23.5.11

Co-scrivere

Collaborare nella scrittura è una pratica complessa, al limite un po' assurda. 
Se scrivere è esprimere in forma verbale ciò che si sente più profondamente, scavando e ricercando dentro se stessi, immaginare di farlo in maniera collettiva risulta fatalmente contraddittorio. 
Mi è capitato raramente di farlo, una volta scrivendo un racconto - dieci pagine striminzite ma tutto sommato leggibili - con altri due autori e una volta collaborando con il mio alter-ego, Silvia Treves, per un romanzo pubblicato proprio qui. Mi capitato altre volte nell'ambito del corso di scrittura autogestito del quale ho parlato in queste pagine, di scrivere con più persone su un tema predefinito. Esperienza utile e interessante - anche per scoprire che cosa usciva dalle altrui penne - ma che non ha molto a che vedere con la scrittura a più mani. 
Tutti abbiamo in mente qualche coppia di autori - Fruttero & Lucentini, Sjöwall & Wahlöö o Sveva Casati Modignani, pseudonimo di Bice Cairati e Nullo Cantaroni - ma una coppia è un insieme ragionevole e comprensibile. Si scrive, in genere, un capitolo a testa, si discute di dove deve andare la storia e via, a riempir risme. Se c'è un buon accordo - e patti chiari - il fatto di lavorare in coppia può rivelarsi estremamente positivo. Sarete obbligati a seguire pieghe della vicenda inattese o a dover «inventare» nuove forme di descrizione o di cronaca che, per conto vostro, non avreste mai visitato. È un po' come gettarsi sotto la doccia ancora in parte vestiti, con una temperatura dell'acqua che non è quella che avreste scelto. In più, una volta terminato il lavoro, è piuttosto probabile che il vostro socio commenti: «Non è male, però...» E dietro quel «però» si annidano infinite possibilità di ulteriori errori. Come di successo, certo, ma pagato duramente... 
Ma di provare a scrivere con una ventina di (semi-)sconosciuti, avendo come book una semplice, banale annotazione, non mi è ancora capitato. 
Non ho intenzione di spifferare al mondo - anche solo al piccolissimo mondo che legge queste mie - di chi e di che cosa si tratta, semplicemente approfitto di questo spazio per girare la domanda. Secondo voi è possibile scrivere collettivamente? È ragionevole? Può uscirne qualcosa di decente o inevitabilmente si dovrà remare sottocosta, evitando percorsi pericolosi e vicende poco sperimentate? Si dovrà limitare la propria inventiva - ammesso di averne, perlomeno io  - o il lavoro risulterà felicemente imprevisto, una piccola stella in un cielo oscuro? 
Personalmente inclino sempre al pessimismo. Temo, quindi, che la necessità di «tenere insieme» autori e stili (immagino) profondamenti differenti obblighi a volare bassi, ammucchiando e infilando stilemi ahimé un po' consumati. Temo di dovermi accodare a uno spunto poco originale e condotto in maniera prevedibile, e di dover scribacchiare qualcosina, giusto per non saltare il turno.
Ma, come dicevo, sono un inguaribile pessimista e mi capita abbastanza spesso di sbagliarmi.
Esperienze di scrittura collettiva sono in corso in tutto il web. Scrittura collettiva di saggi, articoli, pamphlet - certo - ma anche di brevi testi narrativi. 
Quindi non è detto. 
Non è affatto detto. 
In ogni caso ciò che mi pare grandioso è l'attesa per l'inizio del lavoro, la speranza, la curiosità. Leopardianamente, in un angolo della mia mente sono nel «sabato» della scrittura. 
In fondo la scrittura prima che arte - ovvero raffinato artigianato - è un esercizio piacevole che può avere come risultato anche soltanto una oretta di genuino divertimento per un eventuale lettore. 
Presto, comunque, ci ritornerò.

15 commenti:

gelostellato ha detto...

ah... il sabato della scrittura.
che bel concetto...
me lo devo cercare!

