6.1.08

A che cosa serve un editore? Capitolo 2

Post che prevedo non troppo breve, ma spero non banale. O non troppo banale.
Si parlava di autori ignoti, di editori fraudolenti o distratti e di editoria di vanità, ovvero di libri pagati dall'autore.
Qual è il problema medio dell'autore ignoto?
Ha scritto qualcosa, non importa (ancora) che cosa, e vorrebbe farlo pubblicare. Importante il motivo per cui, prima di ogni altra cosa.
Non c'è mai un solo motivo.
Il narcisismo è il primo motore,naturalmente, ma questo non significa necessarimente MALE. Se suonate uno strumento anche solo così così, passato un certo tempo - a meno non siate dei completi imbecilli - vorrete suonare in pubblico e/o con altri. In questo la scrittura non è differente.
Il grosso problema è che esistono e sono esistiti eccellenti strumentisti autodidatti e altri - di nuovo eccellenti - che sono regolarmente andati a lezione, ma mentre suonare uno strumento non è un'attività quotidiana e richiede una quantità anche notevole di pratica e di nozioni specifiche, scrivere è all'apparenza un'attività che non richiede competenze maggiori di un discreto voto in italiano.
Questo crea l'illusione che scrivere sia facile e alla portata di tutti.
Non è affatto così. La scrittura professionale comporta la conoscenza e l'uso di strumenti di organizzazione di un testo che non vengono insegnati a scuola o all'università. Non solo, scrivere poesia o narrativa richiede una buona conoscenza di testi di altri - possibilmente non soltanto di autori che si amano alla follia - disciplina mentale e grande dedizione.
Dopo di ché c'è gente che passa la vita a fare il sessionman e gente che incide dischi e diventa famosa. Vivere non è facile.
Farsi il proprio libro da sè è paragonabile - musicalmente - al trovare una cantina/garage dove provare e fare piccolissime esibizioni. Non c'è nulla di sbagliato in questo.
Personalmente ho suonato quasi in ogni luogo possibile (garage, studi, tendoni, cantinacce fetide ecc. ecc.) senza però sentirmi praticamente mai un fenomeno.
Ci avviciniamo al cuore del problema
Lo scrivente (abbiate pazienza, la parola «scrittore» per me è riservata a gente tipo Kafka o Dostoevskij)è solo. Come diceva il «buon dottore» (ma mediocre autore) Isaac Asimov, una volta scritto qualcosa lo scrivente si sente infatuato di se stesso e sogna di farlo leggere a chiunque gli capiti a tiro, convinto che il lettore non potrà che condividere il suo parere.
Appunto, lo scrivente è solo.
Raramente troverà qualcuno che gli dirà che la sua intonazione è debole o incerta e che il suo staccato è fuori tempo come facilmente accade in musica. Amici e parenti gli diranno che è «bravo».
Essendo «bravo» sarà ovvio per lui mettersi a cercare un ente che si preoccupi di far conoscere la sua bravura al mondo.
Sto semplificando, ne sono conscio, ma è per comodità di esposizione.
Il nostro scrivente manderà quindi il suo / i suoi / testo/i in giro per il mondo. Da Bollati Boringhieri alla Feltrinelli, a Mondadori, a Garzanti, Newton Compton, via via fino a Zanichelli, ultimo editore della lista. Ben che vada riceverà mesi e mesi dopo una letteruzza che lo ringrazia e lo invita a non rompere più. Altrimenti il silenzio.
«Mascalzoni!» dirà lo scrivente e si metterà alla cerca di qualcuno più attento e sensibile. Se non è un completo impedito lo troverà perfino. Per esempio Edizioni «La Garaunta» di Prosdocimi e Zatteroni (nomi di fantasia, sia chiaro).
P&Z pubblicheranno il romanzo o la raccolta poetica nella famosa collana «Il Collante», lo distribuiranno «nelle principali librerie italiane» e «a mezzo internet» in cambio di un «contributo dell'autore».
È fatta?
È fatta.
Almeno sembra.
Un passo indietro.
Il nostro scrivente ha mandato il suo romanzo a tutti o quasi gli editori italiani, si diceva.
Si è preoccupato di capire, innanzitutto, quali sono gli editori che pubblicano libri almeno vagamente simili a quello che propone lui? Ha fatto un salto in libreria per farsi un'idea delle diverse produzioni editoriali, ha cercato informazioni e ne ha chieste a qualcuno del settore, anche solo al suo libraio di fiducia?
«Non ho un libraio di fiducia», dice lo scrivente.
«Kzzz», dico io.
Parlare con un libraio non è poi tanto facile, anche se si tratta, a ben vedere, dell'unica figura professionale del settore editoriale a portata di mano.
Quindi è bene per lui insistere.
E lo dico contro il mio interesse.
Se lo scrivente compra libri soltanto al supermercato o nelle Feltrinelli Village vien voglia di dire: «Beh, si arrangi e vada da P&Z», ma non lo dirò. Basta soltanto un'avvertenza: prima di firmare il contratto con P&Z faccia un salto in una libreria (una vera) e chieda a gran voce: «Avete libri delle edizioni "La Garaunta"?».
Se viene guardato come un povero deficiente è già mezzo salvo.
Ma P&Z sono due truffatori? E lo scrivente (lo S., per velocità) è un fesso o un furbastro? Propendo per il fesso, anche se non vedo nella di male (a parte ogni considerazione sulla carta sprecata) nel pagare una cifra ragionevole per avere il proprio testo stampato e rilegato. Fondamentale:
1) trovare qualcuno che per stampare con copertina a colori un romanzo di 200 pagine in 500 copie non chieda più di 1500-2000 euro.
2) non illudersi che il semplice riconoscere il proprio nome sulla copertina di un libro sia un passo verso la fama imperitura.
3) Non pensare che ciò che si tiene in mano sia davvero un libro. Esattamente come non si può dire di aver «fatto un concerto» se avete suonato la chitarra sulla spiaggia per quattro amici.
Ma che cos'è, allora, un libro? Beh, cercherò di parlarne in uno dei prossimi post.

