Movimenti tra editori.
Una cosa fisiologica, in apparenza. Ma forse nemmeno così normale come appare.
Siamo abituati, per lo meno noi "habitué" del settore librario, ad accoppiare inconsciamente autore e casa editrice. Bevilacqua e Mondadori, Moravia e Bompiani, Bassani ed Einaudi eccetera. I passaggi di casa editrice sono possibili ma non troppo frequenti e, in genere, non riguardano i "big". Eco e Bompiani, per dire. O Biagi (il fu) e Rizzoli. Ma le cose hanno iniziato a muoversi più velocemente, di recente.
Ieri è arrivato il nuovo libro di Culicchia.
Marchiato Mondadori.
Culicchia, per chi non lo ricordasse, ha pubblicato finora praticamente tutto con Garzanti.
Sotto Natale è uscito da Mondadori l'ultimo libro di Maurensig. Nato Adelphi.
Attenzione: non mi interessa in questa sede discutere dei pregi o difetti della produzione narrativa, ma soltanto constatare la scuderia.
Farinetti, uscito Marsilio, pubblicato da Mondadori.
Genna, pubblicato in origine da Einaudi, uscito in Mondadori.
Mondadori ha anche pubblicato di recente: Mazzantini (da Marsilio), Evangelisti (Einaudi), Abate (Fazi), Siti (Einaudi), Favetto (Utet), Van Straten (Bompiani), Corona (Biblioteca Immagine), Pinketts (Feltrinelli) . È una storia vecchia quella del fantasma di Calvino "rapito" da Mondadori a Einaudi o di Busi passato da Adelphi a Mondadori o il curioso tandem di Camilleri che passa da Sellerio a Mondadori senza particolari problemi, o meglio, grazie a un contratto raffinatissimo. Mentre il ritorno di Brizzi da Mondadori a Baldini è semplicemente il risultato di un contratto non perfettamente riuscito. Resta il fatto che tra gli scrittori italiani di media caratura è in atto uno spostamento graduale e apparentamente impossibile da fermare dai medi editori a Mondadori. Più o meno, a voler fare un paragone irriverente, ciò che avviene per il Milan o l'Inter.
Mondadori ha denaro, questo è indiscutibile, e i suoi contratti hanno qualcosa al quale risulta molto difficile resistere. Se si ha avuto un certo successo (dalle 10.000 copie in su, approx) difficile non cadere sotto lo sguardo mondadoriano. Non solo: i nuovi autori "di successo" (Giordano, chi se no?) vengono proposti direttamente da Mondadori. Torno a ripetere, per evitare maledizioni e accidenti di ogni genere, che non sto parlando della "qualità" dei testi ma della loro capacità di muovere lettori e attirare quella vasta fascia di lettori "incostanti" che leggono meno di 12 libri all'anno pescandoli dalle classifiche di vendita.
In sostanza Mondadori può allineare, a essere precisi, 3-4 autori "importanti" a ogni uscita. Nomi da spendere e da vendere. Poi si può benissimo pensare che l'ultimo della Mazzantini è una ciofeca o che i numeri primi di Giordano sono di una povertà desolante, ma resta il fatto che è Mondadori a "fare" il mercato.
Il problema grosso, il "baco" della cosa, è il tipo di clima che si viene a determinare.
Mondadori, il numero 1 dell'editoria italiana, punta dichiaratamente su autori già affermati. Crea una "scuola" di autori affermati che (ahimé) scrivono pescando nella loro carriera ormai pluriennale. Pensano in primo luogo al successo che i loro testi sono in grado di garantire loro senza preoccuparsi, si può supporre, di tentare nuove vie o nuove soluzioni. Bene o male, anche se sono prontissimo a ricredermi, Culicchia scriverà un altro culicchiade, Mazzantini una mazzantinata, Farinetti una farinettata. Nulla di male se si apprezzano le produzioni di questi autori, anche se - ovviamente - tutto ciò definisce un paesaggio "fermo", ovvero autori che producono letteralmente "a richiesta" titoli molto simili l'uno all'altro, destinati (condannati?) a un successo inevitabile.
E gli altri, gli autori meno noti e non appetiti da Mondadori?
