16.10.17

Libri: metterci una pietra sopra.


I dati del rapporto 2017 sullo stato dell'editoria in Italia sono disponibili presso il sito dell'Associazione Italiana Editori [AIE] all'indirizzo dedicato a cifre e numeri dell'editoria
Vi sono stato richiamato da un articolo uscito su «Linkiesta» del 14 ottobre. 
Il primo dato che salta all'occhio è la percentuale di lettori sul totale della popolazione italiana. Pare infatti che tale numero sia sceso nel 2016 al 40,5% degli italiani. Nel 2015 i lettori in Italia erano il 42% della popolazione, nel 2013 il 43%, nel 2012 il 46%, nel 2010 il 46,8%. E mi fermo qui. In sostanza dal 2010 ci siamo persi per strada qualcosa come 3 milioni di lettori. Nonostante l'offerta non sia in calo – i libri cartacei sono stati 66.000 tra novità e ristampe, mentre gli e-book hanno raggiunto il numero ragguardevole di 81.000 titoli disponibili – sono in calo i lettori. 
Si possono, inevitabilmente, incolpare gli smartphones o i tablet, i social media o Netflix o le scie chimiche o il gomblotto del Gruppo Bildenberg o quello che preferite, ma resta il dato di fatto che i principali paesi europei hanno percentuali di lettori che viaggiano intorno al 70% e oltre, e, che io sappia, non sono affatto privi di internet o di social network. Anzi. 
Altri dati? Il fatturato totale dell'industria libraria ha raggiunto nel 2016 i 2.561 milioni di euro, nel 2011 era stato di 3,1 miliardi... Il numero di titoli in e-book è aumentato di un 30% per un fatturato totale di 63 milioni di euro anche se il numero di lettori su e-book è passato dal 4,7% del 2015 al 4,2% del 2016... Buone notizie per un piccolo editore di e-book, direi. 

Altri dati: 

Nel 2016 il numero di persone che dichiarano di aver letto almeno un libro non scolastico (con più di 6 anni) ha ripreso a calare, con un preoccupante -3,1%. La lettura di libri è diminuita tra i lettori deboli e occasionali (-4%) e tra i forti lettori (più di 12 libri all’anno: -0,4%), tra le donne e tra i bambini e ragazzi (che leggono libri comunque più della media della popolazione).

Di particolare interesse il dato di fatto che i membri di gruppi professionali e dirigenziali non leggono nemmeno un libro per il 39%, stessa pratica (o mancanza) per il 25% dei laureati... 
Ultimo dato, a suo modo interessante, lo spostamento di classe di età dei forti lettori:

Fatto 100 il numero di lettori complessivi, la fascia d’età in cui si registra la crescita maggiore è quello degli Over60 (e dei “giovani anziani”) con un +9,6% rispetto al 2010, mentre cala la quota di lettori nella fascia tra i 25 e i 44 anni con un -25,4%. Segno delle trasformazioni demografiche, invecchiamento della popolazione, onda lunga della scolarizzazione degli anni Sessanta e Settanta. [da Il Sole-24 Ore, 26 gennaio 2017].

Ultimissimo particolare: il 18,5% della popolazione non ha svolto alcuna attività culturale nel corso del 2016:


circa un quinto degli italiani non ha letto un libro o un giornale, non ha visitato un museo, una mostra, un sito archeologico, e non è andato a teatro, al cinema, a un concerto. (da Il Libraio.it)

Diminuiscono i bambini lettori, invecchiano i forti lettori... un panorama che non è esagerato definire catastrofico. 
Certo, riuscire a trovare un momento da dedicare alla lettura con un lavoro incerto o temporaneo ma comunque faticoso è un elemento che in minima parte può spiegare la situazione, così come la diminuzione di lettori tra i giovanissimi può trovare una spiegazione nel numero crescente di bambini stranieri che hanno rapporti non facili con la lingua italiana. Ma la realtà è che stiamo perdendo – o più probabilmente abbiamo già perso – il treno di una ripresa reale, prima ancora civile che economica. Le percentuali di lettori – come gli investimenti nella scuola o in cultura – sono, non a caso, quelle che ci avvicinano di più ai paesi in coda della UE: Grecia, Portogallo... La politica della cultura in Italia sembra ormai indirizzata unicamente alla preservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico e museale, cosa sacrosanta, sia chiaro, ma che nasce dalla necessità di aumentare il fatturato del settore turismo. Se poi gli italiani rimangono ignoranti, beh, non è un problema che tocchi la classe politica contemporanea. Gli italiani possono sempre essere ottimi camerieri o membri di un efficiente personale di servizio o, perché no?, splendidi centurioni... L'Italia è un bel paese, in fondo.