Discorso complesso anche e soprattutto perché l'unico editore disponibile a pubblicare un mio testo è CS_libri. Dal momento che autore ed editore nel mio caso coincidono parrebbe una partita facile ma non è così. L'editore, infatti, pretende che un romanzo non sia un «fungo» letterario che spunta all'improvviso e dove gli pare , ma che faccia parte di un progetto, di una collana, di un disegno più ampio. E CS_libri, per dire, NON HA (e non so se avrà mai) una collana di sf... Pensare ad altri editori, d'altra parte - vista anche l'esperienza fatta con Urania - mi sembra quantomeno poco realistico o prematuro.
Quindi?
Quindi Ultimo Spettacolo, il romanzo inedito che ho inserito nello spazio narrativo del blog resterà a lungo a disposizione degli eventuali lettori. Non ho l'età per giocare a fare il «giovane esordiente» e non essendo ancora ridotto alla fame non ho l'assoluta necessità di scrivere un sexy-noir-thriller con per protagonista un commissario buongustaio ma infelice, che sarebbe sicuramente meglio accolto dei miei insani e faticosi testi, troppo ricchi di assurdità e di personaggi. Le molte esperienze fatte mi hanno convinto che ciò che scrivo difficilmente incontra l'interesse di editori sani di mente e giustamente preoccupati per il loro portafoglio ma questo mi rende anche assolutamente libero di pubblicare ciò che mi pare e di cercare autonomamente i miei lettori.
Una consolazione? Può darsi, ma, dati gli esiti avuti finora, una buona consolazione.
...
Ciò che segue è un commento - anzi una vera «recensione» - a Ultimo Spettacolo inviatami da Piotr/Piero, collaboratore della rivista LN-LibriNuovi e membro del terzetto dei Rudi Mathematici. Ai più attenti non sfuggirà la circostanza che il primo libro dei suddetti Rudi Mathematici è stato pubblicato proprio da CS_libri, società della quale sono indiscutibilmente il presidente e responsabile. Con Piotr abbiamo riflettuto un po' sulla circostanza e abbiamo scandagliato i numerosi aspetti bui ed equivoci dell'eventuale pubblicazione della sua recensione (o non-recensione, come lui la definisce). La nostra conclusione è stata che, viste le quantità pateticamente omeopatiche di denaro e potere che CS_libri è in grado di veicolare, potevamo anche correre il rischio di apparire loschi figuri intenti a praticare qualche sordido scambio.
La realtà, molto più semplice e quindi scandalosa, è che a me piace ciò che scrivono Piotr e gli altri Rudi (anche quando questo non mi riguarda) e che quindi sono ben felice di pubblicarli, mentre a Piotr piace ciò che scrivo io.
Semplice e diretto.
Buona lettura.
Quindi?
Quindi Ultimo Spettacolo, il romanzo inedito che ho inserito nello spazio narrativo del blog resterà a lungo a disposizione degli eventuali lettori. Non ho l'età per giocare a fare il «giovane esordiente» e non essendo ancora ridotto alla fame non ho l'assoluta necessità di scrivere un sexy-noir-thriller con per protagonista un commissario buongustaio ma infelice, che sarebbe sicuramente meglio accolto dei miei insani e faticosi testi, troppo ricchi di assurdità e di personaggi. Le molte esperienze fatte mi hanno convinto che ciò che scrivo difficilmente incontra l'interesse di editori sani di mente e giustamente preoccupati per il loro portafoglio ma questo mi rende anche assolutamente libero di pubblicare ciò che mi pare e di cercare autonomamente i miei lettori.
Una consolazione? Può darsi, ma, dati gli esiti avuti finora, una buona consolazione.
...
Ciò che segue è un commento - anzi una vera «recensione» - a Ultimo Spettacolo inviatami da Piotr/Piero, collaboratore della rivista LN-LibriNuovi e membro del terzetto dei Rudi Mathematici. Ai più attenti non sfuggirà la circostanza che il primo libro dei suddetti Rudi Mathematici è stato pubblicato proprio da CS_libri, società della quale sono indiscutibilmente il presidente e responsabile. Con Piotr abbiamo riflettuto un po' sulla circostanza e abbiamo scandagliato i numerosi aspetti bui ed equivoci dell'eventuale pubblicazione della sua recensione (o non-recensione, come lui la definisce). La nostra conclusione è stata che, viste le quantità pateticamente omeopatiche di denaro e potere che CS_libri è in grado di veicolare, potevamo anche correre il rischio di apparire loschi figuri intenti a praticare qualche sordido scambio.
La realtà, molto più semplice e quindi scandalosa, è che a me piace ciò che scrivono Piotr e gli altri Rudi (anche quando questo non mi riguarda) e che quindi sono ben felice di pubblicarli, mentre a Piotr piace ciò che scrivo io.
Semplice e diretto.
Buona lettura.
Giuro, non ci serve niente.
