A una settimana dalle elezioni...
No, calma. Un momento.
Pensavo di riuscire a superare l'increscioso momento delle elezioni senza parlarne. Ma non ce la faccio. Chiedo scusa a mio nonno materno che si è fatto pestare dai fascisti per permettere al suo scapestrato nipote di esercitare il diritto di scegliere chi governerà l'Italia nei prossimi cinque anni. Gli chiedo scusa perché questo nipote si è piantato come un motorino con lo zucchero nel serbatoio e non sa se e come andare avanti. E si chiede spesso se è proprio il caso di perdere una mezz'ora di una domenica per andare a rigettare in un'instabile cabina invece che farlo comodamente in casa propria.
Faccio parte di quel 30% di elettori italiani che non ha ancora deciso un tubo. Ovvero, ha via via scartato le possibilità fino a restare con nulla in mano. Sono al terzo o quarto giro e l'esito non promette di essere diverso. Questo no, questo nemmeno, questo nemmeno morto, questo mi fa ridere solo a vederlo, questo mi fa pena, questo mi fa venire il nervoso, questo è infantile, questo è troppo scemo, questo è puro/duro e patetico... Non che la volta scorsa abbia votato convinto o fiducioso, per carità, ma c'era da buttare fuori lo psiconano, fare un po' di pulizia e quindi...
Stavolta mi dicono che bisogna fermarlo, lo psiconano.
Lo dice Flores d'Arcais e lo dice anche Camilleri.
E uno dice: «Beh, ma kekzz avete fatto in questi due anni? Com'è che lo psiconano è ancora lì? Com'è che tutte le volte debbo partire a salvare la patria mentre voi non cavate un ragno dal buco?»
Che poi il Cavaliere Insistente è un po' floscio, in questo giro. In cinque anni di governo ha potenziato l'Azienda ed è riuscito a non finire in galera. Insomma, ha fatto en plein e ha i riflessi appannati da dopopasto. Anche perché due anni di governo Prodi non han cambiato nulla ma proprio nulla, ai fini di B.
La sua corte non è sazia, questo è vero, e si tratta della perenne e paludosa mala genia post-democristiana con riporti e aggiunte di fascisti pentiti (di non aver cominciato prima a guadagnare) e di piccoli e grandi potenti locali che vivono di spesa pubblica.
Gente che è da tempo arrivata, piantato le tende e messo su il suo banchetto anche nella cosiddetta sinistra, comunque.
È un'illusione ottica, che lo psiconano sia il vero problema.
Il vero problema, a guardare appena fuori dalle frontiere, è che sta vertiginosamente cambiando il quadro e il modello di sviluppo. Che gli USA non sono più il motore di niente, che entro venti o trent'anni bisognerà non solo e non tanto smettere di usare il petrolio, ma proprio smettere di produrre per un futuro che non potrà comunque più essere simile al passato.
Scrivo fantascienza, tra le altre cose.
E nell'ultimo romanzo di sf che ho scritto e che partecipa all'edizione di quest'anno del Premio Urania (qualcuno tra i frequentatori di questo blog l'ha persino letto) immagino la conquista dello spazio come disperata fuga dalla Terra. Come esodo verso il nulla di un'umanità disperata, a bordo di navi guidate da cosmoscafisti senza scrupoli. La Diaspora, l'ho chiamata. La partenza da un'Antartide senza più molto ghiaccio e senza leggi.
Mi preoccupo di questo, sinceramente. Molto di più del paventato ritorno dello psiconano. Ancora meno, se possibile, mi frega di sostenere un cinefilo imbecille che scambia il suo vetusto sogno americano con la realtà, tanto è vero che si cova un progettino di repubblica presidenziale che è una pura bestemmia in un paese che ha inventato il fascismo e che soffre di un complesso di Edipo mai risolto. Ma Veltroni è la superficialità fatta uomo, il gesto al posto del pensiero, l'apparenza invece della sostanza. Sta facendo un figurone, si dice. Meno male. È l'unica cosa che sa fare.
A volersi preoccupare di quello che accadrà tra un mese, resta soltanto da dire che, siccome è molto probabile un pareggio almeno al senato, dovranno trovare un accordo di un qualche genere. Fiutando l'aria direi che si tratterà di un accordo che perpetuerà queste facce, TUTTE, almeno fino alla prima, grossa crisi planetaria. Poi scapperanno tutti, come fecero i Savoia. Senza nemmeno poter approdare a una possibile Brindisi. Magari in Groenlandia. E lasciandoci qui ad arrangiarci dopo aver comentificato coste, arenili e fiumi.
Ma tranquilli, fino a quando si riuscirà a dare la sensazione che tutto vada come sempre potremo contare su una brillante carriera nell'industria turistica, l'unica che resterà in Italia.
Cominciamo a provare gilé con stampato il nome del locale e crestine bianche. E cerchiamo di imparare a portare un vassoio con quattro bicchieri sopra senza rovesciare tutto.
Quando arriverà il mare troverà i più fortunati a copulare sotto il bancone con l'ennesima ricca turista cinese.
Siccome scrivo fantascienza, comunque, penso che il problema sia nel non credere nel futuro.
Mentre dovremmo ricominciare a ragionare sul futuro, a vederlo. Senza ingenue illusioni ma anche senza terrori.
Dovremo cominciare a immaginare una vita che non ci apparterrà per motivi anagrafici (fatta salva la profezia di Clarke, beninteso), ma che potrebbe essere possibile. Basta cominciare a immaginare. A desiderare. A sognare. I sogni dimenticati sono la zavorra che porta a fondo.
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