21.5.19

Il Mare Obliquo 10

  1. Klog, Matushka e Plinio sono pronti a scacciare gli invasori, ma la disparità di numero li trattiene. La foresta di Canddermyn ha in realtà più di un segreto e dovranno inventare un sistema inatteso per scacciare gli invasori.
 
Per l'ennesima volta Klog il Boldhovin si china a raccogliere la lunga penna azzurra che sporge dall'elmo, ottenuto da un grosso imbuto rovesciato, sottrattagli dalle basse fronde di un albero.
– Bel guerriero.– Si lascia sfuggire Matushka.
– Non ho chiesto un'elmo, io. Sono stati gli uccelli e la Gwellyniuin ad insistere. Tantomeno ho chiesto un pennacchio.
La piccola volpe, trasformata temporaneamente dalla magia di Sibiell in una giovane donna dai capelli rosso tiziano trattenuti in una lunga coda, ridacchia coprendosi la bocca con la mano e indica la lunga piuma. – Ti conviene mettertela in tasca, Klog e tirarla fuori solo alla vista del nemico. Potrebbero ridere tanto da non riuscire più a combattere.
– I syerdwin non hanno molto senso dell'umorismo.– Puntualizza Plinio, nelle vesti di un uomo barbuto, precocemente incanutito. – Ma chissà, alla vista del tuo elmo…
– Avete finito di burlarvi di me? E poi parlate piano che i syerdwin possono udirci. – Replica stizzito Klog. Dire che il boldhovin si è pentito della sua incauta generosità è ingiusto, ma il fatto è che solo adesso gli sono venute in mente una mezza dozzina di soluzioni al problema dei Syerdwin che non contemplano la soluzione militare, oltre ad un centinaio di osservazioni e considerazioni da opporre alla necessità di combattere.
"Ma perché mai i Syerdwin dovrebbero danneggiare il bosco? Insomma, manteniamo i nervi a posto." Immagina di dire con espressione virilmente accigliata mentre la madre-sorella Sibiell lo guarda con ammirazione e gli uccelli di legno assentono con improvvisa convinzione, grati che la sua saggia determinazione li abbia preservati dall'errore. "E poi essi sono penetrati già da qualche giorno epperò non hanno ancora…" Immagina di continuare il Boldhovin, ma qualcosa inceppa la sua fantasia ad occhi aperti. La selva di Canddermyn è sì grande, ma camminando per due giorni è possibile attraversarla. Perchè mai i Syerdwin sono ancora lì?
– Matushka? – Chiama a bassa voce.
– Sì?
– Riflettendo mi è venuta in mente una cosa.
– Succede.
– Ma no, parlo seriamente. Come mai i Syerdwin sono ancora qui, quando ci vogliono due o al massimo tre giorni per attraversare la selva?
La piccola volpe ride mostrando i dentini candidi. – Davvero non lo sai? Alle volte gli uccelli di legno dimenticano di dirlo ai visitatori, sai sono così presi dalla loro musica. Qui nella Selva non corre il Tempo dei Viventi ma il tempo degli Immoti, il Tempo delle Grandi Piante.
Il Boldhovin sbatte due o tre volte le ciglia. – E cioé?
– Il tempo scorre diversamente, qui, caro Klog. – Interviene Plinio. – È più lento per chi ha fretta, mentre non è diverso dal tempo dei Viventi per chi ama questo luogo e non ha fretta di andarsene. E così i viaggiatori frettolosi possono impiegarci anche diversi mesi per uscire di qui, mentre un viandante dal cuore sensibile non ne è troppo ritardato.
– Ma…
– La Selva in un certo senso è viva ed è un'unica grande creatura che pensa pensieri lunghi come intere stagioni. – Gli occhi verdi della piccola volpe hanno lunghe ciglia quasi invisibili e qualcosa in essi ricorda a Klog lo sguardo della sua sorella-madre Fata Armelinda. Inconsciamente il boldhovin annuisce con aria seria e compunta, come faceva da bambino quando la Fata decideva di insegnarli qualcosa.
– Canddermyn avverte chi l'attraversa senza amarla e muove la terra sotto i suoi piedi, la fa scorrere come un lungo tappeto tirato nel senso opposto ai passi del viaggiatore, questo perché egli abbia il tempo di conoscerla.
È una cosa forse crudele. – Continua il gatto – Ma Canddermyn è una strana creatura, viva dall'alba del mondo, che non conosce la morte pur conoscendo la sofferenza. 

