27.11.13

Una modesta delusione


Quando un libro non funziona completamente, pur restando un ottimo libro, non resta che parlare di una modesta delusione, un inciampo, un tentativo non del tutto riuscito.
Piccola premessa: amo molto Ian McEwan e considero alcuni dei suoi romanzi - Bambini nel tempo, Espiazione o Cortesie per gli ospiti, prima di tutti gli altri - veri capolavori, e ho apprezzato non poco Solar e Cani neri. Ma questo suo ultimo, Miele, per quanto ottimamente scritto mi ha lasciato interdetto. La vicenda racconta di una giovane di buona famiglia, di quella middle class inglese anni '60 dai buoni sentimenti, dai modi educati e formali e dalle ottime intenzioni che, dopo un'esperienza universitaria non particolarmente felice - laureata in matematica nonostante la sua passione per la letteratura -, conosce un uomo più anziano e sposato, con il quale intreccia una relazione. Questi, membro del dell'MI5 del British Security Service, ufficio dedicato al controspionaggio, fa un modo che la giovane Serena venga cooptata e ne divenga un'impiegata. 
Un lavoro apparentemente rischioso ed emozionante, ma non per lei, che, in quanto donna, non è un agente in azione e deve limitarsi a riorganizzare i mille e mille documenti dell'ufficio. Condizione tutto sommato prevedibile per una donna degli anni '70.  Ma questa condizione non la soddisfa e Serena riesce infine a ottenere un ruolo di rilievo in una missione nell'ambiente intellettuale. Dovrà arruolare un giovane e talentuoso scrittore, sottraendolo così all'influenza degli ambienti pseudocomunisti dell'intelligentsia britannica. Ma il loro rapporto si svilupperà in una relazione amorosa approfondita, e Serena proverà la sensazione sgradevole di dover nascondere il proprio ruolo all'innamorato. 
Il centro della vicenda è qui e non si tratta di un tema irrilevante. La sofferenza di Serena è profonda e reale, rimette in discussione il suo ruolo e la sua storia, soprattutto quando il giovane autore pubblica un romanzo di tipo ballardiano, quanto mai lontano dai desiderata dell'MI5 che punta su autori positivi e chiaramente anticomunisti, ancora suggestionati dal ricordo de La fattoria degli animali di Orwell. 
La vicenda si chiuderà con un colpo di scena che ovviamente non racconterò e che illuminerà in modo diverso Serena e la sua vita fino a quel momento. 
Ed è proprio il finale a lasciare interdetti. Un finale troppo raccontato, "telefonato" come si dice di certi tiri in porta fatti di scarsa lena, con un sospetto di eccessiva verbosità che è impossibile dimenticare. Giustissimo, da un punto di vista interno al romanzo, ma deludente e forse troppo netto per il lettore che ha seguito fino a quel momento Serena avendo costruito di lei un'immagine vivace, anche  se non sempre e non completamente positiva. Il rovesciamento del quadro dato - sia pure a lieto fine - rischia di apparire troppo brusco, condotto sapientemente ma a freddo. 


Il rapporto tra un piccolo ambiente d'ufficio con le sue invidie, piccole gelosie, arrivismi, sgambetti, passioni e dispetti e il mondo letterario è comunque un vero pezzo di bravura e l'aspetto interessante del confronto è che non necessariamente il confronto va tutto a svantaggio dell'MI5. SE il mondo dello "spionaggio" visto nell'occhio di Serena diventa una caricatura del James Bond letterario, con i suoi burocrati invecchiati dietro una scrivania e i suoi piccoli agenti scioccamente esibizionisti, il mondo letterario mostra le piccole vanità, i calcoli meschini, la mediocrità vestita d'arte.
Inevitabile, comunque, che la buona Serena finisca col ricordare - e non poco - la protagonista di Espiazione, come lei ingenua, entusiasta, conscia del proprio valore ma anche in qualche occasione decisamente ottusa. Resta il piacere, che McEwan sa come far emergere praticamente in ogni frase, di riuscire a cogliere stati d'animo, sensazioni, desideri e delusioni. E davvero non è poco, per un libro, tanto da aiutare a superare largamente la piccola delusione del finale.

6 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Come odio il momento in cui u finale troppo telefonato rovina un libro fino a quel momento decente.

cily ha detto...

Ehhh i finali sono sempre un problema e non c'è niente da fare.
Un buon libro con un finale sciatto viene giustiziato dal lettore.
Mi dispiace per l'occasione "sprecata" però credo che un'occhiata potrei anche dargliela perchè se è ben scritto può comunque valere la pena.
Che dici?

Iguana Jo ha detto...

Ho adorato il primo McEwan, quello dei racconti, de Il giardino di cemento, Lettera a Berlino e degli altri suoi primi romanzi.
Ma dopo Espiazione, che me è stata una "modesta delusione", non l'ho più letto.

Ho in coda Solar, di cui ho sentito parlare piuttsto bene qualche anno fa, ma è lì in attesa sullo scaffale, che non si è ancora deciso a chiamarmi. Da quel che scrivi, Miele non sembra essere il mio tipo di romanzo, che la bella scrittura non mi basta, e quel tipo di storia ormai mi annoia.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: il finale inizia, in realtà, a trenta-quaranta pagine della fine e ci vuole un po' a capire che si è arrivati alla conclusione. Ma non è brutto, intediamoci, soltanto troppo indefinito per riuscire a chiudere completamente la vicenda.

Massimo Citi ha detto...

@Cily: è possibile che la mia sia una semplice intolleranza personale. Guardandolo nel suo insieme lo considero un buon libro, soprattutto nelle prime 200 pagine che ho letto d'un fiato. Se ti capita un'occasione non negartelo.

Massimo Citi ha detto...

@Iguana Jo: a me Espiazione è comunque piaciuto. Non all'altezza degli altri testi che citavi ma comunque più che buono. Solar è un libro in qualche modo "diverso", persino a tratti divertente. Quest'utimo può contare su diverse pagine piacevoli e ottimamente condotte, anche se la storia non è originalissima, sono d'accordo. A essere sincero nemmeno io ci tenevo particolarmente a leggerlo, ma un regalo è sempre un regalo :-)