8.3.20

Il Mare Obliquo 58

Davanti alle mura di Ulfa, Kwister e i suoi amici si chiedono come potranno mai liberarla dalle migliaia di assedianti. Ma Oakin ha portato con sé un tipo di arma sconosciuto ai nemici.
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– Da dove arriveranno mai, le macchine da guerra? I Semurgh sono sempre stati così rissosi che da soli non avrebbero mai inventato nemmeno il cucchiaio. – Jay Wediliun, acquattato nell'erba alta, parla a voce bassissima, lanciando frequenti occhiate intorno.
– Non è difficile immaginarlo. Arriveranno da dove sono arrivate le frecce di Jeghu Eshida. Direttamente dai magazzini reali di Dancemarare. Se penso che quell'imbecille di Nyby Ornoll ha mandato i figli delle migliori famiglie del regno a morire per i Cancelli d'Occidente… mentre quelli ci cucinavano questo bel piattino.
– Piano, Oakin, ci sentiranno.
– Ma se riesco a ritornare a Farsoll…
– Fai silenzio, vecchio rospo. I Semurgh possono essere ovunque. Anche dietro la tua coda.
Il comandante della Goren resiste alla tentazione di voltarsi per non dare soddisfazione a Kirzil e scruta ostentatamente il dosso della collina che scende dolcemente verso la città. – Vedete le mura? Come sono scure, profonde e inclinate? Sono molto antiche: Ulfa è da anni e anni la capitale della Lega delle Chiuse ed ha già dovuto affrontare molti assedi. L'abitano uomini e gu'hijirr che vivono in pace e buon accordo, dediti ai propri commerci e alle proprie faccende. Solo da poco tempo si sono uditi profeti e arcimaghi che predicavano la superiorità della gente nuova. Così almeno mi hanno detto negli ultimi viaggi. Adesso comprendo chi li inviava e pagava i loro sporchi uffici.
– Come pensi di agire, Oakin? Quali armi formidabili ci nascondi? – Chiede il Barone Enklu.
– Nulla di nuovo. – Replica asciutto il gu'hijirr.
– Ma non avrete potuto portare la granatiera fin qui…
– La granatiera no, ma le granate sì. I miei marinai ne portano cinque ognuno. Si spargeranno lungo il declivio a nord, uno ogni cinquanta passi. Quando Usimbal lancerà la prima… là, la vedete barone quella grande tenda color mostarda? Lì sicuramente sta l'Anansi di Tedeki… quando questo avverrà gli altri marinai saranno pronti a lanciare le proprie proprio nel mezzo delle milizie assedianti. Poi, mi auguro che gli Ulfani siano pronti ad approfittarne.
– Ci sarà poco lavoro per le spade, ma sicuramente è meglio così. – Osserva il barone.
Oakin sorride. – Non siatene certo. Quando Uhban, Semurgh e Tedeki cominceranno a correre verso le cime della Corona ci passeranno molto vicini. E noi potremo contribuire ad aumentare il caos.
– E se da Ulfa non arrivasse nessun aiuto? – Chiede Harvaiun.
Oakin sbuffa. – E se invece dei piedi avessi un paio di pinne? Cammineresti male, non trovi? Se sarà così improvviseremo qualcosa, ci penseremo al momento. Adesso silenzio. 
 


