30.1.14

Sposare Stakanov



Oggi mia moglie non è andata a lavorare. 
Non ha dormito, aveva il naso chiuso, tanto da non potersi sdraiare e dopo aver fatto colazione si è sentita male. Fuori nevicava come essere in Svezia. Così per la seconda o la terza volta in vita sua ha dovuto gettare la spugna e non è andata a scuola. 
Masochista? Statale inutile e parassita? 
In questo momento è in casa a correggere compiti. Stamattina ha dormito fin verso le 10.00 - ora impresentabile per lei - e poi si è alzata decisamente migliorata. Le sue prime parole sono state: «Beh, a questo punto domani ritorno a scuola.»
Avrei dovuto rimetterla a letto di corsa e obbligare il medico a recluderla in casa per i prossimi quindici giorni, ma lei è stata irremovibile e domani, regolarmente, ritornerà a scuola. 
Un martire del lavoro? No, semplicemente una persona che ha ben chiara la propria responsabilità nei confronti dei suoi alunni, dei colleghi, delle famiglie. Nulla di più.
Anni fa sentii dire da un dipendente di un ente locale che nel suo ufficio «due lavoravano come dementi senza riuscire nemmeno a finire quello che dovevano fare, mentre gli altri due non facevano un tubo dal mattino alla sera, arrivavano tardi, uscivano per lo shopping, andavano a fare pause caffè da  mezz'ora ecc. ecc.» Una andamento che ho sentito ripetere da altri statali, con la netta impressione che questo universo diviso tra Stakanov e lavativi inveterati faccia parte del mondo abituale di un dipendente dello stato. Ma, tornando agli insegnanti, mi è capitato molto raramente di sentire esprimere giudizi sferzanti su qualche collega scansafatiche. La sensazione è quella di un gruppo di persone che, ognuna per ciò che sa e conosce, si sforza di far navigare una delle istituzioni più scassate e peggio finanziate dello stato italiano, di dare la sensazione che nonostante tutto si cerca di andare avanti, di insegnare qualcosa, in qualche occasione si tenta di difendere i giovani da adulti violenti o da una situazione precaria perché la famiglia ha perduto il principale stipendio o semplicemente perché si è sfasciata.
Mia moglie a quanto pare era ansiosa di ritornare in quell'anticamera dell'inferno che è la classe di una scuola media. Molto probabile che abbia sposato Stakanov, in sostanza, ma a vederla così sottile con i suoi capelli troppo lunghi non ho questa sensazione. Penso che Silvia sia una di quelli che cercano, nonostante tutto, di far andare avanti questo sventurato paese. 
Finché sarà ancora possibile farlo. 



27.1.14

A caccia dell'introvabile

Un mio articolo tratto da LN-LibriNuovi della primavera 2010.
La situazione non è all'apparenza minimamente cambiata, se non, ovviamente, in peggio. Buona lettura a tutti.

 

