In editoria, come in tutta l'industria culturale contemporanea, il già noto, il già visto, il già familiare hanno molte più chance di successo e di capillare segnalazione e distribuzione di ciò che è originale, quindi ignoto. Una semplice, banale ricetta che CEO e uffici commerciali hanno ben presente.
A farne le spese, tra gli altri, grandi personaggi della letteratura che, riesumati alla meglio, vengono costretti a una seconda vita letteraria molto probabilmente non voluta né tantomeno necessaria. Ma vanno forte anche personaggi della storia, della filosofia, dell'arte riconvertiti a investigatori, detective e privat eye chiamati a risolvere complicati (o banali) polizieschi di ambientazione storica.
Immancabilmente rimpiattati dietro queste operazioni docenti universitari specialisti (guarda caso) proprio di quel periodo e/o di quel personaggio e/o di quel segmento di letteratura, in grado, si spera, di rievocare con la necessaria precisione.
Il risultato - nel migliore dei casi - una lettura adeguatamente istruttiva e divertente, perfettamente adatta alla lettrice o al lettore dotati di quel gusto raffinatamente midcult che è la gioia degli uffici commerciali degli editori.
Ultima tra i grandi personaggi a essere ri-cucinata e ri-servita, Madame Bovary trasfigurata da suicida a vittima di un omicidio in un romanzo di imminente uscita.
Ricordo distintamente la sensazione di fastidio con la quale ho accolto la scheda di presentazione:
«E almeno la Bovary lasciatela in pace!»
Macché.
E si arrangi Flaubert.
A quando un giallo sul «misterioso omicidio» di Anna Karenina?
In fondo è recente un poliziesco che aveva per protagonista il commissario Porfirij Petrovič di Delitto e Castigo.
Altrettanto recente un thriller con Niccolò Machiavelli nei panni del Nero Wolfe della situazione. Ma anche qui la scelta è vastissima. Tra i grandi rimessi in pista per sciogliere un enigma: Immanuel Kant, Dante Alighieri, Sigmund Freud, Henry Wadsworth Longfellow, Franz Kafka, Napoleone Bonaparte e Aristotele. Il più maltrattato il povero Kant (uno dei miei filosofi preferiti quando ero liceale). Il meglio sistemato Aristotele al quale Margaret Doody regala uno humour anglosassone e i modi divertenti e divertiti di un intellettuale anticonformista.
Ma ogni considerazione sulla riuscita migliore o peggiore delle opere rischia di offuscare l'elemento più significativo di questo genere di operazioni: la pigrizia intellettuale che stimola e soddisfa nel pubblico dei lettori. Anche se la letteratura è al capolinea - suggeriscono questo genere di opere - si potranno sempre fare infiniti giochi combinatori con i personaggi che hanno già avuto successo una volta o inventare storie curiose su personaggi realmente esistiti.
Che cosa vi ricorda?
A me ricorda un gioco di società in una domenica pomeriggio piovosa.
Con il brivido del macabro garantito dall'operazione di riesumazione.
...
Ma il gioco post-letterario può avere anche altri esiti e altri fini. Basterà ricordare l'impossibile e toccante storia d'amore tra Emily Dickinson e Walt Whitman narrata da Paul Di Filippo.
Ma il gioco è qui completamente diverso. Si tratta, infatti, di realtà controfattuale o Ucronia, un sottogenere della fantascienza, per nulla frequentato dai lettori midcult e che ha il grosso pregio di ipotizzare altri possibili vite e altri possibili esiti di una scelta. Compiendo, in sostanza, l'operazione inversa: destrutturare invece di confermare, creare dubbio e sgomento invece di lusingare l'attitudine pantofolaia del lettore.
Ma l'ucronia - e la fantascienza - non hanno successo tra i lettori e gli editori.
Meglio, molto meglio, immaginarsi Dante Alighieri nei panni di Sherlock Holmes.
Manca la pipa ma il naso c'è.
12 commenti:
Kim Newman a suo tempo propose una serie di polizieschi storici con per protagonista Gesù Cristo, Investigatore Privato.
In ogni storia, scopre il colpevole e lo perdona.
Per la Bovary - meglio, infinitamente meglio, la rilettura moderna e a fumetti fatat da Posy Simmonds, col titolo "Gemma Bovery".
Oltretutto un interessante studio dell'interferenza fra letteratura e vita reale.
Quasi quasi ci faccio un post...
Non era lo stesso Newman che aveva fatto del Conte Dracula il marito della Regina Vittoria?
Bella anche l'idea di Gesù investigatore, ma troppo audace per la grande editoria.
Comunque aspetto il post nato dalla riflessione sulla povera M.me Bovary.
Ma non sarebbe possibile, tanto per usare un "cavallo di Troia", coniugare il thriller riesumatorio/pantofolaio/midcult e l'ucronia spiazzante? E' impensabile immaginare una ucronia in cui Dante Alighieri non è 'soltanto' un diplomatico e un agente d'intelligence per gli Scaligeri, ma anche un poeta-prestanome per Cecco d'Ascoli, che pubblica sotto il nome dell'amico-rivale la Comedia, salvo poi pentirsene e ritrattare il tutto con L'Acerba? Lo chiedo al blogowner a ragion veduta... mi piacerebbe leggere qualcosa del genere, ma scritto da lui...
Aha, l' "Anonimo" qui sopra mi suona famigliare e sta leggendo US.
:-D
In ogni caso, il tema religioso-dissacratore è di moda, Gesù Cristo investigatore deve avere un sacco di successo :-)
Mi viene in mente Dan Brown, non so perché...
