In gennaio vedo che non ho scritto qui neppure una riga.
Ho avuto un bel po' da fare, a chi interessasse saperlo. Lavoro da fare in libreria - non milioni di lettori, comunque, sia chiaro - ma lavoro di contabilità, lavoro nel preparare le rese e nel controllare le giacenze, lavoro per preparare l'antologia poi regolarmente pubblicata a fine gennaio, Foglie multicolori - racconti dal Sol Levante, lavoro per racimolare i soldi che servono per pagare le ricevute bancarie dei signori editori e altro lavoro per tentare di far entrare qualcuno in libreria.
Sono sopravvissuto ma quest'ultimo impegno, quello di fare venire qualcuno in libreria, non posso esattamente dire sia andato bene. Il gennaio 2009 è stato un pianto, ma il gennaio 2010 è stato persino peggio.
Perché?
Beh, posso avanzare mille e mille ipotesi ma, in definitiva, penso che basti il titolo in prima pagina del giornale di oggi: «Italia: crolla il PIL, mai così male da 40 anni». Bòn. Qualcosa da aggiungere?
Certo, gli ultimi due mesi del 2009 avevano creato qualche illusione, ma si trattava, per l'appunto, di illusione, ovvero, secondo il dizionario di italiano di « speranza infondata ».
Ci sono alcuni elementi, però, che inducono a ulteriori riflessioni e a qualche considerazione, probabilmente vana ma non necessariamente inutile.
I lettori.
In Italia sono pochi, ormai lo sappiamo o dovremmo saperlo tutti. Gli italiani che leggono un libro al mese sono più o meno tre milioni. In maggioranza - 60% contro il 40% - donne. Altri 20 milioni leggono di meno, in media 3 o 4 libri all'anno. Il totale dei lettori arriva intorno al 40% della popolazione. Il 60% - più o meno 36 milioni - non legge. Nè tanto né poco. Non compra al supermercato né in libreria. Un popolo grigio di milioni di persone che non ama i libri, anzi, ne è probabilmente spaventato o irritato.
Colpa di chi?
Si possono fare tutte le ipotesi possibili – l'azione nefanda di scuola e insegnanti , la mancanza di tempo, la scarsa familiarità con la lingua, le difficoltà della vista, la stanchezza dopo una giornata di lavoro, l'interesse per altri passatempi eccetera, ma il dato non cambia da una ventina d'anni a questa parte.
Anzi.
Alla fine degli anni '80 i lettori erano arrivati faticosamente a un 42% della popolazione italiana. Da stappare una bottiglia.
Ci si aspettava che col tempo i lettori sarebbero inesorabilmente cresciuti. Ricordo gli studi pubblicati all'epoca sulle pubblicazioni specializzate: «I bambini sono forti lettori, gli anziani deboli lettori se non semianalfabeti, quindi, fatalmente, se i bambini continueranno a leggere è fatale che i lettori aumentino...»
Non è successo.
I lettori (di libri non scolastici) tra i bambini sono addirittura diminuiti.
Tutti presi da internet?
Mapperpiacere.
Chi usa abitualmente internet lo ha aggiunto alle proprie fonti di informazione e conoscenza senza affatto disprezzare il libro.
Ma forse internet ha creato il desiderio di leggere gratis… E mancano i dati sui libri letti o scaricati da internet.
Possibile. Magari un'altra volta ci ritorno su.
Ma la sensazione è un'altra. Un dubbio che è diventato una modesta fissazione.
La qualità dei libri presentati al pubblico - mi rendo conto del paradosso che enuncio ma lo dico lo stesso - è ahimé diminuita.
Cerco di spiegare. Essendo, come mia abitudine, estremamente materiale. Anche se, possibilmente, dialettico.