È passato qualche mese dall'ultima riflessione sullo stato dell'editoria italiana, mesi tutt'altro che quieti e incolori, peraltro. La crisi, finora reale ma a bassa intensità, si è fatta intensa e colpisce a fondo le imprese che operano nel settore. La riduzione della disponibilità di liquidi che ha colpito in primo luogo il ceto medio si è profondamente ripercossa sulle piccole imprese, conducendone non poche sull'orlo della chiusura.
Si moltiplicano le chiusure, i fallimenti, le cessioni (forzose) e il passaggio a franchising. È come se una situazione già complessa fosse improvvisamente giunta a una svolta.
Per molti «fare il libraio» è sempre stato un desiderio – o forse un sogno – che per prima cosa faceva passare in secondo piano il naturale desiderio di arricchirsi. In linea di massima chi fa il mio mestiere si accontenta di sapere che riuscirà ancora, ovvero per questo mese, a mettere insieme il pranzo con la cena, tenendo presente che non è affatto detto che sarà così il mese successivo. E così via per tutto il tempo del suo lavoro, che spesso coincide con il tempo della vita.
Be', a quanto pare anche questo fragile equilibrio si è definitivamente spezzato e sono in molti a decidere che non è più possibile lavorare e sacrificarsi senza un futuro.
A pensarci bene, sarebbe bene se i libri avessero una segnalazione in copertina: «Attenzione, può provocare gravi danni alla vostra salute mentale».
Ma sto parlando di un altro tempo e di altri libri.
Negli ultimi anni si è andato affermando un altro modello di libraio. Di venditore, a volerlo dire utilizzando il vocabolario anni Novanta del perfetto general sales manager (g.s.m.), conformato ad alcune semplici regole.
Prima regola del new-venditore è non mostrare il proprio parere sui titoli in vendita. Secondo alcuni g.s.m. l'ideale sarebbe non averne proprio letti: una genuina ignoranza è meglio di un mediocre fingere.
Seconda regola: rendere gradevole l'ambiente libreria per il possibile cliente – o customer – al quale gentilmente evidenziare i titoli sui quali l'impresa ha puntato. È quindi consigliabile costruire trappole di cartone e plastica e altri deliziosi marchingegni che richiamino l'attenzione sull'ultimo Baricco o sull'ultimissimo Eco lasciando sullo sfondo il resto, ovvero tutto l'inutile librame che si è costretti a tenere ma che – diosolosa – costituisce un ingombro a basso o bassissimo rendimento.
Terza regola: mai discutere con il cliente di gusti letterari, libri letti e altre sciocchezze ma essere (cordialmente) sbrigativi. C'è sempre, infatti, il rischio di esprimere qualche gusto personale.
Cortesi, anonimi, sbrigativi: la terna vincente del nuovo libraio.
«Sì, ma anche i librai indipendenti sono (ma forse erano...) spesso odiosi. Se la tirano e fanno cadere il loro parere dall'alto».
Vero.
A chi non è capitato di sentirsi un poverocristo di fronte a un Signorlibraio?
O di provare il desiderio di impiccare l'idiota che sorride saputo e un po' sufficiente ascoltando la vostra richiesta?
Ma ho la sensazione che anche questo genere di libraio da storiella sia giunto al capolinea.
Il vero problema non è tanto stabilire l'antropologia criminale del soggetto chiamato a vendervi qualcosa ma stabilire se sia possibile e verosimile trovare un libro. Capire se in qualche libreria sia disponibile – perché si crede possibile venderlo – un libro, magari uscito due o tre mesi fa, che non faccia parte dei 450-500 che stagionalmente sono «spinti» dalle Grandi Case Editrici. Un libro del quale si ignora felicemente la posizione nella terrificante classifica degli indici di rotazione o iR1, ma che vogliamo leggere, vogliamo assolutamente leggere, al di là del comportamento più o meno simpatico del libraio.
Ciò che è diventato evidente negli ultimi mesi è che il libro da voi tanto agognato (L.d.V.T.A.) – ammettendo che i vostri gusti si stacchino almeno un pochino dalle classifiche dei più venduti – sta via via scomparendo. In qualche caso non è disponibile presso le librerie indipendenti per via del costo di immagazzinamento – con l'omino piendisé un po' sgonfiato – come non lo è presso le librerie di catena per via del famoso iR. Insomma, è come se il vostro libro non fosse mai uscito.
Infatti dopo un po' è quello il dubbio che vi assale.
Ma, con un po' di pazienza, è possibile farsi dire che «No, il libro è disponibile» ma che «ci vuole un pochino per farlo arrivare».
Lo ordinate.
Aspettate un tot ma nessuno si fa vivo. Si sono dimenticati? Avete lasciato il numero di telefono con una cifra sbagliata? Il libro non è davvero disponibile? Chiamate un paio di volte ma non trovate mai la persona che ne sa qualcosa. Chi vi risponde vi tratta come un povero alienato, un fissato, un demente.
Mentalmente li mandate all'inferno.
Cazzo, non lo sapevate ma siete divento un fenomeno. Uno bibliofilo scatenato e folle. Un soggetto da barzelletta o da trista vicenda di pazzi e infermieri.
Vi organizzate per riuscire comunque a trovarlo.
Lo ordinate ad Amazon.it.
Nella pagina web di Amazon.it il libro risulta. C'è anche, piccola piccola, la copertina. Ma sotto c'è scritto «Titolo non disponibile»2.
Già, perché Amazon.it marchia come «non disponibile» tutti i titoli prodotti da piccole e piccolissime case editrici. «Così non si perde tempo a ordinare titolini a casine editrici sperdute e sconosciute».
Logico, a pensarci bene.
Scrivete un'e-mail all'editore per chiedere il vostro L.d.V.T.A..
L'editore risponde che può mandarvelo, certo. Ma vista la fine delle tariffe postali agevolate per la spedizione di libri3 ricevere il vostro libro vi costerà (almeno) 5 euro di spese di spedizione.
Cinque euro, un terzo del prezzo di copertina.
Confermate l'ordine e vi arriva il libro. Lo scoprite trovando un frammento di fogliaccio che vi invita ad andare a ritirare il vostro libro nel magazzino postale periferico, distante più o meno 15 km da dove vivete e lavorate. Apertura soltanto mattutina. Tempo di ritiro tra le due e le tre ore4.