Abbiamo già aspirapolvere, battitappeto, cosmetici, olio d’oliva,
Torri di Guardia, Lotte Comuniste e siamo già abbastanza svegli così. Grazie.
Per molte ragioni, non ritroverete la frase in corsivo scritta su nessun libro. Per molte ragioni, ma – come direbbe Snoopy nei panni del Grande Bracchetto – tutte ragioni sbagliate.
Siccome non è altro che una frase dispersa su un non-libro di quasi trecento non-pagine, ci possiamo permettere una sua analisi dettagliata, da usare come chiave di volta per la lettura (non-lettura?) di tutto il non-libro. Tanto per cominciare, è scritta in italiano; non è cosa di poca importanza. Questo non per revanscismi maldestri da Accademia della Crusca: no, è solo che una frase del genere, di solito, se la si trova scritta in italiano è perché è stata tradotta da altre lingue. Invece questa no, è veramente, originalmente, categoricamente frase italiana. E questo suona strano, no? Vi vengono in mente autori italiani che possono scrivere una frase così? No, non vengono. Visto?
Occorre proprio capire meglio.
Cosa c’è di strano, in questa frase? Possibile non sia estraibile la peculiarità del suo contenuto? In fondo, è poco più di un elenco, e allora sarà facile elencare.
Aspirapolvere, battitappeto (…) Lo sappiamo, ce ne sono ancora, in giro. Girano di casa in casa, di casalinga in casalinga, forse anche di centro sociale occupato in centro sociale occupato. Azzimati, quasi belli, spesso giovani - ma non sempre. Quelli della Vorkwerk Folletto. O forse è meglio dire quelli del Vorkwerk Folletto; o magari solo quelli del Folletto. Arrivano, suonano, entrano, ti presentano l’aspirapolvere come fosse una persona. Mezz’ora per spiegarlo, un’ora e mezzo per la dimostrazione: interi condomini aspettano la visita di quelli del Folletto per avere fatte senza fatica le pulizie di primavera. Spiegano, dimostrano, puliscono, se ne vanno. L’aspirapolvere costa milioni di lire, migliaia di Euro, e qualcuno ne venderanno pure, tra una dimostrazione e l’altra, visto che continuano ancora a girare di porta in porta con il battitappeto,la scopa elettrica, i trecentododici accessori. Quelli del Folletto. Girano ancora, sì: forse ovunque, non solo in Italia: in fondo si chiamano vorkwerk, mica ruscailrusco. Ma almeno in Italia sì, girano di certo.
(..) cosmetici (…) La Avon, come no. Profumi e rossetti, tra studentesse anni sessanta che chiamavano mini le gonne che arrivavano mezzo centimetro sopra il ginocchio, tra madri operaie e contadine che non capivano il contenuto di quasi nessuna bottiglietta di latte detergente, idratante, struccante. Loro, le madri, solo col rossetto; uno solo, e rosso-rosso, rosso forte e deciso, che sennò che senso aveva? E le loro figlie lì, col profumo nella bottiglietta a forma di piramide egizia, tra “adesso lo compro” e “no non lo compro”, fino a “magari lo compro, magari faccio anche io quella che va coll’Avon porta a porta, e se ne vendo dieci magari me ne posso comprare uno”. E una nuova presentatrice era pronta a galoppare con la borsa piena di profumi a forma di piramide.
(..) olio d’oliva (…) Pugliese, di solito. Forte, più verde che giallo, in latte grosse. Nelle città del Nord che traboccavano d’operai del Sud, operai che di giorno fanno i cruscotti delle seicento e la sera vogliono l’insalata coi sanmarzano rossi e sugosi. E se i sanmarzano, dopo mille chilometri a bordo TIR, sono rossi ma non sugosi, anzi un po’ molli e sciapi, che almeno l’olio, almeno quello, sia spesso e forte; e verde. Eccole, le latte d’olio dal Sud, figli d’ulivi grassi e piatti, dispersi su pianure giallastre battute dal sole. Altro che gli ulivi liguri, di confine, limitanei e scazzati come i legionari romani sulle frontiere del Reno o del Danubio. Altro che i piantoni toscani o umbri, alberi di collina, sparpagliati e disordinati come marines durante un’esplorazione nel delta del Mekong. No, qui ci sono le olive grosse e grasse di Puglia, c’è olio denso e forte di sole, come il vino sovraccarico di quelle latitudini. Dal camioncino che si è fatto tutto lo stivale pieno di latte da cinque chili – chili, non litri, che per l’olio è diverso – è salito il venditore d’olio, fino al pianerottoolo. Drin, chi è, è arrivato l’olio, ommadonna, adessocomefacciamo, comelopaghiamo, conquellochecosta.
