3.7.13

«Le bambole in volo», primo movimento.


Ecco qua il romanzo che occuperà questo blog per quest'estate. Il titolo l'avevo già presentato nella presentazione del progetto. Qui potete trovare ciò che si scrive prima del testo, cose come il nome dell'autore, in epigrafe o in esergo la frase di un personaggio piuttosto importante - in questo caso importantissimo, ah sì, sì -, un breve prologo tanto per scivolare delicatamente nel testo, quasi senza accorgersene, e infine il primo movimento. 
Nel quale non succede nulla o quasi. Semplicemente, come in un romanzo settecentesco, vengono presentati i principali personaggi e la situazione. Situazione che, quando scrissi il romanzo, più o meno tra l'agosto 1995 e il novembre 1998, non aveva molto di straordinario o di assurdo e che, riletta a dodici anni di distanza, continua a non avere nulla di straordinario o di assurdo. 
Una fabbrica occupata, quattro disperati che la presidiano - anche senza salire sul tetto o sulla ciminiera - e una situazione che non perde mai di attualità. Il che è davvero un brutto segnale, per questo paese. 
NON aspettatevi un esercizio di eroico sostegno al proletariato in lotta, comunque. Non sono il tipo. E poi ciò che mi interessava davvero era presentare quattro persone in una situazione imprevedibile ed imprevista, in una luogo che non appartiene loro e che rimane surgelato a un passato che non può ritornare.
Probabile che in realtà già negli anni '90 si intuisse come sarebbe andato a finire questo paese. 
Piccola noticina: i dialoghi non sono segnalati in nessun modo. E può capitare di faticare a capire chi stava parlando. Non preoccupatevi. Se non lo capite non sforzatevi di farlo e proseguite. I dialoghi servono a presentare i modi di parlare dei personaggi, le loro abitudini, i loro vezzi, i loro modi. Quando proprio vi sentirete perduti ho fatto in modo che si riesca a capire chi stava parlando, state tranquilli. 
Il punto di vista è quello di un indiretto libero, affibbiato al protagonista. Un protagonista che ha più fantasia che buon senso, per la verità. Un uomo semplice, che è una cosa molto diversa da un uomo facile. Ciò che mi sarebbe sempre piaciuto essere. Ma questo è un altro discorso. 
Per cominciare cliccate 

 
 P.S.: la foto è relativa all'occupazione della fabbrica del Portonaccio, vicino a Roma. Notizia di questi giorni. Appunto. Ulteriori notizie qui.

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