25.3.14

La Serenissima 2.0


A fine maggio si va a votare per le europee. 
Chi avrà voglia di farlo.
Da una parte i partiti "europeisti", dall'altra gli "antieuropeisti". Una divisione del tutto nuova.
E intanto in Veneto un "referendum" on line dichiara che più dell'80% dei veneti aventi diritto al voto è favorevole all'indipendenza. Ovvero alla rinascita della Serenissima. O del ritorno degli austriaci. O a una nuova Scozia o a una nuova Catalogna. 
C'è poco da ridere o da sostenere che il referendum è stato un bidone sul modello delle votazioni di Grillo. Il risultato del "referendum" non è troppo diverso dal risultato dei sondaggi tenuti da agenzie statistiche. Ed è comunque estremamente probabile che più della metà dei veneti sia favorevole quantomeno a un grado di maggiori autonomia - fiscale, economica, politica - e una minoranza significativa sia favorevole e dividere le sorti del Veneto da quelle dell'Italia.
«Ma scherziamo?»
Pare di no. Lo stato italiano, con i suoi quasi settant'anni di vita - e gli ultimi anni di una crisi dalla fine tuttora lontana -  è riuscito a scavare profondi solchi tra le etnie nazionali. Tra il Nord e il Sud, tra una regione e l'altra, tra un gruppo etnico e l'altro. Il senso di far parte di una stessa nazione non è mai stato troppo solido in Italia e oggi, nel 2014, è decisamente in coma. E non è nemmeno questione di Lega o di M5S. La propaganda leghista e gli stop-and-go dei grullini hanno inciso molto poco sulle considerazioni di chi - anche senza prospettive reali - ha comunque votato per un'indipendenza purchessia. 
Curioso, ma fino a un certo punto, che gli scozzesi, che andranno a votare tra un paio d'anni, sostengano la propria indipendenza appellandosi a un rapporto antico e preferenziale con le democrazie nordiche: Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda e attacchino l'attuale politica inglese, molto lontana dal sogno di welfare socialdemocratico che gli scozzesi - che hanno eletto 1 solo deputato conservatore alle ultime elezioni - considerano evidentemente essenziale. 
Il "governo lontano", il "governo estraneo e nemico" sembra divenuto un luogo comune per i separatisti, gli anti-europeisti, gli autonomisti, gli alternativi, i neofascisti e tutte le formazioni più recenti che si rivolgono agli strati sociali più colpiti dalla crisi economica. E la profonda differenza rispetto a qualche anno fa è che l'Europa ha cessato di essere un riferimento essenziale per diventare l'Europa delle banche e dei tagliagole. Lo stesso successo del Front National in Francia deve molto a quest'atteggiamento di scetticismo, sospetto, rabbia nei confronti di una crisi contro la quale i partiti di sinistra fanno poco, quando non fanno l'esatto contrario di quanto promesso, collaborando direttamente a un'austerità fortemente deflattiva.  
I risultati catastrofici di una UE staccata dalla realtà politica dell'Europa emergono gradualmente e sono sempre più numerosi. I contrari all'immigrazione, i sostenitori di una moneta nazionale, chi propugna l'inserimento di tasse contro la produzioni straniere  crescono ovunque e non soltanto qui in Italia. È un fiume sotterraneo che emerge soltanto a tratti ma la cui vista è sufficiente a sconcertare e terrorizzare i politici di più lunga navigazione. 
Un'Europa nata per diventare una realtà politica e svilitasi a diventare il sicario del FMI per garantire la situazione delle banche europee - e in particolare tedesche - troppo esposte nei confronti della Grecia. E la possibilità di creare un'Europa di popoli e non di banchieri e speculatori sembra impallidire ogni giorno di più. 
C'è ancora qualcosa da aggiungere? 
Il "referendum" in Veneto e il suo risultato hanno radici lontane. In primo luogo la vittoria della finanza sull'economia produttiva. Una tendenza nata negli anni '80 e della quale non ci siamo ancora liberati. Come non ci siamo mai liberati dello spettro di un PIL perennemente in crescita. Il vero problema e dare nuovamente agli italiani (compresi i veneti) la possibilità di esprimersi sull'Europa. Altrimenti la fine di un sogno chiamato Europa e con essa la fine di settant'anni di pace sono vicini. 