(..) Torri di Guardia, Lotte Comuniste (…) perché anche la rivoluzione minoritaria passa porta a porta. Prima che Bruno Vespa sputtanasse definitivamente il luogo immaginario e reale, alle porte dei poveri – le uniche accessibili ai questuanti d’ogni ordine e grado – passavano i rivoluzionari. Teologici o marxisti, ma sempre contro il mainstream cattolico e partitocomunistico. Sì, sono testimone e figlio di Geova, ah ah che ridere no, non Genova, proprio Geova, lo so fa ridere, ma non si dovrebbe, è il nome di Dio. E noi pensiamo che questa rivista ti spieghi perché io busso alla tua porta, forse anche perché tu apri in canottiera, barba lunga, e forse anche macchie d’unto (olio pugliese?) sul quel cotone che una volta era bianco. Perché io ti annuncio la salvezza (brzap) io ti porto la rivoluzione, compagno. Quello che dicono alla televisione, ma lo senti anche tu, no? E perché non raccontano di questi 33 minatori iugoslavi morti in miniera? Poginula 33 rudara, altro che Donat-Cattin, cazzo, e dacci un contributo, sottoscrivi e (brzap) e credi sia facile, venire tutti i sabati mattina ad annunciare il Signore, e quel che diceva nostro padre Russell? No, chi è ‘sto Bertrand, no, Charles Taze, nostro fondatore, ed è grazie a lui che abbiamo riscoperto il vero Cristo, quello che lo testimonia davvero, come quando Lui era tra noi e (brzap) e tanto lo sai, compagno, che finché rimani chiuso dentro la tua canottiera unta d’olio e sporca di sanmarzano non cambierà un accidente. Prendi questo giornale, leggi (brzap) prendi questo giornale, leggi (brzap) vieni in cellula, domani sera (brzap) vieni nella nostra chiesa, domani sera, (brzap) fa’ un’offerta, associati, dammi il telefono, ritornerò ritornerò ritornerò (brzap) (brzap) (brzap) (brzap) (brzap) (brzap).
(…) e siamo già abbastanza svegli così.(…) Perché non c’era solo la Torre di Guardia, c’era “Svegliatevi!”, ed irritava di più. Con l’imperativo plurale e il punto esclamativo, e la sicurezza fondamentalista e talebana ante-litteram. E svegliavano davvero, sia gli svegli che i reprobi del Turno C, quelli in fabbrica dalle dieci di sera alle sei di mattina. E alle nove di mattina loro, con gli “Svegliatevi!” sventolati sotto gli occhi: occhi gonfi dell’acciaio incandescente delle ferriere, occhi gonfi di sonno, che non avevano per niente voglia di svegliarsi, specie se dovevano farlo solo per prepararsi all’altro sonno (quello grande di Marlowe? No, quello eterno di Geova). Ma non volavano cazzotti nè vaffanculo, no, quasi mai. Solo tanti “No, grazie”, appunto; oppure solo “grazie”. Come dice la parola finale della frase in esame. Appunto.
(…)Grazie.
Siccome non è altro che una frase dispersa su un non-libro di quasi trecento non-pagine, ci possiamo permettere una sua analisi dettagliata, da usare come chiave di volta per la lettura (non-lettura?) di tutto il non-libro. Tanto per cominciare, è scritta in italiano; non è cosa di poca importanza. Questo non per revanscismi maldestri da Accademia della Crusca: no, è solo che una frase del genere, di solito, se la si trova scritta in italiano è perché è stata tradotta da altre lingue. Invece questa no, è veramente, originalmente, categoricamente frase italiana. E questo suona strano, no? Vi vengono in mente autori italiani che possono scrivere una frase così? No, non vengono. Visto?
Occorre proprio capire meglio.
Cosa c’è di strano, in questa frase? Possibile non sia estraibile la peculiarità del suo contenuto? In fondo, è poco più di un elenco, e allora sarà facile elencare.
Aspirapolvere, battitappeto (…) Lo sappiamo, ce ne sono ancora, in giro. Girano di casa in casa, di casalinga in casalinga, forse anche di centro sociale occupato in centro sociale occupato. Azzimati, quasi belli, spesso giovani - ma non sempre. Quelli della Vorkwerk Folletto. O forse è meglio dire quelli del Vorkwerk Folletto; o magari solo quelli del Folletto. Arrivano, suonano, entrano, ti presentano l’aspirapolvere come fosse una persona. Mezz’ora per spiegarlo, un’ora e mezzo per la dimostrazione: interi condomini aspettano la visita di quelli del Folletto per avere fatte senza fatica le pulizie di primavera. Spiegano, dimostrano, puliscono, se ne vanno. L’aspirapolvere costa milioni di lire, migliaia di Euro, e qualcuno ne venderanno pure, tra una dimostrazione e l’altra, visto che continuano ancora a girare di porta in porta con il battitappeto,la scopa elettrica, i trecentododici accessori. Quelli del Folletto. Girano ancora, sì: forse ovunque, non solo in Italia: in fondo si chiamano vorkwerk, mica ruscailrusco. Ma almeno in Italia sì, girano di certo.
