7.8.19

Il Mare Obliquo 26

Maldanea riposa, ma Difiduanna, la sua civetta, ha deciso di informarla di un evento non esattamente banale. Una vecchissima nave con un equipaggio di Oom è approdata alla Reggia di Teardraet. Il passeggero della nave è...
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– Buongiorno Maldanea!
La giovane syerdwin, ancora insonnolita, dischiude appena le palpebre.
Appollaiata sul fondo del letto Difiduanna la fissa con espressione irritata, le piume arruffate e le ali semiaperte: – Allora sei pronta, sei ben sveglia? – Insiste il minuscolo rapace saltellando da una zampa all'altra.
Maldanea, pur non del tutto in sé, sente che non è il momento di chiamare la sua piccola amica Diffy, magari accompagnando al diminutivo una pantofola e qualche frase malaugurante. Decide invece di ignorarla e di nascondere la testa sotto la coperta, sperando che la civetta si stufi e se ne vada.
Debah! Vieni fuori di lì, non è tempo per dormire questo! Ci sono grandi, grandissime novità.
Maldanea abbassa la coperta dal viso quel tanto che basta per sbirciare fuori.
– Che novità? – Chiede con voce roca.
– Vieni fuori di lì e lo saprai.
– Eh, già. Questo giochetto lo facevi già a Rocca Wessiun, cara mia. Non ci casco più.
Le ultime parole della frase vengono pronunciate senza slancio, quasi con tristezza. Ad ogni risveglio la giovane Principessa Syerdwin si rende conto con rimpianto di non essere più nella casa alla quale i suoi sconosciuti genitori l'hanno anni prima affidata, la casa della quale conosce gni più riposto angolo, nella quale ha giocato, pianto di rabbia, fatto impazzire seri istitutori, architettato perfidi scherzi ai danni della servitù e dei parenti-adulti e giocato alla guerra con i suoi giovani cugini, Odden e Daff.
– Bene, allora non ti dirò nulla. – Dichiara Difiduanna volando fino al davanzale interno della grande finestra debolmente illuminata dalla luce fredda e grigia di un giorno di nebbia e volgendosi ostentatamente verso i vetri.
– Ma no, Dif…Difiduanna adesso mi alzo, rassicurati, ma sarà bene per te che le novità siano davvero tali.
La piccola civetta ha un fremito che le arruffa ancor di più le piume e non si volta a risponderle.
Con un gesto eroico, o almeno tale appare a lei, Maldanea allontana le coperte e si mette a sedere sul letto. Il caminetto è ovviamente ancora spento, e questo particolare, insieme alla luce incerta che proviene dalla finestra le fa sorgere un dubbio. – Questa è l'alba, vero Diffy?
– Certo. – Replica la civetta brusca.
– Ma ti pare un'ora ragionevole per alzarsi? Cosa sono un pescatore, un boscaiolo o un cacciatore da dovermi levare ad ore come queste? – Protesta Maldanea.
– Non tornare a letto. – Le intima Difiduanna senza voltarsi, interrompendo a metà il gesto della giovane syerdwin che stava per sdraiarsi nuovamente. – Ci sono davvero delle grosse novità. –
– Allora dimmi, senza perdere altro tempo.
– Vieni.
– Ma vicino alla finestra fa anche più freddo. – Si lamenta Maldanea, ma uno sguardo imperioso della civetta interrompe le sue proteste.
– Allora, cosa c'è da vedere?
– Guarda e non seccarmi come sempre. – Ribatte aspramente Difiduanna.
Maldanea ringrazia la prodigiosa trasparenza dei vetri della Rocca di Baran e Verhida, ricordando che a Rocca Wessiun avrebbe dovuto aprire la finestra per avere una visione così nitida dell'esterno, e si dispone ad osservare con attenzione.
Il paesaggio che si gode di lì non le è ancora divenuto molto familiare e pur apprezzandone la severa bellezza Maldanea sente la nostalgia del bosco silenzioso che fungeva da limite al grande prato prospiciente a Rocca Wessiun. Lì non esistono foreste: il sottile strato di terra delle isole governate da Teardraet non sostenta altro che tappeti di morbido muschio grigio, erba sottile e coriacea, erica dai minuscoli fiori rosa e carminio e pochi arbusti spinosi, sperduti come mendicanti deformi nella fredda nebbia.
Dalla sua finestra Maldanea domina il versante settentrionale della bassa altura dove sorge la rocca: una distesa lentamente digradante di erica che si spezza e si divide su una spiaggia sassosa formata di pietre candide come marmo, bagnate dal mare grigio, in quella stagione spesso rabbioso e violento, come un vecchio dio folle dalla barba di candida schiuma.