Anonimo ha detto...

Credo che il risultato sarà peggiore delle tue peggiori ipotesi. Scrittura collettiva... scrivere è avventura solitaria, da sempre (guarda i collettivi italiani tranne rare eccezioni -forse un libro- hanno prodotto nulla che si avvicini alla letteratura).

Massimo Citi ha detto...

@gelostellato
Mi fa molto piacere ritrovarti.
Sono d'accordo, è un concetto suggestivo... anche se al sabato fa sempre seguito la domenica e il lunedì.
@anonimo [E.]
Che dire? È probabile tu abbia ragione, tanto più tenendo conto che in genere le esperienze di scrittura collettiva hanno sempre previsto una vicinaza reale e non soltanto virtuale.
Siamo un branco di poveri pirla - non ne discuto - ed esistono 99 probabilità su 100 che la cosa fallisca miseramente. Ma c'è 1(una) probabilità su 100 (o su 1.000 o sui 10.000) che la cosa finisca dalle parti della letteratura. Più o meno ciò che convince milioni di persone a spendere 2 euro nell'Enalotto. Qui non si paga - se non con un dispendio minimo di tempo - e si può vincere un pezzettino di gioia. Quanto basta, per me.

Davide Mana ha detto...

Ti rispondo qui, e poi magari amplio sul mio blog perché, per motivi lunghi a spiegare, l'argomento è vicino al mio cuore
Ho partecipato in passato ad esperimenti di scrittura collettiva tramite il web, e l'ho trovato piuttosto divertente.
Poi, ok, io sono uno che ascolta un sacco di jazz, per cui l'idea che uno parta da un tema, e poi passi la palla ad un altro che continua per conto suo la trovo abbastanza normale, oltreché divertente.

Credo che il problema qui sia la questione della letteratura.
Siao un paese di semianalfabeti ossessionati dalla leteratua, che mandano primi in classifica i manuali di cucina.
Il fatto è che nessuno, in nessuna delle imprese collettive in cui mi sono trovato coinvolto, mai, ha parlato di letteratura.
Divertimento, sì.
Un mare di risate, sì.
Dare il meglio nelle peggiori condizioni, sì.
Letteratura mai.
Si tratta di un gioco.

E prima che qualche anonimo ci faccia presente che il gioco è per i pirla, vorrei fare presente io che no.

In primis, il gioco provvede divertimento, attiva la porzione sinistra della corteccia prefrontale, tiene lontane le malattie e le psicosi e tiene lontano il rischio di postare come anonimi su blog altrui.

In secondo luogo perché il gioco è una opportunità di apprendimento in un abiente non ostile - giocando impariamo.
E se è vero che molti dei progetti di scrittura collettiva a ui ho partecipato hanno generato ciofeche - beh, non ce ne è stato uno in cui io non abbia imparato qualcosa sulla scrittura.
Qualcosa di minimo?
Probabile.
Ma "minimo" è infinitamente lontano da "nulla".

Davide Mana ha detto...

E mi scuso per le lettere mancanti - devo cambiar tastiera o rallentare il ritmo di battuta.
Come si diceva, paese di analfabeti.

Massimo Citi ha detto...

