21.10.11

Ma perché li regali?


Qualche tempo fa - più o meno nel corso del mese di settembre - ho pubblicato un paio di e-book, Coralinda e Luna lontana. Si tratta di testi inediti che, nel caso di Coralinda, ho offerto a un paio di editori con esito nullo e che quindi non ho avuto difficoltà a offrire alla lettura gratuita. 
Mi hanno chiesto: «Perché li regali? Perché non riprovi? Non hai sottomano un paio di rappresentanti editoriali a cui rifilarli? Non hai un ricco carnet di numeri di telefono al quale ricorrere? Non conosci altri scrittori ai quali affidarli?»
Beh, proverò a rispondere a tutte queste domande, anche senza rispettare strettamente l'ordine nel quale mi sono state poste. Risponderò anche per aprire una discussione sull'antico e mai esausto tema della pubblicazione che, poco o tanto, mi ha toccato, sia come editore alle prese con turbe di autori che cercano uno sbocco purchessia alla loro pubblicazioni, che come autore assai poco calcolato dal mondo dell'editoria maggiore.
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«Perché li regali?»
Mi rendo conto che regalare un testo, frutto di lavoro, è come mettersi sull'angolo di una strada a eseguire brani musicali con un piattino o un berretto rovesciato posto davanti a sé, confidando nella bontà di chi passa casualmente. Ma, d'altro canto, arriva un momento della propria vita nella quale ci si stanca di contemplare i propri cassetti pieni di manoscritti più o meno ignorati e si desidera di saperli per lo meno in mano a qualcuno, anche se magari per dimenticarsene due minuti dopo averlo scaricato o per poterne ridere leggendone ad alta voce brani scelti agli amici. 
Pubblicandone un paio - da notare che si tratta comunque di una porzione ridotta dei «miei scritti» - ho se non altro fatto calare un pochino la pila dei testi in attesa di pubblicazione. 
Quanto alla possibilità di pubblicarlo in quanto CS_libri, beh, la pubblicazione in formato e-book non esclude la pubblicazione in formato cartaceo, quindi se la CS (che, ovviamente, non coincide con me stesso) dovesse decidere di pubblicarli, la partita rimane sostanzialmente aperta.
E in ogni caso sapere di avere una pattuglia di lettori «personali» è un ottimo balsamo per il proprio ego.
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«Perché non riprovi?»
Complicato rispondere. 
Ma forse nemmeno troppo.
Sono semplicemente un po' stufo degli editori italiani. Bravi o così così, generosi o micragnosi, attenti o arruffoni. Un po' stanco di incontrare sulla mia strada editor (più o meno) capaci che, facendosi scudo delle esigenze di un pubblico di lettori più o meno vasto, mi risponde che «no grazie, il suo testo non ci interessa». 
È probabilmente un po' puerile reagire dicendo: «E a me non interessa il vostro disinteresse», ma lo stato d'animo che mi ha spinto ad autopubblicarmi è più o meno questo.
Sono sicuro che il mio atteggiamento non pesi per nulla nel generale bilancio culturale italiano, ma sinceramente la cosa non mi turba nemmeno un po', regalandomi la sensazione - va bene, un po' volatile - di aver saltato un'interrogazione.
In ogni caso un romanzo per ragazzi di gusto urban fantasy e un romanzo breve in puro stile sf «Space opera» non hanno mai avuto molte possibilità di trovare qualche editore entusiasta... C'è la crisi e non è certo il momento nel quale lanciare un nuovo autore. Oltretutto uno che ne sa fin troppo di diritti, commercializzazione, vendite e rese.
No, no per carità.
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«Non hai sottomano un paio di rappresentanti editoriali a cui rifilarli?
Già fatto, rispondo. 
Coralinda, per fare un esempio, è stato affidato in tempi diversi a due rappresentanti editoriali che normalmente frequentano la libreria. Disgraziatamente i rappresentanti fanno parte dell'universo commerciale del mondo dell'editoria e non di quello puramente editoriale e tutto ciò che proviene da loro è di norma semplicemente ignorato da un editor appena serio. I librai non possono essere anche scrittori, a meno che non siano poveri faticatori o ignoti fattorini che il mondo editoriale ha sempre disprezzato, dei poveri cenerentoli che il libraio egoista e misantropo non ha mai preso in considerazione e che soltanto un abile e consumato editor può valutare.
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«Non hai un ricco carnet di numeri di telefono al quale ricorrere?»
Certo.
Ma non è simpatico farsi vivo con un editore lasciando cadere distrattamente un «lo sai che ho scritto un romanzo?»
No. Non si fa. 
