6.4.20

Il Mare Obliquo 60 (Ultimo della prima parte)




E con il numero sessanta si ferma la prima parte de il Mare Obliquo. Come spiegavo nella scorsa puntata la seconda parte è in fase di costruzione, ma ci vorranno alcuni mesi per vedere la prima puntata. Spero che questa prima parte vi abbia se non altro distratto e condotto poco a poco in uno strano e bizzarro mondo. Come continuerà il blog, onestamente non so ancora dirvelo, tenendo conto anche del momento... In ogni caso grazie a chi ha letto, integramente o anche solo in parte e arrivederci e a  rileggerci presto. 
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Una parete solida di nebbia dove i loro passi suonano dispersi, spaventati. Il pavimento di Maurr mostra crepe, incrostazioni di splendore. L'erba luminosa, venata di sottili ragnatele brune è divenuta più alta e il rumore, un boato immane che sembra provenire da ogni lato della caverna, rende loro impossibile anche solo scambiarsi una parola.
Klog si passa la mano sul viso, nemmeno lui saprebbe dire se bagnato di umidità o di sudore. Cammina curvo, fissando l'ombra opaca della strada. Lì, su quel sentiero in leggera salita che corre sottile tra alberi altissimi ha dimenticato perfino il timore per i Mela e si affanna a cercare di non perdere il contatto con gli arcieri Oscuri. Questi non mostrano emozioni né stanchezza e non sembrano più turbati che durante una marcia di esercitazione.
Plinio e Matushka camminano vicini, scambiandosi ogni tanto piccoli gesti di conforto: un tocco sul braccio o un buffetto sulla spalla. Non l'aveva mai pensato, Klog, ma vederli così affiatati e amici gli suscita insieme una sensazione di solitudine e un brivido di piacere. Mai gli era accaduto di sentirsi solo: «forse sto invecchiando» pensa «o forse, semplicemente sto maturando... anch'io sarei felice di avere una dhovinje, mezza donna e mezza fata, che marcia accanto a me, che mi dimostra affetto e della quale preoccuparmi... che pensiero buffo... invece...» guarda il neek che procede di buon passo, il volto bagnato di nebbia e gli occhi puntati nei varchi chiari tra gli alberi a cercare la sorgente di tutti i mari dell'orlo del mondo.
Non sa cosa pensare del mezzo-notturno. I momenti nei quali lo incuriosisce e quelli nei quali lo detesta si equivalgono. Ma si può provare simpatia per una persona che non riesce a tollerare la propria stessa esistenza? Non servirà a molto, al neek, trovare le Acque del Centro. Comincerà subito dopo a cercare altro, un'altra fissazione turberà la sua mente, un'altra passione visiterà i suoi sogni rendendoli inospitali, aridi e affannosi. Klog sente che il suo cuore ha adesso un nuovo peso, sa che i fratelli immobili l'hanno riconosciuto, ne hanno fatto il loro araldo, la loro voce. Una parte di sè vorrebbe ribellarsi, ritornare alla condizione di pelosetto dispettoso nella quale è cresciuto e ha finora vissuto, ma le loro voci glielo impediscono. Sa che basterebbe fare il vuoto nei pensieri per ritrovarli, per sentirli, per diventare come loro. Testimoni dei grandi cieli che scorrono rapidi, di acque e stagioni, sentinelle della regolarità del mondo, del suo grande ciclo. 

 
Un vento leggero muove la nebbia, forma immagini velate, illusioni scintillanti. Basso Ohkme fissa ogni minima cosa con lo sguardo affamato dell'artista che ha timore di veder impallidare nel ricordo la bellezza di quel luogo. Il boato profondo fa vibrare la terra sotto i loro piedi, le acque del centro si avvicinano.
La strada di Maurr si interrompe. La nebbia si è alzata, gli alberi sono scomparsi. Il cielo basso è carico di riflessi viola e grandi nubi ruotano lentamente come in un incubo rallentato. Camminano sentendosi tanto minuscoli e indifesi da non riuscire più a comprendere neppure se sono vivi o no. Solo il cielo a ruota della caverna e il boato, un boato tanto immane e continuo da essere divenuto inafferrabile.
L'Oscuro non ha bisogno di parlare. Li chiama verso il limite della strada e indica l'abisso. Sette grandi corsi d'acqua, ciascuno largo centinaia di braccia precipitano nel buio. Sette fiumi d'argento si gettano senza sosta nel gigantesco varco che conduce al buio delle profondità della terra.
Gudre-Yinnu si inginocchia sul bordo di roccia per cercare il fondo del titanico passaggio. Ma non si vede fondo, non si coglie alcun movimento. Tanto profondo deve essere il pozzo che da esso non sale vapore, come se la cascata si frangesse tanto più in basso che nulla da esso riesca a fuggire.
Gli Oscuri osservano lo spettacolo con la loro stessa intensità. Evidentemente non è possibile che uno spettacolo di una misura tanto superiore a quella dei viventi divenga un'abitudine.

Le macchine volanti, fatte della stessa stoffa della quale sono tessuti i mantelli degli Oscuri riposano sotto una gigantesca tenda. Sono tre enormi palloni, lunghi, leggeri e carenati come navi, trattenuti a terra da corde coperte di Maurr. Al loro ventre sono assicurate grandi ceste.
Un Oscuro prende posto in un curioso abitacolo di legno posto a prua della nave e gli altri prendono posto nelle ceste. Li imitano, troppo storditi dal rumore e dallo spettacolo per aver voglia di discutere. Sicuramente non esiste altro modo per valicare l'abisso delle Acque del Centro.
Si alzano in volo silenziosamente, mossi dal vento circolare che agita gli alberi affacciati sull'immane gorgo.
Klog si ritrova nella cesta con Basso Okme e un paio di arcieri Oscuri. Nessuno proferisce parola, ben conscio che comunque nel fragore delle acque che precipitano nell'abisso qualsiasi altro suono sarebbe inafferrabile.
La nave costeggia i bordi dentellati delle terre che si affacciano sulle acque del centro e si solleva verso le grandi nubi che danzano appese all'altissimo soffitto di roccia della caverna. «Si sale» si dice tra sè. «Speriamo di non andare a battere una bella capocciata. E poi finire a testa in giù nell'acqua.» Si sporge leggermente. Riesce solo a scorgere le acque bianche di schiuma che precipitano nell'ombra insondabile. «Là sotto ci sono gli altri regni dei quali parlavano gli Oscuri. Dove ci sono le ombre-locusta. Già solo il nome mi dà i brividi.» Ma forse è solo il freddo umido a farlo rabbrividire da capo a piedi.«Se cascassi a capofitto a testa in giù dove sbucherei? Mi piacerebbe chiederlo a qualcuno di questi signori-che-sanno-tutto. Dall'altra parte del mondo o semplicemente nell'increato?»

2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

E' stato un piacere seguirti in questa prima parte dell'avventura.

Massimo Citi ha detto...

Nick: è stato un vero piacere avere un lettore affezionato come te. A presto!