7.5.08

Astensione

Mi hanno detto che non posso esimermi.
Che nella mia posizione di one-man-band del libro (libraio, editore, autore, editor, correttore bozze, coordinatore et coetera) e in più torinese - sia pure d'adozione - non potevo non esprimermi sulla Fiera del Libro di Torino.
Non solo.
In questi giorni una persona su due tra quelle che sono entrate in libreria mi hanno chiesto: «Ci vediamo alla Fiera, allora?».
No, non ci vediamo.
«Ma sei filopalestinese, turigliattico, dilibertiano? Centrosocializzi? Bruci bandiere, emblemi, labari, stemmi, insegne?»
No.
Per quanto, da anarchico malinconico (anarconico) sia proclive a usare tutte le bandiere del mondo come stracci per la polvere.
Ma non intendo aggiungere una parola alle (troppe) spese in questi mesi sul tema Israele-Palestina, un groviglio storico-politico-economico dove chi si presenta con una posizione chiara, definita, senza sfumature né distinguo è necessariamente un cretino.
E non boicotto.
Semplicemente mi astengo.
L'ho già scritto nel numero 42 di LN-LibriNuovi:

una Fiera che relega i piccoli editori in spazi marginali per esaltare ciò che non ha bisogno di essere esaltato, ovvero i grandi spazi e i grandi editori.[...] un baraccone pericolante senza idee né prospettive che non siano quelle di esporre e vendere ciò che è abbondantemente esposto e venduto in mille altri luoghi [...] Credo che la Fiera dovrebbe essere interamente ripensata o abbandonata al suo destino, cominciando a riflettere sulla possibilità di organizzarne un’altra. Ad altri prezzi e con altre priorità.

In questa sede aggiungo che una fiera della piccola e media editoria e dell'editoria di proposta direttamente gestita dai librai - che hanno conoscenze e competenze decisamente più complete del personale degli stand della Fiera - sarebbe un vero appuntamento culturale.
Non ho avuto motivi per cambiare idea, nel corso dell'ultimo anno.
Anzi.
Quindi se l'anno scorso boicottai a titolo personale, quest'anno non boicotto ma semplicemente mi astengo.
Punto di vista da libraio che teme per la cassa?
Della cassa, visti i tempi, mi preoccupo marginalmente. Altrimenti dovrei passare tutte le notti a preoccuparmi.
Mi dà fastidio, invece, il culto dell'evento. Il berlusco-veltronismo che trionfa e oscura il lavoro quotidiano di migliaia di persone che pensano a promuovere la lettura per tutto l'anno e non solo per quattro giorni, l'esaltazione della consueta demenziale kermesse, dell'evento unico-e-spettacolare che guadagna pagine sui giornali e spazi nei TG.
«Ma si possono incontrare gli scrittori, gli editori, i protagonisti della cultura!»
Vero.
E qui debbo ammettere una debolezza, un difetto, un vizio assurdo.
Non mi interessa incontrare gli autori dei libri che amo.
Ho paura che la loro intepretazione del libro non coincida con la mia.
Sono un lettore geloso delle mie letture e dei miei sogni.
Non pretendo che sia una scelta condivisa. Riguarda soltanto me.
In controtempo, come mi capita spesso.

5 commenti:

Piotr ha detto...

Che strano.
Questo tuo post è essenzialmente informativo, politico, definente. Insomma, valessero per i post le distinzioni che valgono per i libri, non sarebbe nè un romanzo nè un racconto, ma un saggio. Un saggio breve, un pamphlet, cose così. Eppure ci si trova dentro:

1)Creatività in Nuove Definizioni:
anarchico malinconico (anarconico)
- Non per dire, ma conosco uno che ancora ride e continuare a citare il tuo "visciuntuoso".

2)Coraggio in Uso Desueto:
Proclive (a usare tutte le bandiere del mondo come stracci per la polvere).
Il termine fuori parentesi è indice di fegato narrativo: quello tra parentesi di personale sintonia, ma questo non c'entra.

3)Infine, la ragione che mi ha fatto scrivere questo post. Una frase come la seguente:
"...sul tema Israele-Palestina, un groviglio storico-politico-economico
dove chi si presenta con una posizione chiara, definita, senza sfumature né distinguo è necessariamente un cretino."

...una frase così, dicevo, è pura matematica.

Grazie.

Massimo Citi ha detto...

Ahimé Piotr, il mio lessico è una combinazione delirante tratta da tutto ciò che lessi da ragazzo. Letture disparatissime, talvolta condotte su romanzi appartenuti alla nonna materna. «Proclive» credo venga da lì. «Messere, mi sento proclive a decorarvi il giustacuore di un'asola supplementare». Cose così, insomma.
In quanto al problema mediorientale sono francamente stanco di idioti dalla verità in tasca. Nemmeno del destino di un circo di pulci parlerei con tanta superficialità.

Fran ha detto...

A dire la vertà la cosa peggiore di quello che ci propongono i media e la semplificazione di qualsiasi problematica. Il livello di semplificazione è tale che anche i bambini dovrebbero sentirsi offesi, ed invece pare che l'italiano medio (quello che vedo alla televisione dalla lontana Svizzera) ci si trovi benissimo.
Gli americani (per qualche motivo misterioso) sono "i buoni", i mussulmani "cattivi", e così via.
È molto preoccupante, ecco. Fa piacere che qualcuno ricordi che non tutto è bianco o nero.

Enzo Paolo Baranelli ha detto...

Come non essere d'accordo? Esprimendo argute ossevazioni contrarie alle tue.
Ma non me ne viene in mente nessuna.
Essendo pigro al cubo, creo un link verso il tuo messaggio.

Massimo Citi ha detto...

Ben arrivato, Enzo.
Anch'io sono pigro, in realtà. Non amo lavorare quindi cerco di sopravvivere facendo ciò che mi piace fare. Non mi riesce bene come vorrei, però.