29.6.09

Qualche giorno dopo...

Passata anche la fiera di San Giovanni Letterario - sciaguratamente povera sia in termini di presenze che di incassi - abbiamo passato la mano su un altro «evento» che prometteva piuttosto poco in termini di movimento e di incassi.
Normale, probabilmente, a fine giugno la gente non ha molta voglia di uscire a scegliere libri, soprattutto se di argomento scientifico. Eppure la sensazione di essere bellamente ignorato dai seppure pochi visitatori della sede dell'ottava circoscrizione non è stata piacevole. Che la gente non si fermi neppure per chiedere lo sconto dà la netta sensazione di un abbandono in corso, di una diserzione. Verso i libri? Beh, sì. Ma non solo. Un pochino più forte la sensazione che, essendo presenti una dozzina di librai e altrettanti editori, sia mancata completamente la curiosità. I libri... beh ce n'erano di molti tipi e di molti varietà. Medicine naturali, psicologia, storia della scienza, libri fotografici, atlanti e dizionari, romanzi e romanzotti, guide turistiche, libri fuori commercio a uno sconto esagerato, giochi, libri per bambini... in tutto saranno stati almeno un migliaio di titoli tra quali sarebbe stato possibile scegliere.
Ma i lettori o (possibili tali) non hanno dedicato nemmeno un istante a dare un'occhiata.
Hanno girato, ciechi come ombre capitate lì per caso, senza accorgersi dell'offerta libresca che qualcuno aveva schierato dalle sette del mattino. È pur vero che si trattava di un pubblico oltre che ridotto, in un certo senso "scelto", ovvero molto più interessato alle regate che all'inopinata presenza di librai ed editori e di un pubblico sbagliato per le età - avanzata o minima - per i libri, come è sacrosanto notare che il luogo, con il sole a picco per buona parte della giornata, non è risultato molto adatto. Ma resta comunque la sensazione - forse sbagliata, è possibile - che noialtri: libri, librai ed editori, si fosse clamorosamente fuori posto. Sono stati presentati una dozzina di libri (in un posto caldo e non particolarmente pulito, è il caso di dirlo) solo per amici, parenti e colleghi e verso le otto di sera chi è rimasto ha tirato su tutto per godersi semplicemente i fuochi artificiali.
Noi non c'eravamo già più. Abbiamo ritirato le nostra merce verso le sette e ce ne siamo tornati a casa. Con un incasso di 35 euro (3 libri venduti) e l'anima pesante per il disinteresse. Sarà la crisi? O lo scarsa passione per la lettura? O un pubblico poco consono? Un po' tutto, certo, ma credo che chiunque lavori nel settore - librai, editori, autori eccetera - abbia un ben preciso incubo.
Tu ci sei, sei lì con i tuoi libri in mezzo alla gente e nessuno se ne accorge.
Brrrrrr...
Speriamo che la prossima volta vada meglio, anche se, sinceramente, visto come stanno andando le cose, ho i miei dubbi.

19.6.09

San Giovanni per lettori


Abbiamo trovato un modo per lavorare anche in un giorno di festa.
D'altro canto, visti i tempi non si può certo riposare sugli allori, veri o falsi che siano.
Insieme alle librerie e alle case editrici della zona (8a circoscrizione) abbiamo messo su alla velocità della luce un piccolo programma che non è nulla di che, d'accordo, ma può risultare gradevole per chi, non andando via, non ha voglia di passare la giornata davanti alla TV o a passeggiare per viali e piazza calde e vuote.
Ci saremo anche noi con una scelta dei nostri libri - i più economici, ça va sans dire - e con parecchi dei libri da noi editi.
Presenteremo ALIA ai possibili lettori, venderemo se c'è da vendere e dopo cena guarderemo i fuochi.
Un programma non poi così brutto per un giorno di festa.

Di seguito il programma:

ore 15,00 - Mario T. Barbero presenta “Torino in Giallo”, ed. Pintore

15,30 - Silvio Alovisio, Giulia Carluccio, Mariapaola Pierini presentano “Il divismo cinematografico da Rodolfo Valentino a Marilyn Monroe”, ed. Kaplan

16,00 - Dante Diamante presenta “Due cuori e una capanna”, ed. Q Press

16, 30 - Cs-libri presenta “Alia”, antologia internazionale di narrativa fantastica

17,00 - Antonino Pusateri presenta “Quotidianità e pratica spirituale”, ed. Psiche

17,30 - Paolo Turati, presenta “Stilico”, Antonio Cracas “Mi è rimasto un calzettone”e Carlo Sartoris “67 anni nella notte” ed. Morea

18,00 - Giuliana Cerrato presenta “Ricette dalla Terra degli Elfi”, ed. Pintore

18,30 - Giuseppe Tirone presenta “Il potere della parola”, ed. Psiche

19,00 - P.F. Maria Rovere presenta “La naturologia per la salute”, ed. Psiche

19,30 - Alfredo Luvino presenta “Il terzo mese dell'inondazione”, ed. Sottosopra

20,00 - Cristiano Daglio presenta “Creature dell'impossibile”, ed. Sottosopra

20,30 - Claudio Trapani presenta “Maestri si nasce o si diventa...”, ed. Psiche

21,00 - Pierfranco Massia presenta “Suor Nivelda e il grano OGM” ed. Pintore


Vi aspettiamo in V. Moncalieri 18, sede dell'8a circoscrizione, dalle 10.00 alle 24.00.

11.6.09

Autoeditoria


Ci sono due creature, Antonella Barina e Claudia Vio che da qualche tempo fa hanno cominciato a interessarsi di autoeditoria. Hanno pubblicato un paio di libretti/opuscoli «Appunti di autoeditoria» 1 e 2 centrati sul tema dell'opportunità e necessità di autopubblicarsi rifiutando radicalmente il rapporto con l'editoria di vanità e la stampa a pagamento.
Claudia Vio scrive, a questo proposito:

«Se il piccolo autore è costretto a farsi carico in prima persona dei problemi editoriali, tanto vale che si ponga questi problemi prima di pubblicare, anziché dopo. Che sia egli stesso editore. […] L'autore-editore di se stesso non può delegare nulla, deve dare risposta alle domande essenziali dell'editoria (Perché pubblico? Per chi? Con quale distribuzione?) […] È un processo analogo, in miniatura, a quello dell'artista del Rinascimento. Simile è anche il modo di produrre e far circolare l'opera: l'autoeditore produce da sé il libro e lo "propone" portandolo con sè in vari luoghi, così come l'artista porta i propri manufatti e li "espone" nelle gallerie».

Una suggestione molto forte quella sprigionata da questa ipotesi.
Difficile resistere alla visione del "narratore" picaro e vagabondo pronto a raccontare le sue storie a: «Associazioni culturali, gruppi di lettura, scuole di scrittura creativa, biblioteche […] (ma anche in) luoghi anomali [come] le case private».

E ancora:

«Avocare all’autore/all'autrice il ruolo di editore è una scelta di libertà. L’autore che si fa editore di se stesso si riappropria della funzione intellettuale: creatività letteraria e strategia culturale, di norma spartite tra l’autore e l’editore, tornano a saldarsi nella stessa persona. Questa ricomposizione genera ulteriore libertà: libertà, se si vuole, di praticare un'editoria non ipotecata dalla logica del profitto; libertà di costruire con le lettrici e i lettori un rapporto finalizzato al bene comune della scrittura.»