E comunque è necessaria una faccia di bronzo che non ho mai posseduto.
Al massimo si può inserire un proprio libro - in forma di testo già edito, ovviamente - in un pacchetto indirizzato all'editore in oggetto, sperando che non lo butti via e che prima o poi gli getti un'occhiata. 
Cosa che finora non è ancora accaduta. O che, se è avvenuta, non ha avuto reazioni. 
D'altro canto in genere un editore - parlo per la mia piccola esperienza - ha bisogno di tutto meno che di un giovane o meno giovane autore in cerca di fama e notorietà. Gli editori generalmente detestano gli autori e vogliono avere a che fare con loro il meno possibile. E non scherzo. 
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«Non conosci altri scrittori ai quali affidarli?»
Ne conosco, certo.
Con alcuni ho un rapporto di frequentazione quasi quotidiano perché forti lettori, con altri un rapporto meno frequente ma comunque vivo e vitale, con altri ancora un buon rapporto epistolare. Ma anche in questo caso chiedere loro di presentare un proprio testo in casa editrice assomiglia un po' a chiedere loro se amano farsi appendere a testa in giù prima di far l'amore o se la loro signora ha l'abitudine di ruttare. 
È bene specificare, comunque, che gli scrittori che conosco e stimo non sono autori da centinaia di migliaia di copie a ogni uscita.
E comunque se pure gli rifilo volentieri i miei testi da leggere non chiederei mai loro di sostenerli, raccomandarli o proporli. Li dò da leggere per il piacere di farlo, accolgo commenti e osservazioni e li ricambio con commenti e osservazioni ai loro testi se mi vengono richiesti... e basta. 
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Probabile che, a questo punto, emerga il dubbio che, semplicemente, io non sappia scrivere. 
Il ché è perfettamente possibile, ovviamente. 
Ma che non è del tutto la verità, dal momento che qualcosa l'ho pubblicato e un paio di premi li ho portati a casa. 
Più probabile che io sia:
a) un individuo dotato di un orgoglio inumano, che si farebbe torturare piuttosto chiedere favori, pur essendo disponibile a farne.
b) un soggetto impaziente, ombroso, intollerante e sarcastico che non riconosce le altrui competenze, rischiando di non riconoscerle persino quando sono giuste e sacrosante. 
c) un soggetto che ha già un lavoro e scrive per il puro piacere di farlo, permettendosi il lusso di snobbare il mondo che pure gli dà da mangiare.
d) uno scrivente fissato a scrivere un genere di testi che chiunque abbia un minimo di cervello non leggerebbe mai. Un uomo disgraziatamente demodé che continuerà a scrivere fantascienza anche se ipoteticamente spedito nel medioevo da uno scherzo temporale. 
e) uno sciagurato che pur non avendo fatto studi umanistici si sforza di lavorare su un terreno che conosce poco.
f) un povero disgraziato che non comprende che in questo momento il talento letterario è la cosa meno importante del mondo. Meglio, molto meglio essere un giovane diseredato ex-black bloc, un'ex-cubista ora scrittrice impetuosa e amara, un vecchio signore che mette in scena una giovane commissaria di polizia delusa (delusa lei, non la polizia) o un ex-profiler divenuto mercante d'arte e fine gastronomo. 
O un fattorino di libreria ecc. ecc.
Che tutto ciò abbia o meno a che fare con la letteratura non è minimamente importante. L'importante - anzi il fondamentale - è un titolo sparato nel settimanale di cultura in omaggio con il quotidiano nazionale.
Ma qui si rischia di andare un po' troppo vicino al mio vero lavoro. 
...
Non ho la minima intenzione di demotivare nessuno, sia chiaro. È probabile che avendo sufficiente testardaggine, un certo talento genuino e non poca fortuna possiate riuscire a emergere. 
Se non riuscite, però, non demoralizzatevi. 
Possibile che semplicemente vi sia mancata la fortuna. O un po' di talento. Tenendo conto che il talento non è soltanto un dono di natura ma può emergere ed essere fortificato con l'esercizio. 
Già, l'esercizio. 
Ciò che lavorando non è facile - o è impossibile - coltivare.
In ogni caso il talento non è ciò che riconoscono le scuole di scrittura creativa. La scuole di scrittura creativa possono insegnare - quelle che non si limitano a succhiarvi una certa quantità di denaro - la forma dell'essere scrittore, la puntualità, la serietà, la stringatezza. 
Tutte cose importanti, senza dubbio.
Ma non il talento.
Per il momento, comunque, vi consiglio di autopubblicarvi. Male non fa, negli States e in altri paesi dove si legge davvero è diffusissimo e con un po' di fortuna permette di ricevere i pareri di veri lettori.  
Che è già moltissimo, giuro.