Un sentiero secondario scende da un minuscolo portone aperto due piani sotto la sua finestra, andando a perdersi tra le pietre della spiaggia. Un piccolo molo di legno scurito dalla salsedine sorge dalle acque come il ricordo di un antico popolo e da quando la giovane Syerdwin si trova in quella rocca mai nessuno lo ha utilizzato per sbarcare.


– C'è una nave… – Osserva all'improvviso Maldanea, stupita lei per prima di non averla notata prima. La nebbia sottile ma persistente impedisce di vederne meglio la forma ed i colori, ma di una cosa la giovane Syerdwin è istantaneamente certa: quella nave non è né Syerdwin, né Gu'Hijirr né, per quanto ne sa, Umana.
– È quella la grossa novità? – Chiede a Difiduanna, parlando senza accorgersene con voce bassissima.
– Perché, non ti pare abbastanza grossa? – Ribatte sarcastica la civetta.
– Da dove proviene?
– Ha colori che non ho mai veduto, reca un vessillo grigio con una specie di tartaruga che sorregge sulla schiena un corvo. Ho pensato si trattasse di una nave dei Lupi-Drago o di qualche gente umana del Sud, ma poi ho veduto il suo equipaggio.
– E allora, che gente è?
– Hanno i viso ed il corpo completamente nascosti da abiti bizzarri, fatti, si direbbe, di pezze di molti tipi di stoffe cucite insieme. Non sono neppure riuscita a vederne gli occhi, tanto che ho pensato che non li possedessero, cosa evidentemente impossibile. Con loro vi è un'altra creatura, di grandi dimensioni, che cammina curva come un vecchio ed insieme è capace di scatti improvvisi e rapidissimi, come una lucertola o una rana.
– Sei sicura di quello che hai visto, Difiduanna?
La piccola civetta la guarda minacciosa. – Era ancora buio ed IO al buio ci vedo benissimo. In quanto alla grande creatura è anch'essa camuffata da abiti molto ampi e da un cappuccio molto profondo e non ho osato avvicinarmi troppo. Comunque la sua pelle, per quel poco che sono riuscita a vedere, deve essere ben strana perché brillava un poco, come se fosse bagnata o di lucida seta.
Maldanea osserva ancora la nave traendone l'unica, inspiegabile sensazione che si tratti di un oggetto di disegno tanto antico da essere dimenticato nel mondo nel quale lei vive. Ogni tanto si nota qualche movimento a bordo del vascello e si riconoscono le strane creature dal viso fasciato intente a chissà quali occupazioni. La giovane Syerdwin nota che hanno un modo assai strano di procedere: rigido e meccanico come quello di pupazzi a molla, evitando gli ostacoli solo all'ultimo secondo utile e compiendo i propri compiti con una sorta di solenne e grottesca serietà, come in certi paesaggi animati, governati da leve e ruote, che gli artigiani Syerdwin costruiscono per i Liest.
– Che stranezza.– Osserva a bassa voce Maldanea, ormai completamente sveglia. – Cosa sono venuti a fare qui?
– T rovesciata è uscito ad accoglierli insieme al suo ministro Aue Bediun, a quella specie di grillo troppo cresciuto, Nerubavel, ed a una dozzina di altri dignitari. Nessuno di loro mi sembrava felice di incontrare gli ospiti.
Maldanea guarda con ammirazione la piccola Difiduanna. – Diffy, sei una spia fenomenale.
– Non mi illudo, Debah, se T rovesciata ha lasciato che io vedessi era perché voleva che tu fossi informata di quanto accade, qui come a Rocca Wessiun. E comunque né io né te sappiamo cosa significa.
La giovane Syerdwin annuisce. – Certo. A meno di chiedere alle persone giuste.
Maldanea sta per allontanarsi dalla finestra, bastevolmente intirizzita, quando un movimento, afferrato con la coda dell'occhio, la induce a voltarsi nuovamente. Sotto la sua finestra un piccolo corteo sta percorrendo il sentiero che conduce alla spiaggia. Alla testa di esso procedono Teardraet e Aue Bediun, circondati da una dozzina di armigeri e seguiti dagli ospiti, a loro volta scortati o forse sorvegliati da altri armigeri nei colori di Baran e Verhida. In mezzo alle strane creature dal viso fasciato avanza il bizzarro essere descrittole da Difiduanna, avvolto in pesanti drappeggi di stoffa grigia, la testa completamente nascosta da una grande cappuccio.
