Ne ho parlato in dicembre, in un articolo piuttosto deprimente, e ora, come promesso ci ritorno. Ieri alle 13.30, invece di pranzare, ci siamo ritrovati nella (temporanea) sede di Piemonte Libri, in via San Tommaso. Una decina di editori piemontesi - i delegati dal coordinamento dei 140 editori - per discutere del documento da portare in Regione e per avere qualche info sullo stato delle cose. La discussione del documento è stata breve, in un modo o nell'altro tutti quanti abbiamo dato un nostro contributo alla sua stesura – il mio è stata un generoso intervento sulla necessità della vendita on line di libri ed e-book, approvato all'unanimità –, e il problema era semplicemente quello di trovare qualcuno che si incaricasse di farlo pervenire agli altri editori. Si sono poi scelti i tre delegati all'incontro con la regione, tra i quali ovviamente sono stato infilato anch'io («In fondo abiti a Torino, no?») e la parte che riguardava il documento è terminata. Dopodiché abbiamo sentito le «nuove», che tanto nuove non sono. La Regione Piemonte non ha ancora pagato, nonostante le promesse, le tre persone che lavorano in libreria vedono avvicinarsi il giorno dell'inizio della disoccupazione, entro marzo al massimo i sigg.ri editori sono pregati di venirsi a prendere i loro libri e non c'è ancora un'alternativa decente, né in centro né in periferia. C'è stata una discussione piuttosto pletorica sulle possibili zone (Cit Turin? S. Paolo? Zona C.so S. Maurizio? La ex-Manifattura Tabacchi?), ma la realtà è che tutto è fermo. Aprire una libreria in questo momento assomiglia molto a ciò che mio padre definirebbe «un colpo di testa». Tanto più se si tratta di una libreria con soltanto libri degli editori piemontesi. C'è un po' di stanchezza, inutile nasconderlo, e un po' di scoramento.
Il problema, a volerlo guardare da un punto di vista un po' meno parziale, è che la Regione Piemonte ha semplicemente finito i soldi – ovvero ha finito i soldi dedicati alla cultura – e le imprese editoriali piemontesi hanno le spalle troppo gracili (nonché, purtroppo, troppi contrasti tra loro) per sostenere il peso di un punto vendita nel centro cittadino.
Il problema, a volerlo guardare da un punto di vista un po' meno parziale, è che la Regione Piemonte ha semplicemente finito i soldi – ovvero ha finito i soldi dedicati alla cultura – e le imprese editoriali piemontesi hanno le spalle troppo gracili (nonché, purtroppo, troppi contrasti tra loro) per sostenere il peso di un punto vendita nel centro cittadino.
È un meccanismo piuttosto comune in una situazione di crisi: non hai i soldi per mantenere il tuo punto vendita quindi ci rinunci, quindi non hai i soldi per promuovere altrimenti le tue iniziative, quindi il tuo fatturato decresce, quindi non hai i soldi per nuovi libri... e da un quindi all'altro ti trovi a dover chiudere.
In un vecchio romanzo di fantascienza di un autore americano, curiosamente socialista, Effetto valanga di Mack Reynolds (1974) la crisi economica viene innescata da un uomo qualunque che decide di non cambiare la sua lavatrice. Negli anni '70 non esistevano ancora i derivati né le banche d'affari avevano tutto il potere - economico e politico - attuale, sicché la crisi immaginata da Reynolds ha qualcosa di curiosamente antico, ma ciò non toglie nulla alla giustezza dei meccanismi macroeconomici di fondo. Una crisi rimane tale finché non interviene direttamente lo Stato, con buona pace di tutti i liberali del mondo. Nel libro la crisi viene risolta passando una busta all'uomo che a suo tempo aveva rinunciato alla lavatrice, invitandolo a comprarla. Nella realtà risulta ovviamente impossibile ripescare il fattore scatenante, ma ciò non toglie che l'aiuto pubblico potrebbe essere indovinato, in questo momento. Non è questione di andare a piangere da papà Stato e chiedergli la paghetta, ma soltanto di utilizzare formule di sostegno all'imprenditoria. Rimandare le tasse alle imprese e lasciare ai cittadini un po' di denaro perché venga speso. «Sostenere la domanda», tanto per utilizzare una formula che piace ai nostri bocconiani. Una formuletta facile facile che Mr. Monti non ha applicato, anzi ha fatto l'esatto contrario. Secondo Vladimir Ilic Ul'janov, per gli amici Lenin, i meccanismi dello stato e dell'economia dovrebbero essere sottoposti al giudizio di una massaia, che potrebbe stabilire se una politica è o meno funzionale. Personalmente non credo che Monti e i suoi fantastici ministri avrebbero passato l'esame. Quanto agli amministratori della regione Piemonte... beh, speriamo durino il meno possibile e che a sostituirli ci sia qualcuno che non è andato alla Bocconi.
7 commenti:
Concordo.
E non solo per quella meravigliosa regione che è il Piemonte ma anche per quel meraviglioso, e purtroppo martoriato dai suoi politici, paese che è (era?) l'Italia.
Tutta la mia solidarietà a quei tre dipendenti che hai citato nel tuo post.
Concordo anch'io, che quando si parla di economia sono a livello della massaia. E quel libro mi incuriosisce parecchio, soprattutto per il gusto retrò. L'attuale sistema ha un sacco di bachi, che non sono previsti dai modelli. Il più banale: cosa succede quando tutti i correntisti decidono di ritirare i propri soldi? E altri meno banali, tipo: cosa succede se chi possiede casa decide di rifinanziarla, contrae debiti e non riesce a ricomprarsela?
Certo che se girano certi articoletti...
@ Salomon
Solo su "quel" giornale potevano uscire fuori articoli del genere.
@Nick: Sai, io fino all'ultimo speravo che il titolo fosse solo provocatorio.
@tutti: abbiate pazienza per l'attesa, ma ero un pochino incasinato e sono riuscito a vedere i vostri messaggi soltanto ora. Scusate tanto, anche se non posso promettere di non farlo più...
@Nick: tutte le volte che vado fino alla libreria ho la tentazione di strisciare contro i muri per non incontrare i tre soggetti, che invece sono sempre cordialissimi, come se avessero davanti ancora vent'anni di lavoro... Ho molta considerazione per loro.
Quanto al Piemonte e all'Italia sono purtroppo schiavi di una congerie di vecchi attaccati ai loro (pochi) soldi istigati da alcuni giovinastri ansiosi di blandirli per poterglieli togliere. A suo modo un classico dickensiano che dimostra che chi non conosce la storia - e in particolare le storie - è condannato a riviverle. Chi ha detto che con la cultura non si mangia? Magari è difficile mangiare ma se non altro ci si può difendere.
@SX: il legame tra microeconomia (ipoteche sulla casa eccetera) e macroeconomia (abbassare il tasso di sconto nella BCE) non è chiaro nemmeno per me che ho dovuto comunque interessarmi di economia vi coacta, se non altro per capire che cacchio stava succedendo. Come si è visto la cosa non mi ha aiutato troppo, ma questo è un altro discorso. Sono certo comunque che tra il poveretto che si è indebitato e l'andamento generale dell'economia esista un legame e disponendo di molto spazio e qualche manualone per controllare potrei anche imbarcarmi in un aborto di spiegazione. Non escludo di parlarne qui una volta o l'altra.
Quanto al fogliaccio che citavi direi che è perfetto per dimostrare che i lettori del fogliaccio si autoselezionano per gusto e intelligenza. In altri tempi avrei raccomandato la fucilazione all'alba. Adesso che sono diventato socialdemocratico mi accontenterei dell'esilo sulla luna.
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