Che è un'ovvietà, naturalmente.
Ma fa particolarmente freddo per me, pieno come sono di farmaci che hanno il compito di fluidificarmi il sangue. Questo accidenti di clima ha risvegliato in me un'immagine diversa del freddo e dell'inverno come l'ho sempre immaginato e vissuto. Ho sempre amato maggiormente il freddo e, più in generale, il cattivo tempo o perlomeno il tempo incerto, il cielo coperto, l'imminenza della pioggia, la nebbia, la neve e il vento. Adesso, a essere sincero, attendo con ansia di veder comparire il sole e mi rattristo non appena il cielo si copre. Ho assistito con una intima sensazione di smarrimento alle numerose nevicate dei giorni scorsi e mi scopro a chiedermi quando arriverà la primavera. Ciò che mi è capitato, in sostanza, mi ha sbalzato indietro grossomodo di un secolo, se non di più. Mi mancano soltanto le flebili luci delle candele e gli spifferi dalle finestre gelate perché il panorama sia completo.
Rimpiango sinceramente la sensazione di gioia sottile che il cattivo tempo era una volta in grado di risvegliare in me. D'altro canto adesso faccio persino fatica a immaginare come fosse possibile e ragionevole gioire per un cielo grigio ed esultare per i primi fiocchi di neve.
Ma spero sinceramente che quel piacere ritorni.
Mi sento debole e stanco a fuggire il freddo. Anziano, detto in poche parole.
Qualche lontana speranza esiste, comunque.
Oggi a pranzo, sfidando la mia circolazione idiota, sono andato a fare due passi al Parco del Valentino dove, peraltro, nessuno ha tolto la neve. Il sole nonostante l'ora (le quindici circa) era basso e la luce spezzata da un tappeto, remotissime di piccole nubi. Dopo un quarto d'ora di sofferenza ho cominciato a smettere di avvertire così nettamente il freddo. Il paesaggio nevoso costellato di uccelli - cornacchie, colombi, passeri, anatre - ha lasciato intuire qualcosa del suo enigmatico e silenzioso fascino. Per qualche istante (poco prima dell'assideramento, suppongo) sono riuscito a sentirmi se non proprio la Strega Bianca, perlomeno un suo braccio destro.
Un ottimo risultato, tutto sommato.
Ma fa particolarmente freddo per me, pieno come sono di farmaci che hanno il compito di fluidificarmi il sangue. Questo accidenti di clima ha risvegliato in me un'immagine diversa del freddo e dell'inverno come l'ho sempre immaginato e vissuto. Ho sempre amato maggiormente il freddo e, più in generale, il cattivo tempo o perlomeno il tempo incerto, il cielo coperto, l'imminenza della pioggia, la nebbia, la neve e il vento. Adesso, a essere sincero, attendo con ansia di veder comparire il sole e mi rattristo non appena il cielo si copre. Ho assistito con una intima sensazione di smarrimento alle numerose nevicate dei giorni scorsi e mi scopro a chiedermi quando arriverà la primavera. Ciò che mi è capitato, in sostanza, mi ha sbalzato indietro grossomodo di un secolo, se non di più. Mi mancano soltanto le flebili luci delle candele e gli spifferi dalle finestre gelate perché il panorama sia completo.
Rimpiango sinceramente la sensazione di gioia sottile che il cattivo tempo era una volta in grado di risvegliare in me. D'altro canto adesso faccio persino fatica a immaginare come fosse possibile e ragionevole gioire per un cielo grigio ed esultare per i primi fiocchi di neve.
Ma spero sinceramente che quel piacere ritorni.
Mi sento debole e stanco a fuggire il freddo. Anziano, detto in poche parole.
Qualche lontana speranza esiste, comunque.
Oggi a pranzo, sfidando la mia circolazione idiota, sono andato a fare due passi al Parco del Valentino dove, peraltro, nessuno ha tolto la neve. Il sole nonostante l'ora (le quindici circa) era basso e la luce spezzata da un tappeto, remotissime di piccole nubi. Dopo un quarto d'ora di sofferenza ho cominciato a smettere di avvertire così nettamente il freddo. Il paesaggio nevoso costellato di uccelli - cornacchie, colombi, passeri, anatre - ha lasciato intuire qualcosa del suo enigmatico e silenzioso fascino. Per qualche istante (poco prima dell'assideramento, suppongo) sono riuscito a sentirmi se non proprio la Strega Bianca, perlomeno un suo braccio destro.
