18.2.08

autopubblicazione (a che cosa serve un editore capitolo 4 e 1/2)


Proviamo a fare pratica.
Se si ha un romanzo per il quale nessun editore - serio o poco serio - è disposto a investire un centesimo - nemmeno io - che cosa ne fate?
Lo tenete nascosto in una sub-sub-subdirectory della cartella «foto vacanze agosto 2002»? Lo stampate per regalarlo a quattro amici aspettandovi un sorriso agrodolce e un certo numero di scuse: «aha, un altro... certo, grazie. Quando avrò un momento... lo sai è un periodo molto pieno...», riprovate il giro delle sette chiese ma con zero speranze oppure, oppure... lo pubblicate in rete.
A che cosa serve pubblicare in rete, sia pure in un blog frequentato da quattro amici come questo?
Beh, a raccogliere opinioni, pareri, giudizi, impressioni e suggerimenti.
Se non si ha il tarlo di essere infallibili - tarlo che chiunque abbia provato a scrivere rischia comunque di avere - l'esercizio potrebbe rivelarsi utile o addirittura utilissimo.
Mi sono spesso stupito di sentire enumerare pregi e difetti delle poche cose che ho pubblicato. I difetti non erano quasi mai quelli che mi aspettavo e i pregi erano spesso diversi da quelli attesi.
Quindi pubblicare in rete, in un blog, può rivelarsi (forse) uno stimolo per le opere che non convincono completamente. Uno stimolo a cancellarle dalla subdirectory della quale si diceva oppure a rimetterci sopra le mani, a rivederle, ripensarle, ridiscuterle.
Bisogna avere pazienza, molta pazienza. Non si può pretendere velocità né ci si può lamentare di imprecisioni, dimenticanze, incomprensioni ecc. Nove volte su dieci le incomprensioni ecc. sono responsabilità dell'autore.
Non prometto di essere olimpico come può apparire, ma mi sforzerò. Anch'io sono convinto di essere infallibile ma ho un certo senso del ridicolo...
Ultima osservazione prima di passare alle istruzioni.
Non credo che Internet sia un mezzo adeguato per la (vera) pubblicazione di un libro.
Perlomeno non di un libro ritenuto definitivo, completo e pronto a essere distribuito.
Può servire come officina - e questo è il mio caso - oppure svolgere una funzione di promozione. Regalare il proprio libro per diffonderlo e, in un secondo momento, metterlo in vendita.
Sia la prima che la seconda sono pratiche abbastanza diffusa nei paesi civili, molto meno in Italia.
Istruzioni:
In fondo a dx di questa pagina trovate un collegamento: «Quante storie»
Cliccando nel collegamento che appare sotto:
(www.mio.discoremoto.alice.al)
vi troverete davanti tre cartelle:
«In controtempo + »
«Ultimo spettacolo»
«Zone inesplorate»
Nella prima troverete tre racconti già pubblicati in tre diverse edizione dell'antologia Fata Morgana e che quindi non ho potuto inserire nella mia antologia ma che sono omologhi a essa per ispirazione e temi.
Nella seconda i primi quattro capitoli di un mio romanzo (quasi) inedito. Si tratta di un romanzo di fantascienza, ma di un genere di sf che in Italia non ha molti precedenti. Lettori e autori di sf si prendono infatti maledettamente sul serio, mentre «Ultimo spettacolo» non è esattamente un romanzo serio. Scaricate prima il file «US - avvertenze e precauzioni».
La pubblicazione degli altri capitoli è legata al gradimento di coloro che scaricheranno i primi capitoli.
Nella terza due racconti lunghi: «La testa tra le nuvole», vergognoso calco verniano a suo tempo uscito su FM 4 a firma Giulio Artusi e «Zero», pubblicato in FM 6, un modesto esempio di piccola Ucronia nostrana.
Tutti file sono in formato acrobat.pdf.
Possono essere letti a monitor o stampati. La seconda possibilità se le prime righe vi convincono.
Osservazioni commenti eccetera possono essere inseriti in coda a questo post o inviati direttamente a un indirizzo di posta elettronica che utilizzerò soltanto a questo scopo: massimo.citi@virgilio.it.
Buona lettura.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Scaricati tutti i testi tranne "Zero", che avevo già. Questo è perché se ho già letto di un autore e mi è piaciuto ho la tendenza ad andare avanti ad oltranza: nel tuo caso non sono mai stata delusa.

