11.10.12

Letture estive. Ultima puntata


Domani ritorno in montagna.
«Sai che gli f... a chi ti legge?»
No, vabbé, è solo per spiegare perché me ne vengo fuori con un altro post in netto anticipo. 
«Per una volta.»
Già, ma vorrei evitare di inflazionarmi, rendermi soffocante, noioso, petulante. Il fatto è che devo andare a dare una mano di vernice agli infissi, dopo aver dipinto la balconata, sai intanto che il tempo regge ancora, prima che bla-bla-bla-bla-bla ...
«...»

Ottenuto il silenzio del mio superIo, posso procedere. 
Ne approfitto per avvisare chi mi legge che verso la fine del mese comincerò la pubblicazione di un «ripescaggio», ovvero di una serie di testi all'epoca pubblicati sulla rivista «LN-LibriNuovi» che un fortunato incontro con l'amico Enzo mi ha richiamato alla memoria.  
Il titolo all'epoca era «Memorie Anticipate di un Libraio Pre-global» e penso che dovrò cambiarlo, se non altro nel senso che non sono più «anticipate». Purtroppo, da un certo punto di vista... Allora l'iniziativa ebbe un certo successo, anche per il tono fortunatamente non troppo serio dei miei interventi. Giusto il tempo di dargli una spolverata, aggiustare qualcosina e poi si parte. 
...
I libri che debbo ancora presentare sono tre, tutti e tre di «attualità scientifica», due editi da Codice Edizioni e uno da Adelphi, numero 49 della sua Biblioteca Scientifica.
Il primo letto, in ordine cronologico, è stato Ai confini della realtà di Anil Ananthaswamy, giornalista scientifico americano - di evidente origine indiana -, un libro che si presenta come una discreta ripresentazione di temi e problemi piuttosto noti, ma anche tuttora irrisolti, della cosmologia contemporanea. 
Organizzato come un tour con tanto di reportage dai luoghi più estremi della scienza - «le vette dell'Himalaya, l'Antartide, i deserti, in fondo a miniere abbandonate» - non ha aggiunto praticamente nulla alle mie nozioni in materia, se non la convinzione un po' blasfema e un po' carica di invidia che mr. Anil sia così riuscito a girare mezzo mondo a spese altrui... 
Ma ha lavorato parecchio, comunque, e il suo reportage ha il grosso pregio di rendere noto anche a noi pantofolai e barbacosmologi che diavolo fanno alcuni astrofici che scavano buchi profondi un chilometro nella banchisa dell'Antartide sperando di acchiappare la coda di un neutrino o che attendono a 700 metri sotto la superficie che una particella di materia oscura colpisca finalmente una particella di materia ordinaria. 
Un buon libro per chi mastica non abbastanza i temi trattati o per un lettore giovane e curioso. 
Secondo libro Uno strano silenzio di Paul Davies. 
Dev'essere il decimo libro o già di lì di Davies che ospito nella mia biblioteca, un fisico e un divulgatore molto noto e che dirige la divisione del SETI «incaricata di gestire un eventuale primo contatto con gli alieni». 
La domanda fondamentale del libro è «c'è qualcuno là fuori?», la stessa domanda che è alla base della nascita del progetto SETI. Dal 1960 il «Search for Extraterrestrial Intelligence» scandaglia lo spazio sperando di intercettare una comunicazione aliena, anche se finora - a parte due o tre falsi allarmi - non ha intercettato proprio nulla. 
«Ohibò, forse che là fuori non c'è nessuno?», viene spontaneo chiedersi. Ma secondo l'ottimo Davies è probabile ci stiamo facendo la domanda sbagliata nel momento sbagliato e utilizzando gli strumenti di intercettazione sbagliati. Per suffragare le sue ipotesi Davies prende in esame temi come la nascita a l'affermazione della vita sulla Terra, i suoi ritmi e i suoi momenti di stasi, le possibili forme di vita «esotiche» presenti sul nostro pianeta, la struttura e la composizione verosimile dei pianeti extrasolari finora noti, recupera e presenta la famosa formula di Drake che, come spiega Davies, «serve a quantificare la nostra ignoranza»[1], prende in esame il fattore tempo, esamina le possibile vite postbiologiche (qualcuno ha visto Terminator?), la possibile esistenza di sonde aliene nel nostro sistema solare e le metodiche stesse della ricerca. Il risultato di questa lunghissima e affascinante cavalcata è che: 1) è troppo presto per tirare le conclusioni, 2) si tratta anche di cominciare a riflettere su come modificare il nostro approccio. 
Un buon libro, in sostanza, perfettamente adatto persino per un laureato - putacaso - in storia della letteratura antica e, perché no? - anche a uno scrittore di sf che si chiede se i suoi universi mentali possono verosimilmente essere popolati o meno di numerose razze aliene. Alcune frasi del libro si pronunciano contro un «eccesso di vita», una galassia degna de La Tuta Spaziale di Robert Heinlein:

È chiaro che la galassia non pullula di attività aliene. [...] Nessun segno di comunicazione interstellari. Non c'è nessuna traccia di una civiltà tecnologica, la fuori. Nessuna.

Possibile, probabilmente quasi certo. Niente UFO, in definitiva. Ma i tempi di una civiltà sono ciò che sono e tirare le somme è comunque pericoloso. Se poi dovesse emergere con ragionevole sicurezza - e credo che se ne possa parlare tra un secolo o giù di lì - che in questo momento non esistono civiltà tecnologiche con le quali entrare in contatto, questo non credo potrebbe o dovrebbe fermare la nostra esplorazione dello spazio. Se non altro perché il sole, come sappiamo, non è eterno... [2]

Ultimo libro, che presenterò necessariamente in modo «veloce», dal momento che è un bestione di 488 pagine e che i libri precedenti mi hanno portato via più tempo e spazio del previsto, è Dall'Eternità a qui di Sean Carroll. Nota a margine: l'autore è ricercatore presso il Dipartimento di Fisica del Californian Institute of Technology ed è nato nel 1966. 
Quanto al suo volumone non posso che dirne bene sotto ogni profilo e dichiarare che lo riprenderò in mano tutte le volte che mi vengono dubbi o perplessità sulla struttura profonda dell'universo (o degli universi o dei multiversi), o sull'organizzazione dei Buchi Neri, sulla possibilità o meno di viaggi nel tempo e sulla struttura profonda del tempo e sulla sua «freccia». Affascinante il punto di partenza - la quantità iniziale di entropia dell'universo delle origini - e sinceramente sorprendente la conduzione del libro, capace di toccare gran parte dell'attualità della fisica e della cosmologia contemporanea. 
Se avete in mente di comprare un solo libro di divulgazione scientifica, quest'anno, ve lo consiglio di tutto cuore. Non è che dopo averlo letto avrete capito tutto, ma sarete in grando di capire qualcosa sulla struttura dell'universo. E di immaginare meglio, cosa davvero non male per chi scrive fantascienza. 
...
Fine, questi erano i libri letti quest'estate. Una carrellata curiosa, me ne rendo conto, dove - me ne rendo conto - è un po' deficitaria la narrativa contemporanea. Ma in questo momento preferisco rileggere, piuttosto che leggere.
Sto in effetti rileggendo l'ottima trilogia di Gormenghast e...
Ma ne parliamo la prossima volta. 


[1] Ecco la formula di Drake: 

N = R* f(p) n(e) f (l) f(i) f(c) L

Dove R* è il tasso di formazione di stelle simili al sole nella nostra galassia. 
f(p) frazione di stelle con pianeti
n(e) numero medio di pianeti simili alla terra in ogni sistema solare 
f(l) pianeti sui quali evolve la vita
f(i) pianeti dove evolve l'intelligenza 
f(c) pianeti che ospitano forme di civiltà tecnologica
L, infine, è la vita media di una civiltà capace di comunicare e N rappresenta il numero delle civiltà radio-attive nella galassia. 
Provate a pensarci su, è davvero interessante. 

[2] Il libro è stato un regalo della mia stupenda figlia. Una buona occasione per ringraziarla.


 

8 commenti:

Argonauta Xeno ha detto...

Gormenghast ce l'ho anch'io sullo scaffale, ma non sul comodino. Mi chiedo se si possa leggere il secondo senza aver letto il primo, e già che ci sono ti giro la domanda.
Fra i tre titoli avevo adocchiato quello di Davies, dato che per un po' mi sono interessato all'astrobiologia... a riguardo sono ottimista, anche se ilprof di planetologia una volta ci ha mostrato un conto abbastanza deprimente.