'anonimo' -- ahimè!, me ne scuso... -- soltanto perché non riesco a utilizzare il mio solito account (chiederò al primo troll ipertecnologico di passaggio per quale misterioso motivo informatico). Per il resto, celio talvolta, e anche vibenna...
Tecnicamente, qualsiasi storia in cui un personaggio storico svolga attività non documentate è fantastico borderline.
Poi si può essere più o meno conclamati - ed esiste in effetti una buona produzione ucronica anglosassone.
Per restare rinascimentali, Jack Dann pubblicò una decina di anni or sono un bel romanzo sulle avventure ottomane di Leonardo da Vinci - che è fantascienza a tutti gli effetti.
Il problema è che gran parte di questi polizieschi con VIP d'annata tendono ad appiattirsi su trame banalotte, o a tramutarsi in vuote dimostrazioni di erudizione.
Mi pareva di notare un che di Celio in anonimo...
@Davide: non hai torto; anche se, a dirla tutta, il 'genere' stesso presenta limiti oggettivi difficilmente superabili (la solfa è sempre la medesima: si tratta di restituire il maltolto a qualcuno o, ancora più spesso, di dover placare i mani invendicati di qualche morto ammazzato). La banalità è data molto spesso proprio da questi modelli obbligati. Un genere di per sé troppo antropologico, il 'giallo'. A proposito: e la 'rosa' di Eco, come la giudichereste? "Vuoto sfoggio" ecc. o giallo ben riuscito? Io sono ancora in dubbio...
Io continuo a dire che il poliziesco potrebbe prendere pieghe interessanti se distogliesse la sua attenzione dall'omicidio.
Il Nome della Rosa una sua brava componente di sfoggio ce la mette.
È interessante la commistione di lingue del documento - ma mi domando se il meccanismo non lavori alla fine contro se stesso.I romanzi di Fratello Cadfael della Peters (mi pare), altro frate investigatore, fanno a meno di latino, greco e sassone, ma sunzionano altrettanto bene.
E qui c'è un bel dilemma - perché il libro di Eco dovrebbe essere "capolavoro" e la più umile serie (venti romanzi) di Ellis Peters è "solamente" poliziesco?
È il tema - (pseudo)folosofico contro mondano?
È la serialità?
È il marketing?
È Sean Connery contro Derek Jacoby?
... Personalmente, credo si tratti semplicemente del solito 'chapeau' fatto al professorone, lo specialista ("l'unico uomo bianco"... ) che se ci si mette ti sa anche cucinare il romanzo di successo (Ellis Peters "non è che una semplice romanziera" [!]). In definitiva, sciolgo le riserve: per me la "Rosa" non è che un centone ben cucito, tutto qui. Ma il suo modello -- almeno per quanto riguarda ambientazione e linee generali della trama --, ah, quello sì che... R. Kipling, "The Eye of Allah" (se n'era già accorto una ventina d'anni fa Claudio Gorlier).
Un Kipling poco praticato.
Quando l'avrò letto? In terza liceo?
Sono questi i momenti incui mi rendo conto che sul mio scaffale l'opera omnia di Kipling non è poi così omnia.
Però, mettiamola così, trattandosi di un testo dei primi anni '20 (credo), Eco poteva trarne ispirazione sessant'anni dopo senza rischiare accuse di plagio.
Una cosa che consiglio (non ho l'URL a tiro, mi dispiace) è ascoltare il programma del Circolo dei Lettori della BBC (basta cercare sul sito della Beeb) - un paio di mesi or sono affrontarono la Rosa, e poi invitarono Eco a discuterne con i lettori.
Il file è disponibile per lo scarico come podcast.
Eco ne esce come il classico "piemontese falso e cortese", ma è bello sentire dibattere del testo in un ambito in cui non viene considerato il dono di Dio alla letteratura, ma solo "un interessante poliziesco".
Anche l'autore vola basso, e risulta quasi simpatico.
Molto interessante l'aver introdotto Eco e il suo Nome della Rosa nella discussione. È ben vero che nel codice genetico del romanzo storico c'è molto della sf (e viceversa) ed è altrettanto vero che le innumerevoli zona d'ombra della storiografia permettono di costruire inesauribili storie. Non necessariamente soltanto gialli e mistery, com'è ovvio.
Ho letto qualche giallo di Fratello Cadfael e mi sono divertito. Ciò che mi pare non ci sia - per ovvi motivi - nei gialli della Peters sono i riferimenti per il pubblico italiano dei quali Eco riempie il suo Nome della Rosa.
Il suo Frà Dolcino trasformato in brigastista / figlio dei fiori e il cui articolo di fede sembra ripetere gli slogan dell'Autonomia degli anni '70 è pensabile soltanto a beneficio del pubblico dei lettori italiani della fine di quel decennio.
Interessante, comunque, che Eco, membro del Gruppo '63 [http://it.wikipedia.org/wiki/Gruppo_63], ebbe a suo tempo a celebrare la «morte del romanzo» salvo poi scrivere qualche anno dopo, per divertimento, capriccio o gusto dissacratorio, un romanzo a tutti gli effetti, addirittura un giallo storico ricco di riferimenti religiosi e filosofici.
Cosa che la critica italiana non gli perdonò.
Un semplice e divertente giallo storico per il lettori stranieri, una specie di celebrazione della morte di un epoca per Eco.
All'anonimo: lo ringrazio di cuore per la fiducia nelle mie capacità di autore. Se riceverò il dono di una seconda vita - senza dimenticare nulla di questa, tuttavia - sarò onorato di provarci.
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