P.S.: ne approfitto per ringraziare l'ottimo Nick il Nocturniano che con un suo intervento sulla situazione in Veneto mi ha smosso dalla mia pigrizia e convinto a scrivere questo post. 


18.3.14

Come ai tempi delle cannoniere


L'Armata russa ha invaso la Crimea. 
Anzi, secondo la maggioranza degli abitanti l'ha "liberata". 
Ovviamente l'Ucraina, non del tutto ancora uscita da una guerra civile nata per l'adesione all'UE, non è minimamente d'accordo e ritiene l'occupazione e il referendum tenuto sotto le armi russe una truffa e un danno evidente all'integrità nazionale. 
L'UE e gli USA sostengono il punto di vista ucraino mentre Putin dichiara che il referendum è stato del tutto legittimo e che la presenza dei soldati russi, sostenuti dalle milizie che fino a una quindicina di giorni fa sparavano in piazza Maydan ai manifestanti pro-Europa, fa parte del patto con l'Ucraina e che i soldati si trovano lì per difendere le strutture e le installazioni navali russe.
L'Ucraina è in una situazione altamente pericolosa: è un paese a un passo dalla bancarotta, con il territorio orientale a maggioranza russa, con l'estrema destra al governo e una situazione interna quantomeno delicata. La scelta degli abitanti della Crimea (più apparente che reale se si tiene conto dell'andamento abituale delle elezioni in Russia), escluso il 20% della popolazione che non è andato a votare, discende probabilmente anche dalla situazione dell'Ucraina. Affidarsi alla Russia può significare una ripresa economica per molti di loro o quanto meno può così apparire anche grazie alla propaganda russa.
E gli altri? L'UE, gli USA?
Si prevede che gradualmente giungeranno a bloccare i capitali russi all'estero - che infatti in questi giorni stanno riprendendo rapidamente la strada di casa - e che sospenderanno tutti i contratti aperti. Già. Ma l'Europa, Italia compresa, dipende per più del 20% dal gas russo. Un interrogativo tutt'altro che piccolo. 
Gli USA sospenderanno anch'essi, ma tenendo conto che l'interscambio economico tra Stati Uniti e Russia è molto inferiore a quello tra UE e Russia i danni per l'economia americana saranno decisamente inferiori. E ovviamente anche meno incisivi.
Putin, d'altro canto, non può fare passi indietro pena la perdita di popolarità in patria. Gli operatori economici russi, di umore già non particolarmente felice per le perdite previste, si presume non avranno troppa pazienza per una vicenda che non ha molto a che vedere con l'economia quanto con la politica. La Duma ha già dichiarato che riconoscerà l'andamento del referendum in Crimea, il che significa che le sanzioni dell'Occidente non potranno che continuare. E che in Ucraina le posizioni più fortemente nazionaliste guadagneranno spazio e voce. 
Qualcuno ha notato come la politica seguita in questo periodo dalla Russia post-comunista assomiglia in maniera allarmante a quella del fraterno aiuto che l'URSS utilizzò in almeno due occasioni: l'invasione dell'Ungheria e quella della Cecoslovacchia. Non si tratta, come potrebbe sembrare, di un ritorno a una prassi tipicamente comunista ma il ritorno a una politica imperiale, per la quale la Russia - come l'URSS di un tempo - non tollera politiche autonome da parte delle repubbliche che ritiene facciano parte della sua area di influenza. In questo caso l'Ucraina. La convinzione della funzione imperiale della Russia è un filo rosso che corre per tutta la sua storia ed è stata consegnata senza significativi mutamenti dagli Czar al governo comunista ai suoi successori. E uno degli aspetti più pericolosi della politica di Putin è proprio l'impegno per una rivincita contro i nemici che circondano la Santa Madre Russia: l'Occidente e gli ex-vassalli dell'Europa orientale. Che per ottenere questo risultato si debba far ricorso alla politica delle cannoniere come ai tempi del colonialismo inglese e francese è soltanto un apparente salto indietro nel tempo. Come è stato ed è per la Siria la Russia non è disposta a fare passi indietro ed il suo esercito, parte considerevole e pesante del suo complesso militar-industriale, è sempre pronto a muoversi per difendere gli interessi patriottici. Tenendo conto che la Russia è tuttora una potenza atomica direi che non c'è molto da stare allegri. 
Trattative, propongono UE e USA. Ben vengano, tenendo però conto che la Russia, come la Germania di Hitler, non può fare troppi passi indietro né ritornare alla situazione iniziale. I russi "schiacciati e oppressi" da governi stranieri sono un'eccellente strumento di propaganda per una politica estera avventurista e pericolosa. Le democrazie occidentali esitano e certo non andranno oltre le sanzioni previste per difendere l'Ucraina. Ma Putin non intende mollare, la Crimea - e in generale la sua politica estera - sono il vero marchio della sua presidenza.
Soltanto una sinistra curiosità per concludere: la propaganda sulle ingiustizie cui sono soggetti i russi non ricordano un po' troppo i tedeschi oppressi e sfruttati dai Cechi nella Boemia del 1938?  


