18.3.09

In libreria a fare che?



La crisi per i libri non esiste, scrivono sui giornali.
Sarà...
Personalmente, intento come una vedetta a spingere lo sguardo fino al limite dell'orizzonte per individuare eventuali movimenti (beneauguratamente) sospetti, credo si tratti di grosse fregnacce. Cavolate colossali. Idiozie. Facezie poco divertenti.
I giornalisti, come tutti sanno, sono per la maggior parte scrittori - o tentati/tentanti scrittori - a loro volta. Creare la convinzione (fittizia) che vi sia un bel movimento nel settore editoriale librario dovrebbe (o potrebbe?) indurre i lettori abituali a non abbandonare le librerie, preferibilmente di catena, e con esse i loro prediletti scrittori / giornalisti.
A resistere alla tentazione di chiudersi in casa in compagnia di libri acquistati in altri tempi.
A non dare retta alle arpie che denunciano tutti i giorni la situazione di crisi.
Ma è vero?
No.
Fino alla sede di questa piccola libreria arrivano voci - ululati, urla , singhiozzi e trapestio - provenienti dalle case editrici. Queste voci parlano di «librerie congelate», una situazione che ha il grosso pregio di spiegare con un'unica rapida immagine lo stato delle cose. «Congelate» significa che nessuno tocca nulla, prende in mano nulla, al limite non entra neppure. E noi, sciagurati librai, rimaniamo all'interno con la bocca aperta, proprio come dei pesci surgelati all'istante.
Può comunque essere interessante provare a svolgere qualche riflessione sui pochi sciagurati che che nonostante tutto entrano.
Che cosa chiedono?
Una prima osservazione è che sono nettamente diminuiti i clienti che entrano senza un'idea precisa e finiscono per acquistare qualcosa per semplice golosità. Chi entra lo fa per un motivo ben preciso, chiede, paga e se ne va. Se non disponibile il volume richiesto prenota e ripassa il giorno X a ritirare il libro ordinato.
Fine.
Qualcuno, mentre aspetta il pacchetto del libro ordinato da regalare, si guarda intorno ma finisce per non acquistare nulla.
«Non è un bel momento», magari si preoccupa anche di osservare il nostro lettore.
«Certo, è evidente» è il commento più ovvio e scontato.
Si pensa ai giornalisti e...
Vabbé.
Che cosa scelgono i clienti?
Questa è un elemento di rilievo, tanto più che viene a confermare una sensazione che ho già espresso proprio qui. Una volta detto che l'acquisto di impulso è nettamente diminuito e prevale nettamente l'acquisto (apparentemente) meditato si scopre che la scelta finisce per cadere su pochi titoli. In questi giorni la Vargas (Un luogo incerto), Larsson (la trilogia millennium) e poco più. Al massimo una spruzzata di Camilleri e un po' di laicismo di Rodotà. E diversi saggi scientifici.
La narrativa non targata da autori già famosi viene ignorata. D'altro canto essendo al momento morta o agonizzante «l'occhiata senza impegno» che molti clienti davano volentieri in altri tempi non resta che allinearsi e ubbidire. Il che per i librai - onde evitare di andare in malora passando per la via più breve - significa tagliare gli acquisti su autori meno noti o i generi meno frequentati.
In ultima analisi si può anche affermare e scrivere che «in libreria la crisi non arriva» se ci limitiamo alle vendite degli autori più conosciuti.
Dietro di loro, però, il vuoto.



6 commenti:

Glauco Silvestri ha detto...

Sigh! :(

Fran ha detto...

La crisi non esiste.
Mi ricorda "La Mafia non esiste".
Devo dire però che io stessa compro ben poco di mio, ma quello che compro è soprattuto nelle due categorie: cibo e libri, che per me sono generi di prima necessità.
Il problema, credo, è definire la "prima necessità".

Massimo Citi ha detto...