Negli ultimi vent'anni sono letteralmente scomparsi, sostituiti da replicanti - semplici marchi senza sostanza propria - centinaia di editori. Non piccoli, intendiamoci. Garzanti, Nord, Giano, Guanda - solo per citarne alcuni - non sono più editori in proprio ma semplici ectoplasmi, scritte colorate sulla copertina. L'ultimo a cadere è stato Bollati Boringhieri, divenuto un feudo dell'impero Spagnol (leggi Longanesi - Messaggerie) e destinato a veder impallidire e scomparire uno dei maggiori cataloghi di saggistica italiano. Ne parlo con un minimo di conoscenza di causa dal momento che l'ex-responsabile commerciale dell'editore è mio amico personale e si è trovato, come si dice, buttato in mezzo a una strada da un momento all'altro.
La scomparsa di tanti editori mi preoccupa per un motivo fondamentale. Un biologo evoluzionista direbbe che la biodioversità è nettamente diminuita. E quando la biodiversità - nel nostro caso la bibliodiversità - diminuisce tira una gran brutta aria.
«Non ha senso stampare libri a tiratura medio-bassa o libri che vendono meno di cento copie all'anno», dicono i nuovi proprietari. A occhio un'osservazione ragionevole, se non fosse che di molti titoli se ne vendono effettivamente un centinaio di copie o giù di lì all'anno. Essere un editore di cultura - e non un grossista di tonno in scatola a basso prezzo - vuol dire anche tenere a catalogo titoli a bassa rotazione che hanno un elevato valore culturale.
E prima ancora un elevato valore umano.
I soldi possono definire molte cose, lo sappiamo, ma esiste un'area intangibile ai calcoli di borsellino.
O forse è giusto dire che esisteva.
Sembra un discorso che ha poco a che vedere con le premesse, ma non è così.
Oggi un cliente si lamentava che già i libri dopo un anno o due non sono più recuperabili.
Esauriti. Dimenticati.
Non parlava di capolavori assoluti, sia chiaro, ma comunque di buoni libri. Di libri intelligenti e gradevoli. Di libri che avrebbero probabilmente meritato una ristampa. Ma... il metodo originale del longanesi-sistema (poi copiato dagli altri editori) è questo: si stampano le copie pre-ordinate da librerie, librerie di catena e supermercati - senza sostanzialmente stamparne per eventuali riordini. Nel caso il libro si muova si procede con una rapidissima ristampa e così via.
Parrebbe un buon sistema.
Parrebbe, ma...
Difetti?
Beh, essenzialmente due:
1) la libreria che ha sottostimato le vendite possibili rimarrà presto senza il titolo. È ovvio che la piccola libreria, più oculata negli acquisti - o più povera, eddiciamolo via- sarà automaticamente espulsa dal mercato.
2) non rimangono copie disponibili per ulteriori, ritardate richieste.
Certo il libro può poi passare in collana economica, ma con le medesime regole.
Tempo totale di sopravvivenza del libro: 2 anni.
Q.E.D.
Applicando questo metodo alla saggistica che cosa se ne ha?
Brrrrrr....
Un libro su due non uscirà perché potenzialmente a tiratura troppo bassa. Il secondo verrà ristampato ma dovrà per forza trattarsi di qualcosa di specialissimo - o magari di adottato universitario - per giungere a occupare un posto definitivo nel catalogo.
Con questo genere di visione dell'editoria sembra così strano che una parte crescente dei libri che escono siano puro e semplice pattume? Pattume veloce e ben presentato, che si vende rapidamente e buonanotte. Più o meno come i venditori di miracolosi balsami universali che battevano le campagne nel XVI-XIX secolo.
È strano che i forti lettori siano stanchi, stufi, confusi e nauseati?
Io stesso sono qui che in certi giorni mi chiedo: «Ma non c'è proprio nulla di decente da leggere?»
Come posso chiedere ai lettori che entrano in libreria di sbavare a comando per «La bambina che non suonava la campanella» - seguito de «La bambina che talvolta suonava la campanella» - o «L'uomo che alle volte non ci sentiva» o «La donna che viaggiava sul sedile posteriore».
Eccitarsi per «Oh, prendimi dolce vampiro» o scodinzolare per «La compagnia della mezza montagna» scritto dalla dodicenne Ilaria di Saronno o ancora commuoversi per «La ragazza che odia gli uomini che disprezzano quelli che non odiano le ragazze» di Gundardan Allepallesson.