Ottimo. E difficile non essere d'accordo. Soprattutto quando, come adesso, l'unico reale interesse degli editori pare essere la vendibilità. Che significa una desolante e povera facilità di temi, personaggi e vicende.
Altrettanto ovvie, però, le difficoltà legate all'invenzione del personaggio di scrittore-editore-picaro. Necessariamente questo genere di scrittore non potrà dedicare - a meno non sia sufficientemente ricco - molto tempo alla scrittura. Avrà meno tempo per apprendere alcuni, banali ma necessari trucchi del mestiere. Faticherà non poco a trovare lettori che non facciano parte del proprio circolo di amici e parenti e che siano disponibili a leggerlo e ascoltarlo.
Diventa ovviamente necessario coordinarsi con altri autori/editori.
Che assomiglia un po' al principio per il quale una scimmia gratta la schiena a un'altra scimmia disponibile a farlo a sua volta...
Il rischio, in definitiva, è quello di avere un gruppo di autori/lettori infatuati di se stessi e incapaci di ascoltare altri. Un malinconico club di artisti della domenica...
È una linea molto sottile quella che separa l'autore/editore in motion dal semplice rompiballe vanitoso e senza genio.
Forse la differenza, in sostanza, sta proprio in questo: nel semplice talento...
Ma è comunque molto, molto positivo che qualcuno sollevi il tema dell'autoeditoria. Tanto più in un momento di profonda crisi dell'editoria maggiore.
Esistono probabilmente migliaia di autori potenzialmente migliori di quelli che appaiono nelle classifiche di vendita. Ma scoprire un ottimo autore non è più il ruolo - nemmeno marginale - dell'editoria maggiore. «Ci vuole vendibilità» ripetono i manager parlando più forte delle ormai semiscomparse redazioni.
Libri nati pre-letti, pre-masticati e pre-digeriti.
La fine del libro come lo conosciamo.
Merita proprio continuare la discussione, che cosa ne pensate?

30.5.09

Qualcuno vuole un buon libro?


Come vanno le cose nel mondo dei libri?
Proviamo a riflettere al di là del semplice andamento quotidiano.
Che cosa si vende?
Beh, i giallisti scandinavi. Larsson, innanzi tutto, autore di Uomini che odiano le donne, il primo della Millennium Trilogy, seguito da altri autori come Kjell Eriksson, Leif GW Persson, Henning Mankell, Liza Marklund, Hakan Nesser, Jo Nesbø, Arnaldur Indriđasson, Kjell Ola Dahl, Arne Dahl, Matti Yrjänä Joensuu, John Ajvide Lindquist senza dimenticare May Sjöwall e Per Wahlöö giallisti degli anni '70 recentemente riproposti con successo da Sellerio dietro segnalazione di Camilleri.
È un momento di successo assoluto per qualsiasi giallista che possa vantare un cognome che termini per -son o comunque possegga un'origine nordica. I lettori chiedono: «È uscito un nuovo giallo di un autore scandinavo?» più o meno come un tempo si chiedeva se era uscito un nuovo libro di fantasy o di fantascienza, come - cioé - se il «giallo scandinavo» fosse un genere a parte, con le proprie regole e i propri sviluppi.
Avendone soltanto leggiucchiato non posso esprimere una parere davvero informato. Ma posso comunque provare a riflettere sul fenomeno. I lettori, innanzitutto. Sono prevalemente donne, ed è questo è un aspetto non così secondario anche se essendo le donne la maggioranza dei lettori - 6 su 10 - è piuttosto probabile che risultino la maggioranza dei lettori quasi in ogni settore bibliografico. Molte lettrici significa che l'autore - gli autori - sono in grado di rappresentare con particolare attenzione situazioni e conflitti familiari, dubbi, malesseri, aspirazioni, delusioni ovvero quanto costituisce il tessuto più fitto e intimo della nostra vita quotidiana. Qualcosa che ricorda maggiormente La prima moglie Rebecca de Il silenzio degli innocenti. Il tutto condotto con l'attenzione pudica tipica del mondo del Nord. Poco a che vedere, probabilmente, con i complessi (e complicati) quadri dei thriller di scuola americana , spesso basati su un personaggio deviante - il «mostro» - contro il quale il protagonista è chiamato a scontrarsi. Nello scontro possono così emergere le inevitabili somiglianze e affinità tra antagonista e protagonista. L'eliminazione del mostro svolge così la funzione di liberare il protagonista - e noi tutti - del'incubo del doppio deviante.
Tra i giallisti scandinavi prevalgono colpevoli che non sono estranei alla normalità quotidiana, assassini simili al proprio migliore amico, vicino di casa, compagno di scuola o di lavoro. Una scelta curiosamente poco «politica» e del tutto personale. Qualcosa che, tanto per citare un altro topos narrativo, ricorda L'invasione degli ultracorpi (il nemico può essere il tuo vicino, il tuo amico, la donna che desideri) nel non separare né dividere il normale dall'anomalo.
Un risultato dei tempi?
Il dubbio che dietro i panni familiari del nostro amico o parente si nasconda la rabbia cieca e intollerante, l'ignoranza, la stupidità, l'ipocrisia e l'arrivismo di gente come Borghezio? La Russa? Cicchitto?
È uno scherzo, ma è possibile, naturalmente.
Più in generale, probabilmente, una reazione personale del tutto pre-politica che trova spazio in un genere letterario.
Per tornare alla libreria, comunque, c'è da segnalare l'imperituro successo di Montalbano. Montalbano, sottolineo, nel senso che i libri di Camilleri che non hanno il commissiario di Vigata come protagonista vendono un quarto o anche meno dei suoi polizieschi.
Bene per la saggistica di argomento scientifico.
Necessità di qualche certezza?
O, semplicemente, di poter dubitare senza rimorsi come criterio di approccio al reale?
Meno, molto meno bene per la narrativa italiana, disertata da parecchi lettori .
Dopo La solitudine dei numeri primi nulla, il vuoto.
Una conseguenza?
Poco considerata l'attualità politica.
Snobbata la storia del secolo, più interesse per civiltà e popoli lontani nel tempo. Meglio i Toltechi o i Pasquani, insomma, di SS e aviatori americani.
Dimenticati, per lo meno qui, i manuali del tipo Come essere belli e affascinanti con solo dieci minuti al giorno. Caduta in disgrazia la fantasy dopo l'avvento dei giovani e giovanissimi autori che, notoriamente, costano alle case editrici un centesimo degli autori stranieri.
Tutto bene, tranne che, fatalmente, i giovani autori finiranno col ridimensionare fatalmente a un centesimo dell'attuale le vendite del genere.
Inesistente la sf, e questa non è una novità.

Un quadro generale non troppo positivo. Nel quale gli editori non sanno bene che pesci pigliare.
Un particolare importante, confermato da altri operatori: si vendono gli autori già noti.
Poco «avventure», poche iniziative, scarsi esploratori delle novità in uscita.
Si vende il vendibile e non si vende o quasi il poco noto o il nuovo.
Un quadro generale non troppo positivo, dicevo.
Appunto.
La funzione delle librerie e dei librai è meno rilevante, più grigia, da passacarte dell'editoria.
Ma noi non possiamo essere soltanto rivenditori senza intenzioni, simpatie e antipatie, entusiasmi e odii. Ne va del motivo stesso della nostra esistenza.
Personalmente mi sono dato da fare per promuovere autori e libri meno noti ma ritenuti meritevoli. Posso aver sbagliato - anzi talvolta ho sicuramente sbagliato - ma mi sono sentito vivo, presente.
Non è molto probabile che possa durare ancora molto.
La crisi, nonostante le sciocchezze che si dicono, c'è ed è pesante.
Ma intanto sono qui.
Qualcuno vuole un buon libro?



