25.4.09

Il dodicesimo Fata Morgana...


In ritardo anche questo, ma è finalmente arrivato il momento della presentazione di Fata Morgana.
Le presentazioni di FM vanno avanti da anni e anni. Abbiamo visto crescere i nostri figli - Morgana, ovviamente, ma anche la figlia di Mirella, Gemma - così come sono mutati lo stile e la voce di molti autori. Alcuni autori, come Roberto Bodrone o Anna Andreoni, ci hanno accompagnato a lungo prima di gettare la spugna per motivi di tempo o di altri impegni, altri - Fabio Lastrucci, Andrea Rossi, Cettina, Adolfo Marciano e gli inossidabili, Davide Mana e Massimo Soumaré - partecipano ormai da anni, anche se a questo punto è evidente che FM non è il supplemento annuale della New York Review of Books...
Lo fanno per amore?
Per interesse?
Per la sfida enunciata nel tema?
Forse per tutte queste cose.
In ogni caso siamo ben felici di festeggiare con tutti gli autori - i vecchi, i nuovi, i nuovissimi, i temporanei, i persistenti, gli stranieri e gli alieni - l'ultima Fata Morgana.

Lunedì 18 maggio
Presso la Biblioteca Shahrazad
V. Madama Cristina 41
Ore 18.00


Sarà anche l'occasione per presentare il nuovo tema per gli eventuali interessati.

«Ripetizioni, duplicati, repliche, cloni»

Arrivederci a presto!!!