 
Klog si toglie l'elmo per grattarsi in testa e guarda in alto l'intrico delle fronde. Sapere che Canddermyn non è un casuale incontro di enormi alberi, ma una sola grande creatura, è un pensiero che lo spaventa e insieme lo affascina. Aveva udito parlare dalle fate dei Grandi Spiriti Immoti, ma saggiamente non aveva mai chiesto loro nulla, nella convinzione che spesso l'ignoranza sia l'unica garanzia dalle inutili preoccupazioni.
…E quindi più i Syerdwin si affrettano meno velocemente procedono. Di conseguenza resteranno qui molto a lungo. – Conclude Klog.
Anche per anni. E nel frattempo possono fare molto male a Canddermyn ed a noi tutti. E siccome sono creature delle acque impazziranno ben presto, qui chiuse. – Plinio lo guarda serio. – Purtroppo l'unico modo per risolvere la situazione è portarli fuori di qui senza più far toccare loro il terreno. Una cosa non facile, come immagini.
– Immagino.
Nella mezz'ora seguente i tre camminano senza più parlarsi, come se aver esposto la situazione avesse reso il loro compito più difficile. Matushka ha anche rinunciato a prenderlo in giro per il suo elmo né d'altro canto Klog ha voglia di scherzare sulla sua lunga piuma azzurra che, cionondimeno, continua ostinatamente ad impigliarsi ovunque.
– Piano. Sono proprio qui davanti a noi. – Dice improvvisamente a bassa voce il gatto. La volpe annuisce. – Nella radura oltre quegli alberi.
Klog aguzza l'udito ma i suoi sensi non sono all'altezza di quelli dei due predatori. Procedono con grande cautela, a rapide e silenziose corse, Plinio e Matushka e in punta di piedi il Boldhovin, che deve arrancare per star loro dietro.
– Eccoli. – La voce di Plinio è diventata un sibilo roco appena udibile.
– Ma dove sono? – Chiede Klog.
– Ma proprio lì, davanti a te… Ah, già, sono protetti dall'Invisibile. – Il gatto fruga nel piccolo tascapane che porta alla cintura e ne estrae una minuscola boccetta di vetro color arancio.– Tieni, solo due gocce per occhio, se non vuoi vedere il Termine Ultimo di ogni creatura.
Klog guarda con sospetto la piccola ampolla, impaurito dall'ultima, misteriosa frase del gatto. Dopo una lunga esitazione rovescia il capo all'indietro e versa le due gocce prescritte negli occhi. Quando li riapre ha la sensazione che il sole sia improvvisamente tramontato, lasciando al suo posto una luminosità fredda e nitida che trasforma ogni ombra in una forma solida ed impenetrabile. Il Boldhovin chiude più volte gli occhi e li riapre, sicuro che ritornerà a vedere la luce alla quale è abituato ma inutilmente.
– Ma cos'è Questo? – Chiede infine dimenticandosi di bisbigliare.
– Piano! – Lo zittiscono Plinio e Matushka. – Ma io voglio sapere… – Insiste Klog.
– I tuoi occhi sono nel Mondo-tra-un-Istante, il mondo dell'Invisibile. Non c'è ancora il sole nel Mondo-tra-un-Istante, solo il suo preannuncio, come all'alba. – Spiega Matushka.
– E se io avessi messo tre o quattro o anche venti gocce? – Chiede Klog, che anche se spaventato è curioso come tutti quelli della sua razza.
– Quanto è lungo un istante, Klog? – Replica spazientita la volpe. – Più gocce metti, più lungo diventa quell'istante. Nessuno ha mai osato andare oltre le cinque gocce e chi l'ha fatto ha visto un mondo scuro senza sole, popolato di spettri che lo attraversano senza pace. Cosa c'è Oltre? La fine di ogni cosa probabilmente, la morte della Morte, forse.


