22.3.12

Meno settecentomila e zone limitrofe



Il mio attuale stato, da vero fantasma nel mondo della distribuzione editoriale libraria, ha i suoi pregi. 
Infatti chi mi ha frequentato finora per motivi professionali - rappresentanti, editori, librai - ora non ha più nulla che gli impedisca di parlare chiaramente della situazione generale dell'editoria, sia locale, ovvero in Torino e dintorni, sia a livello nazionale. 
Partirò da un dato di dominio pubblico, dato che ho potuto constatare «sulla mia pelle». Nel corso del 2011 il numero dei forti lettori (lettori di almeno di dodici libri/anno), secondo l'ISTAT, è diminuito di ben settecentomila unità. Dal momento che i forti lettori italiani sono poco meno di quattro milioni, si tratta di un dato a dir poco agghiacciante. Un lungo (e confuso) articolo uscito su «La Repubblica» avanzava il dubbio che in realtà tale diminuzione sia più virtuale che reale, dal momento che l'ISTAT non prende in considerazione gli e-book e, in generale, i libri non acquistati in libreria. Probabile che buon parte di questi 700.000 nuovi non-lettori in realtà stiano benissimo e vi salutino seminascosti dietro un kindle o un tablet. Come è probabile che buona parte degli acquisti si siano trasferiti dalle librerie - indipendenti o di catena - ai banchi dell'usato o nelle cantine delle case di campagna. 
Un dato che ritorna parlando delle famose - o famigerate - librerie Feltrinelli che nel corso del 2011 hanno avuto una diminuzione del fatturato intorno all'8%. Dato altrettanto agghiacciante, tenendo conto che si tratta di dati aziendali, quindi da soppesare con le necessarie cautele e che in qualche situazione locale - a Torino, dove le librerie Feltrinelli sono in tutto quattro - la crisi ha colpito con un comodo -25%. 
Ci sarebbe di che consolarsi, per quanto mi riguarda, anche per lo stile tipicamente feltrinelliano fatto di presunzione & ignoranza, che ho sperimentato sia come collega che come editore, ma non sono dell'umore adatto a una sana schadenfreude e mi limito ad annotare la cattiva performance delle attività riunite sotto il segno della F inclinata. Cattiva performance che significa matematicamente una riduzione del personale, nel senso di un taglio ai tempi e una rivoluzione dei turni. Gott (nicht mehr) mit uns. 
Ma altrove la situazione non è affatto migliore. In cassa integrazione i dipendenti della libreria COOP di p.za Castello, in piena crisi le librerie indipendenti con altre chiusure annunciate o in corso, non stanno meglio le librerie universitarie. Dalla CELID, da tempo in cassa integrazione a rotazione, ai miei ex-colleghi, la CLU e la Libreria Cortina che hanno avuto un inizio dei corsi di marzo con una crollo netto delle vendite. E qui - non poi troppo stranamente - ho ancora meno motivo per esultare. Per quanto siano ex-concorrenti non abbiamo mai avuto cattivi rapporti tra noi. Qualche piccolo pettegolezzo, qualche malumore ma nulla di più. In realtà, ora che sono fuori dalla mischia, non faticherò troppo nel dire che mi dispiace per loro. Soprattutto perché i libri che non hanno venduto loro sono stati per la maggior  acquistati presso il moloch Amazon o fotocopiati nell'assoluta indifferenza della GdF. Fotocopiati senza scontrino, detto di passata.
«Siamo in mezzo a un cambio d'epoca» mi ha detto Daniela della CLU, «e non so se ci sarà ancora un futuro per noi».
Nessuno, letteramente n e s s u n o, si è finora preoccupato della situazione del libro in Italia. Sarà giusto e sacrosanto avanzare lamentele sul prezzo dei libri, attaccare la demenziale politica delle novità attuata dai grandi editori, deprecare il livello della produzione e aborrire i titoli più venduti, ma la cosa davvero preoccupante è il silenzio assordante della politica nei confronti del libro e della cultura. Nemmeno il governo che è succeduto al terrificante gabinetto Berlusconi ha finora mostrato un minimo di interesse verso il mondo editoriale. Laddove, se non altro, il nostro benamato Berlusca si preoccupava della sua gallina dalla uova di latta, la Mondadori. Monti e gli altri bocconiani hanno, evidentemente studiato su libri fotocopiati.
L'Italia è in fondo a tutte le classifiche - di spesa pro capite in libri, di acquisto, di uso delle biblioteche - ha un 20% di laureati con il 40% di Francia, Germania e Inghilterra e tutto ciò che il governo riesce a fare è lavorare su una legge che prevede il licenziamento in cambio di quattro soldi. 
È un peccato essere disoccupati. 
Se non altro perché avrei fatto volentieri sciopero. 




7 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Io credo che la verità stia nel mezzo. I lettori sono indubitabilmente diminuiti, ma al contempo sono aumentati coloro che cercano letture aldifuori dei canali tradizionali librerie \edicole.
L'esempio che hai fatto tu di kindle e mercatini è calzante, io stesso un due annetti fa, ho comprato per due lire un intero scatolone di volumi Nord da una libreria pubblica di un piccolo paese friulano che li dismetteva...e sto ancora smaltendoli.
Sulla Feltrinelli, una volta era sinonimo di qualità, adesso forse sta pagando la sua politica del "pensiero unico", politica del resto fin troppo comune a tutte le grosse catene librarie italiche.

Argonauta Xeno ha detto...