(..) cosmetici (…) La Avon, come no. Profumi e rossetti, tra studentesse anni sessanta che chiamavano mini le gonne che arrivavano mezzo centimetro sopra il ginocchio, tra madri operaie e contadine che non capivano il contenuto di quasi nessuna bottiglietta di latte detergente, idratante, struccante. Loro, le madri, solo col rossetto; uno solo, e rosso-rosso, rosso forte e deciso, che sennò che senso aveva? E le loro figlie lì, col profumo nella bottiglietta a forma di piramide egizia, tra “adesso lo compro” e “no non lo compro”, fino a “magari lo compro, magari faccio anche io quella che va coll’Avon porta a porta, e se ne vendo dieci magari me ne posso comprare uno”. E una nuova presentatrice era pronta a galoppare con la borsa piena di profumi a forma di piramide.
(..) olio d’oliva (…) Pugliese, di solito. Forte, più verde che giallo, in latte grosse. Nelle città del Nord che traboccavano d’operai del Sud, operai che di giorno fanno i cruscotti delle seicento e la sera vogliono l’insalata coi sanmarzano rossi e sugosi. E se i sanmarzano, dopo mille chilometri a bordo TIR, sono rossi ma non sugosi, anzi un po’ molli e sciapi, che almeno l’olio, almeno quello, sia spesso e forte; e verde. Eccole, le latte d’olio dal Sud, figli d’ulivi grassi e piatti, dispersi su pianure giallastre battute dal sole. Altro che gli ulivi liguri, di confine, limitanei e scazzati come i legionari romani sulle frontiere del Reno o del Danubio. Altro che i piantoni toscani o umbri, alberi di collina, sparpagliati e disordinati come marines durante un’esplorazione nel delta del Mekong. No, qui ci sono le olive grosse e grasse di Puglia, c’è olio denso e forte di sole, come il vino sovraccarico di quelle latitudini. Dal camioncino che si è fatto tutto lo stivale pieno di latte da cinque chili – chili, non litri, che per l’olio è diverso – è salito il venditore d’olio, fino al pianerottoolo. Drin, chi è, è arrivato l’olio, ommadonna, adessocomefacciamo, comelopaghiamo, conquellochecosta.
(..) Torri di Guardia, Lotte Comuniste (…) perché anche la rivoluzione minoritaria passa porta a porta. Prima che Bruno Vespa sputtanasse definitivamente il luogo immaginario e reale, alle porte dei poveri – le uniche accessibili ai questuanti d’ogni ordine e grado – passavano i rivoluzionari. Teologici o marxisti, ma sempre contro il mainstream cattolico e partitocomunistico. Sì, sono testimone e figlio di Geova, ah ah che ridere no, non Genova, proprio Geova, lo so fa ridere, ma non si dovrebbe, è il nome di Dio. E noi pensiamo che questa rivista ti spieghi perché io busso alla tua porta, forse anche perché tu apri in canottiera, barba lunga, e forse anche macchie d’unto (olio pugliese?) sul quel cotone che una volta era bianco. Perché io ti annuncio la salvezza (brzap) io ti porto la rivoluzione, compagno. Quello che dicono alla televisione, ma lo senti anche tu, no? E perché non raccontano di questi 33 minatori iugoslavi morti in miniera? Poginula 33 rudara, altro che Donat-Cattin, cazzo, e dacci un contributo, sottoscrivi e (brzap) e credi sia facile, venire tutti i sabati mattina ad annunciare il Signore, e quel che diceva nostro padre Russell? No, chi è ‘sto Bertrand, no, Charles Taze, nostro fondatore, ed è grazie a lui che abbiamo riscoperto il vero Cristo, quello che lo testimonia davvero, come quando Lui era tra noi e (brzap) e tanto lo sai, compagno, che finché rimani chiuso dentro la tua canottiera unta d’olio e sporca di sanmarzano non cambierà un accidente. Prendi questo giornale, leggi (brzap) prendi questo giornale, leggi (brzap) vieni in cellula, domani sera (brzap) vieni nella nostra chiesa, domani sera, (brzap) fa’ un’offerta, associati, dammi il telefono, ritornerò ritornerò ritornerò (brzap) (brzap) (brzap) (brzap) (brzap) (brzap).
(…) e siamo già abbastanza svegli così.(…) Perché non c’era solo la Torre di Guardia, c’era “Svegliatevi!”, ed irritava di più. Con l’imperativo plurale e il punto esclamativo, e la sicurezza fondamentalista e talebana ante-litteram. E svegliavano davvero, sia gli svegli che i reprobi del Turno C, quelli in fabbrica dalle dieci di sera alle sei di mattina. E alle nove di mattina loro, con gli “Svegliatevi!” sventolati sotto gli occhi: occhi gonfi dell’acciaio incandescente delle ferriere, occhi gonfi di sonno, che non avevano per niente voglia di svegliarsi, specie se dovevano farlo solo per prepararsi all’altro sonno (quello grande di Marlowe? No, quello eterno di Geova). Ma non volavano cazzotti nè vaffanculo, no, quasi mai. Solo tanti “No, grazie”, appunto; oppure solo “grazie”. Come dice la parola finale della frase in esame. Appunto.
