Ritorno alla mia specialità, che è poi anche il mio lavoro: la scelta delle novità e la scelta dei titoli da tenere sempre disponibili («a stock», come dicono quelli bravi).
C'è bisogno di dire che la scelta dei titoli da acquistare e, soprattutto, quella dei titoli da avere sempre «in casa» costituisce un buon 50% della professionalità di chi fa il mio lavoro?
Dei titoli novità da acquistare ne ho parlato più volte, come ho parlato della necessità di «difendersi» dall'inflazione libraria (ovvero l'eccessivo numero di titoli prodotti in rapporto all'assorbimento del mercato italiano) e da una produzione ormai dimensionata sulle librerie di grande superficie. Ho parlato della clonazione di idee e temi in narrativa ma forse non abbastanza del cannibalismo in campo saggistico. Lo accenno qui con la promessa di ritornare sul tema.
Il cannibalismo consiste nel prendere un trattato, riassumerlo o tripartirlo e farne uno o più testi (relativamente) indipendenti o nel pubblicare singoli capitoli di un libro con titoli diversi e senza avvisare (se non in una nota microscopica) che il saggetto è stato in realtà già pubblicato. O nel ripubblicare con titolo mutato un libro già uscito o nel recuperarne soltano una parte e ristamparla senza avvisare. Lodevoli piccole economie, si può affermare, o meritevoli recuperi di materiali ormai fuori commercio. Se non fosse che i cultori di quella determinata materia (vita quotidiana sumera, avventure di alchimisti celebri o storiografia della marina militare giapponese) in genere sono felicissimi di trovare e acquistare un altro titolo attinente alla loro passione scritto da un noto esperto dell'argomento, salvo scoprire in un secondo momento che... l'avevano già letto.
Ma sono andato fuori tema.
Mi capita spesso.
Torno a bomba.
Criteri di scelta dei titoli.
NON esiste un criterio unico e indiscutibile, meglio dirlo subito.
Dipende dai lettori che frequentano la libreria, da dove si trova la libreria, da qual è la sua specializzazione - se ne possiede una, dal suo passato o dalle intenzioni per il futuro.
E dipende anche dai rapporti con distributori ed editori.
Ovviamente una libreria deve preoccuparsi di avere a magazzino le novità che, si suppone, possono interessare al suo pubblico abituale, senza però trascurare completamente i possibili best-seller che, senza tanti snobismi, sono poi i libri acquistati da quel lettore «medio» che acquista un libro non perché reading-addicted come il sottoscritto e i suoi amici ma per semplice curiosità: «Si parla tanto di quel libro, chissà come sarà?». Il lettore irregolare e occasionale, quello che, se opportunamente stimolato, fa di un successo editoriale un best-seller da centinaia di migliaia di copie.
Un atteggiamento, comunque, che deve essere molto diverso dall'adesione supina e stuoinica alla politica commerciale del grande gruppo. Per i grandi gruppi editoriali e particolarmente per i loro uffici commerciali e uffici stampa il best-seller nasce perchè la libreria ne ha acquistato abbastanza copie da poter edificare qualche genere di costruzione (un scalinata, un bunker, un foro boario, una piramide, una stonehenge) in vetrina e/o nelle vicinanze della cassa.
Magari schierandovi accanto la riproduzione 1:1 dell'autore, in gergo detta «sagomone».
Andate a vedere in una Feltrinelli Village per vedere che cosa intendo.
Parlando di sagomoni, noi abbiamo ancora da qualche parte un Magris, un Wilbur Smith e un Patterson (non mi ricordo quale Patterson, però). Si trovano in angoli poco frequentati della libreria e svolgono adesso l'imprevista funzione di spaventaclienti. Nessuno riesce più a ricordarsi in occasione di quale best-seller siano stati prodotti, ma non si ha il coraggio di regalarli a Progetto Cartesio. Sono come le armature finte nella casa degli Addams: spaventano affettuosamente.
Di nuovo fuori tema.
Rientro.
Se acquistate multipli di dieci o di cento di un titolo strapompato dall'editore dimostrate di avere fiducia nel titolo. E il grande editore e soprattutto il promotore vi vorranno bene. Ve lo dimostreranno con un sovrasconto micragnoso (+2%, +3%)[1] e con un termine di pagamento generoso (90 gg o 120 gg invece dei soliti 60gg).