Trovare un buon libro dietro questo parete di nulla è diventato molto faticoso.
Non accetto domande per il futuro, in ogni caso.
Diciamo che se fossi in voi e se non facessi il mio lavoro mi dedicherei esclusivamente alla produzione della crescente galassia dei piccoli, sfigati editori. Esiste statisticamente la possibilità che un capolavoro possa uscire da lì piuttosto che dalle file normalizzate e normalizzanti dei grandi editori.
E non è poi detto che non lo faccia.
Ho avuto un bel po' da fare, a chi interessasse saperlo. Lavoro da fare in libreria - non milioni di lettori, comunque, sia chiaro - ma lavoro di contabilità, lavoro nel preparare le rese e nel controllare le giacenze, lavoro per preparare l'antologia poi regolarmente pubblicata a fine gennaio, Foglie multicolori - racconti dal Sol Levante, lavoro per racimolare i soldi che servono per pagare le ricevute bancarie dei signori editori e altro lavoro per tentare di far entrare qualcuno in libreria.
Sono sopravvissuto ma quest'ultimo impegno, quello di fare venire qualcuno in libreria, non posso esattamente dire sia andato bene. Il gennaio 2009 è stato un pianto, ma il gennaio 2010 è stato persino peggio.
Perché?
Beh, posso avanzare mille e mille ipotesi ma, in definitiva, penso che basti il titolo in prima pagina del giornale di oggi: «Italia: crolla il PIL, mai così male da 40 anni». Bòn. Qualcosa da aggiungere?
Certo, gli ultimi due mesi del 2009 avevano creato qualche illusione, ma si trattava, per l'appunto, di illusione, ovvero, secondo il dizionario di italiano di « speranza infondata ».
Ci sono alcuni elementi, però, che inducono a ulteriori riflessioni e a qualche considerazione, probabilmente vana ma non necessariamente inutile.
I lettori.
In Italia sono pochi, ormai lo sappiamo o dovremmo saperlo tutti. Gli italiani che leggono un libro al mese sono più o meno tre milioni. In maggioranza - 60% contro il 40% - donne. Altri 20 milioni leggono di meno, in media 3 o 4 libri all'anno. Il totale dei lettori arriva intorno al 40% della popolazione. Il 60% - più o meno 36 milioni - non legge. Nè tanto né poco. Non compra al supermercato né in libreria. Un popolo grigio di milioni di persone che non ama i libri, anzi, ne è probabilmente spaventato o irritato.
Colpa di chi?
Si possono fare tutte le ipotesi possibili – l'azione nefanda di scuola e insegnanti , la mancanza di tempo, la scarsa familiarità con la lingua, le difficoltà della vista, la stanchezza dopo una giornata di lavoro, l'interesse per altri passatempi eccetera, ma il dato non cambia da una ventina d'anni a questa parte.
Anzi.
Alla fine degli anni '80 i lettori erano arrivati faticosamente a un 42% della popolazione italiana. Da stappare una bottiglia.
Ci si aspettava che col tempo i lettori sarebbero inesorabilmente cresciuti. Ricordo gli studi pubblicati all'epoca sulle pubblicazioni specializzate: «I bambini sono forti lettori, gli anziani deboli lettori se non semianalfabeti, quindi, fatalmente, se i bambini continueranno a leggere è fatale che i lettori aumentino...»
Non è successo.
I lettori (di libri non scolastici) tra i bambini sono addirittura diminuiti.
Tutti presi da internet?
Mapperpiacere.
Chi usa abitualmente internet lo ha aggiunto alle proprie fonti di informazione e conoscenza senza affatto disprezzare il libro.
Ma forse internet ha creato il desiderio di leggere gratis… E mancano i dati sui libri letti o scaricati da internet.
Possibile. Magari un'altra volta ci ritorno su.
Ma la sensazione è un'altra. Un dubbio che è diventato una modesta fissazione.
La qualità dei libri presentati al pubblico - mi rendo conto del paradosso che enuncio ma lo dico lo stesso - è ahimé diminuita.