20.5.09

Fata Morgana: the day after...

Come annunciato la presentazione di Fata Morgana alla Biblioteca Shahrazad è regolarmente avvenuta.

Prima di continuare: mille ringraziamenti al personale della biblioteca: gentile, piacevole e volenteroso. E un grosso grazie a Germana Buffetti dell'VIII circoscrizione.

La formula della presentazione non è cambiata. Tre persone - in questo caso - hanno letto brani tratti dall'antologia.
Silvia Treves, la sedicenne Morgana Citi e - sporadicamente - Massimo Citi (per quanto perplesso).



C'erano molti autori - perlomeno quelli che non dovevano venire da Napoli, da Merano o da Cracovia o Pechino... Ai quali comunque va un enorme saluto da noi tutti!
Nell'ordine, da sinistra a destra, Paolo Cavazza, Consolata Lanza, Massimo Soumaré, Silvia Treves, Massimo Citi, Cettina Calabrò, Davide Mana.



E gli ascoltatori non mancavano.




Un volenteroso fotografo - Paolo Cavazza- era presente (il primo a sinistra) e, come si può vedere, ha scattato.



Fata Morgana 12 ha così compiuto il suo ciclo vitale, ma non certo la sua vita.

Ne approfitto per comunicare a tutti coloro che passano di qui che il prox Fata Morgana - Fata Morgana 13 - non sarà più un concorso ma una normale antologia, alla quale volendo si potrà partecipare.

Il tema sarà:

Ripetizioni, duplicati, repliche, cloni

e per la partecipazione:

«Nessun limite di lunghezza né sei copie anonime.


Scrivete – o ripescate, aggiustate, sistemate ecc. –


mandate e via. Il tutto entro il 15 ottobre 2009.


Entro novembre vi diremo com'è andata e per metà dicembre


il vostro racconto,se scelto,sarà pronto alla lettura.


Potete inviare il vostro pupillo a mezzo posta


elettronica all'indirizzo


fata-morgana@tiscali.it.


L'attendiamo ansiosi


Arrivederci alla prossima!



15.5.09

Fiera del libro?


La fiera del libro.
Ancora.
Sono un po' stufo, a essere sincero.
Stufo della Fiera, certo, ma ancora più stufo di discuterne, pensarci, ragionarci, rifletterci.
La Fiera è, come tutti sanno, un business. Un discreto business (forse) per i grandi editori e una faticata mal compensata dagli incassi per i piccoli e piccolissimi editori. È pur vero che quest'anno i prezzi sono stati in qualche modo «calmierati» e sono state introdotte innovazioni e modifiche (sconto per chi si iscrive entro il termine dell'anno precedente, sostegno economico da parte della Regione Piemonte) tali da favorire la presenza dei piccoli e piccolissimi editori ma, come per le precedenti occasioni, non è stato colto l'aspetto principale della cosa - ovvero si è perduta l'ottima occasione di favorire la presenza della piccola editoria fornendo spazi e occasioni appositamente dedicate.
«E perché mai bisognerebbe favorire e sostenere i piccoli e piccolissimi editori?»
Già. Perché mai?
«E perché farlo, poi, se a vendersi sono i libri dei grandi editori?»
«E se la produzione dei piccoli editori è spesso spazzatura? Non si tratta spesso di libri stampati a spese degli autori?»
Un punto, piccolo ma importante.
I grandi editori non stampano soltanto libri a proprie spese. Esistono molte formule editoriali e il contributo dell'autore alla stampa e diffusione del proprio libro non è una bestemmia nemmeno negli ovattati uffici di Segrate o di Milano. Anzi.
I cavalli certi sono in definitiva molto pochi e molte carriere hanno avuto inizi in salita. È il caso di fare nomi?
Quindi dimentichiamoci il problema dei libri a pagamento. Il fatto che un libro sia stato pagato dall'autore non dice molto sulla sua qualità. Può essere una vera, ingenua, entusiasta porcheria, esattamente come un ottimo romanzo che non ha trovato sulla propria strada un editor interessato o sufficientemente convinto da difenderlo.
Questo anche tenendo anche conto che. come dice il buon Schiffrin, il parere definitivo sulla pubblicabilità di un libro è ormai troppo spesso appannaggio esclusivo della sezione amministrativa di un editore e non più della redazione...
È il caso di sostenere la piccola editoria?
Anche a costo di incoraggiare scrittori della domenica e furbastri dell'editoria di vanità?
Anche gli editori «pericolosi» per i possibili autori, chiamati (o ammaliati) dalla speranza di una distribuzione varia e capillare, presentazioni, dediche da firmare e altri simili frammenti di gloria?
Sì, anche a costo di.
Molti editori perseguono una propria idea o concetto di editoria, cultura, gusto e sensibilità. Tutti pareri assolutamente discutibili, ovviamente, ma tutti personali e VERI. Pareri e modi di giudicare il libro e la cultura non accuratamente lubrificati - e vuoti - come quelli della grande editoria. A me interessa incomparabilmente molto di più il parere e il modo di giudicare il mondo della cultura di Marco Zapparoli della Marcos y Marcos che quello di Ernesto Franco dell'Einaudi. Il parere di un libero editore rispetto a quello di chi è diventato sic et simpliciter un quadro aziendale.
E quello di essere divenuti semplici quadri aziendali è un problema ormai largamente diffuso nella grande editoria italiana. La tendenza a pensare prima di tutto al quibus - scusate se sono un po' brutale, ma è inutile girarci intorno - o esclusivamente al quibus è divenuto il problema principale di un'editoria che non rischia, non costruisce, non progetta.
Ma che fa mostra di sè ogni anno al Lingotto.
«Oro, la gran mezzana»... probabilmente sono diventato più shakespeariano che marxista.
Di fronte a questo vuoto di prospettive, a questo pavido e rapace conformismo non resta che puntare su un'editoria «leggera», audace e inattesa.
Esattamente ciò che possiamo «pescare» nella produzione di tanti piccoli e medi editori.
E in quanto ai libri pagati dagli autori... beh, quante volte siete stati delusi da un libro strapompato dai media?
Una fiera dove l'editoria «pura», ovvero formata da editori che non sono parte - di secondaria importanza, peraltro - di holding che vendono dalle frequenze TV ai carri armati d'assalto, sia ben evidente, dove autori e libri non siano soltanto quelli presentati nelle classifiche. Classifiche che... va bene, leggetevi quello che ne scrive Guido Carota, libraio privato e indipendente.
Inutile aggiungere che proprio questo genere di Fiera meriterebbe di essere promossa e frequentata.
Altrimenti?
Beh, io all'attuale Fiera non metto piede.
Per il terzo anno consecutivo.
Comprendo perfettamente chi partecipa ma non vado ugualmente.
Ci rivediamo dal 19 maggio in poi.