Se poi il titolo «non va»...
Beh, nessuno vi ha obbligato a comprare 100/110 copie di Nuda a strisce, noir metropolitano e solipsista, sessualmente perverso ed estremo, séguito del grande successo Nuda a righe. Secondo l'editore avete autonomamente valutato di poterlo «spingere» (ovvero affibbiarlo a tutti: suore, bimbi, allievi rabbini e ambulanti maghrebini compresi) e quindi giustamente e autonomamente dovete pagarlo prima di vedere l'accredito delle 101 copie che avete reso tre mesi dopo l'uscita (e quindici giorni dopo il rogo del sagomone dell'autore, Tullio Morgan Prestipino).
Attenzione.
Su questo meccanismo sopravvive l'esausta editoria italiana.
Sbagliare la prenotazione è umano, soprattutto se non si è troppo scafati e l'editore ha effettivamente sparato tutto lo sparabile nella presentazione. Ultimi due esempi che ricordi: City di Alessandro Baricco e Ascolta la mia voce di Susanna Tamaro. Un fiasco il primo, un fiasco sanguinoso il secondo. Un attimo, però, per un chiarimento. Si tratta di titoli che hanno comunque venduto ma mooooolto meno di quanto l'editore su sarebbe aspettato. Il valore letterario e artistico dei due libri non è qui in discussione - anche se personalmente sono convinto che si tratti (per usare un eufemismo) di prove minori dei due autori citati - ciò che è qui in discussione sono i problemi di esposizione finanziaria che uno o una serie di best-seller falliti creano alla libreria e qual è la sorte delle troppe copie rimaste invendute.
Per quanto riguarda l'esposizione: il diritto di resa delle copie invendute mette entro certi limiti al sicuro il libraio. Entro certi limiti, però. Lo scenario è questo: il libraio deve pagare entro 120 gg le sue 50 copie di City. Ma trascorsi 90 gg ne ha vendute meno di 20. Conoscendo il mondo - e quello librario in particolare - si rende conto che se il libro non ha ancora funzionato non funzionerà mai. Infatti se gli acquirenti delle prime copie fossero rimasti folgorati dalla bellezza del romanzo avrebbero innescato un meccanismo di emulazione (il leggendario tam-tam dei lettori) che avrebbe sostenuto le vendite del libro anche dopo la fine della campagna di promozione dell'editore. Evidentemente i primi lettori hanno quantomeno tenuto a freno il proprio entusiasmo e questo non è accaduto. Nella prima settimana le copie vendute sono state 7, nella seconda 5, nella terza 3, nella quarta 1, nella quinta 1, nella sesta 0, nella settima 1 ecc. Quindi al 90° giorno il libraio convoca il promotore e gli chiede l'autorizzazione a rendere l'eccedenza: una trentina di copie.Il promotore si meraviglia, si addolora, sostiene che altrove il libro «è andato benissimo» ma alla fine capitola. Entro 100 gg. l'eccedenza è ritornata nei magazzini dell'editore o del suo distributore. Ma venti gg. dopo il libraio deve comunque pagare TUTTE le copie a suo tempo ricevute. Smadonnando, sudando, minacciando, stramaledendo paga (se è liquido, ovviamente) e aspetta l'accredito per la resa che gli passerà in conto dopo un paio di mesi. Nel frattempo però il grande editore presenterà un altro grande best-seller che...
Parrebbe facile sfuggire al meccanismo.
Basta ordinare poco.
Ma non funziona così.
Gli editori - particolarmente quelli del gruppo Spagnol (Longanesi, Guanda, Garzanti ecc.) stampano praticamente soltanto le copie che le librerie hanno prenotato.
Se il libro funziona e l'avete finito al primo giorno, per una quindicina di giorni dovrete poi ripetere a pappagallo «È in arrivo» e chiunque penserà che non sapete fare il vostro lavoro: «Ce l'hanno tutti, sono proprio dei poveretti».