Cerco di spiegare. Essendo, come mia abitudine, estremamente materiale. Anche se, possibilmente, dialettico.
Negli ultimi vent'anni sono letteralmente scomparsi, sostituiti da replicanti - semplici marchi senza sostanza propria - centinaia di editori. Non piccoli, intendiamoci. Garzanti, Nord, Giano, Guanda - solo per citarne alcuni - non sono più editori in proprio ma semplici ectoplasmi, scritte colorate sulla copertina. L'ultimo a cadere è stato Bollati Boringhieri, divenuto un feudo dell'impero Spagnol (leggi Longanesi - Messaggerie) e destinato a veder impallidire e scomparire uno dei maggiori cataloghi di saggistica italiano. Ne parlo con un minimo di conoscenza di causa dal momento che l'ex-responsabile commerciale dell'editore è mio amico personale e si è trovato, come si dice, buttato in mezzo a una strada da un momento all'altro.
La scomparsa di tanti editori mi preoccupa per un motivo fondamentale. Un biologo evoluzionista direbbe che la biodioversità è nettamente diminuita. E quando la biodiversità - nel nostro caso la bibliodiversità - diminuisce tira una gran brutta aria.
«Non ha senso stampare libri a tiratura medio-bassa o libri che vendono meno di cento copie all'anno», dicono i nuovi proprietari. A occhio un'osservazione ragionevole, se non fosse che di molti titoli se ne vendono effettivamente un centinaio di copie o giù di lì all'anno. Essere un editore di cultura - e non un grossista di tonno in scatola a basso prezzo - vuol dire anche tenere a catalogo titoli a bassa rotazione che hanno un elevato valore culturale.
E prima ancora un elevato valore umano.
I soldi possono definire molte cose, lo sappiamo, ma esiste un'area intangibile ai calcoli di borsellino.
O forse è giusto dire che esisteva.
Sembra un discorso che ha poco a che vedere con le premesse, ma non è così.
Oggi un cliente si lamentava che già i libri dopo un anno o due non sono più recuperabili.
Esauriti. Dimenticati.
Non parlava di capolavori assoluti, sia chiaro, ma comunque di buoni libri. Di libri intelligenti e gradevoli. Di libri che avrebbero probabilmente meritato una ristampa. Ma... il metodo originale del longanesi-sistema (poi copiato dagli altri editori) è questo: si stampano le copie pre-ordinate da librerie, librerie di catena e supermercati - senza sostanzialmente stamparne per eventuali riordini. Nel caso il libro si muova si procede con una rapidissima ristampa e così via.
Parrebbe un buon sistema.
Parrebbe, ma...
Difetti?
Beh, essenzialmente due:
1) la libreria che ha sottostimato le vendite possibili rimarrà presto senza il titolo. È ovvio che la piccola libreria, più oculata negli acquisti - o più povera, eddiciamolo via- sarà automaticamente espulsa dal mercato.
2) non rimangono copie disponibili per ulteriori, ritardate richieste.
Certo il libro può poi passare in collana economica, ma con le medesime regole.
Tempo totale di sopravvivenza del libro: 2 anni.
Q.E.D.
Applicando questo metodo alla saggistica che cosa se ne ha?
Brrrrrr....
Un libro su due non uscirà perché potenzialmente a tiratura troppo bassa. Il secondo verrà ristampato ma dovrà per forza trattarsi di qualcosa di specialissimo - o magari di adottato universitario - per giungere a occupare un posto definitivo nel catalogo.
Con questo genere di visione dell'editoria sembra così strano che una parte crescente dei libri che escono siano puro e semplice pattume? Pattume veloce e ben presentato, che si vende rapidamente e buonanotte. Più o meno come i venditori di miracolosi balsami universali che battevano le campagne nel XVI-XIX secolo.
È strano che i forti lettori siano stanchi, stufi, confusi e nauseati?
Io stesso sono qui che in certi giorni mi chiedo: «Ma non c'è proprio nulla di decente da leggere?»