(…)Grazie.
BRAZP!
Grazie, dice. Grazie di che, Citimax? Di scrivere un non-libro? Un libro non pubblicabile, senza futuro, un non-libro con vere istruzioni dell’uso, anzi del non-uso? Fosse un libro, scriverei una recensione. La darei al mio editore, che pubblica una rivista di recensioni. Potrebbe decidere di pubblicarla.
Se fosse un libro.
Ma tu no, tu non scrivi un libro, e io non posso scrivere una recensione. E la non-recensione può, almeno, uscire fuori dalle righe e dalle regole, cambiare persona, dalla terza impersonale alla seconda personale e aggressiva, perché tanto le non-recensioni non si pubblicano, tali e quali ai non-libri.
I libri di Adams non sono fantascienza. O forse sono la fantascienza perfetta, quella che non si giustifica, quella che percuote le parole e le idee, e fa sostenere tutto l’impianto narrativo da argomentazioni quali due missili termonucleari che si trasformano in un capodoglio e in un vaso di petunie (o peonie, forse). Quei libri che sono condannati ad essere profondi perché esplicitamente dichiarati leggeri, vacui, tutt’altro che profondi. Si leggono e si possono leggere, si ride e si può ridere, si può far finta di non accorgersi che, ogni due per tre, ci si trovano, travestite da battute, argomentazioni tragiche nella loro precisa immanenza critica. Proprio come se io scrivessi, qui ed ora, in una non-recensione, la ridicola accoppiata di termini “immanenza critica”. Nell’esercizio di scrivere come Adams, la cosa facile, quella che sanno fare tutti, è copiare i missili termonucleari che si trasformano in vasi di fiori; la cosa difficile è scrivere come Adams a prescindere dai missili che si trasformano in vasi di fiori. Qualcuno ci ha provato, a quanto ne so. E copiavano la fantascienza, senza arrivare a sfiorare il vero Adams.
Poi, arriva un Citimax. Scrive Ultimo Spettacolo, che non è una imitazione di Douglas Adams. O meglio, lo è, eccome: lo è nella maniera di raccontare, nella modulazione degli eventi apparentemente sconnessi, nella articolazione dei personaggi persi dentro le loro caratteristiche, che indossano disciplinatamente senza crederci davvero, come ogni perfetto inglese di Islington. Avrebbe potuto parlare della ricostruzione del Globe, questo Ultimo Spettacolo. Avrebbe potuto narrare le gesta d’un nautilo d’acqua dolce. Poteva essere un saggio sul fado portoghese, e sarebbe stato sempre un libro di Citimax: un libro che mostrava di aver saputo estrarre perfettamente quel che c’era da estrarre da DNA. Il DNA di DNA, tanto peer fare facili battute. Gli piaceva un sacco, ad Adams, dire di essere nato/scoperto nel1952, a Cambridge, e che le sue iniziali erano DNA.
Si poteva parlare di San Salvario, volendo: scritto come è stato scritto, questo non-libro poteva magicamente essere applicato su qualsiasi forma narrativa, mantenendo sempre la sua identità e perfino la sua dichiarata dipendenza adamsiana. Mirella è una donna di Citimax, una donna di Adams, e sarebbe rimasta sé stessa anche fuori dall’astronave. E E. ha le caratteristiche di Arthur Philip Dent, ma non è Arthur Philip Dent, e poteva anche rimanere E., splendidamente abbonato a Macrosesso e deliziosamente imbranato anche sul molo di Loano, oltre che in mezzo alla Galassia.
Mancano, coloro che sanno scrivere come Adams. Quelli che fanno ridere senza ridere, quelli che demoliscono un personaggio grazie a un particolare, quelli talmente abituati a prendere in giro sé stessi che non fanno fatica a prendere in giro il mondo. Ce ne abbiamo uno qua, il Citimax, e ci fa quest’errore. Quest’errore di scrivere un non-libro invece d’un libro.
Citimax, butta via le istruzioni per l’uso.
Sii disonesto, Citimax. Non ricordare a chi legge che stai facendo un omaggio. Cambia la trama quel tanto che basta a renderla irriconoscibile. Togli ogni traccia di Trillian in Mirella, lasciane nessuna di Arthur in E., rendi il robot schizofrenico invece che paranoico. O non fare niente di queste cose. Abbandona la tristezza degli ambienti troppo cupi, troppo noir di alcuni tuoi racconti tormentati. Acquista coscienza che puoi scrivere qualunque, ovunque, quantunque. Hai nella penna molto più di quello che credi. Più ti leggo, più penso che il tuo problema essenziale sia la timidezza.
