28.1.19

Calibano XXV. Un innocente passatempo

 
– Ammiraglio Qvatten! –
Il Kerrabbia interrompe la lettura di Non lasciarmi di Charlotte Qammalyn, si asciuga furtivo una lacrimuccia ed accende il Com della sua cabina.
– Keccé?
– Un fax intersistemi con la sentenza. Abbiamo vinto!
Annuncia l’ufficiale Kerrabbia dal grande schermo illuminato. – Il Governo di Sirio deve riprendere i pagamenti.
– Ah, bene. – Commenta l’Ammiraglio, la mente tuttora vagante per le fredde brughiere alla ricerca del cadavere della sua amata. – Provveda ad informare gli altri comandanti della flotta: riunione tra diciamo … – Exilir Qvatten fissa il suo cronografo di palladio, omaggio di un gruppo di ammiratori. – … un’ora a bordo della Agonia.
– Sissignore. – L’ufficiale toglie la comunicazione.
Appena certo di essere tornato alla sua amata solitudine l’Ammiraglio estrae il volume da sotto il cuscino, si compiace con se stesso del tempo concessosi e riprende la lettura.


  «…Emma, oh mia dolce Emma! – Gridò David alla crudele notte silenziosa. – Perduta per sempre, per sempre! – E si torceva le dita, il povero giovane, lanciando tristi richiami al fantasma di una luna fasciata di brume che illuminava il bosco avito e la facciata coperta di edera della sua villa, la villa che aveva conosciuto la sua grande felicità, ed era ora il teatro della più nera disperazione. – Che ne é stato di te, dolce Emma? Quale orribile destino ti ha strappato a me?
Un moto improvviso, un debole oscillare di un ramo di rampicante risvegliò i sensi ottenebrati di David, spingendolo a volgere il capo di scatto.
Quale non fu il suo orrore ed insieme la bruciante esaltazione nel veder venire verso di lui, attraverso il grande terrazzo, la forma a lui più nota e cara.
– Emma! – Le sue labbra incredule formarono quel nome mille volte sussurrato nell’abbandono dell’amore…»


– Ammiraglio Qvatten!
Il Kerrabbia invia un pensiero tutt’altro che pio a Dhurawak, Gran Dio della Gloriosa Morte Violenta, nasconde nuovamente il romanzo sotto le coperte ed accende il comunicatore.
– Eh?
– Ho ricevuto conferma dagli altri comandanti, Ammiraglio. Riunione confermata tra cinquantatre minuti standard unificati nella sua cabina.
– D’accordo.
– Ci sono altri ordini Signore?
Qvatten lo fissa con espressione omicida e scuote la testa poderosa. – No.
– Allora posso sospendere il collegamento.
– Sì. Puoi.
– Arrivederci.
– ‘Rci.


«…Ella indossava un abito bianco, leggero come un raggio di luce lunare, delicatamente mosso da una debole brezza e procedeva con ritegno alla sua volta, il dolce volto nascosto dall’ampia ala del cappello…»


