26.5.10

Scrivere in Koro 15 anni dopo - Capitolo 3


Siamo alla terza puntata, una delle più interessanti, probabilmente.
O forse solo delle più sorprendenti.
È pur vero che il "tempo" - presente, passato, imperfetto ecc. - di una narrazione viene scelto in anticipo, ma non è male riflettere sulle possibili variazioni che la scelta del tempo può imprimere al proprio testo. Fino alla sorpresa, appunto.

I tempi della narrazione.

Sì proprio i tempi intesi come verbi coniugati.

Calma, non ho in mente una cosa sistematica ed esauriente, ma un semplice esame delle scelte di tempi.

Esempi A1: di passata si era notato che mentre il primo (A1) era basato sul passato remoto (distanza, rigidità, intangibilità), il terzo (A1.2) era al presente (modificabilità, parzialità, partecipazione). Nel secondo (A1.1) l'uso del passato remoto non aveva valore mistico o leggendario, si trattava di un onesto, comune passato remoto narrativo, una scelta comune a molti testi (come lo è l'uso della terza persona).

È comunque interessante che anche in una narrazione che abbia per oggetto (per esempio) le smanie erotiche di Ferdinando per la dolce Dorilù possano rimanere tracce di scrittura sacra e sapienziale.

Il fatto è che la parola è davvero SACRA. Dio nella tradizione religiosa di molti popoli dà un nome alle cose e così facendo le crea, altrettanto fanno gli scrittori, bravi o scarpe che siano.

E siccome la scrittura e la creazione sono operazioni compiute e mistiche, il tempo che si addice loro quello della realtà compiuta e sensibile, il tempo della distanza e della riflessione, remoto per definizione.


A2) ... A non riusciva a dormire di pomeriggio. Per quanto la mamma, dolce mammina suadente e criminale, lo recludesse nella sua stanzetta tappezzata di Bambi saltellanti e oscurasse le persiane come dovesse proiettare un documentario, il sonno non veniva. A pensava ai compiti, al peccato originale, alla casa vuota della nonna ricoverata e gli occhi gli si riaprivano - tac! - da soli.


Esiste un altro modo di inscenare un tempo remoto, il tempo che utilizzano i bambini quando dicono: "facciamo che tu eri...": l'Imperfetto.

Già il nome mi piace: adoro l'imperfezione.

L'Imperfetto è il tempo delle fiabe, il tempo di ciò che è remoto eppure è ancora presente, il tempo di una realtà contigua, inafferrabile ma sensibile. Difficilmente si può utilizzare per tutta la lunghezza di una storia (a meno che non si tratti di una fiaba) ma permette incisi efficacissimi e regala un passato buffo e malinconico ai personaggi del testo.


A2.1)... A non riuscì a dormire [quel] pomeriggio. Per quanto la mamma, dolce mammina suadente e criminale, l'avesse recluso nella sua stanzetta tappezzata di Bambi saltellanti e avesse oscurato le persiane come [per] proiettare un documentario, il sonno non venne. A pensò ai compiti, al peccato originale, alla casa vuota della nonna ricoverata e [ogni volta] gli occhi gli si riaprirono - tac! - da soli.


Si è dovuto fare qualche innesto (le parole tra parentesi quadra) per rendere il brano leggibile. L'uso del passato remoto ha reso ogni cosa più definitiva, quasi drammatica, un filino inquietante. A questo punto la "dolce mammina suadente e criminale" e i "bambi saltellanti" sono divenuti incongrui. Inseriti nel brano originale per rimarcare distacco scherzoso (un autore adulto che racconta di sé - o di un sé - bambino) stonano visibilmente con il registro da telefono azzurro che ha assunto il brano. Notate come l'uso di una parola come "recluso" nell'iperbole scherzosa permessa dall'imperfetto sia divertente, mentre nella tetra rigidità del passato remoto faccia sospettare il trauma infantile.

Ma non è finita;


A2.2) ... A non riuscirà a dormire quel pomeriggio. La mamma, dolce mammina suadente e criminale, lo recluderà nella sua stanzetta, rappezzata di Bambi saltellanti e oscurerà le persiane come per proiettare un documentario. Il sonno non verrà. A penserà ai compiti al peccato originale, alla casa vuota della nonna ricoverata e gli occhi gli si riapriranno - tac! - da soli


Il futuro è difficilmente maneggiabile, siamo d'accordo. Si tratta del tempo della profezia, del destino ineluttabile. Siamo al messaggio oracolare: dal punto di vista artistico si corre il rischio di andare fuori strada.


A2.3)... A non riesce a dormire, di pomeriggio.

Per quanto la mamma, dolce mammina suadente e criminale, lo recluda nella sua stanzetta tappezzata di Bambi saltellanti e oscuri le persiane come per proiettare un documentario, il sonno non viene. A pensa ai compiti al peccato originale, alla casa vuota della nonna ricoverata e gli occhi gli si riaprono -tac! - da soli.


Piccoli aggiustamente inevitabili e il brano assume un carattere ancora differente. Dal tono scherzoso di A.2 siamo passati alla mestizia. Stranamente i passaggi scherzosi sono divenuti frammenti narrativi di un'infanzia infelice, sicuramente solitaria, probabilmente angosciata e gravata da oscuri sensi di colpa.


