30.11.13

Fine dello spettacolo


Se n'è andato. O almeno così pare. 
Eliminato dalla giustizia, come era facile profetizzare conoscendo le origini delle sue fortune.
E non posso nascondere un minimo di curioso, masochista rimpianto pensando che è dal 1994 che, in un modo o nell'altro, mi trovo a parlare, leggere, discutere, commentare, deprecare e litigare su di lui. Sull'omarino in maglioncino e giacchetta che, ormai invecchiato, ripete per la millesima volta che la colpa è tutta dei magistrati comunisti. La mia povera figlia, nata nel 1992, è praticamente cresciuta sotto il suo regime e anch'io devo far un po' di fatica per ricordare chi è venuto prima di lui. Il CAF Craxi-Andreotti-Forlani, certo, e prima ancora? 
Non ho idea che cosa significa avere sempre avuto lui - anche in quel paio di occasioni nelle quali fu Prodi a governare - come un peso sulla testa, pesante, ma al quale ci si abitua. E in un modo o nell'altro ci siamo abituati tutti. Al turpiloquio e ai battibecchi televisivi, alle sparate in pubblico ritirate poche ore dopo, alla dichiarazioni pelose e penose di amore per la (propria) libertà, dei mille e mille scandali che, pur senza averne l'esclusiva, i suoi fidi hanno creato in tutta Italia. Ai condoni, alle sanatorie, ai tagli orizzontali sui fondi per la scuola, la sanità, i servizi... 
Lo scopo essenziale del nostro era quello di difendere e rafforzare l'azienda di famiglia, di moltiplicarne e massificare il suo impatto, trasformandoci tutti, nessuno escluso, nel suo pubblico. Pubblico è qualcosa di molto diverso dal popolo e, a maggior ragione, dai cittadini. 
Siamo stati per vent'anni il pubblico di B.
Scomparso il clown, il capocomico, il bigliettaio e il borseggiatore rischiamo di rimanere comunque al nostro posto, senza capire che lo spettacolo è finito. Senza riuscire a diventare o ritornare cittadini. 
Ed è questo il problema vero. 


27.11.13

Una modesta delusione


Quando un libro non funziona completamente, pur restando un ottimo libro, non resta che parlare di una modesta delusione, un inciampo, un tentativo non del tutto riuscito.
Piccola premessa: amo molto Ian McEwan e considero alcuni dei suoi romanzi - Bambini nel tempo, Espiazione o Cortesie per gli ospiti, prima di tutti gli altri - veri capolavori, e ho apprezzato non poco Solar e Cani neri. Ma questo suo ultimo, Miele, per quanto ottimamente scritto mi ha lasciato interdetto. La vicenda racconta di una giovane di buona famiglia, di quella middle class inglese anni '60 dai buoni sentimenti, dai modi educati e formali e dalle ottime intenzioni che, dopo un'esperienza universitaria non particolarmente felice - laureata in matematica nonostante la sua passione per la letteratura -, conosce un uomo più anziano e sposato, con il quale intreccia una relazione. Questi, membro del dell'MI5 del British Security Service, ufficio dedicato al controspionaggio, fa un modo che la giovane Serena venga cooptata e ne divenga un'impiegata. 
Un lavoro apparentemente rischioso ed emozionante, ma non per lei, che, in quanto donna, non è un agente in azione e deve limitarsi a riorganizzare i mille e mille documenti dell'ufficio. Condizione tutto sommato prevedibile per una donna degli anni '70.  Ma questa condizione non la soddisfa e Serena riesce infine a ottenere un ruolo di rilievo in una missione nell'ambiente intellettuale. Dovrà arruolare un giovane e talentuoso scrittore, sottraendolo così all'influenza degli ambienti pseudocomunisti dell'intelligentsia britannica. Ma il loro rapporto si svilupperà in una relazione amorosa approfondita, e Serena proverà la sensazione sgradevole di dover nascondere il proprio ruolo all'innamorato. 
Il centro della vicenda è qui e non si tratta di un tema irrilevante. La sofferenza di Serena è profonda e reale, rimette in discussione il suo ruolo e la sua storia, soprattutto quando il giovane autore pubblica un romanzo di tipo ballardiano, quanto mai lontano dai desiderata dell'MI5 che punta su autori positivi e chiaramente anticomunisti, ancora suggestionati dal ricordo de La fattoria degli animali di Orwell. 
La vicenda si chiuderà con un colpo di scena che ovviamente non racconterò e che illuminerà in modo diverso Serena e la sua vita fino a quel momento. 
Ed è proprio il finale a lasciare interdetti. Un finale troppo raccontato, "telefonato" come si dice di certi tiri in porta fatti di scarsa lena, con un sospetto di eccessiva verbosità che è impossibile dimenticare. Giustissimo, da un punto di vista interno al romanzo, ma deludente e forse troppo netto per il lettore che ha seguito fino a quel momento Serena avendo costruito di lei un'immagine vivace, anche  se non sempre e non completamente positiva. Il rovesciamento del quadro dato - sia pure a lieto fine - rischia di apparire troppo brusco, condotto sapientemente ma a freddo. 