Non va sempre a finire così.
Potreste anche rinunciare e accontentarvi di un libro di Camilleri o di Mazzantini. Quelli siete sicuri di trovarli dappertutto. E anche il libraio con-la-puzza-sotto-il-naso sarà ben contento di vendervelo.
Ma c'è qualcosa che non va. Innegabile.
Possibile che decidiate di rinunciare a leggere novità, rileggendo libri già letti o ripescando libri acquistati e mai letti.
Che cominciate a scaricare e-book gratuiti.
Magari potreste ordinate un kiddle per leggere più agevolmente.
Da Amaz...
Eh no, eccheccazz.



La crisi è di natura strutturale, questo è indubbio.
Ma è altrettanto indubbio che almeno in parte essa possa e debba essere spiegata come crisi di un certo modello di vendita e di promozione.
Siamo proprio sicuri che imporre a un pubblico molto variato un numero limitato di titoli funzioni ancora? Non si corre, continuando con questo modello di promozione, il rischio di allontanare frazioni crescenti di lettori dal commercio librario? Non è ciò che sta accadendo?
Sono soltanto impressioni, basate semplicemente sul mestiere acquisito in trenta e più anni di lavoro. Lettori stanchi, disorientati da una produzione eccessiva, varia e stimolante come un rosario di suffragio.
Mi rendo conto che rischio di sparare a vuoto – ovvero troppo in alto per le mie competenze – ma i nostri geniali editori, italiani e stranieri, non hanno la sensazione di offrire una produzione eccessivamente seriale, troppo raccolta su pochi temi e idee? Che manchino – o che siano poco sostenuti e poco promossi, ovvero praticamente la stessa cosa – nuovi autori o libri realmente originali?
Che la saggistica sia incentrata su (troppo) pochi nomi, che la narrativa vivacchi sul solito consunto thriller più o meno scandinavo, l'ovvio vampiro, la consueta/o quaranta-cinquantenne delusa/o, stanca/o, eccetera/o.
Temo proprio che La tendenziale scomparsa dei L.d.V.T.A. sia un segnale importante e da non sottovalutare.
È almeno da una ventina d'anni (o forse di più) che sottolineo l'importanza di un equilibrio tra una produzione mass-cult orientata e una produzione attenta alla qualità intrinseca del libro, tra una distribuzione focalizzata su pochi grandi punti-vendita e una distribuzione ampia e capillare cercando di non creare o mantenere aree dove i libri non arrivano.
Ovviamente è stato parlare al muro.
E il pensiero ritorna al compianto Alfredo Salsano, l'ex-direttore commerciale dell'ormai scomparsa Bollati Boringhieri, divenuta una semplice filiale del gruppo Spagnol, ovvero Longanesi/Garzanti/TEA/Guanda, cioè MeLi, colosso della distribuzione editoriale italiana.
Nell'inverno 1999 pubblicammo su uno speciale di LN un intervento a firma di Alfredo Salsano sulla «desertificazione editoriale». L'ho ritrovato e riletto in questi giorni:

Nel caso del libro, quella che potremmo definire come la monocultura del best-seller minaccia di perfezionare una desertificazione editoriale. Il futuro del piccola editoria, stretta com'è tra la stasi del mercato, difficoltà della libreria e acquisizioni eventuali, appare ben difficile. [...] Forse è giunto il momento di un pacifico divorzio tra gli interessi finanziari che impongono un'inflazione di titoli a bassa tiratura per consentire, con l'occupazione delle superfici, la forte rotazione di un numero inevitabilmente limitato di titoli a prezzi medi gestiti managerialmente, da una parte e gli interessi imprenditoriali dell'editore e del libraio di cultura o di proposta che sopportano rotazioni più lente e prezzi unitari più alti in cambio di una disponibilità nel tempo di un servizio personalizzato, dall'altro.



