Ripubblico qui, dopo essere comparso sul blog Il futuro è tornato, il mio lungo articolo su Iain M. Banks e sulla Cultura. Un articolo che mi è costato un certo lavoro ma del quale devo - nonostante tutto - ringraziare l'ottimo Nick di Nocturnia, che con minacce e lusinghe è riuscito a schiodarmi dalla mia pigrizia intellettuale. L'articolo, pubblicato in due parti, ha provocato un certo movimento, sia nel blogger-mondo che su Facebook, dove Davide Mana ha provveduto a creare un po' di interesse. Ne approfitto per ringraziare, tra gli altri, Davide Mana per l'apprezzamento dimostrato e Iguana Jo per il dibattito che ha contribuito a creare, permettendomi di mettere maggiormente a fuoco a punto alcuni punti essenziali del mio articolo. Piccola nota: questo articolo non è una biografia né si candida a voler presentare l'intera opera dell'autore scozzese. Si tratta unicamente di un piccolo contributo per eventuali interessati alla scoperta del suo lavoro in ambito fantascientifico.
Iain
(M.) Banks è nato nel febbraio del 1954, in Scozia, a Dunfermline,
nel Fife, una piccola città ma che è stata la capitale della
Scozia. E vi è nato più o meno sette anni dopo Ian Anderson - se
non
sapete chi è potete informarvi wikipediando sulla tastiera del
vostro pc le parole «Jethro Tull» - e questo è già quanto basta a
rendermi la città particolarmente simpatica.
Il
nome gaelico della città è Dùn
Phàrlain e
anche il fatto che la città possieda un nome in due diverse lingue è
un elemento a suo modo consonante con il tema di questo breve lavoro.
Iain Banks, infatti, è noto al mondo con due nomi, ai quali
corrispondono due diverse tendenze narrative. Iain Banks, infatti, è
autore di horror, fantastico, gotico e mainstream,
mentre Iain M(enzies) Banks è autore di sf, space opera, distopia
e, solo secondo alcuni, cyberpunk.
La
M di Menzies indica un «middle name» che il padre di Banks
dimenticò di registrare all'anagrafe e che il figlio ha in seguito
adottato come facile formula per distinguere la propria produzione.
Ovviamente per coloro che ci tengono. I «due» Banks, I.M.Banks e
I.Banks sono stati comunque stati inseriti dal Times
tra i cinquanta migliori scrittori inglesi attivi dal 1945. Un
risultato tutt'altro che trascurabile per un autore di sf.
La
Cultura è nata da Iain M. Banks probabilmente come intuizione per
dare uno sfondo unitario ai suoi romanzi di space
opera.
È un nome breve, sintetico, che racchiude milioni di diversi
significati.
Ma
innanzi tutto essa è strana:
Ma
l’ambiguità della Cultura, il suo apparire insieme fortuna e
condanna dell’umanità, il suo orientamento antiretorico e la sua
prassi, perennemente oscillante tra prassi diretta e contorti
bizantinismi, le calcolate reticenze e le osservazioni solo
apparentemente casuali sono il modo personale di Banks di sfuggire
alla necessità «morale» di definire una società futura. Un
sottile umorismo percorre e innerva le descrizioni della Cultura,
forma di società futura ipotizzata per rovesciare e ridicolizzare il
nostro presente. Gli utensili intelligenti della Cultura – dalle
astronavi alle armi – sono moralisti, formali, guidati da dettami
etici vincolanti e praticamente insopportabili, simili a vecchie zie
petulanti che hanno immancabilmente ragione e anche per questo
risultano particolarmente moleste.
Di
fronte a questo genere di macchine gli umani possono rivelare i
propri tratti immaturi, tanto più che saranno le Menti sintetiche a
indirizzarli verso forme di esistenza e coesistenza accettabili (da:
recensione a «Considera Fleba», LN-LibriNuovi out-of-print).
Menti
sintetiche.
La
Cultura è innanzitutto una forma di intelligenza diffusa,
penetrante, vischiosa e immane, curiosa, pettegola, crudele e
anticonvenzionale. Un'intelligenza ambientale, che permea e
attraversa, mutandone il significato e il verso, lo scopo e la
funzione di oggetti d'ogni genere, dalle armi portatili alle navi
stellari:
«Attenzione!»
gridò la pistola. «Solo il personale autorizzato può provvedere
alla manutenzione! Ogni tentativo di smontare questo oggetto avrà
come risultato la sua irreversibile disattivazione!»