Klog sente un brivido gelido sollevargli il pelo della nuca. – Ma allora quei syerdwin, protetti dall'Invisibile, viaggiano all'interno di questo mondo…
– Molto esatto. E questo non renderà certo migliore il loro soggiorno a Canddermyn. – Conclude Plinio. – Adesso vuoi fare un po' di silenzio?
Il Boldhovin annuisce e si decide a guardare nella direzione dove il gatto gli ha indicato.
Siedono nello spiazzo erboso, ben al centro di esso come assediati. Klog li conta in silenzio ed ha la sensazione che i suoi compagni stiano facendo la stessa cosa.
– Dodici. Ci sono tutti.– Avverte Matushka mentre Klog e Plinio annuiscono.
– Si sono fermati da poco. – Osserva il Boldhovin notando che nessuno dei syerdwin ha ancora tolto gli stivali.
– O stanno per andarsene… No, non ci sono tracce di un pasto.
– È meglio avvicinarsi, Plinio, per sentire quello che dicono.– La volpe li guarda con una strana espressione per una attimo e pronuncia una parola. Un attimo dopo dal mucchio di abiti scivolati a terra fa capolino la familiare figura di Matushka che appena uscita si siede e si mordicchia nervosamente il pelo del dorso. – Odio queste trasformazioni improvvise, ma se mi avvicino così è meglio.
Klog si volta di scatto verso il gatto che sorride a bocca chiusa. – Non ho intenzione di imitare la mia sorellina, non ti preoccupare.
Mentre aspettano che la volpe torni dalla sua spedizione gatto e boldhovin si sdraiano a terra osservando la scarsa animazione che regna nel campo dei loro avversari. Qualcuna delle creature marine ha tratto dalla propria borsa un po' di cibo, probabilmente pesce affumicato e qualcuno sta bevendo, ma almeno dalla loro posizione non sembra che nessuno abbia gran voglia di danneggiare gli alberi o di abbandonarsi a gesti inconsulti.
I dodici Syerdwin portano giustacuori con i colori del loro re, Horr Vamaiun, violetto, sabbia e nero ed hanno armi, scudi ed elmi colorati di bianco e nero, come è nelle tradizioni dei Syerdwin.
– Sembrano molto stanchi. – Bisbiglia a Plinio che fa un lento cenno di assenso.
Dopo pochi minuti Matushka ritorna dalla sua spedizione, con il pelo arruffato e le orecchie basse.
– Allora? – Le chiede Plinio.
– Puzzano terribilmente di pesce. Penso che a te piacerebbero. – Commenta la piccola volpe e pronuncia la formula che le restituisce sembianze umane. Naturalmente ritornando umana si trova a quattro zampe, come un bimbo apprendista bipede, cosa che sembra infastidirla ancor di più dell'odore dei Syerdwin.
– Cos'hanno detto? – Le chiede Klog.
– Devo rivestirmi, stupido Boldhovin, non lo vedi? Dove sono quegli stupidi pezzi di stoffa?
Plinio le porge il fagotto degli abiti con un gesto pieno di cautela e la ragazza-volpe si veste di fretta, con gesti nervosi, maledicendo lacci e fodere. Quando finalmente il volto di Matushka fuoriesce dalla camicia, ella esibisce un'espressione così intensamente contrariato da bloccare ogni curiosità in Plinio e Klog, che si dispongono ad attendere pazientemente che la volpe abbia terminato di abbigliarsi.
– Ho finito, maledizione. Che il gran Dio Gherso stramaledica gli abiti, gli idioti che li hanno inventati, i cretini che li cuciono ed i babbei che li indossano. Beh, cosa avete da guardarmi in quel modo?
– Se sarà necessario, la prossima volta… – Comincia Plinio.
– Puoi giurarci, fratello. – La volpe si guarda la giubba, dove l'ultimo bottone in basso oscilla ibero, mentre il primo occhiello in alto è desolatamente vuoto come l'occhio di un cieco.