Massimo Citi ha detto...

@SX: mah. direi che è possibile, anche se temo che alcune cose risulteranno in po' incomprensibili. D'altro canto con l'inizio del secondo volume Tito acquista autonomia fisica e narrativa, quindi direi che nell'insieme è possibile.
Quello di Davies è un buon libro, il prezzo non è propriamente economico (19 €) ma il libro è disponibile anche come e-book sul sito di Codice ed. e immagino sulle altre librerie on line. Quanto alla vita su altri pianeti... beh, si vive di semplici ipotesi, anche se debbo ammettere che sono ragionevolmente ottimista. Quanto alla vita intelligente, beh, quella è proprio tutt'altra partita.

Nick Parisi. ha detto...

Sono uno dei tanti che si chiede come mai il SETI non riceva segnali, a parte il famoso e controverso segnale WOW, probabilmente è vero che ci poniamo le domande sbagliate e magari non cerchiamo nella maniera giusta.
Osservando i vari pianeti extrasolari scoperti finora potrebbe essere che la vita nasca in forme, in condizioni e in ambienti diversi dalla nostra concezione.
Magari siamo noi umani e il nostro pianeta l'eccezione.
Poi c'è da considerare anche la cosiddetta "finestra del contatto", magari come è stato detto nel libro da te citato, può anche essere semplicemente che al momento esistano altre civiltà nel cosmo ma che non siano ancora giunte ad una fase di sviluppo tecnologico.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: ...che non siano giunte o che non si preoccupino dei quattro pirla che abitano questo pianeta :)
No, a parte gli scherzi, è praticamente impossibile capire qual'è la durata di una civiltà tecnologicamente avanzata. Noi riteniamo - a torto, temo - che la nostra civiltà possa essere eterna o giu di lì, ma in mancanza di una palla di vetro funzionante si rischia di parlare a vuoto. Basti pensare all'attuale riscaldamento globale... Quanto alle possibilità di vite basate su altre chimiche c'è da andare con i piedi di piombo. Praticamente c'è soltanto il carbonio a svolgere un ruolo efficace nella chimica dei composti organici. Dopodiché non escludo affatto la possibilità di forme di vita "estreme", la chimica della vita è praticamente una conseguenza logica di un grado ragionevole di complessità. In ogni caso penso anche che le possibilità di una vita intelligente siano davvero poche. Basti pensare che se un meteorite non si fosse schiantato sulla Terra 65 mln di anni fa, adesso i mammiferi esisterebbero soltanto in forma di formichieri.

Nick Parisi. ha detto...

@ Max.
Magari si sarebbero evoluti i dinosauri...

Massimo Citi ha detto...

@Nick: questa è una teoria che qualcuno ha avanzato e non è priva di senso. Ma personalmente sono convinto che l'intelligenza sia un risultato inatteso di adattamenti imprevisti e imprevedibili. Penso sia abbastanza probabile che i dino sarebbero rimasti dino e basta :(

EnzoB ha detto...

Grazie per il consiglio su Sean Carroll (che non va confuso con l'autore di Infinite bellissime forme: forse un capolavoro?): questa mattina l'ho trovato, alla fine, era sotto la pila di dvd di The Wire... l'introduzione mi aveva appassionato, ma la mole mi ha in qualche modo fermato, mi succede con i saggi, raramente con la narrativa (e -lo sai- non ho una formazione totalmente umanistica). Tenterò di nuovo, anche se il 16 mi arriverà l'ultima parte di Murakami. Il CD di Beth Orton vale tutti i 12,50 euro che ho speso, comunque ora sto riascoltando Sun di Cat Power (dovresti avere You are free). Allora, waiting for M(A)DULP, buona domenica. E.

Massimo Citi ha detto...

@Enzo: ben contento di ritrovarti qui. Il libro di Carroll - lontano parente di Alice? - merita una lettura lenta e curiosa. Parte lento, anche se l'autore dispone fin dall'inizio sul tavolo i suoi strumenti e i suoi obiettivi, per poi aumentare progressivamente. Inevitabilmente più appassionante l'ultima parte dove esprime le sue interpretazioni e sue ipotesi. Buona domenica anche a te.