CALIBANO o L'Ultimo
Spettacolo
Romanzo
Gli
Etiopi dicono che i loro dei sono neri e con il naso schiacciato, I
Traci che sono biondi e con gli occhi celesti.
(Senofane)
Spesso
un’accanita stupidità è più inafferrabile e potente di qualsiasi
raffinato calcolo.
(Faudo
Thinbam)
–
Alla
cara memoria del Dottor Quatermass
Grigio
su grigio.
La
città è un’ombra incerta nel riflesso impolverato del cristallo.
In
alto la vetrina del negozio è decorata di geroglifici di calce:
cerchi, scarabocchi, fulmini rovesciati, onde, semplici macchie
tondeggianti come nuvole sporcate dal fumo.
All’interno,
tra la polvere bianca e le scatole sfondate navigano sereni i
muratori. Hanno maglioni bucati al gomito, pantaloni sformati e
scarpe incanutite. Appaiono e scompaiono tra i fogli di giornale
incollati ai vetri, ombre di neon intessute di minuti caratteri
tipografici.
Sul
fondo del negozio è acceso un piccolo TV che nessuno guarda.
Mick
Jagger, chiuso nella cornice nera dell’elettrodomestico, estrae una
lingua spropositata, biancastra, indice certo di una vita sregolata,
oltre che di cattiva digestione.
“Fammi
vedere la lingua” diceva la mamma quando accusavo un’indisposizione
che – senza arrivare al dolore o alla febbre – sembrava
promettere bene. Ubbidivo e spiavo con gli occhi rovesciati la sua
espressione, generalmente improntata a scetticismo.
Più
tardi, procedendo verso la scuola mi fermavo a spiare la lingua
traditrice nelle vetrine senza grandi risultati. Scrollavo le spalle
e proseguivo curvo sotto il peso della cartellona con dentro l’epica.
Uno
dei muratori mi guarda e solleva una mano. Ritiro la lingua estratta
soprappensiero, e riprendo la strada verso il lavoro.
Come
ogni mattina non vi sono dischi volanti caduti nell’incrocio tra i
due corsi, cioè al capolinea del 21, nè uno sbarramento di soldati
in divisa mimetica che rassicurano che non è avvenuto nulla, mentre
la spropositata testa di un dinosauro fa capolino dietro un
condominio dai balconi sbeccati come vecchie tazze.
Non
ci sono fughe disordinate di uomini dai pantaloni larghi come
dirigibili né di donne con cappellino inseguiti da una marmellatona
gigante allo stato brado. Non vedo nessuno con uno sguardo vuoto e
posseduto, pronto a prendere il comando di questo insulso paese, nè
legioni di formicone che vessano a morte un’anziana dama con
cagnolino obeso e intossicato dalle caramelle.
È
tutto come sempre, prevedibile, digeribile, e il massimo di avventura
che mi è concesso consiste nell’affrontare la macchina
distributrice della scuola e riuscire ad estrarne un caffé senza
zucchero con latte freddo.
Eppure
sarebbe così facile abbandonarsi alla cieca meccanica, sorbire beati
il tè bollente con un fondo di zucchero alto un dito e l’aroma di
limone simile a quello di un detersivo per piatti. Tutti i miei
colleghi si sono già arresi a questa droga e persino chi proviene
dal Sud ha finito per cedere, facendo propria questa inglesità
meccanica.
Io
no. Ho già ceduto su molti principi ma su questo non transigo e
continuerò a gettare nel lavabo della toilette degli insegnanti
l’oscena mistura prodotta dalla “Rivabo s.r.l. – Macchine per
ristorazione”.
Perché
la Rivabo ecc. produce macchina così intrinsecamente fallimentari?
Puro calcolo, con relativo capitalista che si sfrega le mani: “Questo
mese abbiamo risparmiato 126.55 euro in caffè” in consiglio di
amministrazione (applausi), oppure la semplice realizzazione delle
teorie sul caos “Un battito d’ali di farfalla in Cina può
impedire a 52 insegnanti italiani di bere un caffé decente”?
Mi
vengono sempre in mente troppe cose contemporaneamente e quello che è
peggio che non sono mai quelle che parrebbero più pertinenti. Ho
letto troppi libri da piccolo e ascoltato troppi film.
Ascoltato,
ho detto: i genitori mi mandavano a letto dopo Carosello.
La
faccia di Edward G.Robinson l’ho conosciuta solo nell’adolescenza
mentre doppiatori e rumoristi sono familiari alla parte più profonda
del mio cervello come i baci della mamma e mi provocano tuttora un
languore indefinito, estenuato, come certi profumi o certe musiche.
