27.1.12

Non dimenticare, comunque.

Ogni anno si ripete e qualche editore si scomoda a ristampare - ovvero a presentare come ristampe le rese dell'anno precedente - alcuni titoli più o meno fondamentali sull'argomento, dall'immortale Shirer della Storia del Terzo Reich ad Anna Foa ed il suo Diaspora, all'immancabile diario di Anna Frank a qualche libro più recente, come Una strana fortuna, di Maurice Grosman. Tutto come dovuto, come previsto, com'è giusto e necessario. 
Ma...
No, non ho nessuna tentazione negazionista, per carità. 
A coloro che negano l'esistenza dei forni e dei campi di sterminio auguro la possibilità di passare un giorno ad Auschwitz - o Oswiecim, come è chiamata ora dai polacchi.  Magari in un giorno d'inverno del 1944.
Se avete letto non solo Se questo è un uomo ma anche I sommersi e i salvati di Primo Levi sapete che è drammaticamente tutto vero. E se avete letto con la necessaria attenzione la Storia del Terzo Reich di Shirer o il libro di Detlev Peukert, ormai esaurito, Dentro il nazismo, conformismo, opposizione e razzismo nella vita quotidiana, conoscete fin troppo bene non solo l'orrore del nazismo, ma anche il sottile orrore quotidiano di chi non voleva sapere e vedere. L'orrore di ogni giorno, il lento, quasi inconsapevole e insostenibile scivolare nella logica dell'eliminazione. 
No, ciò che mi lascia perplesso è il silenzio che continua a gravare sulle vittime non ebree del massacro nazista[1]. Parlo degli zingari, degli omosessuali, dei disabili e dei Testimoni di Geova. Le Vittime dimenticate di cui parla un piccolo libro arrivato ieri in libreria, scritto da Giorgio Giannini. 
Ecco, se vi capita, non fatevi sfuggire questo piccolo libro.
Nulla di che, ma utile quando pensate - come è capitato anche a me, dopo che mi hanno alleggerito del portafoglio - che i Rom dovrebbero essere deportati, nascosti, eliminati
O quando i Testimoni di Geova di abbordano per la strada. 
O trovate poco tollerabili i modi effemminati di qualcuno.
O non riuscite a sopportate l'ecolalia, le ripetizioni, le balordaggini di un malato di mente. 
Ecco, questo può essere un buon modo per non dimenticare il Giorno della Memoria. 

[1] Ho una certa resistenza a usare il termine «Olocausto». La sua radice religiosa («Sacrificio») lo rende, a mio parere, poco appropriato a indicare un massacro prolungato condotto secondo regole e modi di procedere tragicamente familiari in una società ad alta industrializzazione. C'è qualcosa di profondamente e patologicamente «moderno» nello sterminio di milioni di persone condotto come la produzione di gomme da cancellare o di montature di occhiali. «Olocausto» allontana le nostre menti dalla vera radice dello sterminio.

6 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Hai ragione, io per primo tendo a dimenticare tutto il resto. A questo punto vorrei ricordare anche tutte quelle persone, qualcuna anche tedesca, morte nei campi di Concentramento semplicemente per le loro idee contrarie al nazifascismo.

cily ha detto...

Da ingegnere quale sono, quello che ogni volta mi raggela davvero è il metodo e la disciplina che sono state la forza nello sterminio.
Soprattutto il metodo. Una vera e propria macchina industriale, proprio come dici tu.
Un vero e proprio ingranaggio oliatissimo. Ad avercele industrie così efficienti!
Non c'è volta che non mi domandi COME è stato possibile!

Dopodichè mi fa ancora più paura chi ha il coraggio di non fermarsi mai a pensarci.
Mio marito sostiene che chiunque dovrebbe andare almeno una volta ad Auschwitz però quando siamo stati in Polonia mi ha detto :"Non andarci!Non è il caso che tu ci vada perchè per come sei fatta staresti malissimo ora e per un tempo indefinito!"
E così non ci sono stata, lo ho visto da fuori.
Però quel giorno era febbraio e nevicava forte e faceva -10 e ti dico che non ho potuto fare a meno di chiedermi come facevano quei poveri esseri umani in quel gelo con quei quattro stracci addosso.
E ovviamente mi sono commossa.
Alla fine mi sa che ha ragione lui, non ho abbastanza pelo sullo stomaco per andarci. Sto già troppo male così.

Cily

Quando sono stata in Polonia

cily ha detto...

Ops è rimasto un refuso nel commento dopo la mia firma...
Massimo non so se puoi toglierlo...
Sennò...vabbeh... spero si capisca! :)

Cily

Lucrezia Simmons ha detto...

Da piccola essendo scalmanata sono stata mandata a scuola dalle suore.
Una delle poche cose positive della loro educazione al mondo è stata la lettuta di Primo Levi, Anna Frank e di lezioni intere sull'argomento.
E' importante che si parli ancora, che non si permetta al tempo di far guarire le ferite.
Per coloro che sono morti e per quelli che prima di essere deportati, torturati, ammazzati hanno voluto e potuto salvare altri.
La matrice religiosa era solo una scusa. Dietro lo sterminio c'erano precise ragioni economiche e politiche. Ma i tedeschi di allora hanno voluto essere miopi e credere all'idiozia razzista.
Chi è stato peggio? Un leader forsennato o migliaia di persone che lo hanno appoggiato agendo direttamente sui poveri corpi?

Massimo Citi ha detto...

Cari tutti. Mi dispiace di farmi vivo soltanto a intervalli irregolari, ma sono in libreria e fatico a trovare un minimo di continuità. Sono alla cassa per i (pochi) clienti e intanto preparo il prima nota per la contabilità. Da manicomio...
Vi ringrazio tutti e tre per i vostri interventi che hanno reso un po' più «rotondo» il mio scheletrico intervento.
@Nick: è vero, si parla poco delle migliaia di comunisti tedeschi eliminati nei lager. Una sorta di doppia cancellazione, come comunisti e come tedeschi.
@cily: io ad Auschwitz ci ho passato un'intera giornata, a vedere gli occhiali - un silos con migliaia e migliaia di occhiali sottratti alle vittime prima dell'esecuzione - le divise dei prigionieri, le loro scarsissime razioni... L'ho visto nel 1977 e mi ricordo ancora tutto. Anche la bizzarra sensazione di trovarmi in una perfetta industria della morte, dove la gente veniva eliminata silenziosamente, senza che il mondo vedesse, a meno di non volerlo fare.
@Lady Simmons: verissimo, c'erano dietro motivazioni complesse che non si riducevano certo all'odio razziale. Ma l'odio razziale era un eccellente lubrificante. Ed è un tipo di odio che non è finito con la fine del 3° Reich.

consolata ha detto...

Hai straragione. Quest'anno per la prima volta ho sentito altri fare questo discorso. Alla radio, un'associazione di cui non ricordo il nome.