11.3.14

Quote grige


Voi credete che le cosiddette "quote rosa" siano davvero importanti e che possano contribuire a elevare la qualità dei politici? 
Personalmente non lo penso. Mi sembra discutibile prestabilire le quote di partecipazione secondo un criterio "esterno" alla politica, che non ha nulla a che vedere con la scelta della professionalità, della competenza, dell'onestà.
Già, ma questo bel ragionamento può filare perfettamente per paesi come l'Islanda, la Finlandia, la Norvegia ecc. ecc., ma qui siamo in Italia, il paese di Cetto La Qualunque, dei politici scelti dal Cavalier B. sulla base della loro bovina fedeltà o delle loro doti di Azzeccagarbugli e di non poche donne per esclusivi meriti di letto. Quindi una formula come quella delle "quote rosa" può anche apparire insultante per molte donne ma è l'unica possibilità di apparire e dire la propria sulla politica nazionale e anche - perché no? - sulla condizione della donna.
Ma facciamo un passo indietro. 
L'Italicum, la proposta di legge di Renzi & Berlusconi riesce ad avere più difetti persino del tanto vituperato Porcellum. Nato sulla base del terrore per l'avanzata del M5S, punta su un premio di maggioranza grottesco (il 18%) per chi raggiunge il 37% - sia pure dopo un turno di ballottaggio -, non permette la scelta di un candidato tra gli otto presentati in ciascuna lista, esclude le forze minori, anche se sostengono uno dei blocchi maggiori e a maggior ragione le esclude  se si presentano sole solette e in sostanza limita le rappresentanze possibili a tre partiti, PD, FI e M5S. 
La scelta di eliminare le quote rosa - anche se il PD si è subito premurato di promettere che la presenza femminile nella sue liste sarà ricca e variata - significa semplicemente che i tre grandi blocchi non ammettono che esista un qualche genere di legge che imponga loro norme per la compilazione delle liste, ciò che B. voleva fin dall'inizio, che il PD non vuole ammettere di volere e che il M5S ritiene pericoloso, soprattutto tenendo conto delle fratture e dei continui litigi interni. In sostanza il fallimento delle quote rosa, che piacciano o meno, sancisce una volta di più che lo politica resta un "affare loro" e che le liste saranno né più né meno scritte dai consueti compilatori secondo gli ordini ricevuti. Un relativo maggior grado di libertà esisterà, si può forse supporre, nelle liste di PD o del M5S, anche se, in quest'ultimo caso, una scelta fatta on line sui server della Casaleggio & Associati dove è sufficiente cambiare browser o navigare in forma anonima per votare N volte (fonte: Jack's Blog) mi lascia, come dire, piuttosto perplesso.
La sostanza è che le quote rose non sono passate favorendo così la volontà del Cavalier B. e senza creare veri problemi né al PD né al M5S. 
Da questa semplice convinzione, credo, avrebbe dovuto nascere la convinzione di sostenerle, anche senza essere perfettamente d'accordo con la cosa in sè. 
La realtà con la quale ci troveremo a che fare sarà una versione incattivita del porcellum, un vero orrore che mi lascia in partenza molto perplesso sull'utilità della mia partecipazione al sacramento del voto. Dovrei votare per contribuire a eleggere un altro piffero del PD capace, magari, di NON votare per l'elezione di Prodi... Ma questi sono problemi personali, non mi dilungo. 
La vera soluzione al problema elettorale è, presumibilmente, l'uninominale con ballottaggio, sul modello francese  che ha, però, il grosso difetto di rottamare molti funzionari di partito e altri soggetti quantomeno molto discutibili sulla possibilità di rappresentare qualcuno che non siano le lobbies che li esprime. 
Il grosso, grossissimo problema è che questo genere di classe politica non può fare scelte che ne prevedano il suicidio. Da qui la scelta di eliminare le piccole formazioni e di mantenere ben stretta la scelta dei candidati preferibili per mantenere la propria posizione. Purtroppo le quote rosa sono andate a sbattere proprio contro una delle leggi non scritte che regolano la politica attuale: l'insindacabilità delle scelte operate al vertice. È un preavviso, aspettatevi di peggio.     

