23.7.19

Il Mare Obliquo 23

e
Usif-Lizhi e il Duca Kwister decidono di unire le proprie compagnie, con qualche piccolo problema di convivenza e una sinistra sorte da affrontare.
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– Fieduin la Pietra? E chi sarebbe costui? – Chiede Share Harvaiun recando fuori dalla stalla il proprio cavallo e quello del Duca Kwister.
– Ne so quanto te. – Kirzil si stringe nelle spalle. – Ne ho sentito parlare a bassa voce iersera tra il Barone Enklu ed il mio Signore. Mi sono avvicinato ma il loro discorso è terminato di colpo. Credo, ma vado a naso, che quel nome sia venuto fuori dopo il colloquio del mio Signore con la fata Mahaderill.
– Mi era parso di udire il nome dell'Angelo dell'Aridità… – Inizia a dire Harvaiun.
– E chi sarebbe mai? Ah già, deve essere il nome che date voialtri all'Ombra di Sangue, non è vero?
Il Syerdwin annuisce solennemente. – Già. Non è che adesso mi dispiaccia particolarmente questo cambio di programma. Il fatto è che non so ancora neppure se condividerò la vostra sorte o meno. – Harvaiun si sforza di sorridere senza troppo successo. – Comunque sarei perlomeno contento di sapere dove giaceranno le mie ossa.
– Hai ragione, pesce. Ma non siamo troppo pessimisti: in fondo i nostri signori sono quanto di meglio c'è in questo momento nel vecchio Orlo del Mondo e se esiste una possibilità di farla in barba a Re Artamiro, a questo Fieduin ed alla cara vecchia Ombra di Sangue siamo noialtri a tenerla in pugno.
– È proprio vero, rospo. Ma adesso vorrei chiederti una cosa che mi incuriosisce molto. Posso?
Con un gesto della mano che a Kirzil sembra molto nobile e magnanimo il Gu'Hijirr autorizza il suo interlocutore a chiedere.
– Bene. È vero, come ho udito sussurrare, che i Notturni sono creature tanto silenziose da giungerti alle spalle senza che tu le possa udire e che quando vogliono possono volare?
Kirzil riflette per un attimo prima di rispondere. – Silenziosi sono senz'altro silenziosi, questo ho potuto constatarlo anch'io. E sono silenziosi quanto sono di orecchio fine, tanto da poter udire l'erba crescere. In quanto al volare credo che questo gli sia perfettamente possibile, come un sacco di altre cose che noi creature del giorno non riusciamo a fare.
– Ma tu l'hai mai veduto volare? – Insiste scettico il Syerdwin.
Kirzil si rabbuia. – Credi che io gli sia così intimo? E tu hai mai veduto il tuo Duca azzannare alla gola un rivale? Il Signore Usif-Lizhi è una creatura molto nobile e raffinata e certo non si mette a svolazzare davanti ai suoi servitori per impressionarli.
– Secondo me non vola. – Dichiara Share Harvaiun.
– Per me puoi credere quello che vuoi, stupido pesce. Sei volgare e materialista come tutti quelli della tua razza. – Scatta Kirzil irritato.
– Senti chi parla! Proprio voi rospi che siete tutti bottegai, pirati e prestatori a usura. – Lo rimbecca il Syerdwin. – Voi che a leggervi una poesia vi addormentate, a mostrarvi un quadro sbadigliate ed a teatro approfittate del buio per molestare le dame.
– E voi che puzzate di pesce anche se vi immergete fino al collo nel profumo? Voi che vendete fango ed alghe marce ai bietoloni scrivendo sulla bottiglia "linimento universale"? Voi che vendete per oro lo stagno e se vi riuscisse vendereste anche la luce del sole un tanto al pollice? Proprio voi dite che noi siamo bottegai e pirati? Certo che ci vuole un bel coraggio…
– Comunque secondo me non vola. – Conclude Share Harvaiun. – Nonostante i tuoi insulti che non ritengo nemmeno degni di smentita.
– E io ti dico che vola come e quanto gli pare, col sole, con la pioggia, al buio e controvento, capito?
– Puoi chiederglielo, sta arrivando proprio adesso.– Ribatte il Syerdwin vedendo il Notturno avvicinarsi, il capo ed il corpo avvolti da una stoffa magica tagliata in forma di ampio saio dotato di un grande cappuccio, regalatagli dalla fata Mahaderill per permettergli di sfidare la luce del sole senza troppi danni.
Kirzil guarda l'ignaro Usif-Lizhi poi guarda Harvaiun, il viso atteggiato a beffarda incredulità, stringe le labbra e va verso il Notturno.
– Buongiorno! – Lo apostrofa con un tono stentoreo che fa sobbalzare il Notturno, immerso nei propri pensieri.
– Buongiorno. 