Un ottimo risultato, tutto sommato.
9 commenti:
Ciao.
Deploro che siano gli strascichi di quest'estate a spingerti a riconsiderare le tue preferenze climatiche. Provo anche una moderata shadenfreude: prima mi guardavi come una pazza quando in aprile non volevo ancora seprarami dal gubbotto di piumino.
Ma ti capisco, adoro la luce bassa del sole invernale, i cieli del nord, i mari freddi (per citare Zazou) ma il mio corpo non ne vuole sapere e mi impone sogni su oceani tropicali e e cieli azzurrissimi dai quali il sole picca implacabile. Pazienza, esistono i maglioni, i plaid e i calzettoni, anche se, accidenti, per vestirmi a cipolla ogni mattina butto via troppi minuti di vita. Per il tour nell'Artico ci copriremo adeguatamente, non ci separeremo mai dal tazzone di punch bollente e ce la godremo ugualmente.
Io pioggia e freddo li ho sempre odiati e li odierò sempre. Per me il bello della vita è sdraiarsi su una spiaggia sotto al Sole, correre all'aria aperta, andare in centro e bersi qualcosa per strada in mezzo al casino. Col brutto tempo puoi solo stare a casa a demprimerti.
Simone
Non amo l'estate torrida nemmeno io, preferisco l'inverno.
Anche se la neve dà troppo fastidio.
Sono comunque un estimatore (raro?) del cielo grigio di Milano e della nebbia... se non devo guidare.
Beh, sono contenta di sapere che la tua circolazione è solo temporaneamente così, la mia lo è da tutta la vita :-)
La primavera è tutta rinascita, e spero che dopo questo inverno difficile ti porti molti momenti migliori...
Per quel che può contare, non credo c'entrino i malanni "d'ordine speciale" come quelli che hai avuto la ventura di provare nella seconda metà del 2008. O quantomeno, se c'entrano, non sono indispensabili, visto che una sensazione molto simile ce l'ho anche io, che quei malanni non ho avuto.
Credo si tratti, banalmente, della celebre decade di nascita (sesta del XX secolo, come dici tu). Anche io adoravo autunno e inverno, e li adoro tutt'ora; ma adesso la sensazione fetente è quella di guardare alla primavera come ad una specie di traguardo, e questo è strano. A vent'anni, la primavera arriva e sorprende ("lei entra sicura", dice De Andrè): a cinquanta invece arriva sempre tardi, perchè la si comincia ad attendere molto prima.
Non so perchè mi senta così, nè perchè questo accada (se accade davvero non solo a me), ma la sensazione è questa. Così, se tanto mi dà tanto, arrivare alla primavera per un ottantenne deve essere davvero un traguardo importante.
C'è una striscia bellissima di Quino: protagonista, Mafalda, of course, che volteggia nel parco dicendo: "Grazie a Dio è arrivata un'altra primavera!" e nella vignetta successiva un vecchietto rugoso curvo su un bastone dice "Grazie a Dio sono arrivato a un'altra primavera!".
Che dire? io sono della VIII decade del sec. scor., per ora mi stupisco soltanto di avere il fiatone quando faccio le scale (anche se credo che ciò sia dovuto soptut ai 76 chili che mi porto appresso) e il freddo l'ho patito sempre, per non parlare del miraggio che puntualmente ogni novembre si ripresenta al mio spirito, ovvero la possibilità di trasformarmi in un orso e andare in letargo (e improvvisamente mi è diventato chiaro perché max hai cambiato il tuo -come si dice- avatar).
E così, chapeau al super massimo che ottimista della volontà decide di recuperare i piaceri di una volta! e sia, il corpo dovrà farsene una ragione di essere in balia della nostra coscienza - o sbaglio?
PS: e quanta poesia c'è nel commento di silvia? mi stupisco sempre, lei che appare così fredda e matematica, si scioglie così tra un'ironia e l'altra - chapeau anche a te!
Non siamo vecchi, siamo vintage.
Ed è tutta un'altra cosa.
:)
@gelostellato: oddio, ma allora siamo anche sorpassati! possiamo solo sperare di tornare di moda!
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