3.6.08

Proprietari



Nel 1975 è uscito un romanzo di James G. Ballard dal titolo High-rise, tradotto in italiano nel 1976 nella prima edizione in Urania con il titolo Condominium e copertina di Karel Thole. La vicenda in sé è solo relativamente originale, basata com'è su uno dei filoni distopici tipici della letteratura inglese al quale appartiene in primo luogo Il signore delle mosche di William Golding, pubblicato nel 1954. La discesa agli inferi e la completa regressione umana e sociale non avviene però su un'isola ma in un modernissimo condominio, un altro genere di «isola» perfettamente tecnologica destinata a un'élite di imprenditori e professionisti. Abilmente Ballard fa naufragare la situazione proprio a partire da una serie di problemi tecnologici che lasciano graduamente emergere l'aggressività e l'intolleranza dei proprietari immobiliari. L'efficacia del romanzo, recentemente ristampato da Feltrinelli, è notevole e la sensazione lasciata nel lettore è che la barbarie sia, letteralmente, a un passo e che qualsiasi problema condominiale sufficientemente grave e prolungato sia sufficiente a innescarla senza alcuna possibilità di remissione spontanea.
Si sorride, perlomeno all'inizio, constatando che le liti del grandioso Condominium ballardiano non hanno nulla di qualitativamente diverso da quelle tra un qualunque signor Pinti del 4° piano e una qualsiasi signora Guzzoni del 5°. Piccole miserie morali, gelosie, inconfessabili invidie, cristallizzate e rese atrocemente inconciliabili per una bicicletta parcheggiata in cortile o un vaso di fiori trascurato sul pianerottolo.
La casa, la propria casa, esattamente come la propria auto, diventano il confine estremo e definitivo del proprio io.
Ma in Condominium c'è qualcosa di più del semplice e agghiacciante terrore letterario della regressione alla condizione animale, peraltro apparso già nel Wells de La macchina del tempo. Ballard introduce, infatti, il concetto di esclusività di massa.
Che sia possibile, cioé, che una condizione di élite - con i suoi corollari di privilegio, selezione e autosegragazione - possa costituire la condizione umana normale.
La casa rigorosamente di proprietà dove vive (sopravvive? si trincera?) la famiglia modello definitivo - anche se dai contorni secolari. «Fuori» il nemico. Delinquente per semplice contrasto, per differenza (uomo – casa = bandito).
Un modello che si è diffuso a macchia d'olio negli anni della globalizzazione rampante innescando una rincorsa speculativa della quale l'intera economia mondiale pagherà le conseguenze.
Siamo il paese europeo con la più alta percentuale di proprietari immobiliari. La casa di proprietà è un miraggio ma anche una schiavitù definitiva. Mutui di 40 anni e più. La metà di una vita, dall'adolescenza all'età anziana. La casa di proprietà che decide di etica e politica. Siamo proprietari, quindi terrorizzati dalla criminalità e soprattutto dalla violazione del nostro spazio.
Specularmente ciò che non proprietà di qualcuno è nulla, res nullius da disprezzare e danneggiare.
Il giro d'affari creato dalla disperata ansia di diventare proprietari alimenta un sottomondo di immobiliaristi-speculatori e sostiene manovre finanziarie di ogni genere.
Si diventa di destra fatalmente, necessariamente. Intolleranti, razzisti, reattivi e sprezzanti ma schiavi di un mutuo interminabile.
L'esclusività di massa diventa così il nostro purgatorio definitivo, l'impossibilità che condanna le nostre vite e, consumando risorse, sacrifica il pianeta.
Non è più un problema di Berlusconi o no.
Un paese di proprietari-schiavi vive in un presente eternamente congelato tra le pareti del proprio appartamento non ancora finito di pagare, sotto un cielo basso e pesante.
Un paese di proprietari-schiavi non ha speranze per il futuro e non ha, probabilmente, un futuro.

14 commenti:

Davide Mana ha detto...

La civiltà non è che una patina transitoria - la barbarie è lo stato naturale dell'uomo.
E quelli che senti in lontananza, amico mio, sono i tamburi dei Pitti al di là del Fiume Nero.

Del segreto dell'acciaio parliamo la prossima volta.

Anonimo ha detto...

Mi dispiace postare un commento un po' scemo ad un post così bello e profondo, ma trovo davvero curioso il paragone tra il condominio e l'isola di Golding.
Soprattutto perchè gli inventori del condomino, gli antichi romani, lo chiamava proprio "insula".

Massimo Citi ha detto...

