31.1.13

Burn-out da blogger?


Ieri due post hanno richiamato la mia attenzione. Due post, l'uno di Davide Mana l'altro di Salomon Xeno, su temi diversi ma tutti e due mirati su un tema che, nel mio ruolo di blogger non posso ignorare. Se nel primo caso non è stato particolarmente complesso afferrare il tema affrontato – il fenomeno dell'esaurimento di idee e di voglia di intervenire che può cogliere un blogger – nel secondo ho dovuto leggere numerosi interventi per arrivare a farmi un'idea della materia del contendere e tuttora non sono ancora certo di aver capito davvero. La cosa davvero importante di entrambe, comunque, era il confronto in atto sulla figura del blogger e sulla funzione dello scrivere blog. Inevitabile riferire a me stesso i rilievi mossi e farmi qualche domanda. A che cosa serve un blog? Ha senso scrivere (quasi) ogni giorno? È normale arrivare a un punto di rottura? Ha senso "pubblicare" notizie, racconti, riflessioni su uno strumento tanto inevitabilmente narcisista? 
Ma proviamo ad andare in ordine. 
1) A che cosa serve un blog? 
Bella domanda, come si dice quando non si sa bene che cosa rispondere. Questo blog – fronte e retro – è nato nel 2004: una specie di strano regalo che ricevetti da Francesco Eandi del quale per molto tempo non seppi che farmene. Il mio primo post (ovviamente senza alcun commento) fu pubblicato nell'ottobre del 2004, Strano autunno tiepido, un post che testimonia abbondantemente che non sapevo bene che cosa dire. Poi probabilmente decisi che una delle funzioni possibili di un blog – una volta stabilito che non avrei mai avuto il tempo di farne uno strumento di informazione – era quello di pubblicare brani di narrativa e due mesi dopo pubblicai il mio primo racconto on line, L'ultimo giorno dell'invasione, racconto che rimase solo on line fino al gennnaio 2012. Nel frattempo, ovvero durante gli otto anni di intervallo, ho fatto del blog una sorta di diario pubblico, commentando notizie a casaccio e raccontando qualcosa del mio lavoro e delle mie avventure. Poche recensioni, nonostante il mio lavoro, le recensioni, infatti, sono sempre state una parte del mio lavoro e il blog, secondo me, era un puro divertimento. In questi anni ho funzionato decisamente a corrente alternata, lasciando spesso il blog solo & abbandonato (in tutto il 2006 ho scritto un [1] post in tutto) e pià raramente scrivendo qualcosa con una frequenza bisettimanale o trisettimanale. In linea di massimo è rimasto vero – e probabilmente lo resterà a lungo – che il blog è per me una forma di svago.


