La notizia è del 16 di questo mese.
Morto all'età di 75 anni, in California.
Dove risiedeva non in quanto appassionato della West Coast ma perché fuggito dall'URSS per evitare la condanna al manicomio criminale. Druzhnikov era scrittore - uno dei migliori scrittori russi del XX secolo - ma era stato espulso dall'Unione Scrittori Sovietici perché dissidente. Faceva circolare i suoi lavori, tra i quali Angeli sulla punta di uno spillo, in forma di samizdat, ovvero di ciclostilato.
L'ho letto e posso dire che si trattava di un grande scrittore. Della razza sempre più rara che riesce a raccontare nello stesso libro le piccole storie quotidiane e la Grande Storia di noi tutti.
Mi ha sempre colpito che il regime sovietico avesse una così grande paura dei libri.
Dei giornali, dei media è comprensibile.
Di internet magari, se l'URSS fosse sopravvissuta fino a oggi, come ne ha paura il regime cinese.
Ma dei libri?
Libri di narrativa. Narrativa raffinata e intelligente come quella di Druzhnikov, oltretutto.
Mi viene in mente una cosa. Tanto strana che non sono nemmeno certo di poterla sottoscrivere io stesso.
Ma la dico ugualmente.
I capi del defunto PKUS era gente che proveniva da una struttura - il Partito Comunista - che aveva nel suo «corredo genetico» il rispetto e la considerazione per la letteratura.
Anche la paura, se era il caso.
Gente che conosceva il potere della parola e che, conoscendolo, ne diffidava.
Che veniva dritta dritta da un altro secolo ed era figlia - sicuramente degenere - del pensiero illuminista, marxista, razionale e progressivo dell'Europa dell'Ottocento.
La dittatura ha significato, come per tutte le dittature, il dominio dei mediocri, delle spie, dei servi sciocchi che impediscono qualsiasi forma autonoma di espressione. Il vero nome della ditturata è «stupidità pianificata».
Ma adesso non ci sarebbe e non c'è più bisogno di manicomi criminali. Né in Russia né qui.
Basta il silenzio. L'impossibilità di essere pubblicati, distribuiti, letti e commentati.
La censura del mercato è più sufficiente.
«Ma noi abbiamo Saviano», dirà qualcuno.
Va bene. Abbiamo Saviano, rispondo io.
Mi deve bastare? Vi basta Saviano?
A me non basta.
Meno che mai mi basta la palude di narcisismo, piccolo calcolo, miseria morale e stupidità vanesia nella quale è affondata la letteratura italiana.
Rimpiango Druzhnikov perché era un laico.
Era ironico ma pietoso, sarcastico ma comprensivo, tagliente ma addolorato.
Ed era un grande scrittore.
Tutto qui.
1 commento:
concordo, il silenzio uccide più del boicottaggio. Però non è che non vi ricorressero... penso a zivago che non doveva essere pubblicato o a bulgakov che implorò stalin di farlo espatriare visto che c'era il veto su i suoi libri. Ho sempre cercato di immaginare il viso di Stalin mentre leggeva quella lettera.
Lui che mandava milioni di persone a morte con un tratto di penna e nessuna emozione.
Secondo me nel leggere quella lettera sorrideva.
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