Il rapporto tra un piccolo ambiente d'ufficio con le sue invidie, piccole gelosie, arrivismi, sgambetti, passioni e dispetti e il mondo letterario è comunque un vero pezzo di bravura e l'aspetto interessante del confronto è che non necessariamente il confronto va tutto a svantaggio dell'MI5. SE il mondo dello "spionaggio" visto nell'occhio di Serena diventa una caricatura del James Bond letterario, con i suoi burocrati invecchiati dietro una scrivania e i suoi piccoli agenti scioccamente esibizionisti, il mondo letterario mostra le piccole vanità, i calcoli meschini, la mediocrità vestita d'arte.
Inevitabile, comunque, che la buona Serena finisca col ricordare - e non poco - la protagonista di Espiazione, come lei ingenua, entusiasta, conscia del proprio valore ma anche in qualche occasione decisamente ottusa. Resta il piacere, che McEwan sa come far emergere praticamente in ogni frase, di riuscire a cogliere stati d'animo, sensazioni, desideri e delusioni. E davvero non è poco, per un libro, tanto da aiutare a superare largamente la piccola delusione del finale.

24.11.13

Nel tempo di una vita




Non amo particolarmente gli U2, anche se apprezzo la voce solista del gruppo, Bono. Amo molto di più, anche se la cosa può sembrare un'eresia, un gruppo irlandese un po' meno noto, i Clannad. In particolare ho una passione inesprimibile per un brano tratto dal loro album Macalla, dove alla voce di Moya Brennan si aggiunge la voce di Bono. Si tratta di In a lifetime, brano dannatamente irlandese soprattutto nel video che uscì contemporaneamente al brano.
...
Pochi brani musicali sono riusciti a rendere così perfettamente e in un breve arco di tempo il senso dello scorrere di una vita. Inserisco il brano di seguito, dedicandolo a entrambi i miei genitori.



21.11.13

Scrivere gratis o no?