«Zitta,
piccola bastarda» dissi (e la pistola tacque). (da:
«Un dono dalla Cultura»,
Fanucci, Solaria, trad. Anna Feruglio Dal Dan)
Un'intelligenza
innocente, ma tutt'altro che innocua,
Le
Menti che governano la Cultura sono per antonomasia entità
innocenti, ma l’innocenza, come ci ha insegnato Chesterton, non
coincide con l’ingenuità né, a maggior ragione, con la
superficialità… (da: recensione a «Volgi lo sguardo al vento», LN-LibriNuovi out-of-print)
Definire
la Cultura è relativamente semplice. Da un certo punto di vista può
essere definita come «Una forma di intelligenza di natura sintetica,
estesa nello spazio a controllare ogni azione di origine umana,
cercando di ridurne e smorzarne i tratti violenti e infantili». Una
definizione ovviamente tendenziosa e ridotta alla sua semplice
condotta relativamente agli umani (e alle altre specie intelligenti),
ma dove «ridotta» non significa né elementare né semplice e può
essere narrativamente molto interessante spiegare come la
Cultura interviene nelle faccende umane.
Definita
in vario modo – per qualcuno persino «comunista» – la Cultura
inventata da Banks è un’entità politica ibrida, dove si ritrovano
elementi di gran parte delle ideologie radicali che hanno
attraversato il XX secolo, strappate al limbo dell’utopia con la
pragmatica applicazione da parte di strutture senzienti non umane.
L’elemento di particolare interesse del sistema politico della
Cultura sta nel volgere in termini positivi un caratteristico incubo
della sf (e non solo): la società dominata dalle macchine, ovvero da
un determinismo meccanico che esclude radicalmente l’intuizione e
l’emotività umana. E qui il primo riferimento che viene alla mente
non è letterario ma cinematografico: il ciclo di Terminator.
L’aver
postulato un universo compiutamente postideologico (e in ultima
analisi postumano) permette a Banks di giocare costantemente sulla
linea d’ombra tesa tra l’utopia e l’incubo, moltiplicando,
sovrapponendo e contrapponendo i punti di vista a proposito dello
«stato delle cose» tra macchine, umani e alieni. (da:
recensione a «Volgi lo sguardo al vento», LN-LibriNuovi
out-of-print)
Gli
esseri umani, nell'universo dominato dalla Cultura, hanno il diritto
di comportarsi in una maniera infantile, rabbiosa, autistica e
autolesionista - e qui il miglior riferimento dell'universo della
Cultura è a Il signore delle Mosche, di William Golding - ma
sarà la Cultura a decidere della loro sorte, direttamente o
semplicemente lasciando che il gioco delle influenze, dei gesti,
delle azioni e delle risposte decida in sua vece.
La
Cultura ha tempo, e questo è un elemento centrale del suo
esistere.
La
Cultura è una comunità intergalattica regolata dal principio del
progresso: i suoi cittadini vivono per secoli interi e le sue
emanazioni […] sorvegliano e controllano la galassia a bordo di
gigantesche astronavi guidate da intelligenze artificiali (le Menti)
di enormi capacità. (S.Pergameno, prefaz. a «Lo stato
dell'Arte», Fanucci Solaria, 2001)
Chi
vi ricorda, Iain M. Banks?
Quando
si parla di gioco, non posso fare a meno di pensare, in ambito
fantascientifico, a un romanzo ammirevole e per molti aspetti
esemplare [...]- Penso cioé a Il disco di fiamma (Solar Lottery,
1955), il romanzo di esordio di Philip K. Dick. (Piergiorgio
Nicolazzini, presentazione a «L'Impero di Azad», Nord, 1990)
[...]
L'universo della Cultura assomiglia un po' ai conglomerati di mondi
vanciani. Di Vance possiede anche la bizzarria e la forza
immaginifica» (S.Pergameno, prefaz. a «Lo
stato dell'Arte», Fanucci Solaria, 2001)
In
apparenza ci muoviamo tra P.K.Dick e Jack Vance, ma non possiamo
dimenticare i Signori della Strumentalità di Cordwainer
Smith, che la Cultura di Banks sembra richiamare insistentemente
quando nutre i suoi gesti di un antiumanesimo in tutto degno della
stessa suprema indifferenza raccontata da Cordwainer Smith.