A2.4)... A non sarebbe riuscito a dormire (quel) pomeriggio. Per quanto la mamma, dolce mammina suadente e criminale, l'avesse recluso nella sua stanzetta tappezzata di Bambi saltellanti e avesse oscurato le persiane come per proiettare un documentario, il sonno non sarebbe venuto. A avrebbe pensato ai compiti al peccato originale, alla casa vuota della nonna ricoverata e gli occhi gli si sarebbero riaperti - tac! - da soli


Il tempo utilizzato è un condizionale passato. Notare come le concordanze di tempi si fanno meno agevoli (la mamma lo avesse recluso, ma forse lo avrà recluso, lo abbia recluso o addirittura lo recluda).

Non siamo al tempo della profezia bensì a quello della Sentenza, di Ciò che è ineluttabile.

E' un tempo di profonda suggestione, adattissimo ai finali, evocativo, ma da maneggiare con cura e da utilizzare con parsimonia.

Siamo così passati, con la semplice modifica dei tempi, dall'ironia al dramma alla profezia, alla malinconia alla sentenza.

Sembra un gioco di prestigio ma non lo è.

Il fatto è che le parole sono dinamite, anzi nitroglicerina. Voi credete di scegliere un tempo, viceversa è il tempo a scegliere voi. Alla faccia della neutralità dello strumento.

Apparentemente ci siamo allontanati dal problema della M. Ma non è così.

In realtà la scelta del tempo dell'azione è già una scelta in merito al tipo di storia da raccontare.

È estremamente probabile che per raccontare le storie 1,4,5,7,10 e 12 utilizziate il passato remoto (storie di genere), come è probabile che per raccontare 2,3,6,8 e 9 il miglior candidato sia il presente (tornate a controllare nel primo capitolo!).

È interessante notare che per la vicenda 12, la questione è più delicata. Kafka la risolve con il passato remoto:


“... Samsa, svegliandosi una mattina da sonni agitati si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.”


(di passata: nell'originale tedesco si parla di SOGNI inquieti e l'immondo - pesante come una bestemmia - è una cortese aggiunta del traduttore Mondadori). Volgere al presente la nitida, surreale leggerezza di Kafka è impossibile. Forse non è neppure consigliabile: il passato remoto è un tempo che crea inconscio distacco. Il tempo presente rende tutto - per l'appunto - presente, reale.

Si potrebbe eliminare il cognome del protagonista, particolare paradossalmente burocratico che funge da ulteriore elemento di distacco.


“Svegliandosi una mattina da sogni inquieti A si trova trasformato, nel suo tetto, in un enorme insetto”


Non funziona.

Riproviamo:


"Di solito A dorme sonni profondi e rassicuranti. Ma al risveglio, questa mattina, dopo una notte di sogni inquieti scopre di essere diventato un enorme insetto."


Può andare. Il registro non è più paradossale ma sottilmente umoristico. Da notare: l'umorismo è un elemento di distacco e di fronte a un evento tanto improbabile e insieme terrificante il distacco è d'obbligo. "Scopre" e meno incisivo di "si trovò", su questo siamo tutti d'accordo, e proprio la scelta di scoprire - verbo che si addice alle grandi imprese geografiche o all'autodiagnosi, ... si scoprì un foruncolo sul piede... (tipicamente) - funge da ulteriore elemento di distanza.

Nel caso 12, "A si sveglia ecc. e la moglie non fa una piega", un presente umoristico può essere adeguato, a patto di volgere la storia in farsa macabra. Nota Bene: Kafka non ha scritto una farsa macabra ma un'allucinazione psicologica dai risvolti sardonici.


*** a rileggerci con il IV capitolo...

3 commenti:

Fran ha detto...

Ho un sacco di cose da dire.

La prima è che spero che tutto questo - ripulito dai typo - compaia nel prossimo LN.
Più che altro perché sarebbe bello vederlo tutto insieme.

La seconda (anche se mi viene detto che predico bene e razzolo male) è che questa terza parte mi fa pensare a quanto mi piaccia usare l'imperfetto fino all'estremo - una scelta magari limitante ma per me irresistibile.

La terza (e poi mi fermo) è che è impressionante quante scelte apparentemente istintive abbiano fondamentalmente una base assolutamente razionale.
Per scrivere occorre veramente avere un piano? Decidere preventivamente tutto, e poi sedersi davanti ad un foglio (elettronico o no) e farlo accadere?

Massimo Citi ha detto...

"Istintive" è la parola giusta. Personalmente ti dirò che mi è capitato di cambiare il tempo - dal passato remoto al presente -in pagine e pagine di testo, salvo poi stabilire che il passato remoto era meglio e ricambiare tutto da capo... Per la cronaca non ho ancora pubblicato il testo in questione.
Si decide tutto prima, certo, ma può accadere di cambiare idea. La cosa di gran lunga peggiore, però, è quella di scrivere una trentina di pagine e decidere che il protagonista - il suo punto di vista, il suo modo di vedere le cose - non va bene.
Più facile da sistemare nei racconti, certo, ma può capitare di buttare tutto nel cestino, sia pure quello virtuale del PC.
Per quanto riguarda la pubblicazione su LN se ne può parlare. Può persino essere divertente.
In quanto all'imperfetto hai completamente ragione, ma, come ho scritto, tutto dipende da cosa vuoi scrivere. L'impefetto è prima di tutto un punto di vista. Se vuoi raccontare i fatti di Rosarno può rivelarsi poco indovinato.
O forse no.
In fondo, a pensarci, si è trattato dell'addio dell'Italia alla democrazia.

Piotr ha detto...

Per Fran:
per amor di precisione, vorrei far notare che io ho detto che tu "predichi male e razzoli bene", che è cosa estremamente più originale e veritiera (nel tuo caso) del solito "predicar bene e razzolar male".

Per Max:
No, non se ne può parlare: su LN starebbe benissimo, ti prego di considerare bene la cosa e predisporre le pagine.