16.12.14

Ancora delusioni


Gli editori. 
Siamo al punto nevralgico della nostra riflessione.
Qual è la funzione principale, addirittura storica, di un editore? Semplice, combinare la necessità di sopravvivere e far sopravvivere la propria impresa con la capacità di scoprire nuovi e talentuosi autori che interessino i lettori. Accanto a queste semplici funzioni se ne aggiungono altre, per lo più di ordine logistico ma altrettanto fondamentali: la stampa dei testi, la loro correzione, il loro editing, il lavoro di animazione legato all'uscita di un libro - pubblicità, recensioni, presentazioni nelle librerie, contatti con i grandi media come i giornali, la radio e la TV - i rapporti con gli autori e con i traduttori e con tutti coloro che collaborano pur non facendo parte della struttura interna della casa editrice e altre millanta attività.
Tutto questo lavoro in Italia - ma non solo - è miracolosamente condotto da un numero molto basso di operatori per casa editrice, 1,8 per casa editrice. 
Tenendo conto che gran parte degli editori sono formati dall'editore più la moglie o il marito (o il fratello, l'ex- compagno di scuola, l'amico ex-boy scout, la compagna di five o'clock tea ecc. ecc.) + un aiuto ogni tanto da qualcun altro e solo pochissime case editrici hanno un personale che si può contare con numeri di due cifre (della serie: esageruma nên), ne discende che le case editrici generalmente hanno enormi difficoltà a prendere in esame testi provenienti da un perfetto sconosciuto che avanza la sua candidatura per la pubblicazione.
Certo, esistono i lettori a pagamento - un mio amico leggeva per conto di Einaudi più o meno una trentina di romanzi al mese in cambio di un pagamento poco più che simbolico [*] -, come esistono molti collaboratori più o meno regolari - co.co.co o co.co.pro. o partecipanti a stage o qualunque altra forma di lavoro incerto, sottopagato e precario vi possa venire in mente  - che possono anche essere impiegati nella lettura di manoscritti, ma soltanto se non hanno proprio nient'altro di più utile o urgente da fare. 
C'è da stupirsi se tutto quello che ricevete - nella migliore delle ipotesi -, dopo un sei-sette mesi di attesa, è una lettera sbrigativa che declina la vostra offerta?[**]

  
La realtà, per farla breve, è che gli editori con un certo fatturato - più o meno il 10% delle case editrici fanno il 90% del circolante nazionale e solo in cinque (5!) riescono da sole a fare più del 50% - non hanno interesse a prendere visione dei testi di autori sconosciuti. Sono in contatto con le scuole di scrittura creativa (Holden? Holden), con alcuni agenti editoriali (Grandi & Associati, tanto per citarne una) e più in generale con il vasto mondo dei media - giornalisti, ma anche atleti, cantanti, star e pornostar - che hanno l'enorme pregio di possedere già un proprio pubblico, anche se non necessariamente portato per la lettura.
La conclusione non può che essere il consiglio di passare per la Scuola Holden (10.000 euro malcontati per un corso biennale) o inviare un proprio testo in visione a un'Agenzia Editoriale (lettura: fino a 500  € per la lettura e un giudizio professionale - prezzo onestissimo, a mio parere), questo se si ha la seria intenzione di fare gli scrittori da grandi. Se si vuole procedere autonomamente... beh, le delusioni che vi aspettano sono davvero tante, probabilmente troppe. 
Esistono alcune altre vie, ovviamente, vie che non vi svenino da un punto di vista economico, ma che hanno altre controindicazioni. Passare attraverso un autore già affermato può essere una di queste, ma a condizione che il vostro libro l'abbia davvero entusiasmato e che il soggetto sia un molosso che non molla la presa, dal momento che gli editori non accettano volentieri modifiche dei propri progetti editoriali... E che, come mi è accaduto, non siate autori di fantastico o - peggio - di fantascienza. In questo caso ne avrete molti complimenti ma nulla di più.
Stesso discorso si può fare su altri soggetti dipendenti dalla casa editrice - redattori, editor, rappresentanti, traduttori -, questo a meno non siate il fratello o il rampollo di un grosso creditore della casa editrice.  
Si può tentare di aggirare il problema, naturalmente, soprattutto se lo scopo principale del vostro agire è quello di poter presentare il vostro libro ai vostri amici e non quello di essere testimoni dei propri tempi, pagando un editore di vanità - ovvero poco più di un tipografo - per stampare dalle 500 alle 1000 copie della vostra fatica. I prezzi variano, in questo caso, dai 2.000 ai 5.000 euro, ma si tratta anche di ammettere che il vostro libro non è piaciuto a uno o più editori, ammissione non facile da fare se vi sentite un diretto discendente di Dante Alighieri. 