17.4.09

Aggiormenti sulle letture

In che cosa consiste il lavoro di un libraio?
In tantissime cose che, per la stragrande maggioranza, non hanno nulla a che fare con la lettura. Il libraio tipico deve ordinare, rendere, caricare a magazzino le novità, tenere un giornale di contabilità, emettere fatture, pagarle o cercare di NON pagarle, esporre le novità e rimettere a scaffale le novità che tali non sono più, consigliare letture, inventare soluzioni più o meno originali e fantasiose per vendere e sopravvivere, mantenere contatti con la banca, incontrarsi con i colleghi per iniziative comuni, progettare presentazioni, prendere contatti, evitarne alcuni altri, cercare di non farsi fregare i libri sotto il naso e tentare di procurare libri introvabili o quasi.
Quando si è arrivati al termine di una giornata di questo genere ovviamente non rimane molto tempo per leggere. Si è sbirciato, leggiucchiato, guardato tanto per farsi una mezza (o un quarto o un sedicesimo) di idea in modo da poter rispondere qualcosa a chi ti chiede: «e di questo che cosa ne pensa?», ma senza leggere DAVVERO. La lettura dei libri che interessano, incuriosiscono o stimolano rimane un'attività secondaria, alla quale dedicare pochi momenti rubati al tempo del lavoro. Più o meno ciò che accade a chiunque faccia un lavoro di tutt'altro genere. È vero: ho più scelta e qualche momento in più per scegliere ma, in compenso, ho spesso la sensazione di ignorare e trascurare centinaia di libri che avrebbero potuto interessarmi e che ho lasciato andare in resa.
In più, colaborando con una rivista letteraria, ho il «compito» di considerare con particolare attenzione alcuni titoli e autori in modo da tenerne informati i miei sedici lettori... Quindi autori giapponesi o titoli di fantascienza - il poco che resta - hanno una precedenza assoluta sul mio tavolo. In mezzo, ogni tanto, posso infilare qualcos'altro... Questo senza contare i libri gentilmente omaggiatimi (non si dice? pazienza) dagli editori nella speranza che in quanto libraio li apprezzi e li consigli.
Il risultato è una combinazione piuttosto assurda di libri, diversissimi tra loro per tema e ispirazione a farsi compagnia nella mia zucca.
Esemplifico, tanto per dare un'idea.
Due libri di Yoko Ogawa, per cominciare, autrice giapponese di rara potenza, eleganza e miracolosa capacità di descrivere gli stati d'animo. Ho un'enorme considerazione per la Ogawa, tanto da non farmi sfuggire neppure uno dei libri tradotti in italiano - non sono il mio amico Maz Soumaré e non posso leggerli in originale. Gli ultimi due che mi sono capitati sono un romanzo, La formula del professore, edito da Il Saggiatore e una minuscola antologia, Una perfetta stanza di ospedale, pubblicata da Adelphi.
Il romanzo è la storia dell'amicizia che nasce e si sviluppa tra la protagonista - una semplice ragazza-madre che lavora per un'agenzia di COLF - e un professore di matematica, che, a seguito di un incidente stradale, è incapace di ricordare qualcosa per più di ottanta minuti. Ottanta minuti... questo significa che il professore deve ogni giorno, più volte al giorno, fare nuovamente conoscenza con la sua COLF e con suo figlio, vivere coperto di post-it che gli ricordino le cose più diverse e curiose che non può dimenticare. Apparentemente condannato a una vita assurda e senza speranza, il professore possiede però ancora una fenomenale ricchezza: la sua profonda conoscenza della matematica, qualcosa che è in grado di trasmettere creando prima interesse e poi passione anche in persone che non hanno mai mostrato alcun talento matematico. Un libro nel quale in realtà pare accadere molto poco. L'unica voce narrante è quella della COLF e l'unico oggetto del suo raccontare è il buffo, assurdo e malinconico professore. Ma è un libro che ho amato molto e che non ha smesso di accompagnarmi.
Sarà perché Ogawa è così abile nel raccontare frammenti di vita come se appartenessero al lettore?
Non diverso il discorso per i due racconti di Una perfetta stanza di ospedale. Quietamente sconvolgente il primo, che dà il titolo al libro, meno nitido il secondo, Quando la farfalla si sbriciolò, racconto d'esordio dell'autrice. Di nuovo, merita sottilinearlo, la sensazione di «vivere» ciò che Ogawa racconta. Se dovessi attribuire una qualità o una definizione alla Ogawa direi, comunque, che è infinita la sua capacità di «moltiplicare le ombre», ovvero di lasciare intuire non soltanto ciò che il protagonista racconta ma anche gli infiniti retropensieri che stanno dietro ognuno di noi.
Sempre giapponese - per le meno in apparenza - A morte lo Shogun di Dale Furutani. È la terza parte di una trilogia che ha per protagonista il rônin Matsuyama Kaze e che si svolge nel Giappone del 1600. Vivace, divertente, animato, scritto con competenza e perfetta conoscenza del mondo descritto, «sembra» giapponese perché l'originale è stato scritto in inglese da Dale Furutani, americano di origine nippponica e importante dirigente industriale. Si legge in un paio d'ore (sei ore per tutto il ciclo) ma non delude. Recensioni più serie dei volumi già usciti le potete trovare qui e qui.
Cambiamo completamente genere, autore e nazione.
Karel Capek (chiedo scusa per la C priva di accento, ma trovare quella giusta è un po' complicato), autore ceco famoso per aver inventato i Robot nel dramma R.U.R. (robot significa lavoratore, in ceco), ha scritto diverse altre cose per le quali non gode di altrettanta fama. Io di Capek lessi con piacere e costrutto i Racconti tormentosi pubblicati a suo tempo da Sellerio e non mi sono fatto sfuggire questo goloso La guerra delle salamandre, pubblicato dalla Utet nella collana Letterature che ospita titoli e autori meno noti o dimenticati ma ugualmente interessanti.