 
– Scusa, mio Signore, ma ho avuto una piccola discussione con questa pulce d'acqua e solo da te posso ottenere la soddisfazione che merito.
Usif-Lizhi guarda Kirzil, interdetto, ed il suo interlocutore che lo saluta con un profondo inchino.
– Di che si tratta? – Chiede.
– Il fatto è che questo verme dubita che tu possa volare. Io ho cercato di convincerlo che la sua incredulità è volgare e inopportuna ma in cambio ne ho avuto solo insulti e beffe. Posso chiedere a te di ristabilire dunque la verità?
– Dove avete udito questa notizia? – Chiede Usif-Lizhi al Syerdwin che, interrogato direttamente ha un moto di allarme.
– Ma sono voci che corrono, dicerie… – Si schernisce Harvaiun.
Il Notturno annuisce. – So dell'esistenza di queste voci. Ma vorrei pregarvi di non farvi mai più accenno: il volo è uno dei segreti della magia del mio popolo, ma questo, come del resto tutta la magia, non è un argomento del quale si possa discorrere a cuo leggero.
Poi, cambiando completamente tono. – Amici miei, mi si chiede se i cavalli sono pronti.
– Lo saranno entro pochissimi minuti. – Risponde Harvaiun correndo all'interno della stalla, subito seguito da un Kirzil confuso e mortificato.
– Hai visto? – Sibila il Gu'Hijirr al suo interlocutore non appena i due si ritrovano da soli nella stalla. – Era tanto vero da essere un segreto.
Il Syerdwin si porta un dito alle labbra. – Non hai sentito cosa ha detto il tuo Signore? Non è un argomento questo del quale si possa discorrere a cuor leggero. Capito pettegolo di un rospo? – Ribatte Harvaiun, allungando il passo per evitare un calcio del Gu'Hijirr.



Una volta abbandonata la cerchia dei nove monti che cingono Verdevima i viaggiatori giungono ad un'ampia radura nella quale la strada si biforca.
– Da quale parte si prende? – Chiede il Barone Enklu che viaggia in testa al gruppo. – Non vi è nessun segnale né alcuna indicazione.
– La strada di sinistra. – Indica Mahaderill. – Porta alle Foreste Sotterrate e da lì al Deserto di Cristallo ed alle Montagne dell'Orlo Ultimo. Su quelle montagne vive Fieduin la Pietra.
– Perdonatemi, mia Signora, ma non era Re Artamiro la nostra meta? – Chiede rispettosamente Jai Wediliun il Mercante.
– Prima di raggiungere la corte del Re dobbiamo incontrare Fieduin la Pietra ed ottenere da lui un pegno per l'Ombra di Sangue. – Spiega concisamente la Fata. Khude, che procede a piedi accanto a lei, senza mostrare stanchezza né fatica, annuisce lentamente.
– Quanto sarà lungo questo viaggio? – Chiede il Duca Kwister di Lö.
– Anche solo una decina di giorni se non incontriamo troppi ostacoli sulla nostra strada. – Spiega Usif-Lizhi. – Ma da quanto ho udito da Mahaderill temo che nessuno potrà darci questa rassicurazione.
Kwister annuisce – Mahaderill mi ha detto che per me non esiste altra strada per conoscere la verità ed io sono felice che essa coincida con la vostra. Come il Barone Enklu sa un antico patto lega la sorte della mia Marrak a quella della Casata di Re Artamiro. Un antichissimo patto, forse saggio o scellerato, non saprei dirlo, coperto da un segreto che nessuno nella mia Marrak ricorda. Io devo sapere, primo o ultimo non importa. – Il duca si guarda intorno stupito lui per primo di aver raccontato il motivo del suo viaggio.
– Siamo in molti ad avere a che fare con un'eredità non voluta né cercata. – Gli risponde Usif-Lizhi. -Sii il benvenuto tra noi, Duca Kwister.
– Grazie. Finché continuerà questo viaggio avrete in me un fedele compagno ed un amico. Ed io spero che così sarà anche una volta che il viaggio sia terminato. – Replica il Duca.
– Così sia. – Conclude Kirzil Pennarossa – Ed ora non sarebbe meglio muoverci, intanto che il sole è ancora tiepido e l'aria limpida?
– Dici bene, Kirzil. – Approva Enklu. – Andiamo allora.