Ai lettori tirare le conclusioni. Una volta stabilito che tali autori non possono ambire a vivere scrivendo e quindi difficilmente potranno giungere a costruire un'estetica letteraria personale, la conseguenza è che "il nuovo" narrativo farà fatica a emergere. La caccia nelle riserve dei nomi famosi ha questo come conseguenza, impossibile non arrivare a pensarlo.
Siamo in un momento pesante, nel mondo letterario. Da una parte gli scrittori - coccolati, viziati, strapagati purché non smettano di scrivere ciò che può puntare al successo - dall'altra i perenni dilettanti, armati di qualche buona idea ma eternamente inchiodati nella posizione di chi sta iniziando una corsa.
Manca l'aria, secondo me...
Una cosa fisiologica, in apparenza. Ma forse nemmeno così normale come appare.
Siamo abituati, per lo meno noi "habitué" del settore librario, ad accoppiare inconsciamente autore e casa editrice. Bevilacqua e Mondadori, Moravia e Bompiani, Bassani ed Einaudi eccetera. I passaggi di casa editrice sono possibili ma non troppo frequenti e, in genere, non riguardano i "big". Eco e Bompiani, per dire. O Biagi (il fu) e Rizzoli. Ma le cose hanno iniziato a muoversi più velocemente, di recente.
Ieri è arrivato il nuovo libro di Culicchia.
Marchiato Mondadori.
Culicchia, per chi non lo ricordasse, ha pubblicato finora praticamente tutto con Garzanti.
Sotto Natale è uscito da Mondadori l'ultimo libro di Maurensig. Nato Adelphi.
Attenzione: non mi interessa in questa sede discutere dei pregi o difetti della produzione narrativa, ma soltanto constatare la scuderia.
Farinetti, uscito Marsilio, pubblicato da Mondadori.
Genna, pubblicato in origine da Einaudi, uscito in Mondadori.
Mondadori ha anche pubblicato di recente: Mazzantini (da Marsilio), Evangelisti (Einaudi), Abate (Fazi), Siti (Einaudi), Favetto (Utet), Van Straten (Bompiani), Corona (Biblioteca Immagine), Pinketts (Feltrinelli) . È una storia vecchia quella del fantasma di Calvino "rapito" da Mondadori a Einaudi o di Busi passato da Adelphi a Mondadori o il curioso tandem di Camilleri che passa da Sellerio a Mondadori senza particolari problemi, o meglio, grazie a un contratto raffinatissimo. Mentre il ritorno di Brizzi da Mondadori a Baldini è semplicemente il risultato di un contratto non perfettamente riuscito. Resta il fatto che tra gli scrittori italiani di media caratura è in atto uno spostamento graduale e apparentamente impossibile da fermare dai medi editori a Mondadori. Più o meno, a voler fare un paragone irriverente, ciò che avviene per il Milan o l'Inter.
Mondadori ha denaro, questo è indiscutibile, e i suoi contratti hanno qualcosa al quale risulta molto difficile resistere. Se si ha avuto un certo successo (dalle 10.000 copie in su, approx) difficile non cadere sotto lo sguardo mondadoriano. Non solo: i nuovi autori "di successo" (Giordano, chi se no?) vengono proposti direttamente da Mondadori. Torno a ripetere, per evitare maledizioni e accidenti di ogni genere, che non sto parlando della "qualità" dei testi ma della loro capacità di muovere lettori e attirare quella vasta fascia di lettori "incostanti" che leggono meno di 12 libri all'anno pescandoli dalle classifiche di vendita.
In sostanza Mondadori può allineare, a essere precisi, 3-4 autori "importanti" a ogni uscita. Nomi da spendere e da vendere. Poi si può benissimo pensare che l'ultimo della Mazzantini è una ciofeca o che i numeri primi di Giordano sono di una povertà desolante, ma resta il fatto che è Mondadori a "fare" il mercato.
Il problema grosso, il "baco" della cosa, è il tipo di clima che si viene a determinare.