Mi sono molto divertito, nel leggere US. All’inizio, ero a caccia dei parallelismi: poi li ho lasciati, e ho cominciato a cercare le assonanze di stile. Poi mi sono ritrovato a fatica nel ricercare la trama, che è proprio quello che di solito mi succede quanto un libro mi piace a prescindere da ciò che racconta. E mi sono allora reso conto che era in peccato, che avessi scritto un omaggio: perché così US farà più fatica a partire. Chi lo legge e conosce DNA, capirà i riferimenti. Chi non lo conosce, leggerà le tue istruzioni e cercherà di capire cosa ci sia al di fuori del tuo libro.
Ma è sufficiente quello che c’è dentro.
Sai, tutto sommato, al momento, credo mi piaccia ancora un po’ più Douglas Noel Adams di Massimo Citimax Citi. Però è sorprendente che il Citi riesca a scrivere così bene nello stile di Adams. Sono quasi certo che Adams non saprebbe fare la stessa cosa nello stile di Citi. Se ho ragione, è necessario che Citi perda le ultime timidezze e scriva il suo autonomo e sfacciato romanzo. Senza debiti né citazioni, senza paura di trasgredire né trascendere.
Se devo inventarmi una metafora, è come se ogni storia fosse un frutto. Con buccia, polpa, succo, aspetto, colore, luce. Un frutto disonesto è come le grosse arance rugose, belle a vedersi e toccarsi, che dentro non hanno che spicchi rinsecchiti privi perfino di semi, sterili. Un frutto onesto è un’albicocca sull’albero: dalla forma den definita, facile ad aprirsi, saporita, con il nocciolo ben separato e bello esso stesso. Altri frutti sono meno spudorati: si nascondono, non palesano il contenuto. Una nocciola, una noce è difficile da aprire, anche se poi è estremamente buono ed energetico il frutto.
Tu, sembri a volte una noce di cocco. Duro il frutto stesso, dentro scorza ancora più dura. Nascosto sulla cima di palme altissime, con pochissima voglia di farsi scoprire e aprire. Poi, insistendo e smadonnando, la noce si riesce ad aprirla, infine. E dentro c’è da mangiare e anche da bere: cosa insolita, per un frutto.
Ultimo Spettacolo mostra che puoi scrivere quello che vuoi. Non solo fantascienza, non solo omaggi a grandi scrittori, non solo fantastico. La frase che ho giocato ad analizzare mi ha tenuto allegro per un intero pomeriggio, per questo ho deciso di giocare con la non-recensione del non-libro. Ma le considerazioni scritte da me su quella singola frase è da essa che sono scaturite, che tu lo abbia voluto o meno. Che io lo abbia voluto o meno.
Poiché quella frase è tutto meno che il cuore del libro; poiché è solo una onesta rappresentante delle 270 pagine di Ultimo Spettacolo, io credo che Ultimo Spettacolo potrebbe davvero decidersi a perdere il “non-“ e a diventare un libro. O potrebbe servire anche solo a mostrare a te che puoi scrivere qualsiasi libro.
Se fosse un libro.
Ma tu no, tu non scrivi un libro, e io non posso scrivere una recensione. E la non-recensione può, almeno, uscire fuori dalle righe e dalle regole, cambiare persona, dalla terza impersonale alla seconda personale e aggressiva, perché tanto le non-recensioni non si pubblicano, tali e quali ai non-libri.
I libri di Adams non sono fantascienza. O forse sono la fantascienza perfetta, quella che non si giustifica, quella che percuote le parole e le idee, e fa sostenere tutto l’impianto narrativo da argomentazioni quali due missili termonucleari che si trasformano in un capodoglio e in un vaso di petunie (o peonie, forse). Quei libri che sono condannati ad essere profondi perché esplicitamente dichiarati leggeri, vacui, tutt’altro che profondi. Si leggono e si possono leggere, si ride e si può ridere, si può far finta di non accorgersi che, ogni due per tre, ci si trovano, travestite da battute, argomentazioni tragiche nella loro precisa immanenza critica. Proprio come se io scrivessi, qui ed ora, in una non-recensione, la ridicola accoppiata di termini “immanenza critica”. Nell’esercizio di scrivere come Adams, la cosa facile, quella che sanno fare tutti, è copiare i missili termonucleari che si trasformano in vasi di fiori; la cosa difficile è scrivere come Adams a prescindere dai missili che si trasformano in vasi di fiori. Qualcuno ci ha provato, a quanto ne so. E copiavano la fantascienza, senza arrivare a sfiorare il vero Adams.