Non ho la minima idea di come si possa impostare una politica per incentivare la lettura in Italia, ma ho l'impressione che quanto fatto sia poco o addirittura controproducente. La notizia del limite al 15% di sconto sul prezzo di copertina, per dirne una, può anche essere nata per limitare lo strapotere delle grandi librerie, ma gli effetti sono stati:
1) il giorno seguente Amazon ha comunicato di aver scoperto uno o due "trucchi";
2) i lettori hanno cercato altri modi per acquistare libri a prezzo ridotto.
Dubito che gli introiti delle piccole librerie siano aumentati.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: sei un fulmine, davvero. Ho pubblicato per errore e per pochi minuti il post mentre ne avevo scritto soltanto la metà e... zac! Nick mi ha beccato subito.
La cosa davvero interessante e che l'ISTAT non può valutare sono i tanti modi con i quali un appassionato di lettura dà sfogo alla sua passione. Sarebbe compito di una ricerca di mercato seria e approfondita, ma gli editori non hanno i soldi - e nemmemo la fantasia - per farla e il governo... vabbè.
@salomon xeno: la legge sullo sconto è un classico bidone. A suo tempo l'ho letta e riletta e come la Concordia fa acqua da tutte le parti. Permette campagne di promozione e di sconto per 11 mesi all'anno - non è una sparata ma la pura verità - col che favorendo il meccanismo editoriale di spuntare anticipi da distributori e clienti commisurati al prezzo di copertina. 1000 libri a 20 euro cad. fanno di più di 1000 libri a 10 euro ciascuno. E se riesco a farmene prenotare almeno metà dalle librerie ho i soldi per stamparne un altro, che metterò in vendita a 20 euro perché... Qui non posso spiegare di più per non scrivere per un altro chilometro e mezzo, ma prometto di ritornarci su. Personalmente sono convinto che l'unica via d'uscita per l'editoria italiana sia una moderata apocalisse seguita da un lenta rinascita.

Lucrezia Simmons ha detto...

Analisi impietosa.
Ma non si può analizzare senza pensare che il principale attore del dato (il lettore) è responsabile delle proprie azioni.
Non è perché il Governo non ci mette del suo.
E’ che in Italia la persona “media” non legge. NON LEGGE!
C’è gente che si vanta anche di non leggere.
Non è uno sport nazionale, non ci sono tette (anche se cercando i libri giusti…), non c’è attrattiva per l’italiano medio.
Mi sforzo di regalare libri, ma non posso non scorgere a volte una smorfia di delusione. Mi è stato anche detto “ma come, tu così tecnologica…!!”.
Negli altri paesi europei abbiamo le stesse tecnologie, ma fa parte della loro cultura leggere nei tempi d’attesa delle loro giornate.
Dalla mia dottoressa della mutua c’è il Book Sharing. Quando l’ho visto sono stata entusiasta, anche per l’idea di leggere un libro per poco.
Ma nessuno prende quei caxxo di libri, sogliano tutti GQ e CHI.
Guardano le figure.
Provate a dire che leggete letteratura inglese, guardate cosa vi rispondono.
Qualche statistica si è impennata per i libri di Twilight. Twilight capite?
La collezione Harmony del vampiresco.

Massimo Citi ha detto...

@Lady Simmons: fantastico il tuo commento su Twilight. Io ho visto personalmente i suoi lettori e mi sono inevitabilmente stupito, mai visto ragazzette tanto giovani entrare in libreria. Ricordo che tutto sommato ne fui addirittura consolato. Finalmente leggevano qualcosa. Ed è un dato difficile, questo, su cui merita riflettere. Meglio leggere idiozie o non leggere per nulla? Gli elementi ai quali ti riferivi tu sono senza speranza. Non leggono e persistono nel non leggere per non misurare la propria più o meno abissale ignoranza. D'altro canto leggere serve a complicarsi la vita. Non è così? Probabilmente l'amore per la lettura si eredita come una malattia o come un colore degli occhi. Esattamente come si eredita il piacere di rovinarsi la vita... : )

Lucrezia Simmons ha detto...

Leggere si è una malattia che cura la mente, la eleva, ma d'altro canto ti permette di pensare.
E' sempre stata una minaccia.
Leggere significa anche approfondire, riflettere sulla natura mortale, capire che non siamo che pulviscoli nella polvere terrestre.
Ti fa pensare fuori di te, fuori dai tuoi confini, fuori dal pianeta e ancora oltre.
Fino a sfiorare il dubbio che forse lecose non stanno proprio come ce le hanno raccontate e che c'è qualcosa di più che essere cani da shopping e carne tritata in tv.
Ma questo, amico mio, fa traballare l'ordine delle cose. Fa mettere in discussione troppi elementi, in una società narcotizzata dai centri commerciali.
Pertanto, è meglio dare in pasto alle giovani menti vampiri luccicanti e depilati che libri di filosofia.
Vedrai che fra un po' Twiligh entra nei libri di testo...

Ma io non smetterò mai di dire la mia e di leggere, e questo mi basta.
Si invecchia quando si smette di lottare e di credere.

Massimo Citi ha detto...

@lady simmons: è un problema di misure. La misura del mondo attuale è piccola, micragnosa. Fatta di sciocchezze mediali di ogni genere, di apparenti facilità senza gusto né spessore. Siamo in un'infinita domenica pomeriggio primaverile, immaginando la fine dei giochi ma senza volerla accettare. Il lunedì ci attende. E i libri, l'unico strumento per «immaginare l'eterno», come scrisse un mio amico anni fa, ci sono scomodi, molesti, noiosi. Ci ricordano che la festa, ogni festa è destinata a finire e noi, colpevoli o innocenti, vorremmo che durasse ancora. Anche se è noiosa, anche se non ci diverte, anche se la ragazza più carina è caduta nel tritacarne il maschietto più ganzo è annegato in piscina. Non c'è maliconia peggiore di quella suscitata da chi non vuole capire quando è arrivato il momento di andarsene.