6.5.09

Riduzione a icona: un primo punto della situazione


Non parlerò di questo blog, qui, ma dell'«altro» blog, tenuto in condominio con Silvia Treves, quello di «Riduzione a icona» (http://riduzioneaicona.blogspot.com/)
È un blog un po' particolare, forse qualcuno lo ricorderà. Sul blog abbiamo deciso infatti di pubblicare l'ultima versione - quella praticamente definitiva - del romanzo di sf scritto a quattro mani: «Riduzione a icona».
Cominciamo con «i numeri», a nove mesi dalla prima uscita. Il primo post, infatti, è stato pubblicato il 25 luglio 2008.
Il romanzo è a circa 3/4 della pubblicazione. Entro un anno giusto dovrebbe essere uscito integralmente.
Quando è arrivato circa a metà della sua pubblicazione abbiamo comunque inserito il testo in formato .pdf (in fondo alla pagina con la scritta «Riduzione a Icona in .pdf») in condominio con altri testi del blog fronte e retro. L'abbiamo fatto non solo (e non tanto) per innata generosità, quanto per le alcune gentili richieste di qualche lettore che si è lamentato di non riuscire a leggere direttamente on line e di non poter disporre del testo in un formato trasportabile.
I testi inseriti sul blog sono stati 1-2 alla settimana, di lunghezza necessariamente ineguale, cercando di non spezzare brani concepiti in forma unitaria né di costringere insieme brani appartenenti a momenti e personaggi diversi.
I passaggi sul blog sono - a oggi - poco meno che mille e le pagine viste - ovvero le consultazioni del testo - poco meno di 1500. Facendo due conti molto veloci direi che, tolti i nostri passaggi (più o meno 200, siamo stati estremamente avari nel passare sulle nostre pagine) rimangono più o meno 800 passaggi di lettori. Di questi una buona metà si possono considerare «errori» di passaggio - difficile che chi cercava «penetrazione vaginale filmata», «hentai nudo integrale» o «ragazze nude al mare» si sia fermato a lungo sulle nostre pagine. I restanti sono probabilmente dovuti a «veri» lettori.
Eroici veri lettori, vien voglia di dire.
Un venti-trenta lettori, non di più, comunque.
Forse anche meno. Infatto cinque o sei lettori affezionati che tutte le settimane cliccano sul nostro blog sarebbero perfettamente in grado di raggiungere il numero indicato.
Una miseria, si direbbe.
Effettivamente...
Però, però...
Cominciamo con il dire che non avevamo vere pretese su questo romanzo. L'abbiamo pubblicato per «disperazione», alla ricerca di lettori. Anche pochi. Anche 5 o 6.
«Riduzione a Icona», ce ne siamo accorti pubblicandolo, non è affatto un romanzo facile o leggero. Il che non significa che sia bellissimo, ovviamente Semplicemente il lessico utilizzato, l'ambientazione, la trama, il numero e la qualità dei personaggi rendono la lettura on line piuttosto complessa.
Ancora peggio dovendo procedere «al contrario» ovvero dall'ultimo post verso il primo.
Probabilmente anche la cadenza non troppo stringente delle nuove uscite ha avuto la sua importanza. Anche se, bisogna ammetterlo, per essere realmente «efficaci» con uno strumento come internet e la lettura on line bisogna avere un tempo e ritmi molto diversi da quelli di RaI... RaI è fatto di imitazioni e parodie di un noir metropolitano e di una sf virtuale cyberpunkeggiante... Il tutto condotto con un passo felpato, ricco (dannatamente ricco, probabilmente) di divagazioni e fughe...
Pubblicarlo on line è stata, probabilmente, una trovata un po' disperata. E probabilmente un po' disperata è stata anche la pubblicazione a puntata.
D'altro canto... beh, non tutta l'esperienza merita un voto basso.
Le immagini, per esempio.
L'aver scelto e inserito le immagini è stata un'esperienza curiosamente vivificante. Cercare un'immagine che rappresentasse degnamente un frammento, un momento, una situazione si è rivelato interessante quasi come scrivere il romanzo ex novo. In qualche caso l'immagine entrava in rapporto diretto con il testo illuminandone aspetti inediti.
E comunque l'idea - un po' patetica, d'accordo, ma sincera - che qualcuno si collegasse con una certa cadenza con il blog per vedere che cos'era avvenuto di Brady, del prof. Himmelfarb, di Coe o di Versalle ci ha riempito e ci riempie di una pallida e silenziosa gioia.
Discorso a parte il gradimento del testo.
Di quello abbiamo avuto qualche sperduto e remoto segnale. In genere positivo, certo, ma troppo lontano nel tempo per poterne menar vanto...
Probabile, comunque, che alla chiusura del romanzo inseriremo un breve questionario da riempire. Una cosa non solo del tipo: «Qual è stato il tuo personaggio preferito?», ma anche del tipo: «Di quale parte - o personaggio - avresti fatto a meno?» o «pensi che gli autori abbiano fatto di meglio in altre occasioni?» o infine: «pensi che forse gli autori dovrebbero dedicarsi a qualche altro passione e dimenticare la narrativa fantascientifica?»...
Ovviamente noi siamo convinti che non sia così, ma possiamo sempre sbagliarci, com'è ovvio.
Un'ultima osservazione la merita la pubblicazione diretta di un testo on line.
Assomiglia un po' - anche se non del tutto - a cacciare il libro in una bottiglia e buttarlo in mare. O a lasciare il manoscritto su una panchina del parco. Troppo poche le risposte avute, in sostanza, e scarsamente utili per chi scrive - almeno finora, ovviamente.
Probabile, comunque, che dovessimo rifarlo lo rifaremmo esattamente così. Magari anticipando la pubblicazione in formato .pdf per poter semplificare la vita a chi vuole leggerlo senza rimanere agganciato a un pc. O forse pubblicando una breve presentazione prima di ogni «sezione» del romanzo. Non siamo riusciti a capire, infatti, se i lettori avrebbero gradito o meno una nostra maggiore presenza.
In ogni caso per cominciare a riflettere e lavorare sul testo saremmo felicissimi se qualcuno ci comunicasse il suo piacere - anche parziale - nell'aver letto finora «Riduzione a icona». Se non riceveremo risposta - qui o nel blog dove appare il romanzo - o raggranelleremo soltanto qualche «bah» o «tzé»... beh, alla nostra età trovare qualche altra passione non è facilissimo ma è sempre possibile.
I castelli di carta o i diorami napoleonici, per dire...

25.4.09

Il dodicesimo Fata Morgana...


In ritardo anche questo, ma è finalmente arrivato il momento della presentazione di Fata Morgana.
Le presentazioni di FM vanno avanti da anni e anni. Abbiamo visto crescere i nostri figli - Morgana, ovviamente, ma anche la figlia di Mirella, Gemma - così come sono mutati lo stile e la voce di molti autori. Alcuni autori, come Roberto Bodrone o Anna Andreoni, ci hanno accompagnato a lungo prima di gettare la spugna per motivi di tempo o di altri impegni, altri - Fabio Lastrucci, Andrea Rossi, Cettina, Adolfo Marciano e gli inossidabili, Davide Mana e Massimo Soumaré - partecipano ormai da anni, anche se a questo punto è evidente che FM non è il supplemento annuale della New York Review of Books...
Lo fanno per amore?
Per interesse?
Per la sfida enunciata nel tema?
Forse per tutte queste cose.
In ogni caso siamo ben felici di festeggiare con tutti gli autori - i vecchi, i nuovi, i nuovissimi, i temporanei, i persistenti, gli stranieri e gli alieni - l'ultima Fata Morgana.

Lunedì 18 maggio
Presso la Biblioteca Shahrazad
V. Madama Cristina 41
Ore 18.00


Sarà anche l'occasione per presentare il nuovo tema per gli eventuali interessati.

