2.11.18

Calibano: clandestino!

 
Essere l’autore (L’A. come scrivono le storie della letteratura) dà privilegi che i lettori non hanno e che men che mai posseggono i protagonisti della vicenda.
Quindi in questo momento del romanzo io posso starmene in piedi sul ponte di comando della Megacorazzata d’Alto Spazio Agonia, impettito come Orazio Nelson, mentre gli ufficiali dell’Armata Stellare allestita a spese del governo del sistema di Sirio e della Fondazione per la difesa della Panlingua mi incrociano intorno indaffarati senza potermi vedere.
Ovviamente si tratta di alieni, alti un mezzo metro più di me e vasti in proporzione. Ma non ho la sensazione di fare l’arbitro di basket, piuttosto, come quei ragazzini di prima media dallo sviluppo ancora incerto spediti in sala professori a recuperare un registro per conto dell’insegnante, mi sento nel quartier generale dei cattivissimi.
La flotta in marcia verso la Terra non è enorme ma temibile sì e conta, oltre alla già citata ammiraglia, altre cinque megacorazzate che si fregiano dei nomi di: Tortura, Rapido Trapasso, Sangue a fiumi,Ultima Preghiera e Sofferenza Mortale, da altre navi più piccole che minacciano solo gravi ferite, giù giù fino alle minisiluranti spaziali che hanno nomi come Pizzicotto, Spintone e Pugno Sul Naso.
I nomi delle navi sono stati scelti dai comandanti ed ufficiali della flotta, appartenenti senza eccezione alla spietata razza dei Kerrabbia, i migliori e più feroci soldati della galassia il cui stipendio settimanale equivale ad un anno di shopping ininterrotto nel centro di Firenze.
La ragione di tale capacità in campo militare merita un breve accenno. 

 
I Kerrabbia sono l’unico esempio nella nostra galassia di ermafroditi completi, individui cioè assolutamente autosufficienti dal punto di vista sessuale.
La cosa singolare è che i suddetti non sono tutti fratelli gemelli destinati a crepare in coro davanti a qualsiasi virus abbastanza tosto, anzi, ogni tanto la pensano e si comportano in modo sensibilmente differente gli uni dagli altri. Spiegare come questo sia biologicamente possibile non è compito mio, tanto più che gli xenobiologi delle più avanzate razze della galassia se interrogati in proposito sono i primi a stringersi nelle spalle, con l’aria di dire «chi ha voglia di andare a vedere come fanno si accomodi».
Qualcuno magari sta pensando che deve essere bello amarsi da sè, senza tante svenevolezze e insulse chiacchiere. Può esserci del vero, non lo nego, ma la faccenda elevata a tre o quattrocento milioni di individui ha dei limiti. Il problema è che i Kerrabbia non debbono perdere tempo a corteggiare né a rimpiangere nessuno e l’unica cosa che muove le loro emozioni è la violenza, possibilmente ben organizzata. La letteratura, il teatro e l’opera lirica sono basati solo su vendette, morti, tradimenti e stragi e la loro vita, priva di insulse canzoni d’amore e di pornografia hard o soft, si riduce ad una faticosa altalena oscillante tra due poli: la malinconia della solitudine e l’estetica del massacro.
I Kerrabbia lavorano sempre e non sanno cosa farsene dei sabato sera. Per quanto riguarda le cure parentali le cose non vanno tanto meglio: i piccoli kerrabbia nascono già parecchio sviluppati, alcuni cominciano a fare a botte tra loro appena usciti dal grembo.
Il massimo del divertimento per un kerrabbia è pestare qualcuno e subito dopo copulare con se stesso. Brutto, come no, ma avete mai visto un gruppo ultrà dopo una partita di calcio? Inizialmente poverissimi, e quindi ancor più rissosi, i kerrabbia hanno inventato una forma di propulsione spaziale basata sulla scuotimento prolungato di una bevanda molto gassata di loro invenzione, la Sgneps, venduta in confezioni da mezzo ettolitro.
L’idea era venuta ad un certo Morsicai, osservando l’effetto prodotto da una lattina di sgneps agitata e quindi aperta sulla faccia di un casuale nemico. 
Con le astronavi a propulsione Morsicai i Kerrabbia hanno raggiunto altri sistemi stellari, hanno scoperto l’esistenza delle altre razze e del sabato sera e sono diventati ancora più malevoli e combattivi.  