«Ma esistono gli autori spregiati dalle case editrici ma che valgono! I Grandi Dimenticati! I disprezzati, vessati e irrisi!»
Certo, esistono. Potrei citarne a dozzine. Gli autori postumi perché trascurati in vita in nome di una mercenaria miopia degli editori, gli autori nati troppo presto o troppo tardi per i loro tempi, gli autori vampirizzati dagli editori, cancellati dai cataloghi perché messi all'indice... migliaia e migliaia nel corso dei sei secoli scarsi di vita del libro stampato. Ma per rientrare in una di queste categorie bisogna dimostrare prima che viviamo in una società che mette volutamente a tacere le voci scomode, un esercizio non facile, soprattutto quando - a differenza di altri tempi - tutti possono mostrare le proprie pagine al pubblico: se siete davvero bravi finirete con l'emergere.  
...
Mi fermo qui per ovvi motivi di spazio. Lo so, ci sono ancora i concorsi da discutere, cosa che farò appena possibile. Tutto ciò che ho spiegato non è, naturalmente, legge di natura e ammette alcune eccezioni, non con la stessa rarefatta frequenza della meccanica quantistica ma non troppo più numerose. 
Un momento come questo, di profonda crisi del settore e di cambiamento del mezzo - da cartaceo a elettronico - mette profondamente in crisi l'editoria tradizionale, finendo col rafforzarne le tendenze più chiuse e tradizionali, alle prese con un mercato in crisi, incerto e per la prima volta da secoli in pieno mutamento. A fronte del cambiamento del mezzo e della presenza di migliaia di autori costretti ad autopubblicarsi sarebbe probabilmente il momento di agire. 
Ma gli editori, soprattutto quelli italiani, non sembrano voler capire. 
E Amazon intanto avanza.      
Sì, anche di Amazon bisognerà parlare. 

[*] Attività cessata qualche anno fa. Einaudi ha smesso di leggere i manoscritti, un evento a suo modo epocale. 

[**] Non ho ricevuto troppe lettere di rifiuto - anche perché non ho arricchito le poste con i miei pieghi -, ma tra tutte la più comica è stata quella dell'Editrice Nord, gestione Viviani. Dopo aver letto un riassunto (!) del romanzo proposto inviato dietro loro richiesta e scritto a quattro mani con Silvia Treves, ci hanno ringraziato ma l'hanno giudicato "troppo complesso", consigliandoci di inviarlo a un editore non di genere. Il che per un romanzo ambientato nel 2040 o giù di lì, su una Terra in pieno effetto serra e con un regime politico quantomeno curioso, ci ha sorpreso non poco. Probabilmente i lettori di sf, secondo il povero Viviani, non avevano abbastanza neuroni per un libro complicato scritto a quattro mani da due italiani. 
Il che, pensando a certi fan di sf letti on line sul blog di Urania, è comunque - al di là del valore di romanzo - probabilmente vero. 

7 commenti:

Il Menestrello ha detto...

Come al solito vossignoria mette in luce ciò che tutti sanno, ma che non si vuole dire.

Al menestrello la delusione arrivò comprendendo che non c'è nulla da fare in Italia per le case editrici della fantascienza, di cui praticamente 3/4 sono a pagamento e il resto non prende in considerazione esordienti...
Il "lavoro" di scrittore in Italia è sempre più complicato, ma come dice vossignoria, se le capacità ci sono si può ancora emergere.

Nick Parisi. ha detto...

Considerazioni amare ma vere!

Anonimo ha detto...

Difficile non amareggiarsi, eppure nel gorgo che tutto trita vale la pena tentare. Un esercizio nobile e disperato...

Massimo Citi ha detto...

@Menestrello: onestamente credo che più che le capacità - e il talento, oggetto misterioso ma maledettamente reale - sia la testardaggine a vincere. Con un'avvertenza: il tempo può essere moooolto lungo, più di quanto si sia disposti a tollerare. D'altro canto scrivendo sf in Italia si ha spesso la sensazione di costruire castelli di sabbia sott'acqua e quindi una pazienza da Giobbe fa parte della dotazione minima dello scrittore.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: grazie per l'intervento, soprattutto visto il momento.

Massimo Citi ha detto...

@"Nobile e Disperata" era il nome di una collana della mia povera CS_libri. Grazie per l'osservazione e per la voluta citazione.

Il Menestrello ha detto...

La testardaggine è capace di molte cose, ma il menestrello è per indole testardo (in entrambe le accezioni del termine), per cui tende a ignorare il fatto che ne serva a vagonate :)

In realtà scrivere di sf in Italia è possibile, divertente e da un bel po' di soddisfazioni. Forse non si viene pubblicati, ma la soddisfazione mica arriva solo attraverso un libro in vendita!