2) Ha senso scrivere ogni giorno? 
No. Sempre che non abbiate sempre qualcosa di nuovo e interessante da offrire, cosa che ad alcuni, ma soltanto ad alcuni, capita. Postando ogni giorno o giù di lì e sforzandosi di rimanere allegri & frizzanti si potrà in breve contare su un numero esagerato di lettori, lettori che però cambieranno velocemente aria quando attraversete un momento di stanchezza o di scarsa vena (o di improvvisa serietà). Lettori che in una percentuale variabile tra l'uno per mille o l'uno per diecimila saranno disponibili a seguire le vostre peripezie narrative o saggistiche, arrivando a spendere cifre comprese tra l'euro incompleto (0,99) fino a un massimo di 2,99 euro per potervi leggere. «Maledetti ingrati!» si potrebbe pensare, se non si fosse già abbondantemente vaccinati alla vita on line. Percentuali appena appena più guardabili si raggiungono offrendo alla libera lettura i proprii testi, questo indipendentemente dai possibili allori dei quali ci si può fregiare. Il problema, indipendentemente dal valore dei testi offerti, è semplicemente il tempo residuale con il quale ci si collega a internet, l'attesa un po' bambina di nuove e fantastiche avventure che induce a saltare o a rimandare a un altro indefinito momento il piacere della lettura. Quindi, perlomeno in apparenza, postare con cadenza quotidiana non serve a trovarsi dei lettori ma soltanto dei visitatori, «un solo pesciolino d'oro ogni centinaia di rapidi pesciolini d'argento.».
3) È normale arrivare a un punto di rottura? 
Ovvio, più che normale. Necessario, a pensarci bene. I lettori si perdono e si riguadagnano. Gli aficionados si scoraggiano, ma se ne troveranno altri, i lettori... beh, i lettori convinti si perdono ma mai completamente e una volta ritornati al proprio blog anche loro, poco alla volta, ritorneranno. Che mantenere un blog sia faticoso è indiscutibile, soprattutto se nel proprio blog si cerca di essere se non proprio affascinanti perlomeno interessanti, vari, non conformisti e si lavora ragionando su se stessi piuttosto che sul possibile pubblico. In questo senso scrivere un blog non è troppo diverso dal comporre narrativa. Se rimani te stesso troverai sempre qualcuno – anche se pochi – disponibile a leggerti, se ti sforzi di piacere troverai (e perderai) migliaia di lettori. Costruire un blog che divenga una voce rilevante non è affatto facile e assomiglia da morire a un lavoro vero. Mi basta l'esempio dell'ottimo blog di Massimo Maugeri, Letteraritudine, divenuto una voce di rilievo nel mondo letterario, uno spazio inevitabilmente collettivo e ricchissimo di interventi, interviste, riflessioni, recensioni, proposte, incontri, spazi video e radio e quant'altro vi venga in mente. Mettere in piedi un open-blog di questo genere è né più né meno un lavoro e non sono ammessi, in questo caso, burn-out.



4) Ha senso "pubblicare" notizie, racconti, riflessioni su uno strumento tanto inevitabilmente narcisista?
Il problema reale è se si desidera mettere "tra parentesi" la propria esistenza o se si desidera esaltarla. Nessuna delle due è una scelta condannabile a priori, sia chiaro. La differenza si coglie meglio immaginando il lettore X che accende il computer chiedendosi: «Cosa si dirà oggi sul blog di Y?» o in alternativa si chiede: «Che cosa dirà oggi Y?». Nel primo caso il nostro Y dovrà sforzarsi di scegliere accuratamente le notizie e suscitare una discussione interessante, nel secondo dovrà provvedere personalmente a fare il gioco delle tre carte. Nel primo caso il titolare del blog dovrà cercare di non eliminare interventi anche sferzanti, polemici o rabbiosi, nel secondo potrà eliminare chi gli pare, limitandosi a esercitare un minimo di buona educazione.
In entrambi i casi l'aspetto narcisistico del blog è assolutamente evidente e, come dicevo poco fa, non c'è nulla di male in questo. 
Interessante osservare che anche volendo intrattenere i visitatori con la propria produzione narrativa si può - o forse si deve - aderire a uno dei due possibili profili, quello dell'intrattenitore o quello del protagonista. Pericolosissimo rimanere in equilibrio tra le due condotte, fingendosi poco interessato alla gloria personale e al proprio - sia pur molto relativo - successo. I visitatori, e a maggior ragione i più attenti alla produzione narrativa tra loro, reagiranno moooolto male a queste manovre, sentendosi in qualche finiti in una trappola. Meglio essere molto chiari, a tale proposito, dichiarando fin dall'inizio la propria insana passione per la narrazione e, se lo si ritiene adeguato, presentandone alcuni frammenti, accettando con maggiore o minore garbo gli inevitabili strascichi, le polemiche, i rari apprezzamenti e persino il silenzio. Siamo on line da un po', sappiamo comportarci. Rimane aperto il problema del profilo giusto da utilizzare per un autore giovane, necessariamente impaziente di far conoscere al mondo il proprio talento, e per un autore con una certa esperienza sulle spalle, un po' più cosciente della qualità necessariamente relativa di una produzione che non è passata per le mani di un editor di fiducia.  
Ultima domanda, non scritta, ma alla quale mi piace rispondere. Sinceramente non penso che il relativo «successo» del proprio blog sia una chiave che può aprire tutte le porte o che può aprire le porte giuste. Può essere parte di un profilo professionale che si presenta al possibile editore, ma l'aver animato un concorso, un blog award o consimili o l'averlo addirittura vinto non credo possa cambiare le carte che si hanno in mano. In ogni caso le carte che contano le ha in mano l'editore, che deciderà punto per punto il modo di presentarvi al mondo e saprà come giudicare i vostri relativi successi.
Per quanto mi riguarda, tenendo conto della mia età, dei miei trascorsi, delle polemiche alle quali ho partecipato, dei miei modi poco urbani, delle mia intollerabili antipatie - quel che è peggio dichiarate ad alta voce e per iscritto - non conto sul mio blog. Anzi, dovrei ammettere di non contare su nulla. I miei visitatori, pochi o tanti, sanno di dovere prima o poi subire i miei accessi narrativi. 
In caso di intolleranza, ripassare un paio di giorni dopo.     