«Ripetizioni, duplicati, repliche, cloni»

Arrivederci a presto!!!

17.4.09

Aggiormenti sulle letture

In che cosa consiste il lavoro di un libraio?
In tantissime cose che, per la stragrande maggioranza, non hanno nulla a che fare con la lettura. Il libraio tipico deve ordinare, rendere, caricare a magazzino le novità, tenere un giornale di contabilità, emettere fatture, pagarle o cercare di NON pagarle, esporre le novità e rimettere a scaffale le novità che tali non sono più, consigliare letture, inventare soluzioni più o meno originali e fantasiose per vendere e sopravvivere, mantenere contatti con la banca, incontrarsi con i colleghi per iniziative comuni, progettare presentazioni, prendere contatti, evitarne alcuni altri, cercare di non farsi fregare i libri sotto il naso e tentare di procurare libri introvabili o quasi.
Quando si è arrivati al termine di una giornata di questo genere ovviamente non rimane molto tempo per leggere. Si è sbirciato, leggiucchiato, guardato tanto per farsi una mezza (o un quarto o un sedicesimo) di idea in modo da poter rispondere qualcosa a chi ti chiede: «e di questo che cosa ne pensa?», ma senza leggere DAVVERO. La lettura dei libri che interessano, incuriosiscono o stimolano rimane un'attività secondaria, alla quale dedicare pochi momenti rubati al tempo del lavoro. Più o meno ciò che accade a chiunque faccia un lavoro di tutt'altro genere. È vero: ho più scelta e qualche momento in più per scegliere ma, in compenso, ho spesso la sensazione di ignorare e trascurare centinaia di libri che avrebbero potuto interessarmi e che ho lasciato andare in resa.
In più, colaborando con una rivista letteraria, ho il «compito» di considerare con particolare attenzione alcuni titoli e autori in modo da tenerne informati i miei sedici lettori... Quindi autori giapponesi o titoli di fantascienza - il poco che resta - hanno una precedenza assoluta sul mio tavolo. In mezzo, ogni tanto, posso infilare qualcos'altro... Questo senza contare i libri gentilmente omaggiatimi (non si dice? pazienza) dagli editori nella speranza che in quanto libraio li apprezzi e li consigli.
Il risultato è una combinazione piuttosto assurda di libri, diversissimi tra loro per tema e ispirazione a farsi compagnia nella mia zucca.
Esemplifico, tanto per dare un'idea.
Due libri di Yoko Ogawa, per cominciare, autrice giapponese di rara potenza, eleganza e miracolosa capacità di descrivere gli stati d'animo. Ho un'enorme considerazione per la Ogawa, tanto da non farmi sfuggire neppure uno dei libri tradotti in italiano - non sono il mio amico Maz Soumaré e non posso leggerli in originale. Gli ultimi due che mi sono capitati sono un romanzo, La formula del professore, edito da Il Saggiatore e una minuscola antologia, Una perfetta stanza di ospedale, pubblicata da Adelphi.
Il romanzo è la storia dell'amicizia che nasce e si sviluppa tra la protagonista - una semplice ragazza-madre che lavora per un'agenzia di COLF - e un professore di matematica, che, a seguito di un incidente stradale, è incapace di ricordare qualcosa per più di ottanta minuti. Ottanta minuti... questo significa che il professore deve ogni giorno, più volte al giorno, fare nuovamente conoscenza con la sua COLF e con suo figlio, vivere coperto di post-it che gli ricordino le cose più diverse e curiose che non può dimenticare. Apparentemente condannato a una vita assurda e senza speranza, il professore possiede però ancora una fenomenale ricchezza: la sua profonda conoscenza della matematica, qualcosa che è in grado di trasmettere creando prima interesse e poi passione anche in persone che non hanno mai mostrato alcun talento matematico. Un libro nel quale in realtà pare accadere molto poco. L'unica voce narrante è quella della COLF e l'unico oggetto del suo raccontare è il buffo, assurdo e malinconico professore. Ma è un libro che ho amato molto e che non ha smesso di accompagnarmi.
Sarà perché Ogawa è così abile nel raccontare frammenti di vita come se appartenessero al lettore?
Non diverso il discorso per i due racconti di Una perfetta stanza di ospedale. Quietamente sconvolgente il primo, che dà il titolo al libro, meno nitido il secondo, Quando la farfalla si sbriciolò, racconto d'esordio dell'autrice. Di nuovo, merita sottilinearlo, la sensazione di «vivere» ciò che Ogawa racconta. Se dovessi attribuire una qualità o una definizione alla Ogawa direi, comunque, che è infinita la sua capacità di «moltiplicare le ombre», ovvero di lasciare intuire non soltanto ciò che il protagonista racconta ma anche gli infiniti retropensieri che stanno dietro ognuno di noi.
Sempre giapponese - per le meno in apparenza - A morte lo Shogun di Dale Furutani. È la terza parte di una trilogia che ha per protagonista il rônin Matsuyama Kaze e che si svolge nel Giappone del 1600. Vivace, divertente, animato, scritto con competenza e perfetta conoscenza del mondo descritto, «sembra» giapponese perché l'originale è stato scritto in inglese da Dale Furutani, americano di origine nippponica e importante dirigente industriale. Si legge in un paio d'ore (sei ore per tutto il ciclo) ma non delude. Recensioni più serie dei volumi già usciti le potete trovare qui e qui.
Cambiamo completamente genere, autore e nazione.
Karel Capek (chiedo scusa per la C priva di accento, ma trovare quella giusta è un po' complicato), autore ceco famoso per aver inventato i Robot nel dramma R.U.R. (robot significa lavoratore, in ceco), ha scritto diverse altre cose per le quali non gode di altrettanta fama. Io di Capek lessi con piacere e costrutto i Racconti tormentosi pubblicati a suo tempo da Sellerio e non mi sono fatto sfuggire questo goloso La guerra delle salamandre, pubblicato dalla Utet nella collana Letterature che ospita titoli e autori meno noti o dimenticati ma ugualmente interessanti.
La guerra delle salamandre è la cronaca di una curiosa invasione della Terra condotta da un tipo particolare di salamandre, scovate da un capitano di marina nei Mari del Sud. A lungo trattate come semplici animali appena più intelligenti di un cane o di un cavallo e in seguito sfruttate come lavoratori, le «salamandre», creature marina erette e alte poco più di un metro, spinte da una crescita demografica inarrestabile minacciano la terraferma degli uomini, rivendicando il loro ruolo di creature intelligenti. Di fronte all'attacco delle salamandre gli uomini mostrano tutta la loro fondamentale incapacità di fare fronte unito e combattere. Piccoli e grandi interessi, calcoli, modeste mire e mediocri furbizie sabotano la resistenza «umana» mentre le salamandre si mostrano sempre perfettamente unite e determinate. Ovviamente non presenterò qui l'epilogo del libro, lasciando il piacere di scoprirlo all'eventuale lettore. Di personale aggiungo soltanto che il libro è decisamente vivace e divertente nella sua prima parte ma finisce con l'ingarbugliarsi e perdere smalto e interesse man mano che procede. Ed è un peccato. D'altro canto l'ironico apologo di Capek è una forma di narrazione piuttosto comune nell'Europa degli anni trenta - basterà ricordare, a tale proposito, il terrificante Le Mosche di Jacques Spitz - ma ormai poco praticata. Si leggono vicende più o meno biografiche e più o meno personali, senza alcun riflesso pubblico e sociale. E si è convinti di leggere con profitto.
...
Una lettura non facile quella di Signore e signori di Alan Bennett. Una serie di monologhi condotti da personaggi - le Signore del titolo - che hanno la curiosa caratteristica di non comprendere ciò che accade loro intorno. Il lettore, viceversa, capisce abbastanza facilmente ciò che sta avvenendo e si stupisce nel notare come l'io narrante si rifiuti di comprendere la realtà. I monologhi vivono dell'onnipresente frattura tra il lettore il personaggio, degli equivoci e delle incomprensioni che via via si creano. Si ride, come no, ma a bocca chiusa, chiedendosi spesso quando è capitato a noi di essere quelli che non capiscono ovvero che non hanno voluto o cercato di capire.
Un mezzo pacco la nuova «epopea criminale» di Einaudi. Parlo di Educazione siberiana di Nicolai Lilin. Nicolai Lilin, un transnistriano di origine siberiana (come buona parte degli abitanti della Transnistria, lì deportati ai tempi di Stalin), «ha scritto la sua biografia direttamente in italiano», è scritto sul retro di copertina.
Lilin vive in Italia da qualche anno e, teoricamente, ha imparato la nostra lingua abbastanza da scrivere un libro di 300 pagine.
«Ma per chi ci prendete?», viene voglia di chiedere ad alta voce.
È possibile che il signor Lilin sia un portentoso fenomeno linguistico, ma se come è probabile non lo è perché nascondere al mondo il fatto che il libro è stato quantomeno abbondantemente rivisto in fase di editing?
E fin qui, comunque, ci sarebbe ancora poco da lagnarsi.
Il problema fondamentale è che il libro non è un giallo, non è una biografia, non è un frammento di vita vissuta né una lunga cronaca. L'aspetto centrale del libro è l'ideologia del suo autore. Un'ideologia più o meno ottocentesca, «paternalista e virilista» verrebbe da definirla, non troppo diversa da quella dei mafiosi attivi degli anni cinquanta e che nei nostri giorni si lamentano dei giovani leoni che non hanno rispetto per nulla e per nessuno, pensando esclusivamente a fare i soldi in fretta.
Il dubbio che una tale visione del mondo sia una semplice, buffa foglia di fico - sia pure più volte dichiarata e universalmente condivisa - non è venuta proprio a nessuno?
Che la Transnistria attuale faccia parte del submondo del traffico di armi, stupefacenti e di tutto ciò di illegale vi venga in mente, non è un parere ma un dato di fatto. Fare finta che sia il frammento di «una travolgente epopea criminale» risulta un po' ridicolo.
Come accostare la biografia di Sandokan con i pirati somali e yemeniti.
Ciò detto, il libro di Lilin ( e di qualcun altro, necessariamente) ha un discreto ritmo, una efficace rapidità di racconto e dialoghi e una truce, cupa ferocia nella descrizione di scontri, regolamenti di conti e vendette. Insomma, leggerlo non è tempo sprecato avendo comunque ben presente che è probabile che il mondo narrato da Lilin sia soltanto una piccola parte della verità.
Ultimo libro - ultimo anche perché non ancora terminato - quello di John Banville, Isola con fantasmi. Un romanzo del 1993 con una situazione di partenza tipicamente teatrale.
Un'isola poco abitata e un gruppo di gitanti ambosessi arenatisi e costretti a rifugiarsi da un anziano professore, dal suo aiutante/servitore e da un misterioso io narrante , un ex-galeotto condannato a vita per un reato imperdonabile.
L'aspetto curioso e affascinante del libro è il racconto ossessivo e minuzioso di gesti, pensieri e atteggiamenti dei personaggi, la capacità - un po' sovrumana viene da pensare - di descrivere con con un'impressionante abilità icastica modi e movimenti. Siamo - anzi sono - in attesa che la violenza che cova sotto la cenere finalmente esploda, nel frattempo inganno il tempo leggendo dei rapporti segreti e inconfessabili che li legano...
...
Stop.
Questo il complesso dei libri che hanno impegnato e stanno impegnando il mio tempo.
Altri ne seguiranno, comunque...