– Ammiraglio Qvatten!
L’ammiraglio Exilir Torrismond Qvatten emette un ruggito e accende con un pugno il com. – Makkevvuoi? Cos’altro succede?– Urla al viso impassibile del giovane ufficiale.
– Il Ministro della Difesa di Sirio Gondola Blomberg desidera parlare con lei.
– Non c’é il mio pubbliche relazioni? – Ulula l’Ammiraglio. – Possibile che in questa flotta debbano sempre rompere gli organi a me?
– Il suo PR, Ammiraglio, si trova in licenza a Torre Tortura per visitare i sepolcri dei suoi antenati. – Puntualizza l’ufficiale. – Cosa devo dire al ministro?
«Che può andare ad impiccarsi.» Vorrebbe rispondere Exilir, ma si limita ad un: – Passamela. – Carico di amarezza.
Un secondo dopo il viso del Guardiamarina Kerrabbia é sostituito da quello della bella siriota dal pelo color miele.
– Buongiorno Ammiraglio, é un vero piacere.– Intona con gradevole voce da contralto il pezzo grosso del governo di Sirio. – Come sta?– – Bene, bene. A cosa devo? – Taglia corto Qvatten, molto più interessato alla sorte di David Elmfield e di Emma Grant che a quella di tutti i sirioti dell’universo.
– Volevo solo cercare di chiarire il motivo dell’equivoco sorto tra noi, felicemente sciolto dalla sentenza di Principe del Foro IV.
L’ammiraglio, pur distratto e ansioso, non riesce a resistere alla tentazione di sorridere nel modo tipico della sua razza, provocando un ancestrale moto di allarme nel Ministro della Difesa. – Si chiama tirare sul prezzo il suo equivoco, madame. Comunque adesso procederemo nella nostra missione, a Dhurawak piacendo, e Foxtrot sarà distrutta entro un settimana standard. –
– Com’é brutale, ammiraglio. – Ride la Siriota. – Ma la cosa può anche avere i suoi pregi, a tempo e luogo.
– Prego? – Chiede Qvatten che, come tutti quelli della sua razza, ignora in modo assoluto le finezze della seduzione e il gusto della schermaglia amorosa.
– Nulla, nulla. – La siriota si produce in un altro dei suoi sorrisi maliardi. – Nei prossimi giorni potrà, in caso di necessità, comunicare con il mio capo di Gabinetto Japo Varady. Io ed il Premier Verex Tango dobbiamo allontanarci da Sirio per una missione urgente.–
Exilir Qvatten annuisce con uno scatto del capo. – Non ci sarà necessità.– Replica secco.
– Siete dei bei tipi, voialtri: duri, materiali, implacabili, senza un pizzico di fantasia o di romanticismo. – Ride il Ministro. – Arrivederci, Ammiraglio. –
– Il dovere é dovere. – Mormora Qvatten con voce soffocata, improvvisamente timoroso che la Siriota abbia saputo in chissà quale modo della sua piccola debolezza e lo stia prendendo in giro.
– Non c’é solo il dovere nella vita, Ammiraglio Qvatten. La saluto.
– Arrivederci.
Lo schermo si spegne lasciando il Kerrabbia torvo come un bambino sbeffeggiato e di umore ormai del tutto inadatto a continuare la lettura.
– Guardiamarina Gheinsen! – Urla un attimo dopo al Com.
Il giovane ufficiale fissa lo schermo accesosi all’improvviso con espressione colpevole e tenta di nascondere qualcosa sotto il piano della scrivania.
– Cos’hai lì? – Chiede l’Ammiraglio con un tono da maestro di inizio secolo.
– Io? – Si schermisce il povero Guardiamarina che poi, di fronte allo sguardo omicida dell’Ammiraglio appoggia sulla scrivania un libro.
– Cos’é? –
– Ecco… –
– Ho detto cos’è. – Ripete Qvatten.
L’ufficiale non risponde ma solleva il volume perchè l’Ammiraglio ne possa leggere il titolo: «Tua per sempre» di Charlotte Qammalyn.
– Ah. – Commenta l’Ammiraglio, sicuro di non averlo ancora letto.
– Devo togliermi la vita? – Chiede il giovane Gheinsen ponendo mano alla spada che gli ufficiali Kerrabbia continuano anacronisticamente a trascinarsi dietro .
– No.
– Provvedo a distruggere il volume?
– Eh? No, no. – L’Ammiraglio esita un istante. – Fammi avere immediatamente quel… libro. – Qvatten pronuncia quella parola con evidente pena e disgusto. – Una volta che l’avrò esaminato saprai quale sarà la tua punizione.
– Sissignore.
Un istante dopo, attraverso il teletrasmettitore, il volume incriminato giunge nelle mani dell’Ammiraglio che lo accarezza meditabondo e lo nasconde in un armadietto insieme ad un’altra trentina della stessa autrice, già pregustando la lettura che lo attende.