6 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Per me l'atto della creazione letteraria è un atto importantissimo. Quindi non ci vedo niente di male nè nel proporla ad editori nè nel diffonderla gratis. L'importante è che gli scritti vengano letti.

Massimo Citi ha detto...

Essere letti ultimamente è divenuta un'operazione complessa e difficile. La quantità di cose da leggere, seguire, spuntare, commentare ecc. è un problema che temo non sia soltanto mio. Oltre ai testi su carta i giornali su carta e on line, i blog, i social networks. Poco tempo per leggere e ancora meno per riflettere su ciò che si è letto. Possibile che si debba colpire il lettore faticosamente agganciato con qualcosa di choccante, sfidarne le più intime convinzioni, irriderne i più delicati sentimenti.
Tutto ciò per essere letti?
Beh, in fondo così funziona buona parte della produzione contemporanea di narrattiva.
Merce cattiva che scaccia la buona, in letteratura come in economia...

SteamDave ha detto...

Come ho detto altrove, il problema del regalare i libri in formato elettronico è che non hai un riscontro sulle letture.
Nel senso che esistono gli scaricatori di massa, che se è gratis lo scaricano a prescindere.
Così vedi che hai distribuito duemila copie e ti convinci di avere duemila lettori - mentre tre su quattro (ad essere ottimisti) hanno il tuo ebook sul loro hard disc e non lo leggeranno mai.
mettici un prezzo simbolico, e lo scaricherà solo chi è interessato.
O per lo meno quella è la teoria.

Massimo Citi ha detto...

Caro Davide. Penso che tu abbia assolutamente ragione ma il mio blog non ha un passaggio tale da ipotizzare scarichi di massa. Si è trattato in entrambi i casi di «regali» a chi mi segue da tempo, oltre tutto promessi già da fine luglio. Poi, ovviamente, sono anche possibili gli «scarichi» esterni al blog, ovvero diretti dal sito di lulu ma, onestamente, me ne importa piuttosto poco. Se hanno voglia di leggere, si accomodino, altrimenti pazienza. Sinceramente ho qualche difficoltà a credere nell'autopubblicazione, ovvero nell'autore sconosciuto che pubblica on line ed emerge grazie al passa parola. Creare un piccolo gruppo di lettori legati al blog mi sembra più ragionevole.

cily ha detto...

Bella la tua analisi.
Per me scrivere è prima di tutto piacere nel farlo.
Moltissime volte mi chiedo perchè mai nel mio pochissimo tempo libero non riesco a fare quello che fanno tutte le mie amiche (palestra, shopping, partecipare ai social network etc).
Non lo so. So solo che alla fine è l'unica cosa che mi da davvero piacere mentre la faccio. anche il mio lavoro atratti mi piace parecchio ma scrivere è proprio un'esigenza. Se smetto per un po' comincio a dormire male perchè le idee si affollano nella mente e non mi lasciano dormire, è come se intasassero il cervello.
E comunque la cosa più bella è avere come dici tu lettori sinceri e veri.
Alla fine si parla tanto di far soldi, ma la cosa che più conta è davvero essere letti. Cosa che mi sembra molto spesso dimenticata da chi scrive e che tu hai evidenziato benissimo.
A proposito ho finito Luna Lontana, davvero bello!Grazie per il regalo!
Ho un diverse cose da dirti a riguardo...vuoi una mail o preferisci un commento sul blog?

Cily

Massimo Citi ha detto...

Tu hai una bambina piccola, mi pare. La mia adesso è grande ma ricordo con un misto di angoscia e di tenerezza i momenti che ho passato con lei, diligentemente divisi con mia moglie. Quando avevo finito avevo voglia giusto di pensare a me stesso. E scrivere è un modo eccellente - anche se parecchio faticoso - di pensare, meglio riflettere, su se stessi. Coralinda, che è un e-book pubblicato in settembre, è per l'appunto nato come omaggio al «mostro», come la chiamavo (e talvolta la chiamo ancora) e come esercizio di riflessione. Ciò detto, sono contento di far leggere le mio cose in giro. Non è che mi farebbe schifo guadagnarci sopra, ma non è un problema primario. Per il momento ho un lavoro :)
Ti ringrazio per «Luna lontana». È un romanzo breve - o racconto lungo - al quale sono particolarmente affezionato. Commenti ecc. sono strabenvenuti. Se ne hai voglia puoi postarli nel suo «post», «Dopo Coralinda, luna lontana», tanto per mostrare che qualcuno l'ha scaricato e letto. Altrimenti saranno moto ben accolti nella forma che preferisci, escludendo l'SMS, causa letargia nel rispondere : )