12.4.09

ALIA Anglostorie


È stata necessaria un'attesa più lunga - Davide nella presentazione spiega il come e il perché - ma alla fine c'è.
Una prefazione e un'introduzione, sette racconti, centocinquanta pagine di testo, cinque immagini originali realizzate per l'occasione per un'ALIA anglostorica decisamente stimolante.
Gli autori presenti, a cominciare da Ted Chiang, rappresentano più che degnamente l'arte della narrazione fantastica nei paesi di lingua inglese.
A voi non resta che leggerli, preparandovi a una varietà di temi e linguaggi non troppo comune in un'antologia tradotta.
Ecco l'indice:

Che cosa ci si aspetta da noi di Ted Chiang

Il sentiero del Sole di Lillian Csernica

Lo spadaccino che non si chiamava Morte di Ellen Kushner

L’avventura dell’inquilino di Dorset Street di Michael Moorcock

Barbablu e il bisonte bianco, una storia di Rangergirl di Tim Pratt

Miss Carstairs e il Tritone di Delia Sherman

Corona di Karl Schroeder

A presto!

26.3.09

Camminare zoppicando...


Ci dovevo arrivare, prima o poi.
...
Panico nel pubblico.
...
No, calma.
A parlare di cosa mi è capitato dopo l'ictus (leggero) che mi ha colpito l'estate scorsa.
A parlare, in particolare, di cosa è accaduto alla mia passione per la scrittura.
Andiamo in ordine, più o meno.
Il primo problema, banale ma reale, è che mia mano sinistra non funziona più troppo bene.
È più debole, imprecisa, si stanca molto presto. Io ho sempre battuto con 5-6 dita, delle quali tre appartenevano alla mano sinistra. Adesso se tento di scrivere attaccapanni mi viene quasi sempre un «ayyattconnni» o qualcosa del genere. Se sto scrivendo una recensione o un articolo smadonno, sospiro, attivo il tasto backspace e cancello e riscrivo, più lentamente. Il rischio, ovviamente, è quello di dimenticare o confondere la frase o il passaggio che mi avevano attraversato la mente per un istante. Un altro rischio - non troppo piccolo - è quello di decidere di tagliare la frase e «normalizzarla» rendendola più facile e, probabilmente, più incolore.
Dovrei sforzarmi di scrivere pianamente e ordinatamente.
Ma chi ci riesce più, alla mia età?
Assomiglia a dover reimparare a scrivere quando ormai i nervi funzionano ostinatamente come hanno funzionato negli ultimi 30-35 anni... Tranne che adesso non si accorgono di non aver battuto alcuni tasti («attccpnni») o di aver battuto la «y» invece della «t» («ayyac...).
Tiro il fiato e mi rimetto a scrivere.
Di questo passo il backspace si consumerà più di tutti gli altri tasti messi insieme.
Non mi vengono idee per scrivere. E questo è il secondo problema, apparentemente.
In realtà è difficile capire se il desiderio (e lo spunto) di scrivere qualcosa nascono perché sono parte di un processo unico e ciclico per il quale la capacità di scrivere stimola l'attenzione verso il mondo e, reciprocamente, l'attenzione per il mondo stimola la capacità di scrivere.
Fatto sta che adesso il meccanismo è rotto. Tragicamente rotto.
Qualsiasi fantasma di idea mi attraversi la mente si scontra fatalmente con la mia relativa incapacità di scrivere. Che funziona anche nella scrittura a mano, detto per inciso.
So come scrivo.
Le idee si sommano, si scavalcano, si sostituiscono.
Prendono forma per essere presto rimpiazzate da altre fino ad arrivare a una forma che mi soddisfa.
Il tutto accade in pochi secondi, un tempo al quale le mie mani sono adesso sostanzialmente incapaci di reagire.
So come scrivo.
Devo scrivere in forma quasi perfettamente completa già alla prima stesura.
Buonanotte.
Infatti dall'estate scorsa tutto ciò che sono riuscito a scrivere è la chiusura (già progettata, peraltro) del racconto apparso su Fata Morgana 12. Non mi ha particolarmente soddisfatto, per la verità, ma di meglio non mi è stato possibile fare.
Mi capita talvolta di rileggere i miei testi inediti, in questo periodo. Un'agonia, a essere sincero. Proprio ciò che fatico a scrivere ultimamente - gli interludi, i passaggi, le distrazioni, i salti di senso e di equilibrio che rendono un testo godibile e imprevedibile - riluce ricco e sfacciato nei miei vecchi testi. È un'impressione, lo so, ma è difficile resistere alla (terrificante) sensazione che quel genere di scrittura sia ormai fuori dalla mia gittata e dalle mie possibilità.
Il problema fondamentale, in sostanza, potrebbe essere che - sempre ammesso ricomincino a zampillarmi idee nella zucca - dovrei avere mooolto più tempo di una volta per riuscire a scribacchiare una paginetta. Sempre ammesso che la mia velocità di scrittura regga almeno decentemente il ritmo delle idee.
Tenendo conto del mio lavoro attuale, direi che il tempo è sempre stato un problema - se non IL Problema - nella scrittura. Poi, certo, è possibile che mi trovi da un giorno all'altro a non avere più nulla da fare. Ma temo che a quel punto dovrei trovare qualcosa da fare in un modo o nell'altro. «Non restare con le mani in mano» come insegna il demente nazionale.
Che fare?
Mi consigliano di attendere. Di vedere come va la mano. Di fare esercizio con la sinistra.
Tentare di scrivere, tento.
Questo sciagurato e scalcinato blog ne è un esempio.
Gli articoli e le recensioni scritte per LN anche.
Da questo punto di vista sarebbe estremamente prezioso per me sapere se è così evidente il cambiamento intervenuto in chi scrive. Se avete voglia di dirmi qualcosa - senza pietismi o inutili cortesie - sono tutto orecchie.
Per la narrativa...
Consolata Lanza, scrittrice vivacissima, mi dice che lei ha passato diversi mesi senza scrivere. dopo un'operazione. Inchiodata, bloccata, vuota.
Mi dice che questo, forse, è ciò che sto passando anch'io.
Non credo che Consolata avesse avuto, all'epoca, la sinistra fuori assetto, ma comunque accetto e ringrazio.