Non è un tema nuovo, ne sono ben conscio. Ma periodicamente ritorna d'attualità quando mi trovo a parlarne con qualcuno. Personalmente la mia esperienza non è facile né consigliabile a qualcuno. Credo che la scrittura mi abbia fornito un totale di incassi che non supera di molto i 1.000 euro, il che, tenendo conto che sono più di trent'anni che scrivo, mi sembra un pessimo risultato. Specifico che gran parte di tale cifra la ottenni vincendo un premio nazionale di fantascienza e il resto - qualche spicciolo - mi è stato fornito dalle vendite dell'antologia «In controtempo» e di poche altre cose. Diverso il discorso per quanto riguarda LN-LibriNuovi che è sopravvissuto per una ventina d'anni grazie agli abbonamenti, ma anche in questo caso il piacere di veder sopravvivere la rivista non aveva praticamente riflessi economici a mio favore. Idem per il progetto ALIA o per quello Fata Morgana. Ho scritto molto, probabilmente moltissimo per il sostanziale piacere di farlo e nulla di più.
Ultimamente, una volta chiusa la libreria e per il momento ferma la casa editrice, ho deciso di pubblicare diversi racconti valendomi di questo strumento, il blog.  E qualche altro strumento rimediato nel corso del tempo, LuLu, dove ho pubblicato quattro romanzetti brevi e Scribd, dove in formato .pdf ci sono sette tra racconti e novelle oltre a un romanzo. Il risultato? Un migliaio malcontato di lettori che si sono fermati a leggiucchiare qualche paginetta su Scribd, qualche scarico su LuLu - del quale ho saputo grazie a qualche brevissima comunicazione - e qualche commento sul blog, tenendo conto, come mi hanno spiegato diversi tra i frequentatori, che leggere un racconto più lungo di 2 o 3 pagine on line è sostanzialmente impossibile. 
Continuare? Insistere?
Sì, ma a che scopo? 
Dal momento che sono il primo a sostenere che gli headhunters di fantomatiche case editrici frequentano raramente i prodotti dei blogger, l'unico motivo sarebbe nelle reazioni dei potenziali lettori. Che sono ben poca cosa, anche quando risultano comunque positive. 
Le altre possibilità?
Mandare un testo a un editore o pubblicarlo in forma di e-book presso un sito "importante". 
La prima possibilità di questi tempi è quantomeno problematica, senza contare i tempi (sei mesi al minimo) per avere una risposta. O per non averla, se il testo non piace. Quanto alla possibilità di pubblicare on line su Amazon (tanto per andare sul sicuro), offrendo il proprio libro a un prezzo ragionevolissimo, significa scomparire o giù di lì tra autori sgomitanti, creatori di booktrailer e inventori di campagne di sconto o di offerta gratuita a tempo. Tutte cose sacrosante, naturalmente, ma che - come scrive il buon Francesco Troccoli - finiscono per incidere pesantemente sui tempi originariamente destinati alla scrittura. 
Quindi?
Beh, senza escludere di principio gli editori tradizionali - sperando di vivere a lungo e in buona salute - direi che una buona via da tentare sarebbe quella di pubblicare e-book, un medium comunque in crescita e che ancora di più lo sarà nei tempi a venire. E pubblicarli in uno spazio non generico, che non sia questo blog ma che potrei identificare in uno spazio nelle pagine di LN-LibriNuovi, sito che ha un traffico perlomeno decente. 
Questo non significherebbe comunque utilizzare il sito per presentare nella parte redazionale melopee sull'indicibile bellezza dei libri presentati in una pagina dal titolo: «I libri di LN-LibriNuovi». Semplicemente una segnalazione: «Uscito oggi il nuovo romanzo (o racconto o novella) di Tizio Caio che potete scaricare QUI per (cifra da decidere)» 
Credo si chiami «sinergia», e infatti mi è stata consigliata da un laureato in economia e commercio...
Questo mi permetterebbe, per esempio, di ripubblicare in forma di e-book non soltanto i miei testi ma anche alcuni titoli a suo tempo usciti in CS_libri. Senza contare la possibilità di utilizzare il sito anche per il futuro ALIA. Creare una piccola casa editrice on line, insomma, che offra sia libri a prezzo basso che libri in libera lettura. 
Potrebbe essere una buona soluzione, credo, al di là del conflitto inesaurito e inesauribile sullo scrivere gratis o meno. In ogni caso comincerò a lavorare su questa ipotesi.
Aggiungo che pareri, giudizi, critiche, suggerimenti e commenti sarebbero e saranno preziosissimi.    