Il corteo procede silenzioso fino al molo, dove gli ospiti salgono sulla nave, senza che da nessuna delle due parti vengano cenni di saluto o siano scambiate parole. Aiutata da un gruppo di soldati di Teardraet la nave si stacca dalla riva, scomparendo ben presto nelle brume come un vascello fantasma.


Maldanea osserva con uno strano senso di oppressione la scena, condividendo l'evidente disagio e l'ostilità dei Syerdwin e degli umani che accompagnano Teardraet. Li osserva allontanarsi dalla riva e tornare verso la rocca ed un istante prima di ritirarsi il suo sguardo incontra quello del suo sposo.
– Che c'é, cos'hai visto? – Le chiede Difiduanna vedendola staccarsi di scatto dalla finestra, come se l'avesse morsa una serpe.
– Nulla, nulla…Niente di cui meriti parlare.
La piccola civetta la guarda corrucciata.
– Solo un'impressione, nulla di più. Ma non sei per nulla discreta, sai Diffy? Ecco, il fatto è che non ho mai veduto T rovesciata davvero preoccupato o spaventato e… Ora mi è parso che provasse sia paura che ansia ed il suo viso mi è sembrato così differente…
Difiduanna volta il capo un paio di volte. – Sta arrivando qualcuno. –
Maldanea si chiede se tornare a letto precipitosamente, fingendo di non avere visto nulla, poi, con uno scatto di orgoglio, torna alla finestra a guardare la spiaggia ormai vuota.
– Avanti. – Dice rispondendo ad un leggero bussare. La porta si apre di pochi centimetri, quanto è necessario a Mastro Nerubavel per penetrare nella stanza.
– Buongiorno, principeffa! – La saluta inchinandosi con grande eleganza l'insolito essere. – Fono ben felice di trovarvi fveglia.
– Buongiorno a voi, Mastro Nerubavel. A cosa devo la vostra visita così mattiniera?
Lo fo, lo fo , lo fo, non fi fa, no, no, no. Non fi difturbano le dame nelle loro belle camere, no, no. Ma voi mi perdonate, vero, non fiete arrabbiata, vero?
– Certo, certo, state tranquillo.
– Ecco, bene, bene. L'avete vifto?
– Vif..Visto cosa, Mastro Nerubavel?
La fragile creatura sembra molto nervosa e si agita ballando sugli arti che utilizza come gambe, spesso staccandosi completamente dal pavimento.
– Lui, avete vifto lui? – Insiste eccitato.
– Credo di sì.
– Ecco, bene, bene. E che effetto vi ha fatto?
– Mi piacerebbe sapere perché tante domande, Mastro Nerubavel, prima di rispondervi.
– Aaaah! – La creatura lancia un acuto lamento scuotendosi come una mosca sulla quale sia caduta una goccia d'acqua. – Fono infopportabile e imperdonabile, vero? Ma io cercavo la voftra confolazione, perché mi fono proprio fpaventato, fapete? Voi no?
Maldanea osserva con attenzione vigile il volto seminascosto dal cappuccio di Mastro Nerubavel, giungendo ben presto alla conclusione che se anche egli stesse mentendo per chissà quale ragione, lei non sarebbe in grado di accorgersene. Per precauzione lancia uno sguardo in direzione di Difiduanna che sta fissando anch'ella con sospetto il loro ospite, senza trarne alcuna conclusione.
– Ha spaventato anche me, Mastro Nerubavel, se è questo che volete sapere. Ciò che non comprendo è perché veniate a dirlo proprio a me.
La creatura rovescia il capo fissando gli occhi simili a gemme sul suo viso. – Voi fiete l'unica, Lie Maldanea, ad accettare di parlare con me. Tutti hanno orrore e difgufto per me. Ecco, bene, bene. Cofì ho penfato, vifto che mi fono fpaventato, che era meglio parlarne con voi che fiete bella, coraggiofa e mi rifpondete, piuttofto che tornare nella Fala dell'Arcobaleno da folo.
Suo malgrado Maldanea sorride per quella buffa dichiarazione di simpatia. – Vi ringrazio, Mastro Nerubavel, raramente ho udito frasi su di me così lusinghiere. Ma adesso ditemi, chi era l'ospite? Da dove proveniva?
Il suo visitatore sembra colto da una sorta di tremore che lo fa vibrare come un ramoscello. – Il fuo nome è l'Unico, Lie Maldanea, e non è mai venuto qui prima. Vive dove vuole ed ha molte cafe nel vafto arco del Mondo, eppure fono ben pochi quelli che l'hanno veduto in vifo.
– L'Unico. – Ripete Maldanea. – Queidhen l'Unico?