All'epoca ricordo che provai qualche resistenza sul tema dei «prezzi unitari più alti», ma se non altro si parlava ancora di case editrici reali e di librerie esistenti.
Adesso siamo ormai andati oltre.
E il panorama, puntualmente, è peggiorato.
Non fa male ricordarlo.


Note
1. Se avete già letto altri miei interventi avrete un'idea almeno vaga di che cos'è un Indice di Rotazione. Altrimenti vi basterà sapere che l'iR indica la velocità di rotazione di un libro (o di un articolo di bullonviteria o di un bastone da tenda) in un periodo ben preciso. Se io ho a magazzino 1.000 euro sia del libro A sia del libro B e in quel periodo ho venduto il libro A per 1.200 euro ne discende che il suo iR di quel periodo (tre mesi, per dire) è di 1,2 (1.200 / 1.000). Se il libro B ha venduto per 4.000 euro il suo iR è di 4. Ovviamente è poi necessario inserire alcuni correttivi come lo sconto praticato ecc. ma in generale è assolutamente ovvio che mi conviene tenere più copie a magazzino del titolo B. E magari spararlo in vetrina e costruire piramidi e ghirlande per metterlo in vista. Magari cercarne l'autore per organizzare una presentazione e chiedere più sconto all'editore per vendere il libro B.
Facendo parte di una catena libraria i libri B sono, ovviamente, «prefissati» dalla proprietà.
I libri A, viceversa, sono rumenta. Da tenere per 60 gg e rendere velocemente. Se andate a cercarlo al 61° giorno il libro risulterà esaurito, ovvero «disponibile presso l'editore», cioè morto.

2. Potete controllare nel sito http://www.amazon.it/ref=gno_logo. Buona parte dei libri indicati come «non disponibili» sono disponibili. Presso l'editore, ça va sans dire.

3. Provvedimento del consueto Tremonti nell'aprile del 2010. «La cultura non si mangia», naturalmente.

4. Sono ammesse tutte le possibili varianti a questa vicenda. Compresa la possibilità più rara e termodinamicamente improbabile, ovvero che riusciate a trovare il libro al primo tentativo.

22.1.14

autore ed EDITORE

Ripubblico qui un mio articolo uscito nel 2011 su LN-LibriNuovi, un breve articolo di commento un aspetto particolare del rapporto tra autore ed editore e dei riflessi che questo può avere sul mercato editoriale librario. Riletto oggi mi è parso non troppo invecchiato e con qualche piccola modifica lo ripropongo qui. Buona lettura!





