9.6.15

Letture sparse


In questi ultimi tempi non ho particolarmente curato le mie letture. O, per meglio dire, sono stato anche più disordinato, interminato e inconsulto del solito. Ho letto un romanzetto postumo, la prima parte di un ciclo in tre parti, un saggio sul sesso negli insetti, un'antologia di fantascienza di un autore italiano, un breve saggio di fisica e un instant book sull'ISIS, «Lo stato del terrore».
Ciò detto e fatto posso affermare di avere le idee anche più confuse del solito, quasi in ognuno dei campi toccati dalle mie letture. Già, perché il bello della lettura è quello di autoconfondersi le idee e io sono un asso ad autoconfondermi.
...
Partiamo dal romanzetto uscito postumo. Parlo de «La lunga oscura pausa caffé dell'anima» di Douglas Adams, 280 pagine di avventure dell'ispettore olistico Dirk Gently, presentate così dal Boston Herald: «... ci sono pagine impossibili da leggere senza scoppiare in lunghe, fragorose, risate».
È vero? 
No. 
Probabile che il Boston Herald parlasse di qualche altro romanzo di Adams. O forse di qualche altro romanzo in generale. O forse di un film. O di una commedia. Fatto sta che questo romanzo di Adams è sicuramente gradevole, a tratti educatamente divertente, ma nulla di più. C'è una piccola premessa da fare, prima di continuare. Nel 2001 è uscito American Gods di Neal Gaiman, romanzo evidentemente legato alla tradizione del fumetto, dove gli antichi dei della tradizione Norrena, Slava, Indiana, Amerinda, Irlandese, Africana, Egizia vivacchiano negli USA, condannati a una vita grigia e costretti a una vita interminabile, senza più nessuno ad adorarli. Ecco, le avventure di un Thor poco dotato intellettualmente e di un vecchio Odino ricoverato in un ricovero per anziani possono anche risultare divertenti, ma il romanzo di Gaiman incombe e sono inevitabili i confronti, che, anche grazie alla traduzione un po' legnosetta di Marco e Dida Paggi, si chiudono tutti a svantaggio di Adams. Quanto a Dirk Gently è un'invenzione notevole, anche se il suo procedere in modo «olistico» è spesso più dovuto al puro caso che frutto di una condotta volutamente non-riduzionista. Ovvero, il buon Dirk riesce sempre a trovarsi nel bel mezzo di eventi inattesi, con qualche non piccola falla nella successione degli eventi. Ma con tutto ciò, se amate Douglas dell'amore che merita non potete non amare anche quest'ultimo suo figlio un po' rachitico. 
Anche se non posso non consigliarvi di leggerlo direttamente in lingua. 
Passo ora a Spore, di Andrea Viscusi, un'antologia di fantascienza del 2013, pubblicata da un piccolo e coraggioso editore. «Coraggioso» perché non è affatto facile pubblicare sf in un paese che legge sempre meno e che, in particolare, dimostra disinteresse e un'ignoranza via via più disperante
verso la tecnologia e le scienze. Spore è un'antologia di 128 pagine ed è composta da nove racconti. Particolare di una certa importanza, nessuno dei racconti inclusi è di qualità scarsa o discutibile. Se il racconto che dà il titolo all'antologia, Spore, è sorprendentemente buono – e drammaticamente allucinato, Il giorno più importante racconta un'imprevedibile estinzione della specie umana, Il Dottipardo è una variazione personale su modelli tipici della sf sociologica degli anni '60, con la data di nascita e di morte prefissati dal Dottipardo e la narrazione che racconta l'inevitabile rottura dello schema fisso, Cattivi Genitori è una buffa e inattesa variazione su scala nazionale dell'ingegneria della clonazione, Natura morta un racconto particolarmente divertente sul tema delle scommesse e sulle vincite «che possono cambiarti la vita», Il guardiano del faro uno struggente addio alla specie umana e alla sua storia, Stelle cadenti la cronaca di una breve, allucinante guerra che deve non poco alla logica dei videogames, Sinestesia una intelligente variazione sul tema della percezione e La staffetta la cronaca della crisi e della scomparsa della specie homo sapiens sapiens, paralizzata dalla propria stucchevole ricchezza e da un'inutile immortalità, sostituita da una specie ad essa affine e mortale. In particolare quest'ultimo racconto colpisce per l'evidente somiglianza con la situazione degli sbarchi e del crescente arrivo di immigrati: poveri, affamati, disperati e inconsciamente ben decisi a riprendersi parte di ciò che il mondo occidentale ha sottratto loro.
Una buona antologia, in sostanza, straordinariamente ricca di suggestioni, di rimandi, di riferimenti, di accenni, un punto di partenza o, meglio, di ripartenza per chi si proponga come nuova voce in un campo apparentemente desolato come è quello dell'Italia fantascientifica. 
Sinceramente, e a maggior ragione, non posso che ribadire anche in questa sede i pregi e le perplessità dichiate nella recensione a Dimenticami, Trovami, Sognami, che, in sostanza, mi ha convinto meno di questa piccola antologia. Debbo comunque rimangiarmi, e lo faccio ben volentieri, l'apparente debolezza "scientifica" di Viscusi che in questa antologia guida con padronanza i temi affrontati, a partire dall'ottimo Spore. Rimane sullo sfondo dell'antologia una sottile sensazione di eccessiva fretta, di ansia autoriale di giungere rapidamente allo scioglimento della vicenda narrata, quasi esistesse il timore di dimenticare prima della fine l'idea che l'ha creato. Ma si tratta, immagino, di un semplice difetto dell'età. Probabilmente dell'autore o (più probabilmente) del recensore. 
In ogni caso auguro a Viscusi di avere molte altre occasioni per raccontarci una buona storia. 
...
Bene, volevo presentare qui sei o sette libri e mi vedo costretto a interrompermi dopo averne recensiti due. Ma presto tornerò, devo pur liberarmi la scrivania...  

