22.10.10

Agenzie leggibili


Ne ho parlato qualche giorno fa con Davide Mana, un individuo con il quale, secondo fonti (poco) attendibili, intrattengo rapporti che stanno tra l'amicale - con ciò che questo significa nell'Italia berlusconiana - e il concorso a delinquere. Ne ho parlato, dicevo, un po' stupito che non fosse ancora abbastanza noto. Parlo di agenti e agenzie letterarie, ovvero a quei signori che si fanno pagare per leggere le vostre invenzioni letterarie.
E questo è già un punto delicato.
«E perché dovrei mai pagare qualcuno per avere un parere sul mio manoscritto? A me serve che l'agente lo passi a un editore non che mi faccia il compitino dopo una lettura».
Calma. Gli agenti letterari (teoricamente) forniscono un parere sul romanzo per stabilire se merita o meno passarlo a un editore.
«Già. Domani apro un'agenzia letteraria. Premiata Agenzia Letteraria Giuseppe Tubi & Filo Sganga. Raccolgo un duecento manoscritti e taglio la corda con i 100.000 euro tirati su. Già, perché viaggiano intorno ai 500 euro a manoscritto, i nostri, non è vero?»
Beh, 'bastanza.
«Non è che pensi che siano tutti dei tagliagole ma sinceramente penso che il compito di un'agenzia letteraria sia quello di fornire - gratis o a prezzo contenuto - una proposta di collaborazione. Che mi dicano:
1 - Il tuo romanzo fa schifo, sic et simpliciter. Puoi continuare a scrivere, se vuoi, ma sappi che lo fai per cavoli tuoi e non per il popolo affamato di buoni libri. Il prossimo romanzo che mi mandi finirà nello scatolone del riciclo senza nemmeno aprirlo.
2 - beh, il tuo romanzetto non è poi male. Possiamo provare a proporlo a Baldini e Castoldi o a Fazi. Se lo pubblicano tu ci passi un 10% (o un 20% o un 25% o quello che ti pare) dei diritti d'autore e siamo disponibili a leggerti anche i successivi.
Non è così che si fa?»
Innegabilmente.
Nei paesi anglosassoni si fa così.
Qui in Italia non tanto.
Ma in Italia il contratto che lega autore ed editore è diverso.
L'autore, infatti, non rimane il solo proprietario del proprio testo cedendolo a un editore. Non può disporne facilmente cedendone una parte a un'agenzia letteraria. Non può difendere la propria opera da rifacimenti e interventi sul testo. E meno che mai può farlo se non è più tra i vivi.
Trovare un editore non è facile, in sostanza, ma una volta trovato il problema può essere quello di difendersene...
Ovviamente immagino che i contratti che uniscono Stephen King alla Simon & Schuster prevedano gravose clausole in caso di una rottura del contratto da parte dell'autore, ma immagino anche che l'editore si impegni a non modificare in alcun modo il testo previsto dall'autore. E che anche su questo tema, immagino, appaiano gravose clausole.
Ma in Italia non va così.
Ci siamo spostati dalle agenzie agli editori, in sostanza.
La politica delle agenzie letterarie è subalterna a quella degli editori.
Non solo.
Il totale del giro d'affare prodotto dalla vendita di un titolo - diciamo un buon successo, da 100.000 copie, un totale raggiunto da una ventina di libri di autore italiano all'anno- non è sufficiente a nutrire dignitosamente editore, autore ed agenzia letteraria.
Centomila copie vendute a 15 euro cad. rendono all'editore circa 750.000 euro lordi. E all'autore più o meno 75.000 euro (5%, una percentuale comune nell'editoria italiana). Di questa cifra - ragguardevole ma non eccessiva - l'ipotetica agenzia recupera un 10% e ne avrà in totale 7.500 euro. Cifra che non pare granché adeguata a mantenere un certo numero di collaboratori. Una sede. Macchine e strumenti. Un telefono o due. Anche pagando la gente in nero. E i titoli di autore italiano con queste dimensioni di vendita sono, come si diceva, una ventina all'anno. Anche aggiungendo i titoli con vendite medie - tra i 5.000 e i 100.000 - non ce n'é da abbondare, tenendo conto che le agenzie letterarie in Italia sono almeno una cinquantina. In più si deve tenere conto che le vendite di diritti all'estero le agenzie editoriali non riescono - e spesso non possono - essere competitive con gli editori. Sempre che le traduzioni di autori italiani all'estero siano ricercate, elemento tutto da verificare... Il risultato è che le agenzie possono - e riescono - a lavorare decentemente nello scouting dei nuovi autori - beninteso, cercando di difendersi dalle iniziative delle scuole di scrittura creativa.
Sui nuovi possibili autori e soprattutto su coloro che autori non diventeranno mai.
D'altro canto come si fa a rispondere «mappercarità!» a un dirigente d'azienda o a un danaroso professionista decisi a riempirvi le tasche in cambio di un paio di pagine di giudizio? Anche se il soggetto è incapace di usare uno stile che non sia quello di un verbale dei carabinieri e sa raccontare solo (e male) dei suoi amori infelici.
La situazione delle agenzie, in sostanza, non sembra troppo rosea. La necessità di leggere dietro pagamento i nuovi possibili autori appare così una necessità di bilancio, anche se non del tutto gradevole. Che poi uno abbia voglia di gettarsi nella Geenna della lettura-a-pagamento che conduce a un editore di vanità poi all'autorganizzazione di incontri per la presentazione e all'autopromozione del proprio libro presso FNAC e supermercati è parte di un percorso del tutto personale che richiede una psiche robusta e un testo almeno accettabile.
Personalmente non ce la faccio. E non ho soldi. In generale e in particolare.
Quindi risparmio.
E in quanto alle agenzie, beh, esistono.
Ma non c'è molto da stare allegri. Vero Davide?
In ogni caso qui oppure qui ci sono alcune agenzie letterarie più facili da contattare.
E può forse essere utile recarsi sul sito «Il rifugio dell'esordiente». Se non altro per eliminare alcuni nomi.

