2.5.19

Il Mare Obliquo 5

Usif-Lizhi dopo aver salutato Adwina si è messo in viaggio a bordo di un veliero, dove ha conosciuto Kirzil, un Gu'Hijrr del popolo degli acquitrini e delle paludi. Sulla nave il Notturno cerca di abituarsi ai modi della gente diurna.   
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Usif-Lizhi, in piedi sul castello di poppa delle nave, lascia che i suoi pensieri lo raggiungano, senza più cercare di trattenerli o di nasconderli a se stesso.
Il viso, le mani, il sorriso di Adwina sono disperatamente vivi nella sua mente, come se l'avesse abbandonata solo da pochi minuti. Nei suoi primi giorni il ricordo non era così intenso, riflette quasi senza dolore il Notturno, lo è divenuto da poco tempo, come se la sua mente cercasse di restituirgli la presenza di lei. Nel sonno, un sonno agitato e quasi vergognoso, un cadere nell'incoscienza mentre gli uomini sulla nave lavorano, ridono, mangiano, si è svegliato molte volte sentendo nettamente il Suo profumo, l'odore unico della sua pelle, del suo sospiro.
“…Adwina?” L'ha chiamata ad alta voce almeno una volta, sorridendo felice, ma ancora più amara è stata la delusione nel riconoscere le pareti curve della cabina e la luce brutale del sole che penetrava attraverso le fessure degli scuri.
Ogni tanto Usif-Lizhi si sforza di tollerare quella luce: la sua tenace, caparbia ostinazione lo ha spinto a camminare sul ponte della nave all'alba ed al crepuscolo, cercando di parlare con gli uomini, di trovare nelle loro parole, così concrete, decise, reali, un antidoto alla sua malinconia. Ma gli uomini lo temono, certo, lo rispettano, ma non riescono ad essere se stessi in sua presenza: sorridono stupidamente, lo guardano con un'antipatia fatta per metà di ammirazione e per metà di terrore, sentono che “Non siete fatti della stessa carne”, come gli aveva detto Tiatikenn.
Come sempre solo la notte è la sua unica amica sincera, l'unico rifugio, la madre pietosa di tutta la sua razza.
Usif-Lizhi fissa lo sguardo nel riflesso della luna nelle specchio mobile delle acque e si stringe nel mantello per proteggersi dall'umidità. Nessuno delle sua gente ha mai sfidato l'inquieta solitudine dei mari, ha abbandonato il silenzio delle loro montagne, dei loro castelli semivuoti, per sfidare una materia così infida, mai serena ed immobile. Usif-Lizhi ride tra sé: i Notturni non sono creature irrequiete come gli umani, e la sua impresa, che se fosse stato umano gli avrebbe dato eterna fama, presso la sua razza al massimo gli sarebbe valsa un'alzata di spalle e qualche commento annoiato o scandalizzato.
Da quanto tempo non incontra più un altro notturno? Forse l'aver trascorso gli ultimi anni sempre e solo con gli umani lo sta trasformando, senza che neppure lui se ne renda conto. Ma quanti di loro sono rimasti a vivere in quel mondo? E quanti hanno scelto di tornare roccia e ghiaccio, la materia dalla quale tutti loro sono nati? Forse in quel mondo non c'è più posto per loro, semplicemente, e il suo tentativo è solo l'inutile ultimo guizzo di un corpo ormai vicino alla morte. 

 
Sotto di lui le acque divise silenziosamente dalla prua della nave corrono a riunirsi ed il suo sguardo si perde in quello spettacolo sempre uguale e sempre differente. Un pensiero lo sorprende: mai nessuno dei Notturni è morto ucciso dalle acque e se si gettasse sarebbe il primo anche a scegliere quella morte, l'ultima delle sue bizzarrie.
Khujrr-Itz, il suo vecchio maestro, apprendendo quella strana notizia avrebbe scosso la testa lentamente guardando verso l'alto, come a chiamare a testimonianza della gravità dello scandalo a cui doveva assistere tutte le divinità dell'Antica Terra Oscura.
Un passo lento, quasi timoroso interrompe la corrente dei suoi pensieri. Usif-Lizhi si volta e riconosce nella fioca luce lunare un gu'hijirr, Kirzil Pennarossa, terzo ufficiale della Tidal.
Il gu'hijrr ha uno strano modo obliquo di camminare, come se cercasse contemporaneamente di guardare davanti a sé ed alle sue spalle.
Sono strane creature, i Gu'hijirr, dalla pelle scura e coriacea come vecchio cuoio, i grandi occhi dalle pupille orizzontali come quelle dei serpenti, timorosi e codardi ma capaci di ire violente ed improvvise, senza capelli né peli e con buffi piedi larghi e piatti che li rendono meravigliosamente adatti a vivere sulle navi.
La loro principale città, Farsoll la Luminosa, sorge sul delta del fiume Drew, che attraversa tutte le pianure occidentali di Dancemarare ed è circondata da miglia e miglia di canneti e canali, dove è impossibile dividere nettamente la terra dalle acque.
– Kirzil!– dice a mezza voce il Notturno ed il Gu'hijirr, la cui vista nell'oscurità è persino peggiore di quella degli uomini ha un sobbalzo, immobilizzandosi al centro del ponte.
– Chi è là?– risponde con voce malferma la creatura.
– Sono Usif-Lizhi, Kirzil, non temere.– Anche da lì il notturno riesce a sentire il sospiro di sollievo del Gu'hijirr che commenta tra sé, certo di non essere udito: “E chi poteva essere se non il nottambulo, stupido Kirzil? Non può mica dormire sempre, eh!”
– Hai proprio ragione, Kirzil Pennarossa. Anche se le mie veglie non sono molto allegre.
Con pochi passi il gu'hijirr lo raggiunge. – Mi hai sentito, vero? Come fai, signore Usif-Lizhi a vedere e sentire con questa oscurità? Io mi sento sempre così a disagio al buio: ogni piccolo rumore mi sembra una minaccia inconcepibile ed ogni ombra mi sembra nascondere una minaccia.
Il Notturno ride ed indica i suoi grandi occhi accesi di una debole luminosità verde chiaro e le grandi orecchie a forma di foglia.
– Siamo fatti così, Kirzil, tutti. Non c'è merito né capacità in questo. Ma in compenso per noi la luce del giorno è insopportabile, ci asciuga la pelle e gli occhi rendendoci ciechi e uccidendoci dopo poche ore. Noi non possiamo perdere acqua come voi o gli uomini per mantenerci freschi. Secchiamo come involucri di insetti e diventiamo polvere.
– E come farai, signore Usif-Lizhi ad attraversare Dancemarare per giungere da Re Artamiro senza lasciarci la pelle per la strada?
Il Notturno esita prima di rispondere. Non ricorda di aver mai parlato con Kirzil Pennarossa del suo viaggio e della sua destinazione. – Ho l'abitudine di parlare nel sonno? – Chiede con aria casuale Usif-Lizhi osservando l'espressione prima confusa poi imbarazzata del gu'hijirr. 

