Dando un'occhiata alla cronologia dei post ho notato che a questo punto dell'anno ho già raggiunto il numero totale di post scritti nell'intero 2007. Ho più tempo? No. Semplicemente ho deciso di trasformare il blog in un laboratorio per gli articoli che successivamente scriverò per la rivista LN-LibriNuovi. Laboratorio nel senso che posso postare qui anche semplici idee che poi non utilizzerò, considerazioni poco sistematiche o mal documentate, trovate assurde o pistolotti nati dal malumore.
Ciò che segue si potrebbe probabilmente far rientrare nell'ultima categoria (... pistolotti) o rivelarsi un'idea brillante per il prossimo «Luna storta». Di notevole ha il fatto che, come promesso a un certo punto del 2007, parlerò di libri senza averli letti. Linea di condotta che potrà anche apparire balzana ma che nasce da due considerazioni:
1) di gran parte libri (e degli autori) dei quali parlerò me ne importa meno di nulla.
2) una volta su due leggo per recensire ma, in questo caso, cerco libri significativi o comunque libri che mi incuriosiscono o che, attraverso legami misteriosi o palesi, possono dialogare con libri che ho già letto.
«I lettori sono il tramite attraverso il quale i libri dialogano tra loro», scrive Umberto Eco.
Quando vuole Eco sa dire cose notevoli.
Avevo detto due considerazioni, ma me ne viene in mente una terza:
3) non parlo qui di libri in quanto media artistici ma come epifenomeno dell'industria culturale. Quindi leggerli sarebbe perfino fuorviante.
Esaurita questa lunga premessa, vengo al punto.
Siete in libreria.
Marciate verso la sezione novità.
(bel problema, nelle librerie adesso esiste quasi soltanto la sezione novità, vabbé)
Sottosezione: «Autori italiani, narrativa».
Ovviamente troverete soltanto libri editi da grandi gruppi editoriali, Mondadori, Rizzoli ecc.
Apritene uno e leggete il risvolto di controcopertina (3a di copertina) o semplicemente la controcopertina. La bio dell'autore, insomma.
Bastano le prime righe:
«È autore e regista televisivo»
«Insegna Analisi del film all'Università di Roma»
«Giornalista, autore televisivo e radiofonico»
«Scrive da molti anni sul “Corriere della Sera”»
«Insegna alla New York University»
«Presentatore televisivo e speaker radiofonico»
«Giornalista, è stato deputato per tre legislature»
«Autore e consulente televisivo»
«È giornalista e critico teatrale»
«Insegna presso l'Università di Napoli»
...
Mi fermo qui, tanto avete già capito.
«Ma di scrittori non ce ne sono?» Viene da chiedersi.
Qualcuno c'è.
Pochi nel gruppone dei grandi editori, qualcuno in più tra i medi editori.
Si riconoscono perché hanno note bio in genere più brevi - al massimo allungate dai titoli dei romanzi precedenti - e non insegnano, non collaborano, né sceneggiano, conducono, presentano, scrivono su, vengono consultati a proposito di o eletti.
Non si parla qui di nomi di grandi narratori («di italiani ce ne sono?»; «Zitto!») ma di quel popolo medio di narratori medi che ammiccano - illudendosi di risultare interessanti & originali - dalla quarta di copertina del rilegato Mondadori, Bompiani o Rizzoli.
Tutti autori «prestati alla letteratura» che, tra una sceneggiatura, una lezione universitaria e un'apparizione televisiva trovano il tempo di distillare la propria anima sensibile e riversarla tra le pagine di un libro.
Una vocetta dentro di me chiede: «E restituirli al loro legittimo lavoro, no?»
La ignoro.
A voler essere positivo e propositivo mi stupisco, piuttosto, della facilità con la quale certa gente transita dal marketing insegnato al marketing praticato, dalla teoria della sceneggiatura alla sceneggiatura di se stessi. Mi stupisco molto meno, invece, del fatto che si tratti:
a) di soggetti che hanno già rapporti professionali con il mondo dei media, del quale l'editoria libraria è un'appendice scarsamente rilevante da un punto di vista economico.
b) di soggetti in possesso di una propria più o meno rilevante notorietà in grado di lubrificare le vendite.
c) di soggetti depositari di un qualche indistinto e nebuloso potere di richiesta e/o di ricatto.
Mi vengono in mente due cose contemporaneamente.
Non è grave, mi capita spesso.
La prima è una statistica - una volta tanto significativa - a suo tempo pubblicata su «L'autore in cerca di editore», edizioni La Bigliografica. Significativa perché La Bibiografica è il centro studi dell'AIE, Associazione Italiana Editori e raccontarsi balle da soli non serve a niente.
In questa si mostrava come il 90% dei nuovi autori pubblicati avesse a vario titolo rapporti professionali con mondo editoriale prima della pubblicazione.
Ricordo perfettamente che quando lessi questa statistica mi feci l'appunto mentale di lasciare perdere l'invio di manoscritti agli editori.