6 commenti:

Davide Mana ha detto...

E così ci faccio pure la figura del cattivo.
Bello avere degli amici.

La questione è chiara, e il paragone col resto dell'universo non regge.
Che sia per questo che una dozzina di agenzie letterarie operanti secondo standard in Gran Bretagna sono gestite da italiani?
Alla lunga ci si stanca, ad essere sempre un caso eccezionale...

Massimo Citi ha detto...

Vero. Ci si stanca - e anche molto - di essere un caso eccezionale. D'altro canto non è poi strano, visto la nostra situazione post-ugandese nella classifica mondiale della corruzione.
Ne approfitto per chiarire che non ho nessuna simpatia per le agenzie che chiedono un quibus rilevante per leggere le sudate carte di noi poveri polli. Mi rendo conto che non hanno molta scelta, come penso di aver in qualche modo mostrato ma penso che loro compito dovrebbe essere quello di trovare un editore interessato ai nostri testi, contando di guadagnarci sopra solo DOPO averlo piazzato.
Non è facile? Vero, ma nessuno vi prega in ginocchio di mettere in piedi un'agenzia. Ma le cose non vanno così e di gente che con una minima infarinatura nello scrivere che apre una scuola di scrittura o un'agenzia letteraria (o tutte e due) è pieno il panorama italiano.
Questo è anche il motivo per il quale passo volentieri la mano.
In quanto all'essere "cattivo"... beh, il problema - dialettico - era quello di presentare un dialogo platonico nel quale, putacaso, Eudimene e Procarto sostengano punti di vista profondamente differenti permettendomi di svolgere la mia argomentazione. Mi dispiace se Eudimene mi è venuto un po' più cattivo del previsto ma sono certo che nel gioco delle parti poteva essere Procarto a giocare la stessa parte... Insomma, temo proprio che a essere dolcemente cattivi siamo almeno in due :)

Davide Mana ha detto...

Lasciamo perdere Platone :-D

In uno di quei casi che ormai chiamo d'abitudine serendipità pelosa (nel senso che incappi per caso in qualcosa che avresti preferito evitare, ma che è maledettamente in tema con la situazione), ieri ho scoperto che un mio ex colelga di università - dopo una lunga e travagliata carriera costellata di niente di fatto, dalla laurea mancata a cento lavori perduti, ora si fiscalizza come "editor & publishing expert".
Credo che in vita sua abbia letto qualcosa come cinque libri.
Quattro, se il manuale della Playstation non conta come libro.
Però se la spaccia.
E se la spaccia alla grande - CV in inglese, sito web...

E adesso, cosa facciamo?

Fran ha detto...

Perché non vi spacciate anche voi? Un sito internet appropriato ci vuole niente a metterlo su, e almeno voi avete la giusta competenza.
E lo Stivale è pieno di gente che crede di saper scrivere disposta a pagare per dimostrarlo...

Massimo Citi ha detto...

Ciao Fran!
Mi fa tanto piacere rileggerti qui.
In quanto alla tua proposta, che riprende anche la domanda retorica di Davide, non so sinceramente che cosa risponderti. Nel senso che ho un profondo orrore verso i soggetti che - più o meno qualificati - si spacciano per «esperti» in settore dove, a essere sinceri, non è in realtà richiesta nessuna competenza che non sia un lungo e complesso rapporto con la lettura. Quindi mi permetto di affermare che se uno ha letto in tutto 4 libri (5 con il manuale della playstation) non ha semplicemente alcun titolo accettabile per rivendersi sul mercato. Il problema però è proprio questo: il mercato, ovvero un rapporto «commerciale» con «alunni» da un parte ed editori dall'altra. Fare il salto a titolare di un'agenzia letteraria (o progettare di farlo) mi sembra buffo - o ridicolo, come vestirsi da pompiere e cercare di convincere tutti che lo sei, pur se in vita tua hai solo visto due o tre film con i pompieri. Non è un'idea che posso pensare di gettar via, tanto più se la libreria continua ad andare come va, ma diciamo che la considero mooooooolto prematura.
In ogni caso comincio a pensarci, giuro, e invito gli eventuali e possibili complici - tipo Davide, tanto per non far nomi - a fare altrettanto. Qualche conoscenza nel mondo degli editori c'è e quindi forse è persino pensabile cominciare, anche se in modo non troppo serio, a riflettere sul tema.

Fran ha detto...

Mah, io penso che lo potreste fare cento volte meglio di molti degli esistenti.
E se questo significa guadagnarci qualcosa, non ci vedo niente di male.