Ciao Davide, molto piacere di rileggerti qui.
In linea di massima sono d'accordo con te. Credo che nessuno abbia in mente di (ri)scrivere La Divina Commedia e che, in generale, prevalga il desiderio di divertirsi - e divertire - con le parole, le immagini, i sogni e gli incubi del narrare. Io stesso penso di non avere altro interesse o curiosità che non siano questi. Ma il problema sollevato dal nostro comune anonimo non è poi così banale o da radical-chic. Se scrivo, ovvero mi dedico alla creazione di un testo, debbo avere il massimo di serietà anche se già so che il mio testo non apparirà in un'antologia di Guanda o di Minimum Fax. Le parole spese su internet non pesano di meno di quelle spese su carta. Io ho suonato jazz, ormai molti anni fa, ma l'improvvisazione jazzistica è quanto di meno «improvviso» si possa pensare. Ogni assolo richiede molto tempo e molto esercizio prima di essere eseguito. Chi suona ha già in mente come dovrà essere il suo suono, quali forme e quali motivi dovrà ricalcare o - nella migliore delle ipotesi - inventare. Ovviamente, dal momento che facevo jazz ho moltissima simpatia per questo genere di arte, ma non ammetto che ci si possa accostare ad esso senza tutta la possibile concentrazione. Si dovrà essere professionali pur senza essere, a rigore, professionisti. In fondo, che ci piaccia o no, stiamo facendo letteratura... È vero, siamo in Italia, il paese dove il libro più venduto è un (mediocre) libro di cucina scritto da Benedetta Parodi, ma questo non credo possa risultare di consolazione se il «nostro» libro dovesse non funzionare. Chi ci leggerà non vuole e non cerca inutili sfoggi di letterarietà ma nemmeno un testo vuoto e ridicolo. Adesso, comunque, siamo in ballo, basso e batteria hanno già attaccato, ho le dita sulla tastiera e non è proprio il momento per smettere :)

Anonimo ha detto...

Io ho fatto un esperimento con i ragazzi della parolata (parolata.it), e mi sono divertita molto. Concordo sul fatto che scrivere in tanti possa avere poche ambizioni, ma credo che invece in due si possa fare qualcosa di molto migliore di quello che ci si potrebbe permettere da soli - ma forse perché non ho una grande opinione dei miei scritti...
(sono Fran - il mio account non sembra più funzionare)

Davide Mana ha detto...

Beh, mediocre il libro della Parodi - c'è persino la ricetta del toast (una mia amica era sconvolta)...

Concordo sul fatto che difficilmente si possa spirare all'eccellenza in una cosa improvvisata in un weekend via web.
Però ci sono altre fonti di gratificazione.
E se è vero che il jazz richiede esercizio (tu cosa suonavi? Io il flauto... alias "lo strumento che non si sente") da qualche parte toccherà cominciare.

Vediamo cosa succede.
L'importante è che tutti si divertano, e nessuno si faccia male.

Massimo Citi ha detto...

@Davide
Io avevo iniziato con il flauto, poi visto che anche a sfiatarmi (e con un'amplificazione un po' rudimentale) non mi si sentiva, sono passato al sax soprano e tenore. Stessa tastiera ma un voce che - perdio - si sente.
Per il lavoro le premesse sono le peggiori, quindi possiamo sperare nel meglio.
@Fran
Ciao bella, mi fa molto piacere avere di nuovo tue notizie. Penso che tu abbia, in linea di massima, ragione. Il mio lavoro con Silvia ha funzionato, anche con tutti le ingenuità che abbiamo potuto commettere. In ogni caso non capisco tutta questa sfiducia in te stessa. Ti ho letto e sto bene : )

Anonimo ha detto...

(ancora Fran)
@Davide: la tua amica sarà stata sconvolta dalla ricetta del toast, ma il libro l'ha comprato...

@Max: scrivere con i Rudi è una bella esperienza, siamo ormai insieme da tanti anni che giochiamo anche a scambiarci i ruoli a volte, ma ti assicuro che brillo completamente di gloria riflessa, la maggior parte del lavoro creativo lo fanno loro.
Quello che scrivo da sola manca appunto di quello, credo.
Comunque l'esperimento a due che mi ha dato più soddisfazione è ancora un e-book scritto con Piero, che è ancora in rete...

Massimo Citi ha detto...

Beh, il minimo è che mi passi l'indirizzo web, in modo da potergli dare un'occhiata...

Piotr R. Silverbrahms ha detto...

Guarda che roba, uno si distrae un paio di mesi, e poi scopre che il suo blog preferito a ripreso a battere e a pulsare come un matto.

Bene, sulla co-scrittura potrei parlare per un mesetto, tanto mi diverte: spero di fare un post più breve.