Gli antichi romani la sapevano lunga, su questo non c'è dubbio, caro Piotr. E bentornato.
Sicuramente esiste un legame profondo - che uno scrittore migliore di me potrebbe anche tentare di rappresentare narrativamente - tra l'autoisolamento e la decadenza. I rapporti sociali basati esclusivamente sulla proprietà sono più deboli e più fragili. Merita davvero pensarci, almeno per un racconto...

Fran ha detto...

"uno scrittore migliore di me potrebbe anche tentare di rappresentare narrativamente", mi sembra una colossale stupidaggine, perché già in questo post lo rappresenti in modo particolarmente sottile.
E poi è un bel po' che non ci regali un ampliamento del materiale scaricabile a firma Massimo Citi...

Massimo Citi ha detto...

Ciao Fran.
Esempio di interessi privati in atto pubblico: «i tuoi libri sono partiti ieri».
Venendo al tuo messaggio: grazie per il «sottile», ma parlavo proprio di narrativa. Che è un modo di raccontare la stessa storia attraverso una vicenda vissuta da alcuni personaggi. «Un narratore Più abile di me» perché non si tratta di convincere qualcuno di una tesi ma fare in modo che tale «tesi» traspaia nitidamente dalla narrazione. Insomma,far vivere l'assunto e non limitarsi ad enunciarlo. Essendo autore di sf posso immaginare una storia di torri-grattacielo, passaggi sospesi, cupole e assedi notturni ma esistono millanta altri modi di scriverne. Comunque ci penserò, giuro.
In quanto a materiali narrativi on line ho qualcosa di pronto e probabilmente lo metterò on line entro una quindicina di giorni.

Bruno ha detto...

La proprietà di una casa nasce dal semplice ammazzamento di pagare l'affitto, un salasso a fondo perduto. Personalmente sono schiavo per pochi altri anni (di mutuo) dopo di che sarò un proprietario-e-basta e devo dire che starò molto meglio... ma farei notare, per paradosso, che la situazione italiana (tutti proprietari per forza) non è una imposizione di destra-per-forza ma una reazione a una situazione di paese-cialtrone-per-forza. Paese dove la figura chi affitta appartamenti (questo orco, che ha una proprietà privata e che per giunta -siamo sicuri?- vota a destra!) non è tutelata nella sua proprietà (chiunque può, praticamente a costo zero, sequestrargli l'appartamento per anni e anni, basta entrare come inquilino e non pagare, e poi sfruttare le lunghe capriole giudiziarie dello sfratto) e pertanto, chissà come mai, case in affitto a costo decente non se ne trovano. Perché rompersi le palle con i poveri e i cattivi pagatori? Peggio ancora, lo stesso ragionamento lo fa lo stato con i governi di tutti i colori, perché l'edilizia popolare segna il passo da molto tempo. E anche dove case popolari esistono, il diritto a un tetto sopra la testa non si risolve con le graduatorie ma spesso con una prepotente e mafiosa appropriazione di fatto, che chissà perché a qualcuno sembra una santa cosa.
Non la butterei troppo in politica, quindi. In tanti paesi si campa benissimo in affitto semplicemente perché sono meno fessi di noi.
Detto questo, la paranoia della difesa del "proprio" spazio è sempre una tematica interessante. Patologica? Sì, anche. Delirio di potenza di chi crede di avere creato nella sua villa-fortezza un impero personale? Certo, per chi una villa-fortezza ce l'ha... Però pensiamo pure al diritto di difendere il proprio spazio personale dai rompipalle, portinai, ficcanaso ecc... Pensiamo al diritto di avere i propri spazi e momenti di libertà. Consiglio una riflessione con la visione dell'Inquilino del terzo piano di Polanski. Io però non posso partecipare, purtroppo. Devo andare a una riunione di condominio... dove ho messo la mia ascia?

Massimo Citi ha detto...