Personalmente sono convinto che il diritto di resa sia un meccanismo insano che, in ultima analisi, fa più male che bene al mondo del libro. Crea indebitamento (fasullo) e genera risorse (apparenti) inducendo una sovrapproduzione che mette a rischio la permanenza dei libri in libreria. Prossimamente tornerò a parlarne, magari in forma meno stringata.
Per la prossima volta mi interessa di più parlare del Grande Mare dei libri morti, ovvero della formidabile quantità di libri che, invenduti a causa dei meccanismi di distribuzione dell'editoria libraria, scompaiono dalle librerie per non ritornarvi più.
[1] La matematica degli editori non è quella che conosciamo tutti. Il sovrasconto, infatti, è uno sconto ulteriore calcolato sul netto già scontanto. Quindi non significa 30+2%= 32% ma 30% +2% del 70%= 31,4% e via discorrendo. La consegna dei volumi in libreria costa comunque (porto e imballo) un 3% circa del prezzo di copertina. Quindi un libro acquistato con il 30%+3% significa un libro acquistato con lo sconto del 29,1%.
7 commenti:
Grazie per questa visione "da dentro" la libreria, un articolo molto interessante.
Come sempre un articolo utile, specie per chi coi libri vorrebbe lavorarci. Mi interessa leggere anche quella storia sui libri "morti", per cui aspetto i prossimi aggiornamenti! ^^
Simone
Grazie, Bruno.
Probabilmente il fatto è che, nonostante tutto, evidentemente sono innamorato del mio lavoro. In secondo luogo, comunque, mi sembra importante che i lettori siano informati di come funziona il mondo dell'editoria libraria. Può aiutare a comprendere fenomeni in apparenza assurdi (perché moltissime recensioni sono inattendibili?)come il successo inesplicabile di libri mediocri.
Per Simone: ci vorrà un pochino per arrivare al "Grande mare dei libri morti". Prima ho altri due o tre post da pubblicare, ma ci arriverò. Grazie, comunque, per il sostegno.
sì, illuminante come al solito, ti ringrazio.
quanto al fatto che l'editoria viva nella prospettiva di dover prima o poi pagare, è davvero affascinante (altro che spada di damocle) e mi fa sorgere una domanda: ma può esistere un momento di pareggio, ci sono degli azzeramenti (evoluzione puntuata del bilancio?) o la situazione è destinata a rimanere stabile in questo (dis)equilibrio?
Per Alladr:
Esiste un redde rationem, naturalmente. In tutti i sensi. L'editore indebitato con il distributore può azzeccare il best-seller, ovvero il libro o l'autore da un un milione di copie. È capitato a Sellerio con Camilleri, a Fazi con la smutandata Melissa P. e a Editori Riuniti con «L'odore dei soldi» di Travaglio. In alternativa la rottura avviene quando la mole delle rese è tale da prosciugare la liquidità dell'editore. È accaduto, tra gli altri, all'editrice Nord gestione Viviani. Interessante il fatto, comunque, che in questi casi il marchio viene acquistato da un grande gruppo editoriale che grazie all'economia di scala può far fruttare i titoli a catalogo dell'editore naufragato e può proporre ulteriori novità utilizzando il marchio acquisito.
In un certo senso il meccanismo non si ferma mai...
Max, le tue finestre sul retrobottega della libreria sono sempre interessanti, ma veramente spaventose - sembrano racconti dell'orrore.
Probabilmente il discorso è simile per negozi di altro tipo, ma lascia perplessi il fatto che il consumismo estremo abbia colpito un campo che proprio non si adatta al modello dell'usa&getta.
Beh, buona parte della produzione libraria sarebbe da gettare senza nemmeno l'uso...
No, scherzo.
Il realtà l'editoria libraria ha sempre avuto una dimensione «volatile», basti pensare alla cosiddetta letteratura «di genere» il cui valore stava essenzialmente nell'uso immediato o quasi. Giusto o sbagliato che fosse (ai loro tempi Balzac e Dumas erano considerati poco più che scribacchini) i libri erano essenzialmente un'altra cosa. Il problema attuale è la «generizzazione» di tutta la letteratura, nata per rimanere in libreria non più di 90-120 gg. Letteratura che diventa volano finanziario per produrre credito.
Ma ci ritornerò parlando delle rese.
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