Per chiudere un piccolo aneddoto personale.
Anni fa conobbi uno S. che, pubblicato un racconto in un'antologia, si autoconvinse di aver finalmente sfondato. Mesi dopo mi telefonò per dirmi che era uscita una sua antologia da le «Edizioni del Plantigrado». Me ne portò qualche copia in libreria, entusiasta in maniera imbarazzante.
«Bene», dissi, «quanto hai pagato?».
Il suo sorriso non si incrinò: «5 milioni (correva l'anno 1993), ma me lo mettono in tutte le librerie».
«Se è così...»
I suoi racconti non mi piacevano, ma il mio parere in fondo non era importante.
Conoscendo la fama de le «Edizioni del Plantigrado» dubitavo però con tutte le mie forze che il libro sarebbe andato in qualche libreria che non fosse la mia.
Telefonai per curiosità a un paio di colleghi: «Sai qualcosa di un'antologia di Viligelmo Diotallevi pubblicata dal Plantigrado?».
Siete svegli, avete già capito.
Adesso Viligelmo ha smesso di scrivere. O forse ha soltanto smesso di credere di poter diventare uno scrittore. Una cosa triste, certo. Ma la sua fretta di pubblicare a tutti i costi (Anche 5 milioni di allora per 500 copie e 120 pagine... un furto!) mi era parsa il segnale di un atteggiamento profondamente sbagliato verso la letteratura.
Del perché ne parlerò presto.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

No, niente. Solo ricordarti che hai chiuso dicendo "del perchè parlerò presto", e lo hai detto il 6 gennaio.
E insomma, o lo dici entro due o tre giorni, oppure dovrai farlo precedere da un post sulla relatività del tempo, ecco.

Massimo Citi ha detto...

... da frequentatore abituale di questo blog avrai probabilmente capito i miei tempi di aggiornamento.
«Presto» significa «meno di un mese».
«Poi» significa «entro i prossimi tre mesi».
«In seguito» vuol dire «prima della fine dell'anno».
«Prima o poi» è come dire «mai».
Ma se supermercati, FNAC e Feltrinelli insistono riusciranno a farci chiudere, e allora non mi resterà molto altro da fare.
Comunque grazie per lo stimolo. E grazie anche per le osservazioni sull'ultima Fata Morgana (lo so, non ne ho parlato qui. Son fatto così e non mi viene in mente di autopromuovermi).
In quanto all'esser matto, beh mai quanto vorrei. Una volta o l'altra, comunque, ti racconterò come è nato «La danza della scimmia».

Anonimo ha detto...