 

19.11.13

Un salto dai Gonzaga

Lo scorso week-end sono fuggito. 
Lontano da Torino, da un periodo che più che nero definirei grigio, dalle mille paranoie che mi perseguitano in questo momento. 
Sono andato a passare un paio di giorni a Mantova, città che avevo sempre desiderato vedere e che ho cercato di vedere,  per quanto possibile, in 48-ore-48.
Mantova è una Città con la "C" maiuscola, innanzitutto. Una città che meritava e merita vedere. Anche per il suo essere a metà tra la realtà e il sogno, tra la mitologia, la storia e le visioni dei suoi antichi padroni, i Gonzaga. 

Una vista sul lago di Mezzo, a pochi metri dal Palazzo ducale.

Ben sistemati nella stanza di un residence, abbiamo dovuto attendere il sabato mattina per una puntata nel centro di Mantova. Venerdì siamo infatti arrivati tardi e, oltre tutto, sotto una pioggia sottile, insistente e snervante. Il sabato mattino viceversa, come si può apprezzare nella foto del lago, era solatio e decisamente favorevole alle lunghe scarpinate per la città.

Palazzo Ducale
  
Ovviamente il nostro primo obiettivo è stato il castello e il Palazzo Ducale. Ed è stata un'esperienza in qualche modo mistica, visitarlo. È vero che la celeberrima "Stanza degli Sposi", danneggiata dal terremoto, non era visitabile, ma ciò che "rimaneva" meritava abbondantemente il viaggio e le ore trascorse a vagare con il naso in sù per il palazzo. 


Purtroppo non ho potuto fotografare più che tanto, dal momento che le guardiane erano rapide, decise e occhiute, ma qualcosina sono riuscito a riprenderlo ugualmente. 


in particolare sono particolarmente contento di aver "rubato" quest'immagine degli armadi a muro delle stanze di Isabella d'Este, dove la decorazione non è ottenuta dipingendo le ante ma con un lavoro raffinatissimo di falegnameria, dove a ogni sfumatura di colore corrisponde un tipo particolare di legno. 
Dopo un ulteriore giro nel duomo e in altre chiese...




siamo alla fine rientrati, stanchi e soddisfatti, nel nostro campo base. 
La domenica abbiamo deciso di dedicarla interamente al Palazzo Te (o Palazzo del Te), dove "Te" - che si scrive senza accento - non è un curioso esempio di anacronismo ma un'abbreviazione del termine dialettale mantovano per indicare i tigli. 


Questo è l'interno del palazzo, il secondo cortile e, dove si affacciano i due giovani, le due vasche dove vivono numerose e pacifiche carpe, evidentemente abituate a ricevere qualcosa dai turisti, vista la velocità con la quale sono salite a galla.




L'altra estremità del secondo cortile. Se avete la sensazione di avere a che fare con qualcuno dotato di un notevole gusto del gigantesco e del grandioso...beh, avete ragione. La sensazione principale che sia il Palazzo del Te che il Palazzo Ducale lasciano a chi li visita è di una moderata follia, di una passione personalissima per una mitologia rivisitata e rivista, dove Giove può vestire, come nel grandioso affresco della stanza dei giganti, i panni di un capofamiglia Gonzaga. 


In quest'ultima foto l'accesso alla "grotta" del Palazzo del Te, un'ulteriore prova della sostanziale follia gonzaghesca... 
Notabene: il soggetto qui fotografato non è dell'epoca.
...
A metà pomeriggio di domenica abbiamo ripreso la strada per casa, un po' straniti ma felici. Penso che non riusciremo a dimenticarla, Mantova. Piccola nota: questo post non è stato ispirato o pagato dall'ente per il turismo di Mantova...
 

14.11.13

Una presentazione


Solo un breve avviso per invitarvi a partecipare alla presentazione del libro di un amico, Vincent Spasaro. 
Si tratta de «Il demone sterminatore» e la presentazione sarà oggi, giovedì 14 Novembre alle 18 a Torino al Blah Blah di via Po 21, qui a Torino, nell'ambito della manifestazione Torino Horror Festival. 
Io partecipo per lasciare al buon Vincent una copia dell'ultimo ALIA e per conoscerlo, al di là dei messaggi e-mail scambiati. E anche, ovviamente, per assistere alla sua presentazione. Se avete un paio d'ore libere - e, ovviamente, siete di Torino e dintorni - non perdetela. 