Comunque, per quanto riguarda il resto del post, non sempre quello che si scrive è per il pubblico ludibrio (non nel tuo caso, sto parlando di me). Forse per mancanza di fiducia in me stessa, ma non credo che tutto quello che produco possa interessare a qualcuno, però non per questo non vale la pena scriverlo.
Insomma, pubblicare a tutti i costi è per quelli che vogliono per mestiere fare gli scrittori, ma se abbiamo qualcos'altro per il sostentamento - scrivere può essere anche un piacere fine a se stesso.

Massimo Citi ha detto...

«nel tuo caso non sono mai stata delusa...»
Beh questa potrebbe essere la volta che faccio padella... Attendo serenamente fischi e pernacchie.
D'accordissimo che scrivere può essere un piacere fine a se stesso. In fondo un diario lo si scrive per il puro piacere di farlo. Credo però esista una soglia "fatale" - o se preferisci una massa critica - oltre la quale si comincia a scrivere consci di avere un potenziale pubblico. Non si scrive "per" il pubblico, beninteso, ma tenendo presente che qualcun altro può leggere le tue cose.
Se hai raggiunto la massa critica, addio pace. Cominci a stressarti, a fare le pulci a ciò che scrivi, a scrivere e riscrivere più volte la stessa frase... Questo anche se all'orizzonte non vi sono editori.
Il massimo del masochismo.

Anonimo ha detto...

Scaricato tutto.
Ci si risente fra un po' (magari quando mi passa la febbre :-).

Ah, però... quella storia della massa critica; è dannatamente vera. Secondo me anche Fran sta ormai vicino alla soglia: quella soglia in cui uno non scrive necessariamente per essere pubblicato, ma con la chiara convinzione che quello che scrive "potrebbe" essere pubblicato.
E basta e avanza a perdere la sanità mentale.

Massimo Citi ha detto...

Bravo Piotr!
Mi auguro sia una buona lettura.
Credo che scrivere sia una malattia, endemica in certe aree e popolazioni.
Scrivere, d'altro canto, è un'attività sacra. Secondo «Il libro dello splendore» Dio ha creato il mondo scrivendo le parole che lo descrivono. Noi, sfigati semidei, cerchiamo soltanto di imitarlo.

Anonimo ha detto...

Lasciati dire che, per uno che se ne intende come te, il formato è un disastro. Se lo leggi a schermo senza scaricarlo non c'è quasi modo di ingrandirlo in modo comodo.
Se lo scarichi e stampi (cosa che io preferisco) ti vengono due pagine minuscole nel mezzo della pagina A4. Insomma, uno strazio, anche se (forse) tascabile.

Fantastico "la testa tra le nuvole", comunque... Ora scappo, ma mi farò risentire la settimana prossima.

Massimo Citi ha detto...

Oops!
Capita a voler fare i fighi e non essere capaci.
In realtà il tentativo era quello di far risparmiare carta a chi stampa. Ma il meccanismo per stampare in un formato ragionevole è troppo macchinoso.
Mi dispiace.
In giornata preparo file più leggibili.

Massimo Citi ha detto...

Cara Fran, ecco fatto.
Reimpostato tutto, adesso non dovrebbero più esserci problemi di leggibilità.
Una montagna di ringraziamenti per la segnalazione. Gli amici servono anche a questo...

Anonimo ha detto...

Ok, ok.
Ho usato il menzionato massimo.citi@virgilio.it.

Visto?

Massimo Citi ha detto...

Per Piotr:
ho visto e invocato benedizioni sul tuo capo. Ti risponderò presto, appena sarò riuscito a trovare due minuti filati.
Per Fran
Ho dimenticato di dirti l'essenziale: sono commosso che tu abbia letto e apprezzato «La testa fra le nuvole».
È una cosuccia che mi sono vergognato di pubblicare a mio nome ma alla quale sono visceralmente affezionato. Probabilmente perché, in realtà, il mio vero sogno è scrivere come Jules Verne e esserci (quasi) riuscito o almeno averci provato è per me tuttora fonte di gioia e stupore.