 

5 commenti:

Paolo ha detto...

In un certo senso sono contento che ti sia piaciuto "Spore" e non escludo di leggerlo, perché un po' mi dispiace di non essere riuscito a terminare il romanzo di Viscusi e di averne parlato così male. Però devo anche dire che tutti i romanzi che ho letto o tentato di leggere negli ultimi mesi, che fossero "classici" o opere di autori emergenti, sono stati delle cocenti delusioni, e siamo già alla decina. Ho l'impressione che la modalità ipercritica che applico ai miei scritti in questa fase mi impedisca di leggere per puro divertimento qualsiasi cosa.

Su Douglas Adams non mi pronuncio: come altri autori di culto lo trovo alquanto sopravvalutato, ma ammetto di averlo letto superficialmente parecchio tempo fa e di essere rimasto "totally unimpressed", per dirla alla Eric Clapton. Preferisco Stefano Benni...

Massimo Citi ha detto...

@Paolo: onestamente non ho molta simpatia per Stefano Benni. Tieni comunque conto che «Terra» di Benni è stato sostanzialmente copiato da «Ristorante al termine dell'universo» di Douglas Adams, con alcune scene trascritte in bella (o brutta) copia. Quanto a «Spore» si tratta di buoni racconti di un autore giovane, che mostrano le basi di un possibile felice sviluppo. Anch'io, come sai, ho le mie perplessità su DTS, ma penso che il nostro abbia tutta la stoffa necessaria per stupirci.

Piscu ha detto...

insomma, per convincervi devo sfornare ancora qualcosa di pesante. provvederò quanto prima, con il supporto di qualche editore volenteroso...

grazie per adesso per la lettura e le valutazioni, sempre utili.

Massimo Citi ha detto...

Ottimo! Non chiedo di meglio che essere stupito :-)

Paolo ha detto...

Andrea, non è colpa tua se con il tuo romanzo hai centrato in pieno alcune delle mie peggiori idiosincrasie letterarie. Se la cosa ti può consolare, sei in buona compagnia: non sono riuscito a finire nemmeno "La strada delle stelle" di Niven e Pournelle, che pure sarebbe hard SF "alla Clarke" - però dimostra che razza di zuppa indigesta può venirne fuori se non si ha il mestiere e il senso della misura di Sir Arthur.

Massimo: ho visto Benni al Salone del Libro e i suoi racconti brevi non mi dispiacciono - il che è più o meno il massimo dell'apprezzamento critico che attualmente riesco a dare a chiunque. Finché non avrò completato la revisione di "Interferenza" e i "Nostri Diritti", e finché non avrò riscritto "Proximus" (e sarà dura, perché è un romanzo breve a cui tengo molto) forse è meglio che non esprima giudizi critici su niente e nessuno, perché, criticamente parlando, ho i nervi narrativi a fior di pelle.