Non visti da occhio umano

Satan e Soci in compagnia di Doppio Kuemmel e del suo tecnico fotografico, Eisenstein, un lemuroide di Goodwana, hanno raggiunto il Sistema di Foxtrot e osservano la flotta al soldo di Sirio pronta all’assalto finale.
I cattivissimi (o quasi) Kerrabbia per non farsi avvistare da eventuali velivoli terrestri, se ne stanno immersi in un campo di impercettività Godemichè. Lo stesso fanno le navi del società Satanica e la flotta dei Mangiasabbia.
Due delle tre flotte, immobili nella Nube di Oort oltre l’orbita di Plutone, lucidano lanciasiluri, preparano missili, sussurrano dolci parole agli ipercannoni antimateria in attesa dello scontro decisivo e respirano l’aria esaltante ed elettrica della battaglia imminente.
La terza, quella di Satan, non fa nulla del genere, sia per difetto di armamento che per assenza di spirito guerriero, limitandosi ad attendere di poter giocare le proprie poche carte.
Qualcuno si starà chiedendo: «Ohibò, e che cos’é mai un campo di impercettività Godemichè?»
Per rispondere a questa domanda bisogna tornare ai tempi nei quali la Galassia era giovane e selvaggia e i popoli che l’abitavano vivevano un esaltante clima di frontiera.
In quei giorni, quando la legge era scritta dal fuoco dei vecchi disintegratori Hazet, viveva Kaspar Godemichè, capo contabile della Filiale delle Casse Rurali Riunite di Deneb sul pianetino Ghericuper, nel sistema Dimitritiomkin.
Kaspar, un denebiano piccolo di statura e piuttosto miope, ha grandi orecchie a punta, scarpe a punta ed una folta capigliatura corvina ribelle al pettine.
All'epoca non si trovava su Ghericuper volontariamente, ma per un incidente.
Era infatti entrato in banca grazie alle poderosa raccomandazione di un’importante amico di famiglia, ma un brutto giorno il suo sponsor era stato pescato a colloquio con il computer centrale della banca, riluttante ad aggiungere sei zeri al saldo del suo conto.
Fatto sta che Kaspar, vittima della frana di carriere provocata dal licenziamento in tronco dell’amico di famiglia, non era affatto contento del trasferimento, sia perchè l’unico svago dei coloni era lo sterminio sistematico della popolazione indigena di Ghericuper, sia perché le rapine quasi quotidiane alla banca di Gionuein – la cittadina dove viveva e lavorava – mettevano a dura prova il suo sistema nervoso.
Ma un bel giorno, mentre come al solito cercava invano la bombetta (posata esattamente di fronte a lui) ritrovandola solo grazie alla domestica, Kaspar Godemichè ebbe un’idea. 

 
L’idea constava di tre punti:
a) In condizioni di stress, fatica, fretta o malumore è praticamente impossibile per chiunque riconoscere gli oggetti più familiari.
b) a maggior ragione quando stanno esattamente sotto il naso.
c) è possibile che questo accada anche ai rapinatori?
Pur non essendo un uomo d’azione, Kaspar s’inebriò della sua idea e recandosi al lavoro con la bombetta ben calzata in testa la mise a punto.
«I rapinatori sono abituati a trovare il denaro in cassaforte o agli sportelli» Pensò Kaspar. «Se stipiamo il denaro in grossi sacchi e li accatastiamo in qualunque angoletto non è ragionevole pensare che rapinatori e clienti li prenderanno a calci senza vederli?»
Detto, fatto: la mattina di lavoro scivolò via liscia e abbastanza pacifica. Fecero la loro comparsa un paio di bande di malviventi ma dovettero limitarsi a rapinare risparmi di vecchiette, gruzzoli di canuti agricoltori e porcellini di terracotta pieni di nichelini. Prima di andarsene spararono alle lampade e ai cani, si fecero un bicchierino al vicino saloon e fregarono un paio di cavalli, ma soldi in banca niente, non ne trovarono.
Però quelle interruzioni erano seccanti. Kaspar sapeva di aver trovato la strada e voleva percorrerla fino in fondo.
Ora doveva far sparire la banca.
Aggiunse un punto D al suo ragionamento «Tanta gente guarda ma non vede. Confonde ciò che ha davanti con cose già viste, ricordi, sogni.»
Se avesse sistemato un paio di tavolini scassati e una manciata di vecchietti a leggere in coro la bibbia proprio davanti alla banca, forse i banditi non sarebbero riusciti a trovarla.
E così avvenne. Quel giorno stesso Kaspar scrisse nelle sue memorie: «La sfida è già vinta.»
Ben presto il denebiano scoprì che non erano necessari tavolini e vecchietti timorati diddio: era sufficiente mettere davanti alla porta della banca un tavolo, un cappello scuro ed un libro perchè i banditi tirassero dritto fino al paese successivo.
Naturalmente non tutto fu così liscio: la banca rischiava di non essere trovata neppure dai suoi clienti che vagavano smarriti senza vederla. Kaspar dovette persino fare assumere la sua cameriera come buttadentro, dopo aver personalmente sperimentato che una volta uscito era assolutamente incapace di rientrare.
La Direzione Generale, avuta notizia della sua brillante scoperta, lo richiamò a Deneb. Un mese più tardi, tuttavia, Kaspar Godemichè diede le dimissioni dalla carica di direttore della sezione Sicurezza perché assunto con uno stipendio favoloso dal Centro Studi Strategici della Marina Spaziale Denebiana.
Le sue invenzioni valsero a rendere la flotta della patria virtualmente imbattibile, almeno finchè Kaspar non vendette contemporaneamente ad un centinaio di sistemi il segreto dell’impercettività Godemichè.
Durante il processo il denebiano, nonostante il parere contrario dei suoi legali, dichiarò di aver tradito il suo paese per molto, moltissimo denaro. Se la cavò con una pena mite ed una piccola multa.
È istruttivo segnalare che in un universo alternativo l’ex-capocontabile dichiarò di aver tradito per amore della pace e fu condannato al massimo della pena, cioè allo squartamento a mezzo di quattro auto sportive guidate da adolescenti.
Ai nostri giorni il campo di impercettività Godemiché viene utilizzato da tutte le flotte spaziali della Galassia, nonché da semplici cittadini desiderosi di sfuggire ad incontri indesiderati, da società che vogliono evitare grane per i propri villini abusivi e così via, mentre un’apposita Fondazione amministra i colossali beni di Kaspar Godemichè.
Recentemente la Fondazione ha deciso di costruire un monumento in onore del grande scopritore, levitante ad un centinaio di metri sulla capitale di Deneb.
In poche settimane il monumentone è stato costruito.
Immortala Kaspar davanti alla specchiera mentre trova la sua bombetta.