Gentile Bruno, grazie del contributo. Le cose che spieghi - mancanza o insufficienza di edilizia popolare, soprusi da parte degli inquilini, l'atteggiamento cialtrone che è un tratto tipico di un paese di miseri furbacchioni - sono quasi sempre vere e sacrosante. Ma non sono ciò che miravo a sottolineare con il mio post. Il possesso, infatti, è schiavitù non solo nel senso che spinge a comportamenti "reazionari" (e questa non è politica ma pre-politica, ovvero psicologia sociale) ma anche nel senso che è l'immagine di un paese immobile, dove nessuno pensa di poter cambiare lavoro, trasferirsi, in una parola cambiare vita e lavoro, almeno potenzialmente. Poi certo, c'è la famiglia, ci sono un sacco di difficoltà, ma proprio per questo non mi pare il caso di caricarsene un'altra: la casa di proprietà. Io e mia moglie una casa di proprietà l'abbiamo avuta, ma l'abbiamo venduta e adesso siamo in affitto. L'avevamo acquistata da giovani, convinti che avrebbe risolto ogni nostro problema, ma non era affatto così. Abbiamo scoperto che l'affitto non è un salasso a fondo perduto ma è un costo da affrontare per sentirci davvero liberi, senza assemblee di condominio, spese impreviste e salassi improvvisti e con la possibilità di andare a vivere altrove, anche all'estero, senza troppi problemi.
Questo va bene a noi, ma non è detto che vada bene a tutti, beninteso. È una scelta personale che non credo sia né di destra né di sinistra. Se qualcuno però mi dice che vivere in un paese di proprietari è una bella cosa no, non sono d'accordo. Per nulla.

Bruno ha detto...

Carissimo Max,
essere proprietari non dovrebbe rappresentare una categoria politica (o pre-politica), né il difendere tale proprietà esser visto come atteggiamento reazionario, sempre che non vogliamo per forza dar per vere quelle parole di Proudhon ("che cos'è la proprietà? la proprietà è un furto!") il cui senso andrebbe prima di tutto analizzato.
Comunque ad ognuno le sue scelte, a te quella di vivere in affitto pagando quelle cifre pazzesche che non garantiscono altro che un altro mese di tetto sopra la testa (però, e non per farti i conti in tasca, non è cosa che si possono permettere tutti). A me quella di tornare, con l'ascia insanguinata, dall'assemblea condominiale...
Almeno mi sono divertito.

Massimo Citi ha detto...

Hai ragione. Essere proprietari non è una scelta politica. E non è stata una scelta politica,la mia. Detto per inciso, l'attività (la libreria) funziona a corrente alternata e la scelta di una casa in affitto la paghiamo selezionando attentamente i nostri consumi. Ma siamo contenti lo stesso.
Il problema della proprietà non è la sua difesa in termini "normali", ma l'ipersensibilità agli allarmi sociali che certi soggetti mediatici pompano instancabilmente. Chissà mai perché :-)

Davide Mana ha detto...

Non so se la proprietà sia un furto - ma i miei maestri zen mi insegnavano che possedere è essere posseduti.
Fate un po' voi.

Sulla questione affitti - ho come l'impressione che l'atteggiamento italiano a riguardo sia anche legato ad una certa ingessatura sociale e culturale.
Passati i grandi movimenti migratori degli anni 50-60, una percentuale consistente degli italiani nasce, vive e muore ancora nello stesso posto, svolgendo lo stesso lavoro per quarant'anni.
Le cose stanno cambiando, ma lentamente.
La disponibilità a trasferirsi per lavoro è ancora un'arma nelle mani delle aziende - non potendoti licenziare, ti propongono un trasferimento a 800 chilometri, e due volte su tre sei tu ad andartene.
La casa di proprietà è - anche - parte di questo meccanismo.

Bene rifugio, ancora, trappola.

Bruno ha detto...

@davide: non ho avuto maestri Zen ma ricordo (in maniera ben più massificata e modesta) la frase dal film Fight Club: se possiedi tante cose, le cose alla fine possiedono te. Si tratta di saper mantenere le distanze, non farsi condizionare, non dedicare troppo sforzo e troppa "identificazione" alle cose. E mica tutti ci riescono.

Davide Mana ha detto...

Ciascuno di noi trova la saggezza dove la cerca - in un tempio zen, nel Fight Club, su un pacchetto di cornflakes.
La sagezza non è schizzinosa.

Massimo Citi ha detto...

La discussione ha preso una piega almeno in parte imprevista. Ma questo è un bene. Invece della solita rissa per decidere che cosa è di destra o non lo è, è emerso qualche spunto dedicato al pensiero zen. Lo so, il tema - il possesso - li suscitava, ma questo non comportava necessariamente la loro apparizione. Grazie di cuore, comunque, a chi è finora intervenuto.

Davide Mana ha detto...

Sulla questione affitto/acquisto, consiglio questo interessante link

http://www.nytimes.com/2007/04/10/business/2007_BUYRENT_GRAPHIC.html?_r=2&oref=slogin&oref=slogin

Curiosa coincidenza, l'uscitadi questo inconcomitanza con la discussione, eh?