I trattati di storia galattica ricordano cinquantadue guerre principali e duecentotre minori combattute dai Kerrabbia contro gli altri popoli della galassia, tutte concluse con la loro sconfitta da parte di una coalizione che comprendeva tutte le altre razze senzienti dell’universo conosciuto più qualcun’altra mai vista prima. Detto così può sembrare poco sportivo, ma dopo un bombardamento Kerrabbia non rimanevano in molti a prenderla sportivamente.
Governati pressoché da sempre da crudeli dittature militari – ma i Kerrabbia sono praticamente tutti militari – praticano il ricambio del potere politico mediante periodiche feroci rivolte di palazzo seguite dal massacro dei governanti deposti. Questa forma di alternanza, che ha l’indiscutibile pregio di eliminare i dibattiti in studio sull’esito delle elezioni, non è stata in genere apprezzata dalle coalizioni vincenti che ogni volta hanno imposto governi pacifici ed inoffensivi formati dai pochi Kerrabbia non militari: pazzi, bambini e vecchietti, regolarmente rovesciati entro pochi mesi.
Al termine della cinquantaduesima guerra principale, combattuta nelle vie della capitale Kerrabbia – Orridamorte – il governo galattico ha tuttavia dovuto prendere in seria considerazione la possibilità del genocidio o, in alternativa, il costo allucinante di mantenere sul pianeta venti soldati per ogni abitante.
La soluzione del problema era venuta da una proposta di Goha l’Ombra, capocuoco del ristorante del parlamento galattico: comprare il talento militare degli ex-nemici.
L’idea era subito piaciuta moltissimo, come accadeva sempre per le idee di Goha, e così i Kerrabbia sono divenuti mercenari strapagati, pronti ad essere ingaggiati per conflitti locali nei quali sfogare tutta la loro frustrazione ed aggressività.
Forse a questo punto è più chiaro il motivo per il quale mi trovo sul ponte della megacorazzata in forma invisibile. Una delle tante cose che li mandano fuori dai gangheri è la presenza di un clandestino su una delle loro navi e dal momento che un kerrabbia nel pieno dello sviluppo è una via di mezzo tra un armadio ed un caimano si capirà la necessità di qualche precauzione. 


In questo momento l’ammiraglio della flotta – Exilir Torrismond Qvatten – è impegnato in un’intervista con Tele 3D Galassia Futura. Exilir Torrismond Qvatten odia le interviste televisive, le troupe televisive, i cavi stesi per terra, le luci troppo sparate e le chiacchiere, e si augura di avere l’occasione di buttare fuori dalla nave il reporter con tutta la sua equipe per mezzo di un tubo lanciasiluri.
– Ammiraglio, crede di trovare una forte resistenza da parte dei locali?–
Il kerrabbia sa benissimo di essere ammiraglio, non c’è bisogno che quel fesso glielo ricordi. Resiste alla tentazione di mordere il microfono del reporter – uno pseudosedano di Candido Eremita – e guarda in macchina inkazzato.
– Li schiacceremo come vermi. Io e i miei ragazzi quando facciamo un lavoro lo facciamo bene. Siamo dei professionisti.
Sorride, cercando di mostrarsi affabile e tranquillamente sicuro di sè, creando nei telespettatori l’inspiegabile desiderio di addentare un panino di carne cruda ancora tiepida e sanguinolenta.
Per me che ascolto e per voi che non ricevete Tele 3D Galassia Futura queste frasi hanno un solo significato possibile: i nostri vicini alieni non hanno neppure aspettato Pippo Franco per averne le tasche piene e vogliono risolvere il problema in modo radicale.
– È vero che il motivo di questa azione sono le trasmissioni televisive provenienti dal pianeta Foxtrot, che stanno provocando gravi danni morali ed intellettuali tra gli abitanti di Sirio?
– Sì.
Qvatten fa una smorfia. Anni prima aveva finanziato una campagna contro la proliferazione delle subordinate. Si ripromette di sbudellare di persona il reporter prima di spararlo nello spazio. L’idea lo rasserena e sorride ancora. I bambini seduti davanti alla TV sorridono anche loro: nessuno come i bambini adora i Kerrabbia.
– Mi sa dire in cosa consistono queste trasmissioni, cos’hanno di così osceno ed intollerabile?
– Questa è un domanda INTELLETTUALE?
– In un certo senso sì.– Ammette il reporter. – Il comandante Qvatten, come molti uomini d’azione ha scarsa dimestichezza con il mondo delle idee. – Spiega al pubblico.
Exilir Torrismond Qvatten opta mentalmente per la versione lenta dello sventramento. Accarezza la lunga spada appesa al fianco e risponde:
– So di cuccioli costretti a cantare oscene filastrocche sui propri denti e sui propri escrementi, di delatori che raccontano fin nei più piccoli particolari i delitti di altri in cambio di modeste somme di denaro, e di altri che li applaudono come eroi, di idioti mostrati al pubblico perché rida di loro, di oscene zuffe, di concorsi basati sull’ostentazione di avidità, di volgarità sulle preferenze sessuali, di scherzi triviali, esibizioni di ignoranza, di piaggeria, liti tra familiari e vicini, bugie, falsità, falsi amori, falsi dolori, finti suicidi…
– Grazie, comandante, è più che sufficiente. – Lo blocca lo pseudosedano, la cui carnagione verde chiaro ha virato verso il grigio muffa. – Ciò che ha raccontato il comandante Qvatten giustifica pienamente l’iniziativa del Governo di Sirio. Non si può tollerare più a lungo questo stato di cose e credo che noi e voi, telespettatori, dovremo ringraziare questo gruppo di professionisti… (la telecamera arretra inquadrando il ponte della nave e gli altri ufficiali sorridenti nelle loro divise nere e lucide, rassicuranti come un club di coccodrilli dediti al sadomasochismo)… se non dovremo temere altre minacce alla civiltà della Galassia. Questi ragazzi combattono per noi e la loro stupenda nave (inquadratura della plancia irta di leve dai profili acuminati e scintillante di luci che ammiccano malevole) è quanto di meglio la tecnologia militare galattica possa schierare. Con questo vi saluto e vi ringrazio.