Mondadori, il numero 1 dell'editoria italiana, punta dichiaratamente su autori già affermati. Crea una "scuola" di autori affermati che (ahimé) scrivono pescando nella loro carriera ormai pluriennale. Pensano in primo luogo al successo che i loro testi sono in grado di garantire loro senza preoccuparsi, si può supporre, di tentare nuove vie o nuove soluzioni. Bene o male, anche se sono prontissimo a ricredermi, Culicchia scriverà un altro culicchiade, Mazzantini una mazzantinata, Farinetti una farinettata. Nulla di male se si apprezzano le produzioni di questi autori, anche se - ovviamente - tutto ciò definisce un paesaggio "fermo", ovvero autori che producono letteralmente "a richiesta" titoli molto simili l'uno all'altro, destinati (condannati?) a un successo inevitabile.
E gli altri, gli autori meno noti e non appetiti da Mondadori?
Ai lettori tirare le conclusioni. Una volta stabilito che tali autori non possono ambire a vivere scrivendo e quindi difficilmente potranno giungere a costruire un'estetica letteraria personale, la conseguenza è che "il nuovo" narrativo farà fatica a emergere. La caccia nelle riserve dei nomi famosi ha questo come conseguenza, impossibile non arrivare a pensarlo.
Siamo in un momento pesante, nel mondo letterario. Da una parte gli scrittori - coccolati, viziati, strapagati purché non smettano di scrivere ciò che può puntare al successo - dall'altra i perenni dilettanti, armati di qualche buona idea ma eternamente inchiodati nella posizione di chi sta iniziando una corsa.
Manca l'aria, secondo me...
10 commenti:
Che bello, siamo tornati all'editoria!
Trovo che il tuo talento sia un po' sprecato su temi atmosferici.
Direi che questo articolo è perfettamente in linea con quello che ho letto sull'ultimo LN che confrontava la situazione italiana a quella giapponese: a quanto pare il sistema italianon no ha strutture di lancio che permettano agli esordienti di entrare. Sfortunatamente questo concetto non vale solo per l'editoria italiana, ma anche per qualsiasi mestiere... forse è una pecca tutta italiana?
ciao Max,
dunque, condivido: da un lato qualche star e dall'altra gli eterni dilettanti che non campano con la scrittura.
Ed è proprio questo che non capisco.
Le città sono strapiene di librerie, forse solo i bar rappresentano esercizi commerciali quantitativamente più numerosi (e i ristoranti).
e tutto sto ambaradan, questa poderosa macchina da guerra, intorno a un'enorme massa di dilettanti (gli scrittori)?
penso che qualcosa mi sfugge e lo dico davvero.
Hai citato l'esempio del calcio, bè, non vorrei essere blasfemo ma il sistema calcio mi sembra molto più razionale del sistema libro.
perchè il sistema calcio ha comunque milioni di tifosi, il sistema libro ha "decine" di lettori.
Oh sì... l'avevo notata anche io questa migrazione di "campioni"
E già non mi pareva una bella cosa a vista, figuriamoci riflettendoci sopra.
Ma il gioco ha queste regole. Bisogna giocare con le sue regole. Credo che ora scriverò due libri mediocri, poi andrò al grande fratello, darò di matto uccidendo un altro tizio della casa e poi proporrò i miei lavori alla Mondadori :)
Che poi io non ho ben chiaro i grandi gruppi dell'editoria quali sono. Non è che hai fatto qualche vecchio post che me lo vado a rileggere?
Ciao.
R.
ehggia. in effetti un inquadramento generale manca un po' (perché immagino che tu abbia molti lettori come me: curiosi del mondo editoriale ma tutto sommato ignoranti).
come al solito, non avevo notato questa migrazione, sintomo di un'editoria tutta volta alla conferma di profitto.
chissòà che questo non apra le porte ad un nuovo tipo di editore: quello che scopre i talenti per rivenderli a caro prezzo alla grande M.
si, poi gelos tellato arriva e dice che scriverà due libri mediocri e che andrà al grande fratello...
come se fosse facile, ma sai la fila che c'è sia per andare al grande fratello sia quella per pubblicare libri mediocri?