Un'indifferenza che un universo pienamente tecnologico come quello di
Banks non sente la necessità di motivare e che, contemporaneamente,
è spesso l'elemento di crisi che i suoi romanzi portano alla luce.
Il metamorfo Horza, protagonista di Pensa a Fleba, Linter in
Lo stato dell'arte, Ghel di Volgi lo sguardo al vento,
Gurgeh de L'impero di Azad sono, ognuno a suo modo, dei paria,
dei reietti, strani soggetti in qualche modo inclusi nel grande gioco
della Cultura senza esserne in nessun modo testimoni. Minuscole
pedine che Banks muove con il suo macabro e spietato sense of
humour, con una cifra narrativa che può ricordare il
grande Jack Vance ma spesso condotta oltre il limite, sia pure
bizzarro, tipico dell'autore americano. In Banks manca un principio
«umano» di crudeltà, sostituito da una lucida, inflessibile
tecnoregola riconoscibile come corretta ma in sostanza inaccettabile
per la mentalità comune.
Questo
ci conduce a individuare un altro grande possibile co-autore nella
narrazione di Banks. Se qualcuno ricorda l'incomparabile e sinistro
Jonathan Swift di Una modesta proposta, ritroverà nelle sue
pagine lo stesso gusto lucido e stravagante, la stessa inaccettabile
e insieme indiscutibilmente corretta scelta di soluzione dei
problemi.
Cultura
e politica in Iain M. Banks
A
noi tocca il migliore dei destini. L’alternativa è qualcosa come
la Terra, dove per quanto soffrano, per quanto ardano di dolore e di
confusa, imprecisa angoscia esistenziale, pure producono più
spazzatura che altro; soap opera, quiz show, giornali dozzinali e
romanzacci rosa. ( da: «Un dono dalla Cultura», Fanucci,
Solaria, trad. Anna Feruglio Dal Dan)
Lo
so, il giochino con la parola «Culture» è fin troppo
facile, ma è difficile resistere alla tentazione. Una visione
politica ragionevole applicata alla Cultura è un esercizio
decisamente complesso e altamente sdrucciolevole. Proviamo a
procedere per indizi, fino a costruire una sorta di prova.
La
Cultura non è una democrazia. Il motivo è molto semplice, non
si tratta di creature «nate uguali» ma di esseri viventi di varia
origine e natura, autocoscienti e autodeterminati. La forma
tradizionale di democrazia non è applicabile in quest'ambito. Questo
non significa che i pareri personali o di gruppo siano ignorati, ma
soltanto che essi vengono analizzati secondo numerosi e diversi punti
di vista. Il risultato finale è, in ultima analisi, imprevedibile
per un umano. La Cultura è un'entità capace di risposte trans-umane
che, come ognuno può verificare leggendo, appaiono stranamente
perfette, come taluni imprevedibili - e vagamente sinistri -
interventi diretti della Provvidenza.
Nella
Cultura esistono unicamente incarichi. Non esiste un ruolo
sociale definitivo: un operaio o un imprenditore, un professionista o
un tecnico. Tutti possono essere «arruolati» in un ufficio della
Cultura se ritenuti utili alla sua sopravvivenza o silenziosamente
emarginati o eliminati se ritenuti pericolosi.
Nella
Cultura non è rilevante il denaro né sono considerate essenziali le
proprietà personali. Un elemento di notevole rilievo che mina
alla base l'organizzazione della piramide sociale.
La
Cultura non è nazionalista né localista, razzista o sessista. I
concetti centrali dell'identità umana: «Sono di, vengo da, sono di
origine, nasco da, sono maschio, sono femmina, sono gay, sono
lesbica» non hanno alcuna importanza o rilievo. Conseguentemente non
esistono forme di separazione o di persecuzione.
La
Cultura non ha una morale predefinita né la sua condotta si attiene
a principi etici. L'aspetto fondamentale del comportamento della
Cultura è insieme linea di condotta e principio fondante: la praxis.
La Cultura se attaccata agisce rapidamente e con accurata precisione.
Il principio morale viene preso in considerazione come apparato di
pensiero se ritenuto di qualche importanza nell'approccio verso
l'avversario. Il che significa, in breve: «Se tu ci credi, è un tuo
punto debole».