Procedono alternativamente al passo ed al trotto fino a metà del pomeriggio, fermandosi un paio di volte per permettere ai cavalli di bere e pascolare ed a loro stessi di sgranchire un poco le gambe.
Dopo un paio d'ore di cammino hanno abbandonato le terre del feudo di Godren il Vecchio, avido e rabbioso nemico della città di Verdevima, fortunatamente senza incontrare nessuno dei suoi uomini e sono penetrati nelle terre del Cavaliere di Vandel. Il primo obiettivo del loro viaggio è il villaggio di Audiebarr, costruito ai piedi del castello del signore di quei luoghi, nemico di Godren e quindi buon amico del Borgomastro di Verdevima.
– Che tipo è questo cavaliere di Vandel? – Chiede Harvaiun a Kirzil Pennarossa, con il quale sono per il momento terminate le schermaglie e che cavalca al suo fianco.
Il Gu'Hijirr si spinge indietro l'elmo foderato di cuoio che si è ostinato a portare per tutto il giorno e si passa una mano sulla fronte. – Un nobile di provincia, né troppo ricco né decaduto e rissoso come quel Godren che abbiamo avuto la fortuna di non incontrare. Ho udito dire nel villaggio oltre Audiebarr, Klegan, che egli ha gusti molto peculiari in amore, ma penso si tratti di puri pettegolezzi.
Harvaiun si stringe nelle spalle. – Gli uomini sono sempre strani in materia d'amore.
– Vero, ma da quanto si dice sul Cavaliere di Vandel, la sua stranezza è veramente notevole.
– E in cosa consiste?
Il Gu'Hijirr scuote la testa. – Eh no, non è mica bello diffondere una diceria. Non lo sai che qualunque fandonia una volta raccontata un numero sufficiente di volte diviene verità sacrosanta?
Harvaiun lo guarda storto. – Bella roba fare lezioni di morale dopo aver risvegliato la curiosità. Non lo sai che una curiosità non soddisfatta è madre dei pensieri peggiori?
– Vero anche questo, caro mio. Ma non ho motivo di preoccuparmi dei tuoi pensieri, tanto più che la nostra strada è giunta quasi al termine e non è bene coltivare giudizi reconditi alla vista di una persona che non si conosce: nuoce al piacere della conoscenza.
– Oh bella! E tu allora?
– Non tutti hanno la mia grandezza e serenità d'animo, è evidente: il mio spirito è vasto come l'oceano ed altrettanto profondo e può accogliere ogni cosa senza esserne turbato.
Il Syerdwin accoglie la frase di Kirzil senza commentare e volta ostentatamente il capo.
– Non avete notato la stranezza di quegli alberi? Si tratta forse di un tipo di scultura strana e bizzarra o di cos'altro? – La domanda del Barone Enklu, rivolta al Duca Kwister viene fatta in un momento nel quale il silenzio domina la compagnia, tanto da essere udita da tutti.
– Avete ragione, barone. Mi chiedevo già da qualche tempo, dopo aver incontrato la prima di quelle strane piante, di cosa si trattasse. Io non ho esperienza di simili fenomeni, ma forse la Fata Mahaderill, se non è stanca per il viaggio potrà dirci di cosa si tratta.
La fata che, dall'attenzione con la quale fissa l'albero indicato dai due lupi-drago, evidentemente ha dedicato ad esso le sue ultime riflessioni, esita prima di parlare e quando lo fa la sua voce è stanca e venata di timore. – Non si tratta di una scultura, purtroppo, ma di un fenomeno nuovo che sta avvenendo un po' ovunque, del quale sono incapace di dare una spiegazione.
Nerthurok. – Spiega Khude. – L'acqua che diviene roccia. Ciò che è vivo che cessa di mutare. Prima avviene ai fratelli-immobili ed infine, presto, molto presto, giunge alla gente-che-corre. Altri miei fratelli ed altri della vostra gente sanno e cercano di raggiungere Fiediuin.
La strana frase del Silvano per un momento lascia tutti perplessi, come se la creatura avesse raccontato un leggenda o enunciato uno dei consueti enigmi tipici degli Erbani.
Usif-Lizhi è il primo ad intuire il significato delle parole del Silvano ed a parlare. – Vuoi forse dire che l'Orlo del Mondo corre un grande pericolo?
Il silvano si volta lentamente, ruotando la testa insieme al busto come è tipico della sua gente e fissa il Notturno con un'espressione indecifrabile.
– Chi vuole vivere in un mondo fatto di rocce sempre uguali a loro stesse non deve temere nulla, Uomo-di-Luna. Chi preferisce ciò che non vive all'incomprensibile ed avido crescere della vita non ha nulla da temere. Molti di voi Uomini-di-Luna convivete già con Nerthurok senza saperlo e da questo tu fuggi.
Il Notturno si volta a guardare l'albero divenuto roccia che brilla debolmente alla luce del tramonto e poi lascia che il suo sguardo si perda nel limite dell'orizzonte, reso incerto ed oscuro da nubi sottili e tondeggianti del colore del ferro.
– Grazie, Khude. Capisco ciò che vuoi dirmi ed insieme ne ho timore. – Il Notturno guarda i visi degli altri viaggiatori, improvvisamente seri e preoccupati. – Andiamo, presto. Il tempo che ci è concesso non è quanto speravo. 

 

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