Kwister appiattito al suolo – posizione che, nonostante la necessità, trova assai poco dignitosa – attende che gli giunga all'orecchio il suono della prima delle esplosioni. Ha già udito il formidabile fragore della granatiera della Goren, ma in quell'occasione il rumore era arrivato imprevisto e quindi non l'aveva scosso più di tanto. Ma questa volta l'attesa lo rende nervoso, molto più che nelle precedenti attese di battaglia.
Accanto a lui Usif-Lizhi solleva a intervalli regolari la testa sopra il livello dell'erba, ma quanto al resto sembra tranquillo come l'invitato a un matrimonio.
– Chissà che disturbo sarà per voi il rumore delle granate, Marr Usif-Lizhi. Mi dicono abbiate orecchie molto delicate.
Il notturno per guardare il massiccio Lupo-drago non solleva la testa, ma si appoggia su un fianco. – Non posso negarlo. Ma tutto è preferibile a quest'attesa.
– Non posso darvi torto. Chissà quando verrà il segnale dell'attacco.
– Da qui i nemici si distinguono agevolmente. I mantelli rosso scuro dei Tedeki. Dicono che vengono tinti con il sangue dei loro nemici.
– Sangue di porco e sterco secco. Infatti puzzano. – Mormora a mezza voce il Duca.
– … E gli elmi con il puntale degli Uhban, con il quale si lanciano a testa bassa contro i nemici…
– Come stupidi montoni…
– … e gli scudi alti di cuoio e legno dei Semurgh, che portano legati sulla schiena.
– Per gente abituata ad accoltellarsi alle spalle è certamente il posto migliore per portare uno scudo.
– Vedo che non avete molta considerazione per i nostri nemici, Duca.
– Idioti superbi e vigliacchi. Si sentono forti perché sono tanti, ma non si amano e se Ulfa dovesse cadere finirebbero per massacrarsi tra loro per il bottino. Non sono un esercito ma solo una grossa banda di tagliagole. Al primo spavento scapperanno come lepri. Quando i Notturni dominavano il Kie non avevano neppure il coraggio di mettere il naso fuori dalle loro tane.
– Già. Ma ora la mia gente non si interessa più di quanto avviene nel mondo. E comunque devono essere molto abili gli emissari di Dancemarare a riunire in un'unica armata popoli tra loro rivali.
– È ciò che la Lega delle Chiuse ha sempre temuto. Semurgh da Nord, Uhban da Sud e Tedeki da Est. Deve essere costata molto denaro questa alleanza. Speriamo che siano denari sprecati.
– In fondo siamo qui per que…
Il fragore della prima granata arriva molto più smorzato di quanto si attendessero. Una fontana di terra, erba, fumo e fuoco sorge improvvisa davanti a loro, dove fino a un istante prima sorgeva la tenda dell'Anansi.
Al segnale di Usimbal è la volta degli altri marinai della Goren di lanciare le proprie granate. Si alzano in piedi, mulinano la frombola e con un movimento secco, elegante lasciano partire piccoli oggetto neri e opachi che superano d'un fiato la distanza che li separa dall'accampamento degli invasori.
Kwister e Usif-Lizhi nascondono il capo nell'erba quando la granata giunge al suolo per risollevarlo un istante dopo, a controllare l'effetto dell'esplosione.
Terminata la prima serie di lanci i gu'hjirr attendono che il fumo si sia sollevato per riprendere il tiro. Dalla nebbia grigia che avvolge le prime tende dell'accampamento vengono urla e i nitriti terrorizzati dei cavalli.
– … povere bestie. – Mormora distintamente Oakin e dà a Usimbal, ancora in piedi, il segnale per il secondo lancio.
Come in un'innocua esercitazione le granate esplodono l'una accanto all'altra. Il terreno brontola e l'aria ha un odore secco e pungente.
Ussai, Farsoll! – Gridano insieme i marinai gu'hijirr, sollevando le frombole.
– Le porte di Ulfa… guardate! – Sibila Harvaiun quando anche il fumo della seconda serie di esplosioni si è sollevato.
Le massicce porte di bronzo della città scivolano lentamente sui cardini. Nell'ombra una fila di lancieri nella livrea azzurra e viola della Lega delle Chiuse abbassa le lance ed esce sulla spianata al piccolo trotto. Un silenzio innaturale domina la scena. Anche gli invasori, paralizzati, assistono alla manovra dei temibili lancieri Hymn come spettatori di una parata. Gli Hymn sono stati i loro nemici per decenni e i loro colori significano morte in tutte le terre del Kie. 
Quando il terreno rimbomba del rumore degli zoccoli dei cavalli, Usimbal urla con tutto il fiato che ha in corpo: – Adesso! Tirate! Ussai Farsoll!
Una lunga fila di fiori di fuoco e fumo si accende tra i Semurgh, gli Uhban e i Tedeki.
Nella piana i lancieri si allargano in tre lunghe file che travolgono i pochi guerrieri che hanno vinto il terrore delle granate per andare ad affrontare gli Hymn. Alle loro spalle vengono correndo i piccardi e gli arcieri di Ulfa, a terminare l'opera.
Ben presto gli invasori abbandonano ogni parvenza di resistenza organizzata, abbandonano le macchine d'assedio, travolgono i propri ufficiali, gettano le armi e corrono disordinatamente verso la cima delle montagne.
Usimbal attende che il primo gruppo di tedeki in fuga sia a un centinaio di metri per lanciare la quarta serie di granate.
– Adesso! È il nostro momento!
Il Duca Kwister non attende neppure che il fumo si sia diradato per gettarsi giù dalla discesa, incontro ai nemici.
– Attendete Duca Kwister! Ancora un lancio… – Grida inutilmente Usif-Lizhi, ma il Lupo-drago nemmeno lo sente. Al notturno non resta che alzarsi in piedi, snudare la egyri e seguirlo.
Se la vista del massiccio Lupo-drago che scende rapidamente l'erta mulinando la lunga spada aumenta il loro panico, vedere correre a pochi passi da lui un uomo-di-luna incurante della luce del giorno, con gli occhi accesi come lanterne e la grande spada ricurva che si accende di riflessi dolorosi, li getta definitivamente nel terrore.
Fuggono come lepri abbandonando armi e armature, qualunque cosa ostacoli i loro movimenti. Urlano: – Tradimento! – E – Antayul! – Il nome che i loro popoli attribuiscono ai Notturni. Ed è soprattutto questo secondo grido a rendere deboli e spaventati anche i più risoluti e coraggiosi tra loro. 

 

2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Caro Max,un abbraccio virtuale in questi momenti strani per l'Italia e per tutti noi.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: ricambio con affetto. Teniamo duro fino alla fine!