Un altra possibilità è cambiare drasticamente il genere di testi che scrivo. Niente più romanzi né racconti ma racconti brevi o brevissimi, progettati fino all'ultima riga. Magari dettati al PC mediante un microfono.
È possibile e verosimile?
Non mi ci vedo troppo, ma l'importante è non disperare.
Poi qualcuno può anche giustamente commentare «ma chissenefrega di uno scrittore che ha pubblicato in vita sua una manciata di racconti...» e mi sarebbe difficile dargli torto. Posso soltanto rispondere, per quanto mi riguarda, che scrivere è stato per diversi anni una delle mie «vie di fuga», uno dei pochi metodi personali per separarmi temporaneamente dalla mia vita quotidiana. Un modo per giudicarla dall'esterno e provare a immaginare altre vite possibili.
In questo momento mi sento, sinceramente, molto solo. Una specie di naufrago, sia pure temporaneo... Ma è anche possibile che si tratti di un evento transitorio, qualcosa del quale potrò ridere quando riceverò il Nobel alla letteratura...
Non mi resta, a questo punto, che provare a scrivere qualcosa di molto rapido, anzi rapidissimo, tanto per vedere se mi è possibile.

«Luigi stava tornando a casa come tutti i giorni. Prendeva due autobus, il 19 per 5 fermate e il 65 per 8. Riconoscere la cadenza delle fermate era una pratica quotidiana, una sinecura che sbrigava senza nemmeno più porgli particolare attenzione. Ma quel giorno lasciò passare l'ottava fermata del 65 senza accorgersene e dovette scendere alla fermata successiva, la nona, posta dall'altra parte della grande piazza.
Il sole era forte, quasi insopportabile e l'asfalto ne rifletteva lo splendore rabbioso come lo specchio di un lago oscuro.
Dall'altra parte della piazza un ragazzo stava attraversando la strada con la stanchezza un po' ovvia di loro studenti.
Buffo, Luigi avrebbe detto che si trattava di una copia perfetta di lui. Stessi jeans larghi, stessa maglia bianca con una grande scritta sulla schiena.
Luigi, stordito, scosse la testa e poggiò un piede giù dal frammento di marciapiede dove l'autobus l'aveva lasciato. Ma l'asfalto sembrava in tutto e per tutto limacciosa acqua oscura.
Si sentì trascinare giù, senza riuscire a fermarsi. Provò a urlare ma inutilmente.
Le abitudini possono essere pericolose.
Molto pericolose. »

Beh, c'è voluta più o meno un'oretta.
Q.E.D.

Alla prossima.



18.3.09

In libreria a fare che?



La crisi per i libri non esiste, scrivono sui giornali.
Sarà...
Personalmente, intento come una vedetta a spingere lo sguardo fino al limite dell'orizzonte per individuare eventuali movimenti (beneauguratamente) sospetti, credo si tratti di grosse fregnacce. Cavolate colossali. Idiozie. Facezie poco divertenti.
I giornalisti, come tutti sanno, sono per la maggior parte scrittori - o tentati/tentanti scrittori - a loro volta. Creare la convinzione (fittizia) che vi sia un bel movimento nel settore editoriale librario dovrebbe (o potrebbe?) indurre i lettori abituali a non abbandonare le librerie, preferibilmente di catena, e con esse i loro prediletti scrittori / giornalisti.
A resistere alla tentazione di chiudersi in casa in compagnia di libri acquistati in altri tempi.
A non dare retta alle arpie che denunciano tutti i giorni la situazione di crisi.
Ma è vero?
No.
Fino alla sede di questa piccola libreria arrivano voci - ululati, urla , singhiozzi e trapestio - provenienti dalle case editrici. Queste voci parlano di «librerie congelate», una situazione che ha il grosso pregio di spiegare con un'unica rapida immagine lo stato delle cose. «Congelate» significa che nessuno tocca nulla, prende in mano nulla, al limite non entra neppure. E noi, sciagurati librai, rimaniamo all'interno con la bocca aperta, proprio come dei pesci surgelati all'istante.
Può comunque essere interessante provare a svolgere qualche riflessione sui pochi sciagurati che che nonostante tutto entrano.
Che cosa chiedono?
Una prima osservazione è che sono nettamente diminuiti i clienti che entrano senza un'idea precisa e finiscono per acquistare qualcosa per semplice golosità. Chi entra lo fa per un motivo ben preciso, chiede, paga e se ne va. Se non disponibile il volume richiesto prenota e ripassa il giorno X a ritirare il libro ordinato.
Fine.
Qualcuno, mentre aspetta il pacchetto del libro ordinato da regalare, si guarda intorno ma finisce per non acquistare nulla.
«Non è un bel momento», magari si preoccupa anche di osservare il nostro lettore.
«Certo, è evidente» è il commento più ovvio e scontato.
Si pensa ai giornalisti e...
Vabbé.
Che cosa scelgono i clienti?
Questa è un elemento di rilievo, tanto più che viene a confermare una sensazione che ho già espresso proprio qui. Una volta detto che l'acquisto di impulso è nettamente diminuito e prevale nettamente l'acquisto (apparentemente) meditato si scopre che la scelta finisce per cadere su pochi titoli. In questi giorni la Vargas (Un luogo incerto), Larsson (la trilogia millennium) e poco più. Al massimo una spruzzata di Camilleri e un po' di laicismo di Rodotà. E diversi saggi scientifici.
La narrativa non targata da autori già famosi viene ignorata. D'altro canto essendo al momento morta o agonizzante «l'occhiata senza impegno» che molti clienti davano volentieri in altri tempi non resta che allinearsi e ubbidire. Il che per i librai - onde evitare di andare in malora passando per la via più breve - significa tagliare gli acquisti su autori meno noti o i generi meno frequentati.
In ultima analisi si può anche affermare e scrivere che «in libreria la crisi non arriva» se ci limitiamo alle vendite degli autori più conosciuti.
Dietro di loro, però, il vuoto.