Una cosa fisiologica, in apparenza.
Ma forse non così normale come appare.
Siamo abituati ad accoppiare quasi inconsciamente autore e casa editrice. Bevilacqua e Mondadori, Moravia e Bompiani, Bassani ed Einaudi eccetera. I passaggi di casa editrice sono possibili ma non troppo frequenti e, in genere, non riguardano i «big». Eco e Bompiani, per dire. O Biagi (il fu) e Rizzoli. Ma le cose hanno iniziato a muoversi più velocemente, di recente.
È recente il nuovo libro di Culicchia.
Marchiato Mondadori.
Culicchia, per chi non lo ricordasse, ha tutti i suoi primi titoli con Garzanti.
È uscito da Mondadori l'ennesimo libro di Maurensig. Nato Adelphi.
Attenzione: non mi interessa in questa sede discutere dei pregi o difetti della produzione narrativa, ma soltanto constatare la scuderia.
Come per Farinetti, uscito Marsilio e successivamente pubblicato da Mondadori, (anche se gli ultimi libri sono nuovamente marchiati Marsilio).
Genna, pubblicato in origine da Einaudi, uscito in Mondadori.
Il mio buon amico De Filippo edito da Einaudi e di recente pubblicato da Mondadori – anche se si tratta forse soltanto di un'avventura.
Mondadori ha anche pubblicato: Mazzantini (Marsilio), Evangelisti (Einaudi), Abate (Fazi), Siti (Einaudi), Favetto (Utet), Van Straten (Bompiani), Corona (Biblioteca Immagine), Pinketts (Feltrinelli). È una storia vecchia quella del fantasma di Calvino «rapito» da Mondadori a Einaudi o di Busi passato da Adelphi a Mondadori (e in seguito a Giunti e poi al fallito Dalai, ma questa è un'altra storia ancora) o il curioso tandem di Camilleri che passa da Sellerio a Mondadori e viceversa senza particolari problemi, o meglio, grazie a un contratto raffinatissimo. Mentre il ritorno di Brizzi da Mondadori a Dalai è semplicemente il risultato di un contratto non perfettamente riuscito. Resta il fatto che tra gli scrittori italiani di media caratura è in atto uno spostamento graduale e apparentemente impossibile da fermare dai medi editori a Mondadori. Più o meno, a voler fare un paragone irriverente, ciò che avviene per le squadre di calcio.
Mondadori ha (ancora) denaro, questo è indiscutibile, e i suoi contratti hanno qualcosa al quale risulta molto difficile resistere. Se si ha avuto un certo successo (dalle 10.000 copie in su, per capirci) difficile non cadere sotto lo sguardo mondadoriano. Non solo: i nuovi autori «di successo» (Giordano, chi se no?) vengono proposti direttamente da Mondadori. Torno a ripetere, per evitare maledizioni e accidenti di ogni genere, che non sto parlando della «qualità» dei testi ma della loro capacità di muovere lettori e attirare quella vasta fascia di lettori incostanti che leggono meno di 12 libri all'anno, pescandoli dalle classifiche di vendita.
In sostanza Mondadori può allineare, a essere precisi, 3-4 autori importanti a ogni uscita. Nomi da spendere e da vendere. Poi si può benissimo pensare che l'ultimo della Mazzantini è una ciofeca o che i numeri primi di Giordano sono di una povertà desolante, ma resta il fatto che è Mondadori a «fare» il mercato.

Il problema grosso, il baco della cosa, è il tipo di clima che si viene a determinare.
Mondadori, il numero uno dell'editoria italiana, punta dichiaratamente su autori già affermati. Crea una scuola di autori affermati che scrivono pescando nella loro carriera ormai pluriennale, autocitandosi e autocopiandosi. Pensano in primo luogo al successo che i loro testi sono in grado di garantire loro senza preoccuparsi, si può supporre, di tentare nuove vie o nuove soluzioni. Bene o male, anche se sono prontissimo a ricredermi, Culicchia scriverà un altra culicchiade e Mazzantini una mazzantinata. Nulla di male se si apprezzano le produzioni di questi autori, anche se – ovviamente – tutto ciò definisce un paesaggio fermo, ovvero autori che producono letteralmente a richiesta titoli molto simili l'uno all'altro, destinati (condannati?) a un successo inevitabile.
E gli altri, gli autori meno noti e non appetiti da Mondadori?
Ai lettori tirare le conclusioni. Una volta stabilito che tali autori non possono ambire a vivere scrivendo e quindi difficilmente potranno giungere a costruire un'estetica letteraria personale, la conseguenza è che il nuovo narrativo farà fatica a emergere. La caccia nelle riserve dei nomi famosi ha questo come conseguenza, impossibile non arrivare a pensarlo.
Siamo in un momento pesante, nel mondo letterario. Da una parte gli scrittori – coccolati, viziati, strapagati purché non smettano di scrivere ciò che può puntare al successo – dall'altra i perenni dilettanti, armati di qualche buona idea ma eternamente inchiodati nella posizione di chi sta iniziando una corsa. Il tutto in un quadro economico generale che vede la diminuzione dei lettori e la crescita degli e-book.
Non avete anche voi una sensazione di aria chiusa e viziata? Di un futuro terminato? 


 

15.1.14

(Ancora) meno lettori?