Il perfetto funzionamento del campo é evidente se si constata che tre flotte spaziali in poche centinaia di miglia cubiche di spazio sono assolutamente invisibili.
Quella della Satan e Soci è camuffata da discarica extramondo.
(«Siamo sicuri che funziona il campo?» Chiede ogni tanto Ahriman. «Perchè, fa differenza?» risponde invariabilmente il capo tecnico robot, Hulq).
La flotta Kerrabbia è percepita come una raffineria di ioni berillio grazie ad alcuni elmetti di plastica gialla alla deriva nello spazio. La flotta Mangiasabbia, infine, è ignorata perché confusa con un gruppo di boe spaziali pubblicitarie («Bevete Ganga-Cola» lampeggia l’ammiraglia di Aridomeriggio).
Due delle tre flotte dispongono di sofisticati meccanismi anti-Godemichè che finora hanno fatto fiasco.
Ingenti viceversa sono i danni provocati dai falsi allarmi e dagli avvistamenti dubbi. Kerrabbia e Mangiasabbia – di più i secondi, nervosi e dal grilletto facile – hanno finora abbattuto:
– Alcune pacifiche comete.
– Tre yacht d’alto spazio intestati a mamme e sorelle di noti evasori fiscali, che in condizioni normali si sarebbero avvalsi dei loro influenti appoggi, ma che nell’attuale forma – nube di neutrini dispersa nell’area di un parsec cubico – hanno qualche problema a farsi riconoscere.
– Una dozzina di autentiche boe pubblicitarie di proprietà della Compagnia Generale di Sicurtà Galattica. “Compagnia di Sicurtà” era scritto piccolo ma «PENSACI PRIMA, POI SARA’ TARDI» era stampato con lettere enormi.
– Una nave carica di Missionari della Chiesa dell’Ultima Possibilità.
– Alcuni asteroidi erratici.
– Tutti gli allievi della scuola di Alta Sartoria e Styling del pianeta Persace, in marcia verso il settore est della Galassia.
– La squadra di football blindato del pianeta Gogol, diretta a Metalmango per la finale della Coppa «Pesta o crepa».
Adesso i cannonieri di Aridomeriggo fanno più attenzione, ma la prospettiva di scontrarsi con i Kerrabbia li rende rissosi, impulsivi e disposti a bombardare anche un angelo senza contrassegni.
La flotta della Satan e Soci, priva di armi e soprattutto di liquido, dispone unicamente di un soggetto iperpercettivo. Trattasi di un proteo ceduo dalle sopracciglia esagerate, uno che grida sempre, alza volentieri il gomito, porta solo canottiere blu di nome fa Gideon e di scarpe 58. È un lontano discendente della cameriera di Kaspar ma è lui il primo ad ignorarlo. Comunque è stato l’unico nella ciurma della Satan & C. ad individuare immediatamente le due flotte:
«Io non so, certa gente non vede le cose nemmeno quando le ha sotto il naso» dixit. Curioso: era esattamente la stessa frase che usava la sua ava con Kaspar Godemiché.