La seconda riguarda un breve articolo di Luca Oleastri pubblicato sul blog parolando, un franco e interessante «Vademecum per lo scrittore esordiente». Premesso che sono d'accordo quasi al 100% con quanto scrive Oleastri, suggerirei l'inserimento di una breve appendice al suo scritto riguardante «personaggi più o meno famosi con l'ansia creativa» ai quali fa da contraltare «editore disponibile a pubblicare qualsiasi scemenza che si venda da sé grazie al nome dell'autore».
In questa Italia neofeudale penso nessuno abbia di che stupirsi.
La terza (lo so, avevo detto due, ma ho un cervello disorganizzato che viaggia a diverse velocità e stenta a coordinarsi e capirsi da sé) è che se siete - narrativamente e non solo - dei nessuno e vi stampate un libro per conto vostro siete dei coglioni mentre se telefonate a Mondadori e ve lo fate stampare da loro siete dei fighi. Narrativamente dei nessuno, s'intende, ma chi volete che lo dica? Se siete giornalisti difficilmente ci sarà un collega che si esporrà scrivendo: «Il libro di Marco Gianmarco Marcolino fa schifo», anche perché un giorno anche il collega si sentirà chiamato dall'arte eccetera. Se lavorate nella stessa holding a un piano diverso, nessuno vi leggerà ma nessuno perderà tempo a sputtanarvi. E se insegnate all'Università (o siete ex- o proto-onorevoli) potrete sempre contare sull'omaggio codardo dei valvassini e sul silenzio degli innocenti.
In quanto, infine, ai romanzi pubblicati come saldo (o buonuscita) di favori sessuali concessi... le voci in proposito sono sempre - ovviamente - poco attendibili ma numerose e ghiotte. Essi non costituiscono, comunque, una quota particolarmente significativa della produzione editoriale. E non è detto - parlando di queste opere, figlie primogenite dell'eterogenesi dei fini - che si tratti per certo di disgustosi bidoni. Amanti di ogni sesso, infatti, non sono necessariamente tromboni ultranarcisi come i giornalisti, i docenti universitari o i politici.
Ultima cosa: l'elenco prima riportato è genuino fino all'ultima riga, desunto da un campione di libri che ho qui in libreria. Se non vi fidate potete fare una campionatura personale.
6 commenti:
OK, sfida accettata - prendo dieci libri in inglese a caso dal mio scaffale e vediamo la difefrenza.
Lo posto sul mio blog citando il tuo...
Max, in merito a chi recensisce chi e perchè, e quali sono le regole e la deontologia: sai che su RM abbiamo proprio in questo numero (RM111) introdotto una - saltuaria - rubrica di recensioni? Lo dico solo perchè abbiamo cercato di recintare la cosa all'interno della "massima scorrettezza possibile", (potevamo fare altro?) e forse la cosa ti diverte.
Se non ti diverte, perdonaci - almeno - perchè abbiamo citato all'interno della presentazione della nuova rubrica una prestigiosa rivista di recensioni librarie...
Per Davide:
Visto e visti.
All'occhio salta una prima (grossa) differenza. Le bio che hai elencato si riferiscono ad autori, se non sbaglio, di sf e/o comunque di fantastico. O autori di saggistica. La prima delle due categorie è fatta da persone che non scrivono per apparire ma per essere e quindi sono automaticamente fuori dal circolo vizioso dell'editoria cortigiana. I secondi sono studiosi, conoscendoti immagino anche piuttosto controcorrente o poco allineati. I docenti universitari che ho elencato hanno, invece, scritto narrativa. Nulla di male in questo, se non fosse che è molto probabile siano stati pubblicati in quanto docenti universitari e non perché abili narratori.
Interessante notare, comunque, il pallino molto americano di rappresentare gli scrittori come self-made man arrivati alla scrittura dopo molte e disparate attività (a parte il bibliotecario).
Infinitamente meglio i miti della Frontiera, comunque, della pubblicazione come omaggio al potente di turno.
Per Piotr:
Ho visto che adesso scriverete recensioni. Visti i conti di LN non so se considerla una buona idea...
Augurissimi, comunque. Non mancheremo, come LN, di parassitare, nel caso, qualche recensione che ci apparirà particolarmente ghiotta.
Ancora una piccola cosa: l'indirizzo corretto di LN on line è www.librinuovi.info.
Quasi quasi domenica faccio anch'io lo stesso esperimento con gli autori giapponesi e vediamo cosa ne viene fuori...
Confesso la mia colpa - avendo campionato a caso, ho pescato prevalentemente volumi di fantascienza.
E una manciata di saggi.
Rifarò il campionamento limitandomi alla narrativa mainstream.
Il mito del self-mademan ha certamente una forte presa sul pubblico americano e anglosassone in genere.
D'altra parte, il fatto che uno molli il posto da assistente procuratore per andare a fare l'autista d'autobus (David Drake) non è così strano e soprattutto non è così scandaloso.
Curioso - qui da noi, che uno smetta di fare il giornalista per fare il politico pare normale.
Che smetta di fare il magistrato per aprire una gelateria pare una follia.
Siamo noi che siamo sbagliati.
Vero?
Vero?!
Aggiunta sul mio blog la versione "giapponese" dell'esperimento...
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