[Praescriptum: ho cancellato il commento precedente solo perché non si capiva nulla: non so cosa gli è preso alla tastiera! ci riprovo]
bah, devo dire che una volta conosciuta un po' da dentro l'editoria non è questo granché. Arrendiamoci, gente: l'editore ("e" minuscola, mi raccomando)deve tirare a campa' e di questo si preoccupa. Poi si ammanterà anche di parole sulla cultura e l'educazione permanente e il mecenatismo, ma in conclusione ci sono solo gli schèi. Così, che dire? si spera che nel panorama di ciò che 'interessa al pubblico' (altra metafora che va per la maggiore, da leggersi "quel che si vende") capiti qualcosa di interessante e incisivo. D'altronde, se l'antologia di S. River ha passato la censura e è stata pubblicata perché si pensava fosse una raccolta di nanetti della vita di un santo, non si capisce perché oggi non potrebbe saltar fuori qualcosa dei veramente bbbuono - o no?
Qualche osservazione sparsa e necessariamente un po' disorganica.
Per i "due libri mediocri", direi che il problema maggiore non è tanto la coda di coloro ansiosi di sottoporre ad AME i propri libri ma la convinzione che unisce tutto costoro che i loro libri non abbiano nulla di mediocre. Tu Gelostellato vuoi proporre due libri "mediocri" ma un lupo non può travestirsi da pecora. Bisogna credere che il proprio libro sia vendibile (piuttosto che bello) per proporlo a Mondadori... E vendibile è una categoria difficile da azzeccare... Ci sono diversi interventi sul tema nel blog, particolarmente nella categoria "case editrici".
Anonimo afferma che le città sono strapiene di librerie. Ma è una sensazione. In Italia ci sono circa 2000 librerie raggruppate per lo più nei centri medio-grandi. Pochissime nei centri più piccoli e praticamente nessuna in provincia. Entrando, comunque, in una delle 2000 librerie ci sono 9 probabilità su 10 di inciampare nelle solite pile di Giordano, Mazzantini e Bruno Vespa...
La "e" minuscola dell'editore, infine, mi sembra doverosa, soprattutto per l'assenza di una reale politica di promozione... A questo proposito noto, come scrive Fran, che gli esordienti esistono soltanto nella misura in cui:
- hanno una scuola potente alle proprie spalle
- sono comunque già in contatto con il mondo editoriale.
Ricordo un libro dell'editrice Bibliografica che riferiva come il 90% di coloro che vengono normalmente pubblicati erano già in contatto professionalmente con il mondo editoriale...
caro max, la tua risposta al mio post in realtà è in linea con la mia osservazione.
anche gli scrittori mondadori sono in fondo dei dilettanti, solo più pompati e sostenuti.
perchè i lettori restano "decine" a fonte di migliaia di scrittori.
è un sistema che non si regge tanto sul mercato, ma sulla vanità.
ci sono calciatori che hanno le ragazze ai loro piedi, miliardi in banca, eppure sono contenti solo se qualcuno scrive loro un libro su cui poi mettono il loro nome.
e così politici, attori, studenti... in libreria oramai si compra la vanità. anzi, non la si compra neppure tanto, la si esibisce.
e questo, non crediate sia snobbismo, mi rattrista. i libri sono mezzi di divulgazione di idee e di storie, è l'esatto contrario dell'egocentrismo. però, però, avviene il contrario.
poi dici che le librerie in italia sono 2000, ti credo senz'altro, anche se l'impressione è maggiore. bene, tranne le grandi, le altre si muiono di fame.
e allora che senso ha tenere questo enorme carrozzone in piedi?
Anonimo, è vero che Cassano ha (si è fatto scrivere) un libro. E' vero che c'è vanità, che chi scrive è è molto orgoglioso di vedere il libro con il suo nome in copertina. Però, diamine, ridurre tutta la produzione libraria di un paese sotto questa metrica mi pare davvero riduttivo. I libri sono sempre uno strumento fondamentale, e non sono solo romanzi. Le librerie sono (dovrebbero essere?) dei luoghi importanti, dei gangli vitali della cultura di una nazione. E un buon romanzo cambia la vita; per questo ci vogliono librerie e case editrici in grado di portalri al lettore. Anche quelli vecchi, anche quelli degli esordienti. Le catene librarie con le pile di Giordano o Dan Brown hanno le loro colpe, ma un po' di colpa ce l'ha anche la nazione stessa, se va a comprare un libro solo dopo un can-can pubblicitario su radio e tv, e solo per non sentirsi perduta quando altri ne parlano.
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