 

5.3.14

Ancora gotico


Ed eccoci alla seconda parte della presentazione dei volumi di gotico letti di recente. Comincerò dall'ultimo finito di leggere - e in parte di rileggere - i Racconti del soprannaturale di Joseph Sheridan La Fanu, curato da Malcolm Skey per le edizioni Theoria, 1990. La parte riletta è quella di Carmilla, le ultime settanta pagine delle 402 dell'antologia. Le altre trecento e passa pagine sono occupate da una scelta di eccellenti racconti dell'autore irlandese. Carmilla è una vicenda molto nota, il racconto di una vampira creata con venticinque anni d'anticipo sul conte Dracula di Bram Stoker. Carmilla, all'apparenza giovane e gradevole fanciulla, è in realtà un pericoloso vampiro al quale la sua coinquilina, Laura, si affeziona pericolosamente. Come nel Dracula di Bram Stoker sarà necessario l'intervento di un esperto in vampiri, il barone Vonderbug, per giungere a fermare le gesta del vampiro. L'aspetto più curioso e interessante di Carmilla rimane la sua deliziosa, sensuale ed enigmatica grazia che conquista la giovane Laura e che, contemporaneamente, sconcerta e preoccupa i meno giovani. L'intera vicenda assume così una curiosa coloritura di scontro generazionale, alla fine riassorbito ma pur sempre presente. Un particolarità unica nelle storie di vampiri. 
Quanto agli altri racconti non è facile segnalarne qualcuno in particolare. Mi ha colpito per la sua perfetta progressione di un orrore crescente, che non lascia spazio né speranze alla vittima, L'Inseguitore. Altrettanto perfetto nella costruzione, ma con un sottile gusto per lo humour nero, peraltro tipico dell'autore, Il testamento dello Squire Toby, un racconto di fantasmi. Altrettanto godibili Il té verde e Il giudice Harbottle, ma anche gli altri racconti, narrati con un gusto singolarmente divertito, meritano pienamente la lettura.
Del 1995, a cura di Giuseppe Lippi, la breve antologia Storie di fantasmi scozzesi, Oscar Mondadori. Tra gli autori più noti sono presenti Sir Arthur Conan Doyle (3 racconti), Sir Walter Scott (2 racconti), Algernon Blackwood, James Hogg e Allan Cunningham. Nell'insieme un'antologia, nonostante gli autori e l'ambientazione, decisamente minore. Brevi storie di revenants e di anime inquiete narrate in maniera piana, senza particolari brividi né orrore. Meritevoli di lettura il racconto di Blackwood, I lupi di Dio, Il racconto di Willie il vagabondo di Sir Walter Scott e Parentele di Ronald Duncan. Leggibili, ma senza particolari brividi gli altri. 
A seguire i Racconti del mistero e dell'orrore di Rudyard Kipling, curato (ancora) da Malcolm Skey e edito per Bompiani nel 1985. Se nell'antologia precedente era il clima non facile della Scozia a essere la cornice di ognuna delle storie narrate, qui è l'India dell'800 a essere oltre che cornice parte stessa delle vicenda narrata: «l'opprimente solitudine dei piccoli centri amministrativi della pianura, assediati dal caldo, dal tifo e dal colera, il formicaio da Mille e una notte dell'antica città di Lahore, la scomodità dei lenti viaggi in treno o a cavallo e dei dak bungalows per dormire durante la notte», scrive Skey. Un'ambientazione ideale per raccontare oscure vicende  cariche del maleficio della jadoo - la magia -  di incantesimi e sortilegi, di vendette fatali e dell'onnipresente superstizione che finisce per colorare ogni minimo aspetto del reale. I personaggi di Kiplig sono frequentemente giovani amministratori dell'Imperial Civil Service, schiacciati da un carico sovrumano di lavoro e oppressi da una solitudine che, fatalmente, finisce per essere complice di reazioni morbose.