12.11.13

Un rimpianto personale


Non ho mai amato davvero mio padre. 
Ho tentato di amarlo, ma senza quasi mai riuscirci davvero. E questo mi pesa non poco.
L'ho tollerato, qualche volta inseguito, il più delle volte evitato o liquidato frettolosamente.
Mio padre in tarda età era una persona noiosa, ripetitiva. Con qualche fissazione discutibile, poco tollerato anche da sua moglie, mia madre. Divenuto tirchio di parole, di slanci, di proposte. Io avrei voluto parlargli, una volta tanto, dirgli che in realtà, nonostante tutto, gli volevo bene e l'avrei voluto di nuovo com'era stato: spesso allegro, un po' sconsiderato, pronto a partire in qualsiasi momento, curioso, galante, talvolta infantile. Ma quel tempo era passato ed io tacevo, sempre sulle spine, in attesa di qualche commento amaro sul «mio» fallimento che lui, riuscito nella vita, non poteva comprendere. 
Lui è sempre stato un dipendente, fino a divenire un dirigente FIAT. Io no. Io ho sempre cercato di fare da solo. Di crescere per mio conto, di inseguire un sogno povero e difficile. Ho tentato di spiegarglielo, qualche volta, ma nulla. Non capiva, non voleva capire. Scrollava le spalle e mi ripeteva - esagerando, perché mi fosse d'insegnamento - che l'unico modo per pesare una vita erano i soldi. E io i soldi li ho più perduti che fatti. 
Non aveva mai approvato le mie scelte. 
Era intervenuto qualche volta per darmi una mano ma sempre con un commento, non pronunciato ma evidente. «Perché perdi tempo e denaro?»
Ho rinunciato a suo tempo a sperare che fosse possibile capirci. Non ci capivamo, nulla di più.
Adesso che è scomparso, che si è definitivamente chiusa la possibilità - anche povera, anche disperata - di capirsi, adesso mi manca. Puro egoismo, probabilmente, il desiderio di essere perdonato. Nonostante tutto.
Ma lo rivorrei qui, a sbuffare per le sue idee buffe o impreviste, a invidiarlo comunque un po' e insieme a criticarlo per una visione della vita che mi è sempre parsa superficiale. 
Credo di non essergli mai stato davvero simpatico, nemmeno da bambino. Già allora si sentiva giudicato da me e io non potevo fare a meno di giudicarlo. Io era troppo "serio": grave, serioso, pesante. 
Ecco, se mai fosse possibile vorrei dirgli che adesso ho smesso di giudicarlo, che mi accontento di averlo ancora qui con me. Che sono disposto ad ascoltarlo senza sbuffare e senza inventare una scusa per potermene andare. Che sono persino disposto ad andare con lui sulla sua barchetta - ormai venduta - fingendo di essere per una volta padre e figlio. 
Ma è il tempo che, volando via, si allontana da noi con tutti i momenti che non si sono vissuti. Che non si è avuto il coraggio di vivere.
Vorrei avergli detto: «Ti voglio bene comunque, anche così come sei» piuttosto che tenermi per me questa intollerabile tristezza.

10.11.13

In un'isola


Conosco e apprezzo i Pink Floyd, Certo. 
Ma ho una passione irragionevole per i brani solisti delle due "menti" del vecchio gruppo, David Gilmour e Roger Waters. Del primo possiedo un cd, On an Island, uscito nel 2006 e di Waters un paio di cd.
Di Waters parlerò in un'altra occasione, oggi dedicherò questo spazio al solo David Gilmour, chitarrista - e in questo album anche sassofonista - dall'approccio e dalle melodie curiosamente "classiche". 
On an Island è un album raffinatamente malinconico, che si ascolta con una punta di nostalgia per qualcosa di indefinito o forse di dimenticato. Davvero ottimo il pezzo che dà il titolo all'album e che avrei presentato di seguito, se non ci fossero non ben definiti motivi di copyright a impedirmelo. 
Quindi ho dovuto ripiegare su Confortably number eseguito da Waters e Gilmour. Un discreto premio di consolazione. 