La guerra delle salamandre è la cronaca di una curiosa invasione della Terra condotta da un tipo particolare di salamandre, scovate da un capitano di marina nei Mari del Sud. A lungo trattate come semplici animali appena più intelligenti di un cane o di un cavallo e in seguito sfruttate come lavoratori, le «salamandre», creature marina erette e alte poco più di un metro, spinte da una crescita demografica inarrestabile minacciano la terraferma degli uomini, rivendicando il loro ruolo di creature intelligenti. Di fronte all'attacco delle salamandre gli uomini mostrano tutta la loro fondamentale incapacità di fare fronte unito e combattere. Piccoli e grandi interessi, calcoli, modeste mire e mediocri furbizie sabotano la resistenza «umana» mentre le salamandre si mostrano sempre perfettamente unite e determinate. Ovviamente non presenterò qui l'epilogo del libro, lasciando il piacere di scoprirlo all'eventuale lettore. Di personale aggiungo soltanto che il libro è decisamente vivace e divertente nella sua prima parte ma finisce con l'ingarbugliarsi e perdere smalto e interesse man mano che procede. Ed è un peccato. D'altro canto l'ironico apologo di Capek è una forma di narrazione piuttosto comune nell'Europa degli anni trenta - basterà ricordare, a tale proposito, il terrificante Le Mosche di Jacques Spitz - ma ormai poco praticata. Si leggono vicende più o meno biografiche e più o meno personali, senza alcun riflesso pubblico e sociale. E si è convinti di leggere con profitto.
...
Una lettura non facile quella di Signore e signori di Alan Bennett. Una serie di monologhi condotti da personaggi - le Signore del titolo - che hanno la curiosa caratteristica di non comprendere ciò che accade loro intorno. Il lettore, viceversa, capisce abbastanza facilmente ciò che sta avvenendo e si stupisce nel notare come l'io narrante si rifiuti di comprendere la realtà. I monologhi vivono dell'onnipresente frattura tra il lettore il personaggio, degli equivoci e delle incomprensioni che via via si creano. Si ride, come no, ma a bocca chiusa, chiedendosi spesso quando è capitato a noi di essere quelli che non capiscono ovvero che non hanno voluto o cercato di capire.
Un mezzo pacco la nuova «epopea criminale» di Einaudi. Parlo di Educazione siberiana di Nicolai Lilin. Nicolai Lilin, un transnistriano di origine siberiana (come buona parte degli abitanti della Transnistria, lì deportati ai tempi di Stalin), «ha scritto la sua biografia direttamente in italiano», è scritto sul retro di copertina.
Lilin vive in Italia da qualche anno e, teoricamente, ha imparato la nostra lingua abbastanza da scrivere un libro di 300 pagine.
«Ma per chi ci prendete?», viene voglia di chiedere ad alta voce.
È possibile che il signor Lilin sia un portentoso fenomeno linguistico, ma se come è probabile non lo è perché nascondere al mondo il fatto che il libro è stato quantomeno abbondantemente rivisto in fase di editing?
E fin qui, comunque, ci sarebbe ancora poco da lagnarsi.
Il problema fondamentale è che il libro non è un giallo, non è una biografia, non è un frammento di vita vissuta né una lunga cronaca. L'aspetto centrale del libro è l'ideologia del suo autore. Un'ideologia più o meno ottocentesca, «paternalista e virilista» verrebbe da definirla, non troppo diversa da quella dei mafiosi attivi degli anni cinquanta e che nei nostri giorni si lamentano dei giovani leoni che non hanno rispetto per nulla e per nessuno, pensando esclusivamente a fare i soldi in fretta.
Il dubbio che una tale visione del mondo sia una semplice, buffa foglia di fico - sia pure più volte dichiarata e universalmente condivisa - non è venuta proprio a nessuno?
Che la Transnistria attuale faccia parte del submondo del traffico di armi, stupefacenti e di tutto ciò di illegale vi venga in mente, non è un parere ma un dato di fatto. Fare finta che sia il frammento di «una travolgente epopea criminale» risulta un po' ridicolo.
Come accostare la biografia di Sandokan con i pirati somali e yemeniti.
Ciò detto, il libro di Lilin ( e di qualcun altro, necessariamente) ha un discreto ritmo, una efficace rapidità di racconto e dialoghi e una truce, cupa ferocia nella descrizione di scontri, regolamenti di conti e vendette. Insomma, leggerlo non è tempo sprecato avendo comunque ben presente che è probabile che il mondo narrato da Lilin sia soltanto una piccola parte della verità.
Ultimo libro - ultimo anche perché non ancora terminato - quello di John Banville, Isola con fantasmi. Un romanzo del 1993 con una situazione di partenza tipicamente teatrale.
Un'isola poco abitata e un gruppo di gitanti ambosessi arenatisi e costretti a rifugiarsi da un anziano professore, dal suo aiutante/servitore e da un misterioso io narrante , un ex-galeotto condannato a vita per un reato imperdonabile.
L'aspetto curioso e affascinante del libro è il racconto ossessivo e minuzioso di gesti, pensieri e atteggiamenti dei personaggi, la capacità - un po' sovrumana viene da pensare - di descrivere con con un'impressionante abilità icastica modi e movimenti. Siamo - anzi sono - in attesa che la violenza che cova sotto la cenere finalmente esploda, nel frattempo inganno il tempo leggendo dei rapporti segreti e inconfessabili che li legano...
...
Stop.
Questo il complesso dei libri che hanno impegnato e stanno impegnando il mio tempo.
Altri ne seguiranno, comunque...

12.4.09

ALIA Anglostorie


È stata necessaria un'attesa più lunga - Davide nella presentazione spiega il come e il perché - ma alla fine c'è.
Una prefazione e un'introduzione, sette racconti, centocinquanta pagine di testo, cinque immagini originali realizzate per l'occasione per un'ALIA anglostorica decisamente stimolante.
Gli autori presenti, a cominciare da Ted Chiang, rappresentano più che degnamente l'arte della narrazione fantastica nei paesi di lingua inglese.
A voi non resta che leggerli, preparandovi a una varietà di temi e linguaggi non troppo comune in un'antologia tradotta.
Ecco l'indice:

Che cosa ci si aspetta da noi di Ted Chiang

Il sentiero del Sole di Lillian Csernica

Lo spadaccino che non si chiamava Morte di Ellen Kushner

L’avventura dell’inquilino di Dorset Street di Michael Moorcock

Barbablu e il bisonte bianco, una storia di Rangergirl di Tim Pratt

Miss Carstairs e il Tritone di Delia Sherman

Corona di Karl Schroeder

A presto!