante o conoscente. Ciò che ne ho compreso è piuttosto agghiacciante ma si può senza fatica compendiare nel testo che presento: un'immane fatica pur di ottenere e mantenere una buona sistemazione.
SUBLIME
«
... intense emozioni sconvolgono il mio pensiero e l'oceano
dell'anima squassa con i suoi potenti marosi la fortezza sterile
dell'arida ragione, che mai possedetti pur essendone posseduta. State
qui, o mie fragili righe, testimoni della più amara sconfitta e del
grande mistero sfiorato..»
Certa
di incontrare il Vostro interesse Vi invio il mio «Lunario
dell'Eclisse», testimonianza definitiva del mio sentire. Edna
Corsieri Bellombra.
Lunario
dell'Eclisse
di
Edna Corsieri Bellombra
....
Mi guardi tacendo. Ignoro. Trema il mio io bambino disilluso. Il
vento aspro si aggrappa ancora una volta a queste rocce venate di
umidità, esauste dal lento scorrere dei secoli. Taci ancora,
ornandoti di oscurità.
-
Non c'è più tempo. - Mormori infine, definitivo come un rintocco,
come un sigillo bronzeo sbalzato da ignote e antiche mani sapienti. -
Dobbiamo andare.
Tutto
è così netto in te, così preciso e privo d'ombra. Mi hai amato? Ti
ho amato? Fu semplice intenerirsi, piegarsi di una grande fronda sul
mio sguardo intenso di amarezze? O passione rapida come il fuoco che
muore vivendo sui ciocchi rugosi che hanno sorvegliato il nostro
languire, qui, in queste stanze chiare e dimenticate dal tempo?
Chino
il capo. La valigia di vitello di Vuitton®tm, piena di
inutili abiti firmati, di fragili gingilli, di serici fremiti ormai
scivolati alle mie spalle è pronta al portone, oggetto bello ma
cieco e quotidiano che accoglie i miei sguardi senza nulla rendere né
ricordare.
-
Ricordi...? - Mi mordo le labbra tornando arca di silenzio. Non
sollevi neppure lo sguardo, consulti il tuo orologio d'oro, il mio
primo dono, acquistato da Arcuri & Bonsonno, design originale di
Hirami Tagomo®tm e lancette di Fabergé®tm.
Il tuo sorriso allora era stato l'alba di un nuovo, eterno giorno di
felicità, ora il tuo tacere è notte di pietra scura dove si
frangono le mie emozioni.
-
Hai preso tutto? - Chiedi - Che non ho mica voglia di far inversione
in galleria.
Tutto,
come si può prendere tutto? I nostri respiri, le nostre parole, i
nostri sogni inquieti ed i risvegli disperati? Come posso prenderli,
come posso recarli con noi, o crudele? Vorrei urlare, strappandomi
queste vesti da viaggio disegnate da Valentiniano®tm, dipingendomi
di colori rabbiosi e osceni della Mitsunami®tm per ballare nuda per
te, mio Abelardo pagano. Vorrei stupirti, farti fremere davanti alla
mia anima selvaggia, ai mie gesti eccessivi, alla mia passione
estenuata.
-
Allora, ti muovi? - Mi domandi. Quale divinità d'acciaio, quale
oscura, siderea forza cieca ha fatto di te un gelido notaio delle
nostre anime perdute? Afferro il beauty-case in pelle d'alligatore,
dono del Cavalier Augusto Ferdinando Corsini, disegnato in sole cento
copie da Esteban Malvezzi®tm, ricevuto alla splendida
festa tenuta all'Eremo di Montebricco e ispirata all'antico Egitto.
Recavo il volto di una dea, allora, mio Anubi dal volto di levriero:
ero Iside, lunare compagna di Osiride, e già allora, quella sera,
sentivo questo distacco, questo sordo dolore, fattosi sofferenza viva
quando ti sei messo ad abbaiare alla luna e sei caduto nella piscina.
Esci
sbuffando. La porta si chiude alle tue spalle che tante volte ho
stretto e graffiato, come un naufrago aggrappato al tronco della
salvezza. Sei andato a prendere l'auto, la tua Dover®tm
canna di fucile con interni in radica di noce, sedili in pelliccia di
ocelot, multitelefono cellulare, antenna parabolica, DVD e DVD-Rom,
mobile bar, schermo ad alta risoluzione, sito internet, pilota
automatico, radar, sonar, sismografo, oscilloscopio e catapulta di
sicurezza, carrozzata da Riccio Faleva®tm.
Fuori
sento il ronzare potente del tuo motore. É questo dunque il respiro
dell'abisso? Questo tecnologico pulsare, emblema della vita meccanica
che sommergerà le nostre spoglie estenuate? Mi siedo accanto a te.
Allaccio le cinture.
-
Ma che cazzo te ne frega delle cinture? Tanto se mi fanno la multa De
Nittis me la fa togliere. - Mi dici.
É
questa dunque la tua potenza, mio Suppiluliuma sul carro d'acciaio,
mio perfetto Achille? Fremo mentre la cintura mi sale a sfiorare la
gola. Eccomi, tua, inerme, abbandonata su questo morbido sedile,
avvinta dalle cintura che tu hai voluto in pelle di cobra corallo.
Con lentezza mi sciolgo dal loro freddo abbraccio e mi guardo nello
specchietto posto fuori dall'auto. Il mio viso appare e scompare,
miraggio scandito dal tuo ritmo di guida, fatto di ferine, rabbiose
accellerate e veloci frenate. É forse questo il mio destino, essere
vera e vivente solo quando la tua volontà mi evoca, fantasma
solitario rimasto a celebrare la passione?
Ascolti
«Los Paraguagios Scatenados» che eseguono « Salsita Bonita». Il
volume è possente, quasi foriero di stordimento. Al telefono dici: -
Lo senti, Magnani che volume? Lo senti il mio Atadi Lancelot®tm?
Altro che le scoreggine del tuo ciddì da ospizio! -
Il
cielo si è fatto gonfio di nubi. La luce cade come un
possente coro dal soffitto di grigia attesa della pioggia. Essere
unica sacerdotessa del culto di te? Sorrido mentre sorpassi due Tir
incolonnati, costringendo una 128 a buttarsi fuori strada per non
incontrare la tua ira, i tuoi cento e cento ardenti cavalli
meccanici.
Uomo:
bambino crudele, dolce tiranno.
Sarò
la tua unica papessa, sacrilega e sensibile, il tuo solo tramite per
l'infinito e il sublime, per il sottile e lento scorrere del tempo,
quando, stanco, tornerai a posare il capo imbiancato sul mio grembo,
spenti i tuoi furori, giocati i tuoi ultimi giochi. Quando, infine
sconfitta, sarò vittoriosa.
4 commenti:
Che ti sei fumato, Max? Lasciamene un po'. ;-)
E complimenti.
@Grazie, Conso. Certi ambienti, conversazioni, discorsi inevitabilmente mi affascinano: )
Piacevolmente folle - giusto per non ripetere il commento di Consolata. A "oscilloscopio" ho riso tantissimo!
@SX: Grazie. Il mio vero problema è che a volte sospetto che dovrei riciclarmi come scrittore conto terzi, smettendo di scrivere in prima persona. Ti serve un brano per un concorso? Eccomi qui, pronto a scrivere a nome dell'interessato negli stili sentimentale, fantasy, Noir, gore o quello che ti serve.
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