...
Piccola segnalazione. 
Sono riprese già da qualche tempo le lezioni presso la «Libera Università dell'Immaginario». Siamo al terzo ciclo di TuttoDracula, una comune rilettura guidati dall'ottimo Franco Pezzini. Qui potete trovare il programma del "corso". Siamo poco dopo la metà del libro: fate ancora in tempo a partecipare!  


8.11.13

A proposito di UKR


Non è raffinato autopresentare un proprio libro, lo so, ma in attesa di qualche gentile recensione da parte di coloro ai quali ho inviato copia del libro, posso procedere a una piccola auto-presentazione. Nulla di autoeologiativo, soltanto qualche punto che merita ricordare. 
...
UKR è un acronimo. La giusta grafia sarebbe quindi U.K.R., ovvero Unerwartet Kraft Reserve, ovvero un'inattesa riserva di energia, nome affibbiato a un tipo di mina antiuomo. Ma è anche l'inizio della parola Ucronia, ovvero Storia Alternativa o Controstoria. La controstoria di UKR è basata su uno snodo particolare: l'uccisione di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg a suo tempo condotta da alcuni membri dei Freikorps e che nel mio romanzo risulta fallire grazie a una soffiata. Da lì nasce la rivoluzione in Germania e la nascita di un governo comunista consiliare nella Germania degli anni '20. E da lì nasce anche la guerra anticomunista che unirà l'Italia di Mussolini, l'Inghilterra di Churchill e la Francia contro il "mostro" comunista tedesco nella seconda metà degli anni '30.
Il romanzo è ambientato negli anni '80, quando il fascismo italiano è diventato molto simile al franchismo spagnolo nella sua fase finale. Stanco, legato a una retorica ormai sorpassata, indebolito da una lunga guerra coloniale e ancora capace di imprese che di grande hanno - come vedremo - giusto i costi impossibili: 
 
«L’Isola Serenissima si estende per una lunghezza di 127 chilometri ed una larghezza, nel suo punto massimo, di 38 chilometri.
A est è limitato dall’ampio canale Tergeste, a Nord dal golfo di Venezia, a ovest dal Braccio Piceno. Capitale dell’Isola Serenissima è Nuova Famagosta, città modernissima interamente ispirata ai disegni del celeberrimo Maestro Piacentini.
A popolare questa nuova terra riscattata dal mare sono stati chiamati le forti e tenaci genti d’Arberia che, guidate dai discendenti dei nostri coraggiosi e forti emigranti in breve tempo hanno dato a questa nuova regione il volto sereno e fecondo tipico di ogni terra italiana.»
(da pagina 16 UKR)


Ma nell'Italia degli anni '80 esiste anche una sorta di Internet, ovvero una rete di connessione che collega gli ordinatori (i computer) di chi si occupa professionalmente di telematica. Una rete molto meno diffusa del nostro WWW ma in grado di trasmettere e condurre su tutto il territorio europeo un tipo particolare di messaggi, i messaggi-colore: 


Almeno cinque degli ultimi che mi hanno raggiunto erano privi di testo e utilizzavano il linguaggio-colore: un'improvvisa esplosione cromatica seguita da successioni di tinte, sfumature di colore scandite a una velocità inafferrabile all'occhio.
(da pagina 49 UKR)