Per
farla breve, la Cultura è atea, non crede alla proprietà privata, è
internazionalista (o interplanetaria), egualitaria, indifferente alle
posizioni sociali e non crede nella democrazia rappresentativa.
«Comunista», secondo alcuni. Io preferirei una definizione più
vasta che sicuramente contiene il significato letterale di
«Comunismo»: l'Anarchia, nel suo significato originale di attiva
assenza di un governo centrale. A questo proposito non risulterà
fuori luogo ricordare le nettissime prese di posizione di Banks
contro la guerra in Iraq, la posizione internazionale di Israele, la
politica della Gran Bretagna - sia sotto Tony Blair che con l'attuale
leader conservatore - e il suo sostegno alla causa dell'indipendenza
scozzese.
Che
gli scozzesi non siano individui troppo facili da trattare lo si può
facilmente immaginare. Ma, tanto per fare un piccolo esempio, basterà
ricordare che cosa avviene nel libro di David Mitchell, L'atlante
delle nuvole, quando uno dei vecchietti ricoverati loro malgrado
in un lager-casa di riposo grida ad alta voce: «Non ci sono dei
veri scozzesi in questo pooosto? Quelli là sono
inglesi maaalvagi che calpestano i miei diiiriiitti
dati da Dio!»
No,
meglio ricordare sempre che Iain M. Banks è uno scozzese.
Il
futuro della Cultura
I
libri di Iain M. Banks pubblicati in Italia sono esauriti o molto
vicini all'esaurimento. Il motivo è in apparenza banale e
apparentemente inoppugnabile: gli italiani non amano la
fantascienza. «Urania» è passata dai cinquanta-sessantamila
acquirenti degli anni Ottanta ai cinque-seimila attuali e non
esistono più editori specializzati a diffusione nazionale.
Ma,
calma un attimo, si rischia qui di attribuire una precisa tendenza
unificante a eventi non strettamente collegati tra loro. Dagli anni
Novanta in poi la sf e i suoi autori hanno acquistato nei paesi dove
ha da sempre avuto maggior successo - i paesi di lingua inglese, la
Germania, la Francia, il Giappone e la Cina - maggior rilievo. Questo
ha automaticamente condotto a un aumento del costo dei diritti di
traduzione che ha finito per mandare fuori mercato gli editori
italiani. Il risultato - e si parla qui esclusivamente di costi
- è stato un abbandono del genere per gli editori «specializzati»
come Fanucci, la chiusura e il passaggio di proprietà per la storica
Editrice Nord e la malinconica decadenza della rivista «Urania».
D'altro
canto, provando a modificare appena un po' il nostro punto di vista
potremmo arrivare a scoprire che il grosso problema della sf è
quello di essere un genere letterario complesso e che - come il
romanzo storico, il poliziesco deduttivo o la biografia storica -
richiede una competenza di base al lettore. In fondo per leggere che
Gina ama Pino ma non è riamata o che Fdriut riuscirà a vendicarsi
dello stregone Kottnen che ha sterminato la sua famiglia non è
richiesta nessuna competenza, mentre per comprendere perlomeno i
principi di base della genetica, dell'informatica, della cosmologia o
della teoria dell'evoluzione sulla quale sono basati molti dei
romanzi di sf, è necessaria quantomeno una forte curiosità e una
certa disponibilità all'apprendere.
Curiosità
e disponibilità ad apprendere nell'Italia del 2013?
Naaaa.
Gli italiani non amano la sf. Gli italiani amano i pornosentimentali,
i noir seriali e i librini della Litizzetto.
O
perlomeno questo è ciò che hanno stabilito le case editrici.
Quindi
se qualcuno prova della curiosità e dell'interesse per Iain M. Banks
e la sua Cultura, costui dovrà non soltanto preoccuparsi di avere
una minima cultura scientifica di base ma anche un discreta
conoscenza dell'inglese. O di qualche altra lingua nella quale il
nostro autore sia stato tradotto [1], per poter acquistare e leggere
gli ultimi tre romanzi della Cultura: Matter (2008), Surface
Detail (2010) e Hydrogen Sonata (2012).
Iain
Banks con e senza «M» [2].
Soltanto
un paio di parole, non di più, sul Iain Banks autore di « horror,
fantastico, gotico e mainstream» e sul Banks autore di
romanzi di sf non della serie della Cultura.