Sono usciti in questo periodo i dati sulla lettura di libri in Italia. 2013 su 2012. Risultati pubblicati in sintesi nella pagina dell'ISTAT e ripresi in una relazione più ampia scaricabile gratuitamente in formato .pdf. Può essere interessante accoppiare la lettura dei dati di lettura alla pubblicazione dei dati di vendita, pubblicati nella pagina dell'AIE (associazione editori italiani). 
Il 2013 è stato un pessimo anno, questo si poteva intuire senza difficoltà Seguito a un annus horribilis come è stato definito il 2012. Nel 2012 le vendite di libri cartacei sono diminuite di un 8,4%, nonostante la crescita delle vendite dei libri digitali o e-book, passati dal 1,8% al 2% del mercato librario. Un incremento che, ovviamente, è molto lontano dal compensare le perdite del libro cartaceo.
Ma venendo alla lettura, ovvero al numero di lettori in Italia, se il 2012 aveva visto un piccolo incremento sull'anno precedente, raggiungendo il 46% della popolazione italiana, il 2013 ha visto una riduzione al 43% [49,3% della popolazione femminile e 36,4% di quella maschile], - pari a poco più di 24 mln -, con i forti lettori (chi legge 12 o più libri all'anno) passati da un 15,4% al 13,9%. 
Particolare interessante, anche se purtroppo non inseribile all'interno di questo quadro, è che il numero di lettori che hanno letto o scaricato e-book nel corso del 2013 sono stati  5.224.000, pari al 17,3% dei frequentatori di internet e il 9,1% della popolazione adulta. Altrettanto interessante  che le due fasce di età (20-34 anni e 35-44) dei lettori di e-book siano di gran lunga le più numerose e che i lettori di e-book siano, a differenza dei lettori in toto, in prevalenza (54,4%) maschi, anche se questa differenza ha più a che fare con il rapporto tradizionalmente "maschile" con il pc che ad altri motivi. 
Da aggiungere al quadro finora tratteggiato la tiratura media dei libri pubblicati e il numero di titoli pubblicati. Ma qui lascio la parola direttamente all'ISTAT [dati relativi al 2012]:

I piccoli editori hanno proposto, rispetto al 2011, quasi un quinto di titoli in meno (-16,5%), i medi editori il 6,8% in meno e anche i grandi editori hanno ridimensionato la propria offerta del 6,7%. Al contrario, in termini di tiratura, i medi editori hanno ridotto solo di poco il numero di copie stampate (-6,7%). Analogamente, anche i grandi editori hanno sostanzialmente mantenuto la quantità di copie stampate (-6,9%), mentre la maggiore contrazione della tiratura è stata effettuata dai piccoli editori (-31,9%).
 
Veramente difficile trovare un numero che non sia preceduto da un segno «-» in questa lunga serie di statistiche, a meno di non spulciare i dati relativi ai libri elettronici che, tuttavia, pagano il prezzo nella bassa scolarità informatica degli italiani - oltre che un regime IVA nettamente sfavorevole. Giustamente l'AIE richiede a gran voce un'equiparazione del libro elettronico (soggetto ad IVA  22%)  al libro cartaceo (4% di IVA), ma finora il governo non sembra aver raccolto la richiesta. In termini di aiuto alla lettura ha infatti inserito la possibilità di scaricare nel modello UNICO il 19% gli acquisti di libri cartacei, continuando ad ignorare l'esistenza dell'e-book. 
Per quanto riguarda ancora la lettura persiste la consueta differenza geografica tra il Nord (di poco superiore al 50% i lettori al nord e un 30% al sud e nelle isole). In sostanza una situazione che riprende a grandi linee quella di una decina di anni fa, proprio come se in questi anni non si fosse fatto nulla - ovvero ciò che è realmente accaduto - per sostenere la lettura in Italia. E nemmeno - peraltro - a favore dell'utilizzo di internet.
Il rapporto con il libro continua a rimanere largamente superfluo ed è molto probabile che la caduta nel numero dei lettori - e in particolare dei forti lettori - sia dovuto alla crisi economica in atto, tanto più che il prezzo medio dei libri cartacei non è diminuito in quest'ultimo triennio. Senza contare che la varietà dei titoli disponibili è diminuita, e soprattutto l'offerta dei piccoli editori, penalizzata dalla distribuzione attraverso le grandi catene librarie. Escono meno libri e di qualità seriale, copie mediocri di stanchi best-seller, poco curati, mal corretti, con un lessico che non supera i cinquecento lemmi per renderli fin troppo leggibili e digeribili per chiunque. Non è con questo genere di libri che si può sperare di agganciare nuovi lettori, al massimo ci si può augurare di non perdere quelli che rimangono. Quanto agli e-book senza DRM potranno diventare una promessa a patto di cambiarne quanto prima il regime IVA e nel contempo avviando linee veloci che raggiungano anche la provincia. Anche perché il numero dei lettori cresce nelle grandi città e tende inesorabilmente a diminuire nei piccoli centri. 
Un tempo sostenevo la necessità di moltiplicare le piccole librerie in periferia e nei piccoli centri, ritenevo essenziale poter contare su crediti agevolati e su condizioni di favore da parte degli editori italiani. Ma non mi sembra il caso di ripeterlo con l'attuale situazione. Direi, adesso, che sarebbe essenziale collegare alla rete anche i piccoli centri e cominciare a riflettere su certi atteggiamente eccessivamente aggressivi da parte di librerie on line come Amazon.it - oltre che rivederne il modello di tassazione, che le avvantaggia illecitamente rispetto alle librerie on line italiane.   
In sostanza: stiamo diventando un popolo di ignoranti? 
Bah, più che altro si potrebbe dire che continuiamo a restarlo e se si continua a far nulla o quasi lo resteremo per sempre... 