11.3.09

Partito LN 49!


Nonostante questo non sia, come abbondantemente spiegato, il sito di LN, mi sembra il caso di informare che l'ultimo numero di LN, il 49, è felicemente salpato per il tipografo. La consegna dei fascicoli è prevista per venerdì 20 marzo. O al massimo, tenendo conto dei ritardi tipografici, potrebbe essere lunedì 23...
Cosa c'è di particolare in questo numero?
Beh, è un buon esempio di quello che possiamo fare.
Parlando disordinamente: ritorna «Per una storia naturale del fantastico», il numero 38, a cura di Davide Mana. Una lunga monografia dedicata al rapporto tra riviste dedicate alle nuove tecnologie e pubblico di lettori, dai tempi di Popular Mechanics ad Analog, a Omni a Wired, fino alla neonata versione italiana di Wired. Un ottimo articolo, che si chiude sollevando problemi non esattamente secondari, del genere: «Ma hanno ancora uno spazio le riviste?»
Ricco di interventi lo spazio «Magazzino dei mondi», aperto da un lungo articolo di Silvia Treves e continuato, tra gli altri, da interventi e recensioni di Consolata Lanza e Enzo Baranelli.
Terzo spazio per Albion di Franco Pezzini, viaggio storico-turistico-letterario nell'Inghilterra medievale e moderna e un nuovo incontro con Mario Prisco e il teatro napoletano, questa volta dedicato a Eduardo De Filippo e Giuseppe Patroni Griffi. Ritornano le recensioni in coppia di Raffaella e Luca, dedicata questa volta a Pulsatilla e alla Prova del miele di Al-Neimi e le «Letture controvoglia» di Cettina Calabrò. Ritorna anche, dopo un paio di numeri di assenza, lo spazio iniziale della rivista, «La sentinella», dedicato all'antologia appena pubblicata da Stampa Alternativa dello scrittore americano Ted Chiang.
L'incontro con l'autore di questo numero è con Luca Rastello, condotto da Marco Email partendo dal nuovo libro di Luca. «Io sono il mercato». Un'intervista felice e ricca di riflessioni non banali: Mentre Marco scrive: «... il suo libro ha illuminato l'economia, la società e il mercato [della droga] di una luce diversa» Rastello ci spiega perché «la cocaina e l'eroina sono le merci più redditizie nella storia dell'economia…»
Un'intervista che è bene non perdere…
Nello spazio Golem, dedicato alla scienza, una coppia di recensioni di Davide e una di Silvia Treves incentrati sul rapporto tra filosofia e scienza.
A concludere il numero un buffo e singolare racconto che è anche una dichiarazione letteraria d'amore di Massimo Soumarè per Akutagawa, con la presenza di Buddha in persona...
Ultima cosa una piccola grande novità, uno spazio dedicato alle letture di Francesca, un'appartenente alla squadra dei Rudi Matematici. Nulla di «troppo» scientifico, come si vedrà, solo normali letture ma illuminate e raccontate in modo non comune partendo da un approccio non convenzionale.
Un buon numero, credo, anche se so benissimo che l'ultima parola va ai lettori.

Dopo il 20 (o il 23) di marzo...


4.3.09

Fiducia negli acquirenti?

Qualcuno ricorda ancora il demente strillare agli italioti che esisteva una sola strada per fermare la crisi in arrivo? Lo ricordate mentre ripeteva: «Bisogna comprare di più! Spendere, largheggiare, dilapidare: è l'unica linea di condotta che possa salvarvi dalla crisi».
Non complete stupidaggini, ovviamente.
In una crisi di consumo come quella che sta scuotendo il mondo, puntare sulla volontà popolare di continuare a spendere non è completa fuffa, se non fosse che... I soldi mancano o se ancora non mancano ci si comporta comunque come se mancassero.
E fino qui siamo ancora alla reazione popolare ai boatos sulla crisi.
Adesso si parla di aumento vertiginoso di cassa integrazione e di licenziamento di precari che lo stato non può assumere. Meriterebbe forse riflettere un po' su questa «impossibilità» statale, dal momento che, se si tratta di lavori necessari, qualcuno li dovrà pur fare, alla faccia di tutti i Brunetta del mondo.
E se non se ne occupa lo stato chi sarà?
Il solito privato rapace & usuraio?
Con i propri precari ultrasfruttati e disperati?
Meditate - gente - meditate.
Ma a non credere in primissima persona al verbo del demente sono, curiosamente, i suoi dipendenti: i mondadoriani.
Le novità editoriali continuano a uscire, ovviamente, ma con ritmi inaspettatamente un po' diversi da quelli tenuti negli anni scorsi.
Bastano alcune cifre in percentuale, aggiornate sui relativi fatturati a nostro carico aggiornati a oggi:
Messaggerie Libri: - 31,62
RCS Libri: - 34,62
Mondadori: - 28,89
Percentuali intorno al 30% in meno, curiosamente concordi per i maggiori distributori librari nazionali. Certo, in parte si tratta di tagli operati da noi, particolarmente a carico di Messaggerie e RCS, ma quantificabili al massimo con 10-15% in meno. Il resto, ovviamente, è un taglio - o almeno una diversione di uscita - praticata direttamente dagli editori. In sostanza, visto l'andamento del mercato, sono per primi i fornitori a tagliare la disponibilità dei titoli in commercio. Si ritiene che il pubblico non sarà disponibile a spendere e quindi si rimandano o si eliminano i nuovi titoli.
E i prezzi relativi?
No, nessuna deflazione, per ora.
Aumentano le campagne promozionale (sconto 20% - 30%, 3 x 2, 2 x 1, 1 x 1 ecc.) e ne aumenta la durata ma il prezzo di copertina dei singoli libri per il momento non mostra diminuzioni di rilievo.
Per il momento siamo in bonaccia.
Per far volare gli stracci dovremo aspettare l'ingresso delle (grosse) rese relative al 2008.
Chiedetemi allora com'è la situazione…
Per il momento vi basti sapere, comunque, che Mondadori ha ceduto di recente la propria storica tipografia perché pesantemente sotto con l'editoria periodica - riviste eccetera - di un 20% abbondante.
Ma non dovevano spendere di più, gli italiani?