Sto continuando il lavoro di revisione de Un problema di tempo, un lavoro inevitabilmente pesante, dal momento che autore e editor in questo caso coincidono e, inevitabilmente, finiscono per dissentire quasi su tutto.
«Puoi sempre darlo da editare a Silvia».
Già fatto.
Quello che mi rimane da sistemare riguarda interamente me e Un problema di tempo è un romanzo tanto pretenzioso quanto complesso. Un grossa bolla di sapone, se volete, o un modo assurdo per trascorrere i proprio tempo.
Un passo indietro, a questo punto. Un problema di tempo è stato scritto tra il 2007 e l'estate del 2008, un periodo nel quale gli attentati erano in genere condotti da sostenitori di Al Quaida e colpivano aree di frizione tra musulmani sciiti e sunniti o tra musulmani e cristiani: Algeria, Yemen, India, Egitto, Pakistan, Iraq e Giordania. Attentati sanguinosi, regolarmente condotti da individui che si facevano allegramente saltare in aria insieme alle loro vittime, sicuri che il paradiso fosse appena oltre la pressione sul tasto di accensione.
È molto probabile che da questi atti terroristici sia nata la (relativa) abbondanza di attentati presenti nelle pagine del romanzo. Un grado zero di violenza non militarmente organizzata, la stessa che è via via cresciuta fino agli attacchi compiuti da seguaci del Daesh in questi ultimi giorni. Ma si tratta davvero di seguaci del Daesh / Isis? Non è facile affermarlo, nel senso che ormai è evidente che chiunque abbia seguito un corso di delirante mistica musulmana on line accompagnata da cenni di un corso da bombarolo può guidare un camion verso un gruppo di turisti e, se tutto va "bene", tagliare la corda illeso, una relativa novità nel mondo del fanatismo islamista.
Emulazione, questo è il dubbio che, maramaldo, si insinua nei miei pensieri. In fondo il complesso di Erostrato è parte integrante della mentalità umana e la possibilità di diventare un orribile dinamitardo, ricordato sia pure in forma anonima, può fare gola a chi conduce una vita deludente in bianco e nero.
In Un problema di tempo la violenza ha qualcosa di vago, sconosciuto, falso. A ben vedere nessuno crede davvero che i colpevoli siano i Gioanniti (cfr. Settembre, 2016), ma che essi siano stati in qualche modo riesumati da un'entità altra per creare una situazione insostenibile. Il che può forse essere sbagliato nella situazione attuale, qui, sulla Terra, ma nemmeno troppo. Al Quaida e Daesh sono nati in momenti diversi ma in entrambe i casi dalla presenza di entità sovranazionali (multinazionali?) sulle proprie terre. Al Quaida dai guerriglieri afghani durante l'occupazione sovietica, il Daesh da gruppi dell'ex-esercito irakeno di Saddam Hussein. In entrambe i casi – scusate la grossolanità dell'analisi – hanno entrambi creato una lettura peculiare del Corano e degli insegnamenti di Muhammad, creando una struttura paramilitare capace di colpire e/o di occupare terre e invadere paesi facendo uso di un grado clamoroso e super-mediatico di violenza. In questo Daesh ha raggiunto un livello difficilmente eguagliabile di efficacia, sia pure in una situazione etnica e politica di sfascio. Ma chi li ha finanziati in questi anni? Già, perché mettere insieme una struttura logistica e militare e rifornirla di armi e strumenti di comunicazione è cosa un po' diversa da raccogliere quattro amici per un regalo di compleanno collettivo.
L'Arabia Saudita e gli Emirati del Golfo sono stato accusati, senza dimenticare il nostro beneamato Erdogan, amico di chiunque voglia sterminare i Curdi, Curdi che – è bene ricordarlo – sono musulmani tanto quanto gli arabi, fondamentalisti o meno. L'Iran, il Pakistan e altri paesi dell'area hanno ovviamente interessi economici, oltreché situazioni di frattura interna tra sciiti e sunniti, e più in generale la posizione di ognuno di essi è stata in qualche caso incerta o vagante. Il dato fondamentale è comunque che senza uno o più finanziatori né Al Quaida né Daesh sarebbero riusciti ad orchestrare un simile grado di terrorismo e di potere organizzato.
L'aspetto centrale della riflessione è che l'organizzazione di forme di terrorismo necessita di un finanziatore, a differenza da forme spontanee di rivolta, dal momento che un utilizzo pianificato e feroce della violenza ha ben poco a che vedere con le condizioni sia pure disperate di un popolo. Gli individui finora arrestati di Daesh sono per la stragrande maggioranza individui sradicati dalla propria comunità, in qualche caso interessati esclusivamente ai soldi che girano nell'organizzazione, spesso gradassi, sbruffoni, bulli da seconda media, molto lontani dalla fisionomia romantica e maledetta dell'eroe pronto a morire per i suoi ideali.