«In taluni casi la presenza simultanea di turbe psichiche e di manifestazioni sovrannaturali porta - come nei racconti di Henry James e di Walter de la Mare - a un'ambiguità narrativa particolarmente inquietante: trama, struttura, personaggi e la stessa voce narrante [...] oscillano vertiginosamente tra un'esplicita realtà sovrannaturale e un'implicita realtà psicologica». 

Si tratta di tredici racconti, pubblicati in Gran Bretagna tra il 1884 e il 1893, tra i quali troviamo il lungo racconto L'uomo che volle essere re, un testo per molti motivi definitivo per quanto riguarda il sogno coloniale inglese (e non solo), Il risciò fantasma, un eccellente racconto interamente giocato sull'equilibrio tra l'apparizione fantasmatica e il carattere squilibrato del protagonista, Il marchio della bestia, storia di una possessione particolarmente sgradevole e l'ottimo e agghiacciante Nell'ora del trapasso. Detti quelli che a parere mio risultano i migliori, se ne avete occasione leggete anche gli altri: ne vale la pena. 
Ultimo della serie un romanzo edito per la prima volta nel 1787, un romanzo che è in qualche modo "fantastico" per il racconto della sua nascita. William Beckford, autore del. Vathek sostenne che esso fu scritto in due giorni e una notte, dato ahimé smentito dal semplice fatto che il Vathek fu concepito nel 1782 e passarono alcuni anni da concezione fino alla pubblicazione. 
Vathek non è una storia gotica in senso stretto, ma è piuttosto una sorta di riscrittura "gotica" del Faust di Marlowe, stesa con lo stile dei racconti delle Mille e una Notte (pubblicati in Francia nella prima metà del '700) e ambientata in un Medio Oriente fantastico. Si tratta di un romanzo affascinante, scritto con un ritmo sorprendente e filtrato dal gusto freddo, divertito e fatale di un favolista consumato. La morte e la dannazione dell'empio Califfo Vathek arrivano attesi dal lettore come giusta punizione per tutti gli orrori da lui commessi, più o meno come tutti i lettori attendono la giusta punizione per la matrigna di Biancaneve. O come tutti i cinefili attendono la giusta punizione per il Lupo di Wall Street del film di Martin Scorsese. Solo che non vi è nulla di morale e di edificante nel racconto del Vathek, a prevalere nel racconto sono una perfidia e una malvagità "principesche" che soltanto i mille capricci della realtà e i maligni scherzi di un destino impersonale riescono a distruggere. E Iblis, il diavolo della religione musulmana, riesce spesso vincitore di chi appare come un suo involontario servitore. Un buon libro che non dovrebbe essere troppo difficile trovare e che consiglio volentieri. 
Per il momento lo spazio destinato al gotico è terminato. Grazie a tutti coloro che mi hanno letto fin qui.