21.7.13

L'eco della rovina

Un corridoio di 8 Gallery alle 11.30 di un giorno qualunque nella prima metà di luglio. Niente sf né The day after

No, non è il nome di un giornale tipo «L'ora di Paperopoli» o «La sveglia di Gotham City» ma il commento che va per la maggiore in famiglia per commentare questo genere di post.
Ma non è mia intenzione ridere di alcunchè, anzi. Il fatto è che avendo gestito un negozio per quasi quarant'anni non riesco a capacitarmi della volatilità delle attività commerciali, soprattutto in questi ultimi mesi. 

Negozio chiuso fino a... data da destinarsi.

8 Gallery è un centro commerciale che si trova all'interno dell'ex stabilimento Fiat di Lingotto, qui a Torino: «90 negozi, 11 cinema, 14 ristoranti, 4000 posti auto. Dentro l'8 c'è tutto!»
Io abito a 200 metri in linea d'aria da 8 Gallery che così finisce con l'essere un luogo privilegiato per fare due passi quando piove/nevica o in questa stagione, quando il caldo per le vie della città diventa insostenibile.
L'andamento, ovvero la sopravvivenza media dei negozi all'interno di 8 Gallery, non è mai filato troppo liscio. I nomi, le sigle, i brand - soprattutto nel campo della moda - si succedono con una velocità non del tutto tranquillizzante. 

Si trattta di due negozi che hanno chiuso negli ultimi mesi. In attesa di nuove destinazioni
Qualcuno dice per la quota esosa pretesa dalla società di gestione del centro commerciale, qualcun altro per l'insufficiente giro di affari generato dallo stare all'interno di 8 Gallery. 
Ma ultimamente le cose sono non poco peggiorate. L'ultima parte dell'ala sinistra del lunghissimo palazzone - circa un chilometro da una rampa all'altra - si sono lentamente svuotate. 


Se n'è andato Robe di Kappa che da solo occupava sette o otto vetrine, e con lui se ne sono andati altre firme e altre attività, lasciando deserto e risonante l'ultima parte del lunghissimo corridoio interno. 

  
La gente ha preso l'abitudine, non ancora del tutto interiorizzata, di fermarsi un po' prima, di saltare la serie di negozi chiusi. Adesso l'amministrazione è intervenuta coprendo una parte delle serrande abbassate e delle vetrine vuote. 


Ma la sensazione di una sindrome greca non è facilissima da togliere. Onestamente visitare quest'ultima parte di 8 Gallery è un viaggio nel nostro futuro possibile da non augurare a nessuno [1]. 
Certo, se io fossi la società concessionaria del centro commerciale, sarei pronto a ridurre i costi degli affitti, anche a rischio di qualche perdita temporanea. Ma sapendo come ragionano certi individui, non ho idea se tenteranno questa strada. 
In ogni caso io sono sempre qui e tra qualche mese vi dirò com'è finita.
...
Oggi, riguardando tra le mie vecchie audiocassette, ho trovato un'incisione degli Henry Cow, un gruppo inglese di musica progressive che ebbe un certo successo negli anni '70. Il mio interesse per la loro musica nacque per motivi politici (beh, sì, è proprio così), dal momento che come i contemporanei Stormy Six erano un gruppo fortemente schierato in senso progressista (eufemisticamente parlando). 
Riascoltarli è stato un viaggio negli anni '70 profondi, quelli che sono in pochi a voler ricordare. 
Non so bene se piaceranno a qualcun altro, ma date loro almeno una possibilità. 


[1] All'interno dell'ultima fotografia, nella seconda finestra da destra potete vedere la parte inferiore dell'anello delle Olimpiadi Invernali 2006. Per carità di patria non si vedono bene i quartieri costruiti per l'occasione...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

in effetti la questione negozi a Torino si sta facendo tragica: ogni tanto mi sembra di essere in un romanzo di Agatha Christie..."and then there were none"!

Squirek

Massimo Citi ha detto...

@Squirek (jack?): verissimo, e la cosa davvero preoccupante è che, a quanto pare, non importa nulla a nessuno. Io non sono un sostenitore del piccolo commercio ma sono convinto che senza una piccola rete di commercio locale ben viva si rischi non poco in termini di degrado e di ordine pubblico. Personalmente trovo agghiacciante l'idea di attraversare una serie di vie dove non esistono negozi né esercizi di un qualche genere...Un'ambientazione degna di un racconto di Lovecraft.