Poi, arriva un Citimax. Scrive Ultimo Spettacolo, che non è una imitazione di Douglas Adams. O meglio, lo è, eccome: lo è nella maniera di raccontare, nella modulazione degli eventi apparentemente sconnessi, nella articolazione dei personaggi persi dentro le loro caratteristiche, che indossano disciplinatamente senza crederci davvero, come ogni perfetto inglese di Islington. Avrebbe potuto parlare della ricostruzione del Globe, questo Ultimo Spettacolo. Avrebbe potuto narrare le gesta d’un nautilo d’acqua dolce. Poteva essere un saggio sul fado portoghese, e sarebbe stato sempre un libro di Citimax: un libro che mostrava di aver saputo estrarre perfettamente quel che c’era da estrarre da DNA. Il DNA di DNA, tanto peer fare facili battute. Gli piaceva un sacco, ad Adams, dire di essere nato/scoperto nel
Si poteva parlare di San Salvario, volendo: scritto come è stato scritto, questo non-libro poteva magicamente essere applicato su qualsiasi forma narrativa, mantenendo sempre la sua identità e perfino la sua dichiarata dipendenza adamsiana. Mirella è una donna di Citimax, una donna di Adams, e sarebbe rimasta sé stessa anche fuori dall’astronave. E E. ha le caratteristiche di Arthur Philip Dent, ma non è Arthur Philip Dent, e poteva anche rimanere E., splendidamente abbonato a Macrosesso e deliziosamente imbranato anche sul molo di Loano, oltre che in mezzo alla Galassia.
Mancano, coloro che sanno scrivere come Adams. Quelli che fanno ridere senza ridere, quelli che demoliscono un personaggio grazie a un particolare, quelli talmente abituati a prendere in giro sé stessi che non fanno fatica a prendere in giro il mondo. Ce ne abbiamo uno qua, il Citimax, e ci fa quest’errore. Quest’errore di scrivere un non-libro invece d’un libro.
Citimax, butta via le istruzioni per l’uso.
Sii disonesto, Citimax. Non ricordare a chi legge che stai facendo un omaggio. Cambia la trama quel tanto che basta a renderla irriconoscibile. Togli ogni traccia di Trillian in Mirella, lasciane nessuna di Arthur in E., rendi il robot schizofrenico invece che paranoico. O non fare niente di queste cose. Abbandona la tristezza degli ambienti troppo cupi, troppo noir di alcuni tuoi racconti tormentati. Acquista coscienza che puoi scrivere qualunque, ovunque, quantunque. Hai nella penna molto più di quello che credi. Più ti leggo, più penso che il tuo problema essenziale sia la timidezza.
Mi sono molto divertito, nel leggere US. All’inizio, ero a caccia dei parallelismi: poi li ho lasciati, e ho cominciato a cercare le assonanze di stile. Poi mi sono ritrovato a fatica nel ricercare la trama, che è proprio quello che di solito mi succede quanto un libro mi piace a prescindere da ciò che racconta. E mi sono allora reso conto che era in peccato, che avessi scritto un omaggio: perché così US farà più fatica a partire. Chi lo legge e conosce DNA, capirà i riferimenti. Chi non lo conosce, leggerà le tue istruzioni e cercherà di capire cosa ci sia al di fuori del tuo libro.
Ma è sufficiente quello che c’è dentro.
Sai, tutto sommato, al momento, credo mi piaccia ancora un po’ più Douglas Noel Adams di Massimo Citimax Citi. Però è sorprendente che il Citi riesca a scrivere così bene nello stile di Adams. Sono quasi certo che Adams non saprebbe fare la stessa cosa nello stile di Citi. Se ho ragione, è necessario che Citi perda le ultime timidezze e scriva il suo autonomo e sfacciato romanzo. Senza debiti né citazioni, senza paura di trasgredire né trascendere.
Se devo inventarmi una metafora, è come se ogni storia fosse un frutto. Con buccia, polpa, succo, aspetto, colore, luce. Un frutto disonesto è come le grosse arance rugose, belle a vedersi e toccarsi, che dentro non hanno che spicchi rinsecchiti privi perfino di semi, sterili. Un frutto onesto è un’albicocca sull’albero: dalla forma den definita, facile ad aprirsi, saporita, con il nocciolo ben separato e bello esso stesso. Altri frutti sono meno spudorati: si nascondono, non palesano il contenuto. Una nocciola, una noce è difficile da aprire, anche se poi è estremamente buono ed energetico il frutto.
Tu, sembri a volte una noce di cocco. Duro il frutto stesso, dentro scorza ancora più dura. Nascosto sulla cima di palme altissime, con pochissima voglia di farsi scoprire e aprire. Poi, insistendo e smadonnando, la noce si riesce ad aprirla, infine. E dentro c’è da mangiare e anche da bere: cosa insolita, per un frutto.
Ultimo Spettacolo mostra che puoi scrivere quello che vuoi. Non solo fantascienza, non solo omaggi a grandi scrittori, non solo fantastico. La frase che ho giocato ad analizzare mi ha tenuto allegro per un intero pomeriggio, per questo ho deciso di giocare con la non-recensione del non-libro. Ma le considerazioni scritte da me su quella singola frase è da essa che sono scaturite, che tu lo abbia voluto o meno. Che io lo abbia voluto o meno.