Ritornando al romanzo, i Gioanniti possono essere – o meno – gli artefici degli attentati perpetrati nel corso del romanzo ma in ogni caso la loro stessa esistenza (o forse pretesa esistenza) è la prova della presenza di entità altre che li finanziano per i propri fini. Questo perché il terrorismo è, nella migliore delle ipotesi, una forma di sostitutismo che si presta a essere infiltrato, deviato, modificato e in qualche caso semplicemente utilizzato e quindi eliminato.
Con tutto ciò la religione, sia quella di Daesh che quella dei miei disgraziati Gioanniti è un semplice elemento di unità ideologica, un modo per riconoscersi e per urlare più forte ma che non ha nulla (ma proprio nulla) a che vedere con Gesù Cristo e Muhammad.
Quindi non parliamo, per favore, di guerra di religione. Questo può fare comodo a Daesh ma per noi significa solo confondersi le idee. Alla prossima.
Un passo indietro, a questo punto. Un problema di tempo è stato scritto tra il 2007 e l'estate del 2008, un periodo nel quale gli attentati erano in genere condotti da sostenitori di Al Quaida e colpivano aree di frizione tra musulmani sciiti e sunniti o tra musulmani e cristiani: Algeria, Yemen, India, Egitto, Pakistan, Iraq e Giordania. Attentati sanguinosi, regolarmente condotti da individui che si facevano allegramente saltare in aria insieme alle loro vittime, sicuri che il paradiso fosse appena oltre la pressione sul tasto di accensione.
È molto probabile che da questi atti terroristici sia nata la (relativa) abbondanza di attentati presenti nelle pagine del romanzo. Un grado zero di violenza non militarmente organizzata, la stessa che è via via cresciuta fino agli attacchi compiuti da seguaci del Daesh in questi ultimi giorni. Ma si tratta davvero di seguaci del Daesh / Isis? Non è facile affermarlo, nel senso che ormai è evidente che chiunque abbia seguito un corso di delirante mistica musulmana on line accompagnata da cenni di un corso da bombarolo può guidare un camion verso un gruppo di turisti e, se tutto va "bene", tagliare la corda illeso, una relativa novità nel mondo del fanatismo islamista.
Emulazione, questo è il dubbio che, maramaldo, si insinua nei miei pensieri. In fondo il complesso di Erostrato è parte integrante della mentalità umana e la possibilità di diventare un orribile dinamitardo, ricordato sia pure in forma anonima, può fare gola a chi conduce una vita deludente in bianco e nero.
In Un problema di tempo la violenza ha qualcosa di vago, sconosciuto, falso. A ben vedere nessuno crede davvero che i colpevoli siano i Gioanniti (cfr. Settembre, 2016), ma che essi siano stati in qualche modo riesumati da un'entità altra per creare una situazione insostenibile. Il che può forse essere sbagliato nella situazione attuale, qui, sulla Terra, ma nemmeno troppo. Al Quaida e Daesh sono nati in momenti diversi ma in entrambe i casi dalla presenza di entità sovranazionali (multinazionali?) sulle proprie terre. Al Quaida dai guerriglieri afghani durante l'occupazione sovietica, il Daesh da gruppi dell'ex-esercito irakeno di Saddam Hussein. In entrambe i casi – scusate la grossolanità dell'analisi – hanno entrambi creato una lettura peculiare del Corano e degli insegnamenti di Muhammad, creando una struttura paramilitare capace di colpire e/o di occupare terre e invadere paesi facendo uso di un grado clamoroso e super-mediatico di violenza. In questo Daesh ha raggiunto un livello difficilmente eguagliabile di efficacia, sia pure in una situazione etnica e politica di sfascio. Ma chi li ha finanziati in questi anni? Già, perché mettere insieme una struttura logistica e militare e rifornirla di armi e strumenti di comunicazione è cosa un po' diversa da raccogliere quattro amici per un regalo di compleanno collettivo.
L'Arabia Saudita e gli Emirati del Golfo sono stato accusati, senza dimenticare il nostro beneamato Erdogan, amico di chiunque voglia sterminare i Curdi, Curdi che – è bene ricordarlo – sono musulmani tanto quanto gli arabi, fondamentalisti o meno. L'Iran, il Pakistan e altri paesi dell'area hanno ovviamente interessi economici, oltreché situazioni di frattura interna tra sciiti e sunniti, e più in generale la posizione di ognuno di essi è stata in qualche caso incerta o vagante. Il dato fondamentale è comunque che senza uno o più finanziatori né Al Quaida né Daesh sarebbero riusciti ad orchestrare un simile grado di terrorismo e di potere organizzato.
L'aspetto centrale della riflessione è che l'organizzazione di forme di terrorismo necessita di un finanziatore, a differenza da forme spontanee di rivolta, dal momento che un utilizzo pianificato e feroce della violenza ha ben poco a che vedere con le condizioni sia pure disperate di un popolo. Gli individui finora arrestati di Daesh sono per la stragrande maggioranza individui sradicati dalla propria comunità, in qualche caso interessati esclusivamente ai soldi che girano nell'organizzazione, spesso gradassi, sbruffoni, bulli da seconda media, molto lontani dalla fisionomia romantica e maledetta dell'eroe pronto a morire per i suoi ideali.