Del
primo mi limito a riportare un paio di commenti a loro modo esemplari
scritto da Silvia Treves al suo Complicità (2004):
Con
una prosa nitida, discreta e priva di compiacimenti Banks induce il
lettore a condividere i malesseri di Cameron e a divenire complice
riluttante di un giustiziere animato da un’etica distorta,
velleitaria e disperata, che si sostituisce alla società dopo aver
sperato in essa, dopo aver atteso invano che il governo liberista o
l’opposizione di sinistra offrissero una prospettiva di riscatto,
di cambiamento.
e
a Corpo a corpo (2000)
...Grandiosa
deriva letteraria ed emotiva, il romanzo di Banks, scritto nel 1986,
è considerato da molti il suo capolavoro non fantascientifico.
Inutile cercarvi spiegazioni puntuali e la sicurezza di un punto
d’arrivo: alla fine ogni vicenda troverà il suo posto, il
«mistero» del Ponte verrà spiegato, con soddisfazione dei lettori
che, pagina dopo pagina, cominciano a immaginare una possibile
soluzione.
Per
quanto riguarda il Banks libero dalla «Cultura» segnalo i due
romanzi a suo tempo tradotti in italiano dall'Editrice Nord e ora,
naturalmente, esauriti.
1)
L'arma finale (Against a dark Background, 1992), 1993
2)
Criptosfera (Feersum Endjinn, 1994), 1995
Il
primo basato sulla ricerca dell'Arma Finale, ovvero una delle
armi speciali costruite dalla più vasta intelligenza artificiale mai
esistita, il secondo ambientato su una Terra profondamente mutata e
prossima alla fine.
Due
buoni romanzi - parere personalissimo - ma leggendo i quali si
attende (inutilmente) l'apparizione della Cultura...
Conclusione.
Soltanto
poche parole per concludere questa affannosa rincorsa attraverso uno
dei fenomeni letterari della sf nata a cavallo tra il XX e il XXI
secolo.
La
Cultura è stata - ed è - un'invenzione narrativa unica e per molti
versi assolutamente inimitabile. La Space Opera nelle pagine
di Iain M.Banks ha perduto i suoi panni di ingenuo tuttofare o di
servetta sciocca della fantascienza «seria» per diventare una forma
ricca e ben precisa di espressione. E ha obbligato i lettori a
misurarsi con categorie profondamente «politiche», risvegliando il
cuore profondo della fantascienza.
«Parlare
della Cultura come di un’utopia desiderabile è, forse, quantomeno
impulsivo. Nell’«Universo della Cultura» si rispecchiano
genialmente deformati e dislocati i tratti della politica interna e
internazionale dell’ultima parte del secolo appena trascorso. Vi si
incontrano simbolicamente l’assassinio politico come prassi
abituale e la guerra etica, parti di un interminabile apprendistato
alla comprensione del fenomeno «intelligenza naturale» da parte
delle macchine.»
(da:
recensione a «Volgi lo sguardo al vento» in LN-LibriNuovi
out-of-print,)
Note:
Se
non diversamente indicato le citazioni sono tratte da recensioni
dell'autore di questo articolo
[1]
Oltre che - ovviamente - in inglese, tutti e tre i romanzi in
questione sono attualmente disponibili in tedesco. In francese sono
usciti due volumi da Belial e da Robert Laffont e manca
soltanto l'ultimo, uscito, però, soltanto nel 2012. Non aggiungerò
ulteriori commenti sull'editoria italiana.
[2]
L'elenco completo delle opere pubblicate da Iain Banks/Iain M. Banks
è disponibile presso: http://en.wikipedia.org/wiki/Iain_Banks.
L'elenco delle opere ancora disponibili in italiano è reperibile
presso: http://www.sbn.it, il sito
del Sistema Bibliotecario Nazionale.
4 commenti:
Un ottimo articolo, mi sia concesso dirlo!
Grazie per averlo scritto!
@Nick: grazie a te per avermelo chiesto, anzi sollecitato. O imposto. Mi fa bene essere minacciato da un simpatico mastino...
Ho commentato di là, ma ti faccio i complimenti di qua: un ottimo articolo!
@SX: grazie! Comunque tu ho risposto anche di là. Non lascio mai le cose a metà...
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