Poiché quella frase è tutto meno che il cuore del libro; poiché è solo una onesta rappresentante delle 270 pagine di Ultimo Spettacolo, io credo che Ultimo Spettacolo potrebbe davvero decidersi a perdere il “non-“ e a diventare un libro. O potrebbe servire anche solo a mostrare a te che puoi scrivere qualsiasi libro.
6 commenti:
Credo di aver scritto parecchie mail e diversi commenti in post su US, ma effettivamente nnessuno scrive recensioni e non-recensioni come il nostro Piotr.
Almeno posso dire di essere d'accordo su tutta la linea, soprattutto sul fatto che i personaggi sono tutti italiani, e tutti di Max.
...«Credo di aver scritto parecchie mail e diversi commenti in post su US»... verissimo. Tutte conservate nella stessa cartella di US, nel caso - non probabilissimo, ma nemmeno da escludere - che dovessi mai arrivare a pubblicarlo su mezzo cartaceo. Tu dirai: «Sì, ma perché non cominciare a correggere e sistemare già sulla prima versione on line?». Semplice, per banali motivi di tempo, ovvero di tempo che non ho. Ma ho ben presente i tuoi rilievi e commenti e conto di pubblicare entro fine anno un US.2 «aggiustato». Grazie ancora di tutto, Fran, e un grosso abbraccio.
Accidenti, non volevo farmi ringraziare di nuovo in pubblico... volevo solo dire che mi piace molto di più come te l'ha detto lui, che dovresti pubblicare US, di tutti i tentativi che ho fatto tra le righe io.
Comunque è vero, devi aggiustarlo e pubblicarlo, perché, mi ripeto, è vero tutto quello che Piotr dice.
Che nemmeno un editore a sua volta autore di fantascienza abbia una collana di questo genere è l'ennesima conferma che, almeno in Italia, convenga scrivere altro.
Comunque uno scrittore che si pubblica da sé non è il massimo, per cui ti sconsiglierei di autopubblicarti anche se avessi una collana adatta.
In ultimo potresti magari fare una minima riedizione del file unendo i vari capitoli in un unico documento, così ci metto di meno a riformattare tutto per leggerlo sul lettore che uso.
Simone
> Simone
Beh, per la verità CS_libri HA una collana di fantastico dove ospita testi di SF, gotico e horror sia di autori italiani che stranieri. Si chiama ALIA ed è già arrivata al settimo volume (uscito a giugno) - ALIA Sol Levante - interamente dedicato al fantastico nipponico. Il problema è che ALIA ha finora ospitato soltanto testi brevi o medi e ha una dimensione «collettiva» per la quale non sono stati finora previsti volumi di singoli autori. Dal 2009, comunque, le cose potrebbero cambiare, anche se, come tu stesso affermi, pubblicarsi da soli essendo editori è comunque un'operazione discutibile e comporta il rischio di incomprensioni con gli altri autori. Ho infatti pubblicato una mia antologia di fantastico («In controtempo») ma in un'altra collana non dichiaratamente «di genere».
Hai comunque ragione nell'osservare che lanciare una collana di sola SF non è un'operazione al momento ragionevole - detto schiettamente da editore. Può darsi che sia un fenomeno positivo (il pubblico di lettori è disponibile ad accettare vari approcci al fantastico, diversi e contaminati) o che sia negativo (la SF è un genere obsoleto e scarsamente significativo), resta il fatto che le sue convenzioni e il suo approccio narrativo stanno diventando poco familiare a molti lettori italiani. Comunque un tema interessante che magari riprenderò in un altro post.
Ultima cosa: adesso è possibile scaricare US in un file unico. Mi dispiace non averci pensato prima... Il file è nella solita cartella e lapalissianamente si chiama «US in file unico».
Max: credo che la fantascienza piaccia ancora molto alla gente, semplicemente (come del resto accade con tutti gli altri generi) gli editori sono troppo fissati nel riproporre sempre le stesse cose e poi - anche volendo - di autori validi almeno in Italia ce ne sono pochissimi.
Alla fine Matrix, i nuovi Guerre Stellari (per quanto discutibili) o ancora tanti film che escono di continuo mi dimostrano che la gente ama le storie di azione a sfondo tecnologico/fantastico e soprattutto con tematiche e personaggi in cui si può identificare.
La fantascienza che vedo in libreria invece è il solito cyberpunk o l'astronave che viaggia nel cosmo o ancora il futuro post apocalittico. Tutte storie rigorosamente cupe, caustrofobiche e pessimiste che mi mettono l'ansia solo a leggere la quarta di copertina.
Insomma secondo me la fantascienza va male perché gli editori si sono fissati a pubblicare sempre la stessa roba noiosa e se qualcuno prova a proporre qualcosa di diverso in genere nemmeno viene preso in considerazione.
Adesso mi scarico il libro... ma non so se riesco a leggerlo sono in un momentaccio! ^^
Simone
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