Ritornando al romanzo, i Gioanniti possono essere – o meno – gli artefici degli attentati perpetrati nel corso del romanzo ma in ogni caso la loro stessa esistenza (o forse pretesa esistenza) è la prova della presenza di entità altre che li finanziano per i propri fini. Questo perché il terrorismo è, nella migliore delle ipotesi, una forma di sostitutismo che si presta a essere infiltrato, deviato, modificato e in qualche caso semplicemente utilizzato e quindi eliminato.
Con tutto ciò la religione, sia quella di Daesh che quella dei miei disgraziati Gioanniti è un semplice elemento di unità ideologica, un modo per riconoscersi e per urlare più forte ma che non ha nulla (ma proprio nulla) a che vedere con Gesù Cristo e Muhammad.
Quindi non parliamo, per favore, di guerra di religione. Questo può fare comodo a Daesh ma per noi significa solo confondersi le idee. Alla prossima.
8 commenti:
Eh, ma ti ricordi le discussioni e gli attriti diplomatici a cavallo del 2000 di quando si parlava di creare impianti e gasdotti che dal Qatar avrebbero dovuto trovare uno sbocco sul mare passando dalla Siria? Qatar con interessi americani fortissimi in ballo, Siria alleata della Russia, russia che ha il monopolio del gas in Europa, americani che si incazzano, tricchetetracchete nascono come funghi gruppi fondamentalisti che vanno a minare la stabilità già precaria in molti di quei Paesi, così tanto per fare un piccolo esempio, ma ci sarebbero moltissime altre analisi da fare. Alle guerre di religione non ho mai creduto, che si tratti di Gott mit uns o di Allahu akbar. Sintomatica la dichiarazione della Clinton a proposito di Al Qaeda in merito a chi l'ha creata e finanziata, e non è certo l'opinione della sora Peppina complottista e male informata, ma sui telegiornali certe cose non le dicono. https://youtu.be/MzSXlEj8OeQ
Ma insomma, se si parla di guerra religione si fanno (=si riesce a convincere che...) quadrare tanti cerchi XD
Parecchi anni fa ho letto un librino di Gore Vidal, Le menzogne dell'impero e altre tristi verità, che può essere ancora interessante.
Ciao Massimo, è la prima volta che spulcio il tuo blog :-) Mi fa piacere scoprire blogger che apprezzano i fumetti come me!
Comunque le religioni sono sempre state la scusa buona per scatenare nuove guerre per il profitto. Dispiace dirlo ma un mondo senza religioni avrebbe -paradossalmente a ciò che esse professano- molto più amore e pace.
@Massimiliano: il paradosso della cosa è che un eventuale distacco definitivo dai combustibili fossili risolverebbe buona parte della situazione in Medio Oriente, ma tant'è, Trump si trova lì proprio per non liberarci dal petrolio e conseguentemente farci agonizzare tra la guerra sempre possibile e il surriscaldamento globale. Ultimamente mi sto convincendo che i veri rivoluzionari - taluni ignari di esserlo - sono gli ambientalisti. In ogni caso splendida la dichiazione della Clinton che mi sono gustato, anche se, in un certo senso, non c'era nulla di nuovo nelle sue parole *__*
@Giò: la religione è la perfetta bugia, quella che permette di coprire enormi menzogne, chiamandoci a una lotta tanto feroce e accanita quanto priva di senso. "Abbiamo sbagliato specie" concludono giustamente Gesù e Muhammad nella vignetta che chiude il post e debbo dire che raramente mi sono sentito più d'accordo.
@Roberta: benvenuta, innanzitutto. Quanto a un possibile (e auspicabile) mondo senza religioni esistono un'infinità di motivi a impedirlo, prima di tutto di ordine sociale e politico. Ma primo tra tutti il motivo è di ordine storico, la convinzione della sopravvivenza dopo la morte è una relativa novità nella storia del pensiero umano, nato nei secoli successivi alla scomparsa di Gesù Cristo e divenuto un dogma indiscutibile per diverse religioni e una forma di consolazione per la vita breve e insoddisfacente che in tanti sono costretti a vivere. La convinzione di avere soltanto questa vita dovrebbe renderci più vicini e più fratelli, ma le religioni ce lo impediscono. In questo senso la tua osservazione non ha nulla di paradossale ma è semplice realtà che molti non vogliono vedere.
Amaramente vero amico mio.
Riemergo dal mio oblio per farti gli auguri di Pasqua
@Nick: Purtroppo quanto più si cerca di essere sinceri e maggiori sono le probabilità di apparire amari e disillusi. Vabbé: un grande abbraccio e tantissimi auguri anche a te.
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