Non è un problema poi tanto piccolo.
Quando si racconta una storia è quantomeno normale inserire dei personaggi, ovvero delle rappresentazioni più o meno fedeli di altrettanti esseri umani. Esseri umani ovviamente virtuali, ognuno nato da un frammento dei propri ricordi, desideri, timori, esaltazioni, aspirazioni e delusioni. Personaggi maschili e femminili, umani o non umani, reali (nell'ambito del racconto) o irreali come dei, elfi, fantasmi, psicopompi, animali parlanti, mostri, lamie, vampiri, avatar, sirene e defunti. La separazione tra questi generi di personaggi - ovvero tra reali, realistici e d'invenzione - è, naturalmente, lavoro di chi scrive. La credibilità di personaggi dichiaratamente irreali - un mostro innominabile come una fatina distratta - è legata al grado di sospensione di incredulità richiesta dal testo e in secondo luogo all'abilità di chi scrive.
Ma per il momento lasciamo perdere i personaggi irreali e i personaggi potenzialmente possibili - alieni o robot - e pensiamo esclusivamente a personaggi reali e verosimili.
Un padre, una figlia, la sorella della moglie, un collega, un capufficio, un piccolo truffatore, un guardiano notturno, un idraulico, un transessuale soltanto nelle ore notturne e un piccolo genio che ha terminato le superiori a 7 anni. Tutti personaggi possibili, scelti del tutto arboitrariamente e con gradi di verosimiglianza più o meno alti, ma che possono rientrare perfettamente in un romanzo, poliziesco, noir, realistico o fantastico senza che qualcuno possa eccepire alcunché.
Si può immaginare che il padre, rimasto vedovo con una figlia a carico, si consoli la notte in compagnia del transessuale (di giorno un assicuratore imbranato) fino a quando un collega non lo sorprende all'uscita da un club privé e va a spifferare tutto al capufficio e alla sorella della moglie defunta, madre del piccolo genio. Al povero padre, calunniato e duramente penalizzato sul lavoro, non resta che andare a piangere dal transessuale che con il suo amico idraulico escogiterà una lunga serie di vendette ai danni del collega blaterone. Con la collaborazione del piccolo genio.
Una storia a metà tra la commedia americana e la vaudeville almodovariana.
Ma si può giocare diversamente la partita, rendendola più triste - siamo nel pieno di una crisi economica mondiale, dopotutto - o farne una sit-com da sbellicarsi dalle risate, o ancora un poliziesco dai risvolti finemente psicologici, o perfino un horror nel quale uno alla volta i personaggi moriranno in maniera atroce.
Il problema maggiore di una storia di questo genere è il grado di credibilità che vorremo attribuire a ciascuno dei personaggi.
Ci possiamo attenere a un grado basso di credibilità, affidando la vicenda al semplice rapido mutare di fatti, sfondi, vicende, creando un intreccio complesso e vivace, dove i personaggi saranno in definitiva poco più della loro qualifica iniziale: un pade, una figlia, un idraulico, un genio eccetera. Nulla di male in questo. P.G.Wodehouse è un ottimo creatore di questo genere di storie e, in tempi più moderni, lo è Tom Sharpe, geniale autore di vicende perfide e grottesche con risvolti sexy-comici che avrebbero fatto provocato più che qualche disturbo nel povero Wodehouse.
Oppure possiamo puntare a un maggior grado di approfondimento di ciascuno dei personaggi, decidendo di «staccarne» alcuni dallo sfondo.
Possiamo stabilire di raccontare un frammento o più frammenti della vita del padre o del transex, della sorella della moglie morta o dell'idraulico. O del collega traditore e bastardo.