– Vala Halla, sei anche tu dei nostri? – Doppio Kuemmel (D.K.) si inchina galantemente e sfiora con le labbra la mano di Conan. – La tua partecipazione a questo film mi fa supporre che non si tratterà di un film per ragazzi. – L’ex-membro della Cattedra di Etico Cupo sorride. – Anche se, per la verità, io non ho ancora visto la sceneggiatura, e tu?
La cultura cinematografica di Conan si limita agli R-movies – drammoni strappalacrime nei quali eroici robot si sacrificano per salvare dalla morte stupidi biomorfi – per cui il piccolo robot fa un gesto di diniego e arrossisce.
– Beh, il produttore e la protagonista femminile ci sono, il resto si vedrà. – D. K. strizza l’occhio al simulacro della diva sadomaso.– Eh, lo so, tu la grinta la tiri fuori sul set, per il resto vita da monaca…Beh, é un vero piacere lavorare con una professionista. Adesso devo andare, ci vediamo al primo ciak.
Il robot, folgorato da tanta attenzione, vorrebbe sorridere ma proprio non è capace. Tutto quello che riesce a fare è socchiudere le labbra e mostrare la punta della lingua.
– Beh, potremmo vederci anche PRIMA, eh cara? – Propone D.K. visibilmente accaldato.
Conan fa un cenno di assenso e mormora roco per l’emozione: – Vivo su questa nave.
– Che donna, eh, Eisenstein? – Commenta Doppio Kuemmel non appena la pornosadomasodiva in facsimile è sparita dalla circolazione. – Mi fa un effetto…
Il fotografo si stringe nelle spalle e dichiara: – Le luci qui sono tutte sbagliate.
– Vero! Ah, buongiorno. – Doppio Kuemmel saluta Pelagio, E. e Mirella, reduci da un pasto freddo e triste. – Salve, Pelagio, che bello rivederti. Loro sono…
Il pilota di Satan si volta lentamente, indica E. e dice. – E.
Poi indica Mirella: – Mirella.
– Molto piacere, io sono Doppio Kuemmel e questo é il mio fotografo di scena, Eisenstein.
Mentre i due terrestri si chiedono dove diavolo abbiano già visto baffetto biondo, questi batte una pacca affettuosa sulle spalle del tartoide.
– Come te la passi vecchio rudere? È da quando facevi lo stunt in «Battaglia per Vega» che non ci vediamo. Adesso fai il pilota serio, vedo.
– Il solito tran-tran aspettando la pensione.
– Peccato, mi ricordo quella volta che ti sei lanciato con un caccia stellare in fiamme sulla corazzata Dragone e ti si é inceppato il seggiolino. Mi chiedo ancora adesso come hai fatto ad uscirne.
Pelagio si stringe nelle spalle. – Fortuna, pura fortuna.
– Comunque non abbiamo neppure dovuto rifare la scena. Eh, professionisti come te ormai ce ne sono pochi e… 

 
– Richard Harris! Sierra Charriba di Sam Peckimpah! – Urla Mirella.
– Prego?
– Niente, niente.
– È anche lei dei nostri, suppongo. – Si informa cortesemente D.K.
Mirella vorrebbe rispondere che si trova lì per puro caso e che ha un’idea molto vaga del loro compito, ma si limita ad un prudente: – Certo.
– È un bel po’ che sono fuori dal giro, purtroppo. Ha per caso lavorato in «L’autunno venne tardi», di Olmo Gagerman?
– Mmmhhh. – Mirella, incerta per la seconda o la terza volta in vita sua, stringe le labbra senza rispondere.
– Nella parte della figlia del professore: un’interpretazione notevole ed intensa. – Sentenzia Eisenstein
Doppio Kuemmel le stringe vigorosamente la mano. – Sono molto contento di lavorare con una giovane promessa così dotata. – Poi guarda E. lisciandosi i baffetti.
– Lei dev’essere al debutto.
E. apre la bocca, fa un debole cenno di assenso e si dimentica di richiuderla.
– Beh, coraggio, Ahriman é un ottimo produttore. Arrivederci ragazzi.– Il sosia di Richard Harris si guarda intorno soddisfatto. – Mi pare che le premesse ci siano tutte. Ahriman non ha lesinato sulle spese, là fuori ci sono due flotte da guerra da far sembrare «La fine dell’Impero» un documentario per le scuole. Ci vediamo.
Pelagio, Mirella ed E., dopo che l’ex- membro della Cattedra se ne é andato in compagnia dell’inseparabile Eisenstein si guardano perplessi.
– Ma é solo un film? – Chiede E.
– No. – Pelagio si passa una mano sullo stomaco per indurlo a dimenticare il pranzo. – Ma é meglio che Doppio Kuemmel lo pensi.

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