Il reporter conclude e contemporaneamente si teleporta a bordo della Pallida luna lassù, la nave di proprietà del network TeleEone insieme alla troupe.
Qvatten e gli altri ufficiali rimangono a fissare con delusione la scia scintillante di atomi ionizzati che indicano l’uso di un minimovens, scuotono la testa e tornano ai propri posti. Solo uno di loro osserva a mezza voce che era la quarta troupe che si lasciavano scappare in cinque giorni standard galattici.
– Ci stiamo arrugginendo.
Io me ne sto rincantucciato davanti ad una porta metallica che assomiglia a quella di uno sgabuzzino per le scope, pronto a tuffarmici se necessario. So di non essere visibile , ma se voi poteste vedere un gruppo di kerrabbia frustrati e delusi dubitereste di qualunque cosa.
Trascorsa una mezz’ora Qvatten e gli altri ufficiali abbandonano la sala comando, presumibilmente per andare a riempirsi le abominevoli trippe e, rimasto solo, ne approfitto per dare un’occhiata alla plancia della nave, riuscendo solo a capire che la Agonia ha a bordo abbastanza armi da rendere la Terra simile ad un albergo dopo il passaggio di una gita scolastica.
Alle mie spalle un kerrabbia piuttosto anziano, vestito di un lungo camicione azzurro apre la porticina metallica e ne estrae uno spazzolone ed uno straccio e comincia a lavare il ponte, cantando una canzone lenta e triste su un kerrabbia che non aveva più voglia di uccidere.
Duole dirlo ma credo che la Terra e la specie comunemente ritenuta responsabile della sua cura si meritino questo trattamento (parlo della sua distruzione e non delle canzoni Kerrabbia, che non riuscirebbero a fare troppi danni in un mondo che ha conosciuto Mario Tessuto).
Ma se credete che qualcuno debba fare qualcosa per salvarla, devo informarvi che gli unici esseri in grado di fare qualcosa a proposito sono E. e Mirella nonché il buon vecchio Satan Baal-Zebub, che nella costruzione del pianeta ha speso un sacco di galattodindi.

2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Atmosfere sempre più Sheckleiane, o sbaglio?

Massimo Citi ha detto...

@Nick: non avevo in mente Sheckley, scrivendo, anche se è innegabile che ne sono stato un affezionato lettore in gioventù (20<). Avendolo scritto vent'anni dopo escluderei qualsiasi influenza diretta ma si sa che le influenze escono fuori a propria insaputa.