– Ecco, fì, credo proprio di fì, quanti unici ci faranno?
– Uno solo, avete ragione. E cosa è venuto a cercare qui?
Mastro Nerubavel nasconde il volto nel cappuccio prima di rispondere. – Non lo fo, Lie, mi difpiace moltiffimo. Fo che il Principe l'ha incontrato altre volte attraverfo lo Fpecchio ma non comprendevo la lingua che parlavano. Dopo, però, il Principe era fempre cupo o irato, come fe l'Unico gli aveffe detto cofe orribili.
Maldanea annuisce e si siede sulla grande poltrona che Pascalina, ancora beatamente addormentata nella stanza accanto, usa abitualmente quando viene nella sua stanza.
– Sedetevi, Mastro Nerubavel, vi prego.
Il Buffo essere esita. – Non poffo federmi come voi, Lie. Fono comodiffimo anche in piedi.
– Perdonatemi. – Maldanea lo guarda per un attimo chiedendosi come dorma o si nutra il suo interlocutore, per tornare subito dopo a ciò che egli gli ha raccontato.
– Voi non capite la loro lingua, mi avete detto. – Osserva dopo qualche secondo di riflessione.
– Fì. Neffuno li comprende quando parlano. Ho udito l'aftrologo del Principe dire che effi parlano la lingua degli Antichi Primi e dei Draghi-Bambini, ma penfo che lo diceffe per farfi bello.
Maldanea sorride: Mastro Nerubavel può essere strano e bizzarro quanto si vuole, ma certo non è uno sciocco né un superficiale. Se egli ha fatto quel nome, quello di Queidhen l'Unico, non è certo stato per impressionarla. Come tutti, Syerdwin, Umani, Gu'Hijirr o Lupi Drago, Maldanea ne ha udito parlare, ma sempre come di un essere mitico, privo di sostanza reale, del quale tutti i popoli raccontano fatti mirabili e oscure leggende.


– Siete sicuro, vero Mastro Nerubavel?
– Certo, Lie, un volto come quello non fi dimentica più, bafta averlo vifto una volta.
Maldanea resiste alla tentazione di chiedere una descrizione più accurata del volto di Queidhen, certa che in ogni caso, se lo incontrasse, sarebbe in grado di riconoscerlo agevolmente.
Qualcosa di strano, un piccolo particolare appena notato mentre scambiava le ultime parole con il suo interlocutore, le impedisce di riprendere a concentrarsi. Torna a guardare Mastro Nerubavel che fa un cenno di assenso al suo indirizzo, ma ha dimenticato cosa desidera ancora chiedergli. Infine, dopo qualche secondo di inquietudine, la verità le balza agli occhi, ovvia ed insieme assurda.
– Mastro Nerubavel, io non vi ho chiesto di cosa eravate certo, come avete fatto voi a saperlo?
La sottile creatura rimane assolutamente immobile, come fulminata. – Ecco, bene, bene… Io ho immaginato che…
– Non è vero, Mastro Nerubavel. Non siete bravo a raccontare le bugie.
Gli strani occhi del suo interlocutore sembrano esprimere timore ed insieme soddisfazione, cosa evidentemente assurda e la giovane Syerdwin si rende conto dopo un istante che quella percezione non nasce dal volto di Mastro Nerubavel, ma arriva a lei direttamente, anche se chiude gli occhi o guarda in un'altra direzione.
– Voi potete udire anche i pensieri e potete farli udire, Mastro Nerubavel, ecco la verità! – Esclama Maldanea trionfante.
– Fì, Lie. Quefto vi renderà meno amica mia? O no?
– Coraggio, Mastro Nerubavel, potete vederlo da voi stesso e darvi una risposta.
– Non è cofì, Lie. Io poffo udire i voftri penfieri fe voi li penfate, non poffo indurvi a penfarli. La voftra civetta, per efempio, ha già penfato che è meglio non lasciarmi circolare troppo intorno a voi.
La giovane Syerdwin fissa interdetta il suo ospite, rendendosi conto che finora la sua mente non ha ancora deciso se sentirsi allarmata o no per le sue inconsuete doti.
Difiduanna, dal canto suo, aggrondata più che mai, abbandona la sua postazione posta sull'alta testiera del letto per raggiungere lo schienale della poltrona dove è seduta la Dama Syerdwin, lanciando rapidi sguardi sospettosi all'indirizzo di quell'essere così inopportuno.
– Avete ragione. Cosa ne dite, ora? – Dice ridendo Debah.
Mastro Nerubavel annuisce lentamente, con solennità. – Grazie, Lie Maldanea.

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