 
– Effettivamente, signore…
– Devo parlare molto forte allora, se sei riuscito a sentirmi anche attraverso la parete che divide le nostre cabine.
– Eh sì, signore.
Usif-Lizhi sospira. Subito sopra il suo letto una griglia metallica permette il passaggio dell'aria tra le due cabine ed è probabilmente così che il Gu'hijirr ha potuto sentirlo. L'immagine di Kirzil appolaiato su uno sgabello e con un orecchio appoggiato alla griglia si forma per un attimo nella sua mente, risvegliando il suo umorismo che sembrava partito per il viaggio molto prima di lui senza lasciare nessuna traccia di sé.
– Chissà che brutta caduta, quando quell'onda più forte ha fatto oscillare la nave. – osserva il Notturno con aria casuale.
– Hai proprio ragione, signore, sento ancora il dolore qui nel… – Kirzil si interrompe di scatto con un sorriso imbarazzato e comincia a guardarsi intorno con nervosismo.
– E cos'altro ho detto, durante i miei sonni, Kirzil? Ho ben il diritto di saperlo, credo, visto che essi hanno avuto un così attento spettatore.
– Oh, signore, non so se…
– Non ti preoccupare, caro amico e cronista. In fondo non posso aver detto nulla di troppo insultante verso me stesso, non credi?
Il gu'hijirr fa un grande cenno di diniego che, confuso, interrompe a metà. – Hai fatto un nome, Edwina o Adwina, credo, un nome che hai ripetuto più volte e poi…
– Allora?
– Hai parlato… – Kirzil inghiotte un paio di volte a vuoto. – Hai parlato dell'Ombra di Sangue ed ho sentito tanta paura nella tua voce, tanto che ho cessato di ascoltare, ché i tuoi sogni devono essere ben spaventosi, signore.
Usif-Lizhi immobile non si preoccupa di rispondere né di spiegare. Il termine del suo viaggio è in quel nome aborrito che ha tentato di seppellire nel mondo dei suoi sogni. Può venire dal male assoluto il bene del suo popolo? E liberare l'Ombra dall'incantesimo posto dagli Antichi Primi non sarà un crimine immane, anzi Il Peccato definitivo che sprofonderà tutte le razze del Mondo negli abissi che lo circondano?
Kirzil lo guarda interdetto, senza più avere il coraggio di parlargli ma neppure di fuggire e l'incertezza lo porta a saltare prima su una gamba poi sull'altra, in una specie di ridicola giga muta.
– Smettila di ballare, Kirzil. – Gli dice aspro Usif-Lizhi.
Il gu'hijirr si immobilizza come fulminato, con un movimento così improvviso e netto che il Notturno non riesce a mantenersi serio e comincia a ridere nel suo modo caratteristico, simile al canto notturno della civetta.
– Scusami, Kirzil, per i miei modi che ti devono apparire piuttosto bizzarri. Non voglio saziare la tua curiosità, perché in questo modo potrò continuare a godere della tua compagnia, che mi offrirai se non per simpatia, almeno per interesse dei miei strani sogni. Ma non voglio trattenerti ancora. Per voi gente diurna vegliare in queste ore oltre il crepuscolo non è un esercizio sano. Vai e dormi, Kirzil Pennarossa e domani sera vienimi a riferire cos'altro ho detto in sogno.
– Sarà fatto, signore. Col vostro permesso… – Il Gu'hijirr dopo una profonda riverenza si allontana senza distogliere del tutto lo sguardo da lui. Mentre si avvia verso il boccaporto che conduce alle cabine lo ode borbottare: – Oh, Winogard, come avevi ragione. Mai impicciarsi negli affari dei Notturni, sono tutti matti senza rimedio. Eh sì, proprio matti e magari anche pericolosi… Pieni di strani misteri e di ancor più strani pensieri… Gran Dio Ohnton della Paludi ricordati dei tutte le mie offerte… E così sia.
Usif-Lizhi resiste alla tentazione di rispondere con un “Così sia” alla singolare preghiera del Gu'hijirr e muove qualche passo sul ponte, risvegliando i cupi cigolii del vecchio legno.
Dopo qualche altro minuto il Notturno lancia un ultimo sguardo indecifrabile alla luna seminascosta da una nube e si dirige verso la sua cabina, silenzioso come un fantasma.


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