In estrema sintesi, io credo che la scrittura a più mani sia essenzialmente più gioco che letteratura, e che questo principio diventi tanto più vero quanto maggiore è il numero degli autori coinvolti. Il genere mi appassionò quando trovai da qualche parte una round-robin-story scritta da 4 o 5 autori famosi di fantascienza: ognuno doveva scrivere un capitolo che proseguisse la storia precedente, e naturalmente, trattandosi di SF, ogni autore si preoccupò soprattutto di incasinare al massimo il tapino che seguiva con artifici imperlappunto fantascientifici. Se ben ricordo, il penultimo autore era Sheckley, che rese virtualmente impossibile all'autore successivo di finire la storia in modo decente.

Se l'obiettivo è giocare, chi co-scrive si diverte: l'esperienza citata da Fran con La Parolata (http://www.parolata.it/Letterarie/Giochi/Paeseritrovato/Paese.htm) è addirittura un gioco nel gioco, ma è riuscita, magicamente, a produrre comunque una trama e una storia. I vincoli erano molti, come provo a spiegare nell'introduzione, ma sembra quasi che le storie nascano da sole, quando qualcuno è "costretto" a scrivere.

Per carità, il fatto che nascano non implica di certo che siano belle, ben scritte, divertenti, piacevoli per chi legge: però questa "autogenerazione" è un effetto che ho ritrovato ogni volta che ho co-scritto, e mi ha sempre stupito. Lo si riconosce anche in un altro gioco simile, (di nuovo un giallo, anche se con meno vincoli) che è anch'esso ancora rintracciabile:
http://www.parolata.it/Letterarie/Giochi/Esercizi/Esercizi.htm

Però sono davvero tutte esperienze nate per caso o per gioco: l'e-book scritto con Fran (sono autorizzato a pubblicare il link :-): http://rhymersclub.altervista.org/racconto1.pdf) nasce da un racconto di Francesca che io la esortavo a continuare. Lei ha risposto "continua tu", e abbiamo giocato a fare un capitolo a testa, un personaggio a testa. Gli altri esperimenti sono analoghi, nel senso che si tratta non di vera co-scrittura (come immagino facciano i co-autori veri) ma sempre di una round-robin, ovvero un passo per volta, un autore per volta, cosa che assicura a chi scrive di avere almeno un lettore attentissimo, e cioè il coautore.

Come gioco per autori, può essere davvero divertente. Come metodo per scrivere cose originali, divertenti, piacevoli, non so... il risultato è sempre necessariamente a più voci, almeno nelle round-robin-story, e non è detto sia piacevole per chi legge. Ma magari...

Massimo Citi ha detto...

Ciao Piotr. Mi fa molto piacere avere la possibilità di rileggerti.
Ti ringrazio molto per i chiarimenti, i consigli e le valutazioni. Sono d'accordo con te, la scrittura collettiva ha qualcosa di profondamente diverso dalla scrittura solitaria, il suo essere in definitiva un gioco la valorizza e nel contempo la rende un esercizio diverso, esattamente come un coro è qualcosa di intrinsecamente differente da un pezzo solista. Personalmente mi piace l'idea di fare la mia parte in un coro, sperando comunque di non incontrare un Sheckley subito prima di me... Per quanto devo ammettere che l'idea mi incuriosisce non poco. Ho abbastanza presente la produzione di Sheckley e mi affascina l'idea se non altro di provare di giocare sul suo gioco. Andrebbe male, ne sono certo, ma sarebbe davvero divertente.
Comunque quando il coro partirà lo saprai da questo blog. Dacci un'occhiata ogni tanto.

Fran ha detto...

Questo commento è più che altro per sgridare Piotr :-)
No veramente mi piacerebbe vedere se sono riuscita a sistemare il mio account google.

Massimo Citi ha detto...

Perché sgridare Piotr? Devo essermi perso qualcosa, evidentemente.
Il tuo accout google comunque funziona, direi. Sei riscattata dalla tua condizione di anonima v.c.!