La tua scala del tempo è molto divertente. Mi ricorda quella che è forse la variante di Legge di Murphy che più apprezzo, anche se forse è intelligibile bene solo da chi lavora nelle grandi aziende (ma forse no, boh...) Dice, più meno: "Legge sui tempi di consegna di un lavoro: si consideri il tempo dichiarato in termini di quantità e di unità di tempo (ad esempio: "3 settimane". Si provveda poi a duplicare la cifra e a passare all'unità di tempo successiva; nel nostro caso, il tempo reale di consegna sarà 6 mesi".

Mi sta bene aspettare. Potremmo fondare anche l'associazione "slow blog", di modo che ogni post sia un evento notevole. E la storia della danza della scimmia mi interessa: io del mio non posso dire granchè, se non che l'ho scritto proprio "a tema", per FM, e che la sola cosa "vera" è quella che appare meno credibile, ovvero che mio padre davvero pensava che bisognasse partire ogni volta che si sentiva "la Violetera".

Non chiudere, per favore. Niente di quello che hai aperto. Nonchiudere niente, blog, libreria, orecchie, cervello.

Massimo Citi ha detto...

Cercherò di non chiudere nulla. Anche se, a essere sincero, la voglia mi è venuta più di una volta. Ma comunque molte cose non dipendono da me...
La storia de "La danza della scimmia" è semplice. Sia io che Silvia siamo amanti di M.R. James e abbiamo letto della sua abitudine di scrivere una storia di fantasmi per Natale. Così per qualche anno ho scritto una "storia di Natale" per lei, ovviamente molto diverse dall'esempio del Maestro. Sono sei o sette storie delle quali le edite sono soltanto due, La danza della scimmia, per l'appunto, e "Lontano dallo specchio", apparso nella raccolta "In controtempo". La prima che scrissi ("Cinnamomo") è davvero la più "vittoriana" di tutte, con tanto di fantasma notturno ecc. ecc. e un finale piuttosto sorprendente. Non è escluso che ne faccia uso per uno dei prossimi FM. A proposito: in via ufficiosissima il tema del prossimo FM è "Porte, varchi, passaggi, barriere".

Davide Mana ha detto...

E postare intanto una copia su Alia Evolution?
O devo fare tutto io, in questo posto?! ;-)

Anonimo ha detto...

Ecco. E se uno sa cosa sia Alia ma non sa cos'è Alia evolution che succede? Viene sbertucciato con infamia?

P.S. - le quattro parole che ritmano i titoli delle diverse Fate Morgane sono sempre evocative, ma visto che strana evoluzione, a leggere i titoli di seguito? FM1 aveva ancora l'impaccio delle preposizioni e dlla struttura sintattica (Antologia essenziale di narrativa mimetica), poi, dopo un FM2 ancora indeciso (si leggono aggettivi, ancora...) ci si è purificati nel modello da FM3 in avanti. Però l'evoluzione ha preso un apiega strana: mentre quasi tutti gli FM hanno i quattro sostantivi che sono più o meno sinonimi, o al massimo variazioni sul tema, già FM11 inoculava un dubbio, perchè il quarto tema (Silenzi) era ad un tempo un elemento del tema principale (Musica), ma anche una sua negazione. Cosa divenuta evidente con questo FM12 ancora in feto, dove il quarto elemento (barriere) è spudoratamente in opposizione al primo (porte). Interessante, perdinci.

Massimo Citi ha detto...

Due risposte in un solo post.
- Per Davide:
Hai ragione, anzi ragionissima. Ho fatto ammenda e postato oggi l'annuncio.
- Per Piotr
Da qualche parte ho letto che ogni affermazione presuppone logicamente il suo contrario. Quindi Musica vs. silenzio e Porte vs. barriere. In realtà non usciamo (troppo) dal campo semantico, ma ci piace giocare sulle ambiguità di interpretazione delle parole in differenti contesti.
In quanto ad ALIA Evolution sulla pagina del blog, a dx, sotto la scritta: «Verso altre isole» trovi alcuni indirizzi di siti e blog. Clicca su ALIA Evolution e vedrai...

Davide Mana ha detto...

Massimo, visto che la prima parte del post sull'editoria è comparsa anche su AE (Alia Evolution fra i non addetti), ti scoccia se lo posto anche là, in modo che entrambi i capitoli siano disponibili nello stesso sito?

Massimo Citi ha detto...

Ciao Davide

Fai pure, ci mancherebbe. Ho tardato nel postare il capitolo 2 su ALIA evolution soltanto per motivi di opportunità, ovvero per non inflazionare la mia presenza. Entro fine mese pubblicherò anche il capitolo 3, se sei d'accordo lo farò contemporaneamente su entrambi i blog.