E i due protagonisti, un programmatore dell'Olidata e una matematica dell'Università di Heidelberg, cercano di capire chi sia il creatore dei messaggi-colore, quale sia la loro funzione e il loro scopo e soprattutto chi ne sia l'ispiratore. Diciamo che le restanti 250 pagine girano intorno a questo tema, il vero centro del romanzo. 
La soluzione giungerà a poche pagine dalla fine, com'è giusto che sia, ma si tratterà di una soluzione soltanto apparente.
Si dovrebbero citare anche i SLA, a questo punto, già presentati in una novella (o romanzo breve): Zero, che potete scaricare gratis dal sito di Scribd (il link è anche qui a sinistra), ma mi sembra giusto che ve ne facciate un'idea personale leggendone proprio su Zero. 
Nessun ulteriore commento, a questo punto. Non tocca a me farne. Posso soltanto riportare parzialmente qui quanto scritto a proposito di UKR da Alessandro De Filippi, autore abbastanza noto nelle file del fantastico italiano: 

Due parole su un uomo e uno scrittore. Di valore da entrambi i punti di vista. Qualche anno fa, ho avuto il privilegio di leggere UKR, magnifico romanzo ucronico [...] di Massimo Citi, uomo degno al cospetto di Dio, grande libraio e promotore di iniziative culturali uniche in questa città. Ah, dimenticavo, anche scrittore di vaglia. Finalmente Massimo ha pubblicato questo suo libro presso l'editore DuDag. Il prezzo è di 1 € (proprio così). In ultimo: questa non è una marchetta né un favore fatto a un amico. Il libro è davvero bello. Molto."

Di mio non mi resta che aggiungere che se volete leggere UKR potete acquistarlo per solo 1 (un) euro nel sito del mio editore, ma non avete confidenza con carte di credito e altre diavolerie informatiche scrivetemi presso massimo[dot]
citi[at]fastwebnet[dot]it o lasciatemi un messaggio in calce a questo blog. Vi invierò il romanzo in formato .pdf con l'unica condizione di volerne in seguito parlare o scrivere sul vostro blog. Una condizione ragionevole, mi sembra. Fa parte del mio programma di auto-sostegno, vista la mia condizione di autore autopubblicato e autopromosso. 

 

6.11.13

Chiusure


«Editori chiudono in Gran Bretagna. Quasi un centinaio in un anno».
Non è una grossa notizia, soltanto un piccolo riquadro in apertura delle pagine dedicate alla cultura. Si tratta di uno studio a cura dell'Istituto Wilkins Kennedy che potete trovare qui, dove la colpa delle chiusura viene attribuita in primo luogo ad Amazon, riportando anche parte del lungo articolo pubblicato da Jonathan Franzen sul «Guardian»,.  a suo tempo ripreso, tradotto e pubblicato anche da «Repubblica»:

[...] Amazon wants a world in which books are either self-published or published by Amazon itself, with readers dependent on Amazon reviews in choosing books, and with authors responsible for their own promotion.

[trad.] Amazon vuole un mondo nel quale i libri siano o opera di autoeditoria o siano pubblicati dalla stessa Amazon, con le scelte dei lettori determinate dalle recensioni di Amazon e con gli autori responsabili in prima persona della propria promozione.