 

14 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Io non ho ancora compreso esattamente cosa significhi essere un blogger.
L'unica cosa che posso permettermi di suggerire è che qualsiasi sia il motivo per cui si è partiti col blog è di non trascurare mai l'aspetto del divertimento.
Nel momento in cui comincia tutto ad essere un peso, allora è arrivato il momento di compiere delle valutazioni.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: già, il divertimento, ciò che in molti, a giudicare dai testi presentati, sembrano aver dimenticato. So che hai deciso di interrompere i tuoi passaggi sul blog in più di un'occasione e mi è parsa una scelta intelligente e tempestiva. Non facile da prendere, è vero, ma in qualche momento necessaria. Quanto ai blogger so che ne esistono in Iran, in Siria, in Cina e che non se la passano troppo bene. Le piccole litigiosità di alcuni diventano grottesche, al confronto.

Marcella Andreini ha detto...

Il blog è un po' il prolungamento della nostra casa, bisogna sistemarlo un po' ogni giorno (cosa che non faccio più); va rinnovato come quando si aprono le finestre per far cambiare aria ma, soprattutto, per il blog non si paga l'IMU.

Massimo Citi ha detto...

@Marcella: per il momento, per lo meno... Non starei troppo sicuro visti certi provvedimenti discussi in parlamento e fortunatamente mai giunti al voto. Sembra impossibile, ma persino noi possiamo diventare pericolosi : )

Argonauta Xeno ha detto...

La blogosfera è piuttosto varia. Ci sono le pagine personali, che vanno dal "diario" a contenitori di qualità. Ci sono blog tematici. Blog d'informazione. C'è la satira. Ci sono blog di denuncia e di testimonianza, di chi magari vive sotto un regime militare. Non è il tuo blog che fa paura, ma rischia sicuramente di finirci in mezzo. Quando aprii per la prima volta un blog (nel dicembre 2003) ero circondato da diari personali anonimi, dove ciascuno pubblicava testi che andavano dallo sfogo alle proprie passioni. Era molto facile evitare il burn-out, così come pubblicare un post al giorno, o anche più. Penso che questi blog esistano ancora, ma facebook & co. probabilmente li hanno mandati in pensione. Insomma, non so se definire un blog sia più facile ma se pubblichi qualche racconto non sarò io a lamentarmi. Quando posso leggo sempre con piacere!

Massimo Citi ha detto...

@SX: io ho tentato di ritagliarmi uno spazio su FB ma debbo ammettere che è uno strumento dispersivo e, in ultima analisi, idiota. D'altro canto ha il pregio di potersela cavare con un "mi piace" che non significa nulla ma fa felice tanta gente. Questo non significa che rimpianga i blog d'epoca che citavi, ma sostituirli con una paginetta di kzzt non mi sembra poi tanto meglio. Un blog obbliga ad articolare un discorso - in questo risultando perfetto per i logorroici come il sottoscritto - il che è comunque più discutibile e afferrabile di due parole-una foto-una vignetta. Sono vecchio, temo.
Grazie in ogni caso per la tua buona volontà, è anche per quelli come te che pubblico narrativa. Ovviamente, come scrive Davide, «il feedback è gradito», ovvero ogni reazione è ben accetta.

cily ha detto...