Dopo
è diverso, viene fuori il senso critico, la necessità di fare bella
figura in una discussione, il cervello portato all’occhiello come
un distintivo. “Intellettuale”, dice il distintivo, “anche di
sinistra”, aggiunge la riga sotto, più piccolo.
“Che
nausea” dopo un po’ vien voglia di aggiungerlo da soli.
L’isola
delle Prime Impressioni si allontana, diventa una linea appena
percettibile adagiata sull’orizzonte. C’è sempre, a volte basta
un attimo per approdarci, ma il più delle volte è irraggiungibile e
non rimane che struggersi e diventare noiosissimi come tutti quelli
che rimpiangono senza meglio definire.
Adesso
vi racconterò una storia, pochi o tanti che siate.
Potete
provare a immaginare di ascoltarla, come si ascolta – senza vederlo
– un film, perché di questo si tratta.
Immaginatevi
pure i doppiatori, se vi piace e le labbra degli attori che vanno per
conto loro mentre nell’aria vibrano le parole “Non hai fatto
altro che mentire finora, bambola”.
Sicuramente
nessuno lo girerà mai davvero, anche perché i film che si girano
nel chiuso della mente hanno luci e visi mai del tutto precisati e
soffrono di interruzioni improvvise, “…dov’è quel quaderno
lilla, quello con i cagnini? Hai rimesso in ordine un’altra
volta?…”.
Avete
mai provato a entrare in un cinema a chiedere del quaderno lilla con
i cagnini, voi?
L’azione
riprende ma i cagnini lilla (forse i cagnini erano bianchi a pois
senape su sfondo lilla, o cremisi o indaco) scorrazzano per un bel
po’ nel cervello, emettono stridii infastiditi, fanno cadere
oggetti e infestano la scena della battaglia di Borodino di Guerra e
Pace come peluche inseriti dal fratellino nel luogo del feroce
agguato di ambientazione western.
Vengono
male i peluche come mostri, anche a mettercela tutta.
In
casi del genere ci si può comportare da bravi fratelli maggiori e
trasformare il Dolce, Piccolo Leprottino Zuzu in un orrendo mostro
che divorerà tutti senza distinzioni di razza e nazionalità (almeno
questo di bello mostri e alieni ce l’hanno), oppure uscire dai
gangheri senza preavviso e menare il fratellino rompiscatole tentando
di salvare l’unità dell’azione, della percezione, della
fantasia.
Ecco,
io lasciavo che D.P.L. Zuzu animato dalla mia sorellina (adeccio
‘riva Giugiu che maccia tutti) facesse scempio dei miei cowboys
& indiani senza scaldarmi troppo a difendere un’ipotetica
unicità.
Sapete
quindi cosa aspettarvi da questo romanzo.
4 commenti:
Dunque...facciamo parte della stessa generazione, quindi mi sono ritrovato nella descrizione delle sensazioni provate in quel " A letto dopo Carosello", chi è venuto dopo non puó ricordare i tempi in cui avevi solo la tua immaginazione per vivere le proprie avventure. Inoltre mi hai fatto ricordare, in un altro passo, di quando quando studente andavo a scuola in un grigiore generale che a sua volta faceva parte di una quotidianità che odiavo.
Si direi che condividiamo parte dello stesso vissuto.
@Nick: forse è un po' poco ciò che lasciamo alle generazioniche ci seguiranno. Un «a letto dopo carosello» che in tempi di social network via i-phone suona come una regola benedettina risalente al XII secolo. La quotidinità di quegli anni non era emozionante, siamo d'accordo, ma almeno potevamo andare a scuola a piedi, senza essere perseguitati dalle manie di genitori iperprotettivi a parole e di fatto assenti. In ogni caso le epiche hanno ancora dimensioni ragguardevoli, solo che adesso ci sono i carrettini a rotelle… un rumore che si accompagna al viso affondato nel telefonino.
Piccola nota a latere: non ho mai fatto l'insegnante in vita mia e le esperienze che appariranno appartengono interamente a mia moglie.
Presente!
(...e spero di non sentire mai più in vita mia "scarpe incanutite"... :-))) )
Vado a continuare a leggere!
@Orlando: oh, mi dispiace. Se non ti piacciono le "scarpe incanutite" (o ti sembra scorretto) lo cambio subito. Non c'è problema. Comunque grazie davvero per la lettura.
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