La prima necessità...
Il guaio è che si può attendere senza acquisti per un po'. Tutti i forti lettori hanno un certo numero di libri acquistati in altri tempi. E poi si può sempre rileggere, pratica anche gratificante, da un certo punto di vista.
È così che l'arrivo di nuovi libri diviene un seconda o una terza necessità.

Fran ha detto...

Ho letto cose agghiaccianti sulla crisi in questi giorni. Una delle più strane è che, malgrado la crisi, il biologico guadagna sempre più in diversi mercati europei.
Che cresca il volume e l'importanza un'economia non sostenibile mi fa venire i brividi, ma la dice lunga su come si possono manovrare i desideri dei compratori a spendere di più per cose di cui non hanno bisogno.

Ovvio che però nell'Italia di oggi nessuno ha interesse a manovrare la gente in direzione di leggere di più, e diventare persone migliori.

Piotr ha detto...

Sulla creazione di bisogni sono state scritte intere biblioteche, e credo che un sacco di gente ne faccia il proprio lavoro quotidiano. Basti pensare all'acqua minerale, almeno in Italia: è comprata da più dell'80% delle persone (me compreso), ma non sembra che sia migliore di quella del rubinetto, che costa mille volte di meno e arriva a casa senza bisogno di portarsi quintali di bottiglie.

E però, come nei consumatori di acqua minerale, mi riconosco pienamente in quello che dice Max: non so se posso essere classificato come "forte lettore" (leggo solo 30 o 40 libri all'anno), però in casa ne ho un bel po' da leggere. Ad esempio, A suo tempo avevo comprato tutti i cento-e-passa romanzi della collana "Novecento" editi da Repubblica, e qualche tempo fa ho deciso di leggerli, una buona volta. Lo sto facendo, e sono solo al numero 22. Ma è solo un misero esempio: le mie librerie traboccanno di cose non lette, o comunque non lette "per bene"; mi rendo conto di aver sempre molta voglia di comprare libri (sono evidentemente un acquirente compulsivo) anche se, razionalmente, mi rendo altrettanto ben conto che, calcolando la speranza di vita di un cinquantenne e la mia media di lettura, potrei già avere in casa abbastanza materiale non letto (o comunque rileggibile) per leggere di rendita per tutta la vita. Ciò non toglie che una vetrina di libreria è smepre affascinante quanto una minigonna ben portata, e il decidere di entrare e mettere in ulteriore imbarazzo gli scaffali sovraccarichi di casa mia è soprattutto una azione ludica, edonistica, e sufficientemente irrazionale. Insomma, so benissimo di comprare più libri di quanti ne leggo, e che se avessi più soldi ne comprerei di più: il che purtroppo mostra, abbastanza tristemente, che c'è di sicuro una relazione diretta tra disponibilità finanziaria, crisi e boom finanziari, e acquisto di libri. Anche a volerli considerare - come io ritengo di fare - generi di prima necessità.

Massimo Citi ha detto...

Caro Piotr, direi che con poche righe hai colto il gusto della crisi per i forti lettori. Semplicemente per incastrare tutto il meccanismo libraio è sufficiente fermarsi un momento e riflettere prima di acquistare l'ennesimo libro che non si leggerà subito. Sinceramente, visto il mio mestiere, mi aspettavo - o dovrei dire temevo - che un momento come questo arrivasse. Mi capitava, infatti, di considerare la piletta di libri comprata da un forte lettore e chiedermi: «E quando li leggerà? Eh, se questo si ferma e si mette a pensare...» Ecco, ciò che sta accadendo è probabilmente proprio questo. Non durerà in eterno, ovviamente, ma temo che duri abbastanza da provocare seri danni alle librerie e al comparto editoriale librario che in Italia non è così sano. Anzi. Lo so che vivere lusingando i gusti dissoluti di forti lettori non è onesto, ma in fondo i libri non hanno mai fatto male a nessuno. Esistono dipendenze diverse e mooooolto più pericolose, sia personalmente che socialmente.