Matushka guarda il cielo senza aggiungere nulla e comincia a sbottonarsi con pericolosa calma.
– Ehm… – Tossicchia Plinio.
– Sì, ho capito. Si sono detti ben poco ed a vederli da più vicino mi sono sembrati molto spaventati. Io non conosco bene i Syerdwin, ma mi sono sembrati stanchi e nervosi come gatt… Scusa. Insomma, poco raccomandabili.
– Ti è venuta qualche idea? – Si azzarda a chiederle Klog.
– Credo di no. Bisognerebbe farli dormire molto e molto profondamente… O farli rinunciare al loro compito, magari spaventandoli.
– Sono già molto spaventati.– Osserva Plinio. – E poi farli scappare non servirebbe a farli uscire dal bosco.
– Eh, già.
– Si potrebbe loro suonare una musica che… – Inizia Klog.
– Nel Mondo-tra-un-Istante si possono solo udire le risonanze della musica ed i suoi echi. D'altro canto non senti le nostre parole?
Il Boldhovin annuisce silenziosamente. Le frasi pronunciate dai suoi compagni arrivano al suo orecchio con un leggero ritardo, come se essi fossero più lontani, e con un alone di risonanza, simile a quello di un eco.
– Non credo che nessun musicista riuscirebbe a comporre una musica da udire nel Mondo-tra-un-Istante. – Conclude Matushka. – Allora cosa facciamo?
– Bella domanda. – Il gatto si siede per terra a gambe incrociate ed estrae dal tascapane una pipa ed una borsa del tabacco. – Intanto che pensiamo mi faccio una pipata.
I syerdwin nel frattempo si sono sdraiati a terra e solo un paio di loro rimangono in piedi per fare la guardia. Passano lunghi minuti di silenzio, infine rotto da un'esclamazione di Klog che fa sobbalzare suoi compagni.
– Ci sono!
– Piano, per carità.
– Ho detto che ci sono. – Ripete a bassissima voce il Boldhovin.
– Abbiamo capito. Vuoi spiegarti?
– Hai detto che dovremmo spaventarli e farli fuggire, e se invece facessimo il contrario?
– Cosa intendi dire?
– Noi vogliamo che in un modo o nell'altro essi abbandonino la foresta e più essi si affrettano meno avanzano, giusto?
– Giusto. Comincio a capire, boldhovin. – Sorride la piccola volpe.
– Io invece, no.
– Ma è semplice, noi vogliamo che i Syerdwin procedano lentamente, quindi dobbiamo rubare loro i cavalli e gli stivali.
– Bellisssima idea, Klog, ma… – Matushka si interrompe di colpo. – I cavalli non è difficile, ma gli stivali… Eh, no, non un'altra volta.
– Temo che sia necessario. – Osserva Plinio serio.
– E perchè non tu?
– Non è una cosa da gatti.
– Rubare, portandoli in bocca, dieci paia di stivali non è nemmeno una cosa da volpe, se è per questo. Tantopiù se gli stivali puzzano di pesce.
Il gatto e la volpe si guardano corrugando le sopracciglia e con l'occhio della fantasia Klog li vede agitare la coda o abbassare le orecchie e ringhiare.
– Non litigate. Pescheremo.
– Come sarebbe?
– Dovremo procurarci del filo e degli ami, poi dall'alto degli alberi… 
 
– Non sei mica scemo, sai Klog?
– Grazie.
– Ritiro tutti gli insulti che non ti sei meritato.
– Grazie, Matushka.
– Che non sono molti. – Commenta a mezza voce il gatto.
Il boldhovin apre la bocca per ribattere ma intercetta lo sguardo divertito di Plinio e sorride a sua volta.
– Andiamo a pescare, coraggio fratelli. – Li incita Matushka. – Lilliath il merlo-violino è già corso a procurarci il necessario e nel frattempo dobbiamo arrampicarci sugli alberi. Se poi non riesci a scendere, Plinio, saremo lieti di aiutarti.
– E se tu non riesci a salire? – Ribatte il gatto.
– Ti chiederò di sorreggermi. – Replica la volpe con un sorriso malizioso.
– Quand'è così andiamo.

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