Aspettavo questo tuo post quando ho letto il tuo commento su strategieevolutive.
Io non ho un blog perchè ho davvero poco tempo e sospetto di non avere molto da dire che altri già non dicano...
Magari nel tempo ci ripenserò.
Quel che penso è che ci sono blog tipo il tuo che sono simili al salotto di casa. Io passo per di qua(ad ore allucinanti come hai visto!) e scambio due chiacchiere con te in modo assolutamente informale.
Poi ci sono blog tipo quello di letteraritudine che somigliano più a una biblioteca. Si va, si legge, si commenta, si leggono i commenti altrui spesso pieni di informazioni che completano il quadro.
Personalmente preferisco il blog-casa e spulcio pochi blog-biblioteca. Questi ultimi mi stancano troppo. Di tanto in tanto ok. Ma al termine della giornata o prima di iniziare le faccende mi piace prendermi un caffè virtuale parlando di cose interessanti ma non formali.
Mi piacciono le persone e le idee ma mi piace anche approfondirle giorno per giorno.
E facebook lo odio.

Massimo Citi ha detto...

@Cily: per la verità mi ci perdo anch'io nel maelström di Letteratitudine, senza contare che fatalmente mi disturba almeno un pochino il blocco Kataweb-Espresso-Repubblica ecc. che fa bella mostra di sé in testa al blog. Perché... beh, una volta o l'altra qui lo racconterò, anche se non si tratta certo di odii secolari, al massimo di un po' di disturbo. Per la verità i miei suggerimenti di lettura me li dò in parte da solo - com'è ovvio - e in parte li prendo dai libri presentati o recensiti presso i blog-salotti, come li definivi tu. I Grossenbloggen non mi convincono mai del tutto. Quanto a FB, posso assicurare di averci provato, ma ho capito che se non ci sei per un numero considerevole di ore alla settimana non riuscirai a costruire nessun discorso, nessun rapporto, nessuna continuità. Al massimo potrai divertire qualcuno per un decimo di secondo con una battuta particolarmente aguzza e magari ottenere un «mi piace». No, ne posso fare a meno.

Romina Tamerici ha detto...

Bel post. Se ne leggono tanti sull'argomento ma i punti di vista sono sempre variegati e quindi c'è sempre qualcosa da imparare.

Massimo Citi ha detto...

@Romina: si è qui per provare a ragionare, poco o tanto che sia.

Romina Tamerici ha detto...

Ho riletto il post oggi, a distanza di tempo e con consapevolezze nuove maturate e... mi è sembrato di leggerlo per la prima volta. Questo è un contenuto che non passerà di moda, anzi, hai analizzato una tendenza in atto che io mesi fa ancora non vedevo...

Massimo Citi ha detto...

@Romina. Ti ringrazio per la rilettura di questo vecchio post. Nel frattempo le cose, almeno per me, non sono cambiate o, al limite, dovrei dire che sono peggiorate. Il numero di persone che passano tempo girovagando sui blog è nettamente diminuito ed è sempre più vero che tenere un blog non fa la differenza. In ogni caso sono intervenuto sul tuo blog sul tema in discussione e ti rimando a quello per ogni successiva riflessione. Tanti auguri!

Romina Tamerici ha detto...

Ho appena risposto di là e ho inserito un link a questo tuo post. Non avevo visto la data prima... cavoli, ne è passato di tempo e tu avevi già visto tutto!

Massimo Citi ha detto...

@Romina: i profeti spesso hanno una vita grama... comunque è curioso che riuscissi a vedere l'andamento delle cose con quattro anni di anticipo. Il bello è che non mi ricordavo nemmeno di aver scritto questo post. Temo che per il seguito della giornata avrò un atteggiamento insopportabilmente pien-di-mè. Poi mia mogie o mia figlia mi ordineranno di smettere e ritornerò normale. A presto, Romina.