La situazione editoriale inglese è piuttosto diversa da quella di altri paesi come la Francia, la Germania e la Spagna dove esiste una legge che tutela la vendita al dettaglio dei libri imponendo uno sconto massimo di vendita oltre a un prezzo al commercio uguale per tutti. Nel Regno Unito il prezzo finale del libro è sostanzialmente determinato dal punto vendita, con gli esiti che potrete immaginare senza fatica. Qualche anno fa fu una catena di librerie a "distruggere" il tessuto di librerie indipendenti, Waterstone, che procedette applicando prezzi stravaganti su volumi ad altissima tiratura dopo aver dato un massiccio sostegno nel 1995 all'eliminazione del Net Book Agreement. Ma Waterstone fu rapidamente sostituita e tendenzialmente marginalizzata da una proprietà ben più potente e pervasiva: Amazon. Amazon è al momento non soltanto la leader nel commercio librario nei paesi di lingua anglosassone - primi tra tutti gli USA dove ha ridotto sulla difensiva Barnes & Nobel - ma è anche la leader assoluta nella commercializzazione degli e-book. Non solo, è stata la prima a comprendere l'importanza dell'autopubblicazione e dell'autoediting resa possibile dalla nascita e della crescente diffusione dell'e-book e degli e-reader. Ultimo elemento da segnalare è il successo commerciale dell'iniziativa di Amazon di egemonizzare la vendita dell'usato, determinando una profonda modifica del mercato stesso. 
Non risulta così troppo difficile immaginare il vero motivo per il quale poco meno di un centinaio di editori ha chiuso i battenti lo scorso anno. E ben presto altri seguiranno, si suppone. Amazon - ma prima ancora la profonda modificazione della merce libro - anche in Italia ha contribuito alla chiusura di non poche librerie (compresa la mia, peraltro), ma ugualmente mette in crisi e costringe alla chiusura non pochi editori, indeboliti per la crisi di un canale proprio di distribuzione. Le librerie indipendenti stanno scomparendo e quelle di catena sopravvivono di best-seller presentati a un prezzo molto aggressivo. Per gli editori di proposta e di cultura universitaria lo spazio si riduce ed essi faticano a trovare uno spazio presso Amazon, tra l'altro colpiti dalla stessa concorrenza interna dei propri libri già a suo tempo venduti. 
Un quadro allarmante, a ben vedere, che fa nascere non poche perplessità sul futuro del libro e del settore editoriale librario così come l'abbiamo conosciuto. Il possibile andamento del settore parrebbe deciso esattamente nei termini descritti da Jonathan Franzen. Sostituire a un insieme di editori un unico editore che aggressivamente si espande in ogni angolo del mondo. D'altro canto per i nuovi autori le possibilità di realizzazione create da un'editoria autogestita parrebbero essere incomparabili. Anche se, a ben vedere, gli autori che ottengono grande successo on line non lo ottengono soltanto grazie ai propri libri. I nuovi autori debbono creare un vero e proprio staff a sostegno dei propri scritti, da un buon illustratore a un esperto nella creazione di un promo per il proprio libro a un editor per rendere il libro più efficace... in sostanza sostituire a una casa editrice una microeditrice temporanea. 
Ovviamente anche chi sta scrivendo queste righe si pone gli stessi interrogativi. Se e come rendere più avvicinabili e desiderabili i propri testi. Non mi sorride troppo l'idea di diventare editore, animatore e promotore di me stesso ma, a quanto pare, non esiste altra possibilità...   


In attesa, si può sempre pagare


Ieri, martedì, non ho pubblicato il mio consueto articolo. 
Lo so, non è il caso di infierire. 
Il fatto è che si tratta di un articolo non troppo breve e su un tema delicato e vorrei evitare di sparare troppe asinate.
Ci lavorerò anche stamattina e se tutto va bene potrebbe uscire nel pomeriggio o al massimo domani mattina. 
In attesa del lieto evento ne approfitto per comunicarvi che sul blog di LN-LibriNuovi è attiva la casellina "Donazioni" per chi ha sempre desiderato contribuire alla giusta causa ma non ha mai osato chiedere. 
Non sto nemmeno a dirvi di contribuire al nostro accattonaggio digitale, diciamo, con le parole del sito che: 

« LN vive di contributi volontari come il tuo! Consentici di continuare a pubblicare le nostre recensioni indipendenti.»

Grazie a tutti e a prestissimo. 

3.11.13

Una vita con Gabriel



Ho un numero che non so contabilizzare di dischi di Peter Gabriel e dei primi Genesis. Ho raccolte, LP, CD, nastri, video in DVD e gli ultimi due li ho comprati stamattina, in un banchetto di CD fuori commercio. 
...
Peter Gabriel è un buon compagno in quasi ogni attività. Non mi disturba se scrivo, mi sostiene se cucino, mi distrae quando sono incazzato o depresso e, a suo tempo, mi aiutava nel lavoro in libreria
Grazie, Peter. 
Il brano che presento - Listening Wind - è di David Byrne ed è tratto da un album di cover eseguite da PG. Non è tra i più noti di PG, Scratch my back, ma è uno di quelli che ascolto più spesso.