 
 

9.1.14

Piaciuto lo scherzo?


È cominciato tutto lunedì all'ora di pranzo, quando mia moglie ha annunciato - in tono dubitativo -: «Mah, secondo una bidella lo stato ci toglierà 150 euro all'anno non so bene perché». 
«Perché stiamo come in Grecia», è stato il commento agro di mia figlia. 
«Ma no, è tre anni che hai lo stipendio inchiodato, che cosa vuoi che ti tolgano, ancora?», ho commentato io. 
Poi la discussione è scivolata su altri argomenti e fino a metà pomeriggio nessuno è più tornato sul tema. Fino a quando, dando un'occhiata a «La Repubblica» on line ho trovato proprio la notizia: «Gli insegnanti che hanno ricevuto lo scatto di anzianità nell'anno passato dovranno restituirlo a rate di 150 euro al mese».
Seguivano minacce, contumelie, proteste, ultimatum ecc.
Adesso non mi sembra il caso di entrare più approfonditamente nel problema, nel modo in cui è stato affrontato e "risolto" e infine in qualche modo cancellato. Aggiungo che comunque mia moglie non avrebbe dovuto pagare una lira dal momento che sono almeno tre anni che non ha scatti di carriera. Ma mi chiedo: che kz di modo è questo di affrontare un problema? Ma non vi è capitato di chiedervi come avrebbero risolto il problema gli insegnanti coinvolti, dei quali molti - lo so per esperienza personale - sopravvivono come possono con gli stipendi più bassi d'Europa? Ma vi sembra il caso di risolvere tutto con un sistema degno di Iniquitalia?
Il governo attuale non mi piace, l'ho detto e lo ridico anche in quest'occasione, ma un governo di kzni sprovveduti che giocano con i soldi altrui come i bulli con i giocattoli degli altri vi sembra ragionevole, accettabile? Non mi metto a chiedere a gran voce le elezioni anticipate - non sono né Grillo né il pregiudicato Berlusconi - e comunque rivotare con il proporzionale ci riconsegnerebbe un governo più o meno uguale a questo, ma qualche domanda cattiva sul modo nel quale costoro "governano" è perlomeno logica e accettabile. Si potrà dire che il problema è nato con la promessa di eliminare l'IMU e da lì sono nati tutti gli ammanchi che il governo sta cercando di turare in qualche modo, ma la sensazione di avere a che fare con una combriccola di confusi apprendisti stregoni guidati da un mister Pendola dalla lingua troppo lunga è troppo evidente per essere ignorata. 
In ogni caso... piaciuto lo scherzo? 

 

5.1.14

Un'eco


Questo può sembrare un nuovo post di Fronte e Retro. 
Può sembrare, ma non è così. 
Si tratta semplicemente di un'eco, ovvero della segnalazione della pubblicazione di un nuovo post sul blog ALIA Evolution. In fondo è passato un mese o forse qualcosa di più dall'ultima pubblicazione sul blog di ALIA e un minimo di pubblicità non fa male a nessuno. 
Chi è interessato al progetto ALIA può fare un salto QUI e informarsi su come procedono le cose. 
Fronte e Retro, invece, per il momento continua a tacere. A rileggerci e riparlarci non appena ci sarà qualcosa di più serio delle dimissioni di Fassina o di più allegro dell'ultimo Natale del quale meriti parlare.