Da notare come raccontando la storia personale del personaggio siamo bene o male costretti e «limitarne» le possibilità. Se raccontiamo che il collega bastardo è un single con l'abitudine di andare a spiare le bambine in altalena sperando di cogliere qualche fuggevole visione delle loro mutandine, dovremo probabilmente evitare di raccontare la sua passione per la cognata del padre. Una sessualità così evidentemente infantile e immatura non può accontentarsi di una passione reale per una donna adulta. Nello stesso modo, dopo aver presentato il transessuale come un amante del tango argentino e dell'amore disperato, tanto da ospitare in camera da letto un ritratto di Kathy di Cime Tempestose con finta dedica, avremo se non altro qualche difficoltà nel dichiarare qualche pagina dopo che ama comparire in deshabillé sulle riviste per soli uomini. O facendolo, comunque, dovremo regalargli ulteriori caratteristiche.
Attribuire una storia a un personaggio lo rende fatalmente meno libero ma, d'altro canto, è il solo modo perché i lettori possano davvero affezionarsi a lui/lei e partecipare profondamente ai suoi drammi e alle sue gioie.
Forse - ma qui un «forse» è davvero essenziale - il profilo profondo del personaggio può emergere per contrasto dalle sue reazioni, dal suo modo di agire e comportarsi, dall'interazione tra i suoi desideri e le sue azioni. Dai discorsi e dai desideri, dal suo personale e inimitabile modo di rispondere a domande banali come «Che ore sono?», «dormito bene?», «Esci, più tardi?».
Se pensate a Charles Swann della Recherche o a Leonard Bloom dell'Ulisse avrete forse un'idea (grandiosa) di che cosa intendo - faticosamente - dire. Ovviamente così agendo (o tentando di agire) ci si allontana da qualsiasi «genere» letterario per avvicinarsi alla grande letteratura.
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Ma forse anche nell'allineare righe «di genere» - fantascienza, horror, poliziesco - può rivelarsi necessario «entrare» nel personaggio, raccontarne la storia, le passioni, le tendenze, i sogni, i desideri, le passioni e le disillusioni. Sapere la storia - o le storie - che sono alle spalle del personaggio può aiutare (o forse determinare) la narrazione del suo presente e futuro. Può segnare più profondamente la sua rottura col passato o riaffermare la sua impossibilità di distaccarsi da se stesso.
Perché i personaggi possono persino diventare, in qualche caso, persone.
E scrivere è anche creare altre, ulteriori vite.
2 commenti:
Caro Massimo, e che mi dici del caso in cui incontri nella vita reale un Personaggio già pronto per l'uso in uno o più racconti, con una storia consolidata e doti fuori del comune, tanto da non richiedere alcuna reinvenzione o elaborazione, e singolare al punto che descrivendolo così com'è sembrerebbe inverosimile?
Bella storia.
Peccato sia impossibile.
Non nel senso che stai mentendo sapendo di mentire, ma nel senso che a (quasi) tutti è capitato di incontrare «personaggi» fortemente suggestivi che hanno alle spalle storie considerevoli, ma sono molto pochi coloro che da questi personaggi siano riusciti a cavare una storia discreta o decente.
Personalmente, per esempio, sono molto affezionato al ricordo di un amico di mio padre che aveva combattuto con i katanga nell'ex-Congo belga, era stato deportato, aveva rischiato la vita, era andato a lavorare in una miniera della Rhodesia ed era morto per tisi, presa in miniera.
O di un mio prozio andato a combattere in Etiopia e poi fuggito in Italia nel 1942, giusto in tempo per diventare partigiano.
Individui davvero considerevoli, ma che, per essere trasposti efficacemente in letteratura hanno necessariamente bisogno di una rielaborazione «letteraria».
In sostanza penso che non esistano vite che «non richiedono reinvenzione o elaborazione», dal momento che il mezzo letterario è necessariamente differente dalla vita vissuta. La «tua» storia deve essere letta e compresa da altri che non hanno incontrato il tuo personaggio. Se non sei un buon biografo/narratore il tuo personaggio non avrà spazio né risonanza, se invece lo sei puoi raccontare tutto quello che vuoi - o anche, semplicemente, ciò che gli è davvero accaduto. I lettori forse non crederanno che sia «tutto vero» ma si divertiranno nel leggerne.
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