Come posso chiedere ai lettori che entrano in libreria di sbavare a comando per «La bambina che non suonava la campanella» - seguito de «La bambina che talvolta suonava la campanella» - o «L'uomo che alle volte non ci sentiva» o «La donna che viaggiava sul sedile posteriore».
Eccitarsi per «Oh, prendimi dolce vampiro» o scodinzolare per «La compagnia della mezza montagna» scritto dalla dodicenne Ilaria di Saronno o ancora commuoversi per «La ragazza che odia gli uomini che disprezzano quelli che non odiano le ragazze» di Gundardan Allepallesson.
Trovare un buon libro dietro questo parete di nulla è diventato molto faticoso.
Non accetto domande per il futuro, in ogni caso.
Diciamo che se fossi in voi e se non facessi il mio lavoro mi dedicherei esclusivamente alla produzione della crescente galassia dei piccoli, sfigati editori. Esiste statisticamente la possibilità che un capolavoro possa uscire da lì piuttosto che dalle file normalizzate e normalizzanti dei grandi editori.
E non è poi detto che non lo faccia.
10 commenti:
Bentornato Max.
Mi è mancato persino il tuo pessimismo...
non riesco a darti torto in niente
purtroppo
nemmeno ragione totale
però insomma, già di più.
comunque felice di vedere ancora righe sul tuo blog
... caro Gelostellato, giuro che vorrei avere torto su tutta la linea. Anche perché se avessi torto vorrebbe dire che i libri in Italia potrebbero avere un ricco futuro e non una sopravvivenza stentata. Mi fa molto piacere, comunque, rileggerti qui.
...
Ciao Fran! Come vedi una volta tanto sono stato di parola. Alla prossima.
E’ un mondo pieno di combinazioni, questo.
Lo pensavo ieri, quando ne ho trovata una in due libri diversissimi, “Emmaus” di Baricco (sgurgle: un amico m’ha detto di leggerlo e l’ho fatto, e poi scopro che il fetente voleva che lo leggessi per commentare insieme a me quanto fosse brutto) e “L’anno della morte di Ricardo Reis” di Saramago. Impossibile fare paragoni – ben il so! – ma in entrambi si trova un funerale con dentro gente vestita di rosso. Combinèscion.
Lo penso oggi, che vado a vedere di nuovo il blog del Max Bell’Addormentato, e lo trovo vivo e vitale, porca mucca, si è svegliato il dormiente. E di che parla? Di libri e di lettori. E io, proprio oggi, ho comprato Repubblica. Lo faccio solo di venerdì, di solito, perché casa reclama una TV-Guide qualsiasi, e io non leggo più giornali causa feroce depressione indotta. Ma oggi, boh, chissa-perchè, compro il fogliaccio scalfariano. E boh, chissà perchè visto che non ci scrive più nessuno, vado su Fronte&Retro. E, combinèscion, parlate della stessa roba.
E allora ecco, Max: vi metto in comunicazione, come foste due vestiti di rosso allo stesso funerale, come foste Baricco e Saramago (se puoi, plìs, fai la parte di Saramago, ok?). A pagina 45 di Repubblica un grafichetto ci dice che i lettori in Italia sono adesso il 38% (addio, adamsiano e fondamentale 42%...), che i “borderline” (1-2 libri all’anno) sono il 14,8% , i “deboli” (3-5 libri annui) il 15,2%, i medi (6-10… vabbè, Repubblica dice 6-20, ma è evidently un typo) arrivano al 6,5%, i “forti” (11-20) al 1,1% e i “fortissimi” (oltre 20 letti all’anno) lo 0,4%.
Yuppi, sono un fortissimo. E sono entrato pochissimo in libreria, quest’anno. Uhm…
Vabbè, Max, bentornato. Sappi che da quest’anno ho iniziato a mettere su aNobii non solo i libri che leggo, ma anche a compilare la "Lista dei Desideri". Sai una cosa? Una volta non la compilavo mai, perché... perché non lasciavo il tempo ai libri desiderati di restare troppo a lungo tali. Adesso invece… insomma, temo sia solo un’ulteriore sfaccettatura della crisi economica, se dovessi fare testo io. E mettiamola così: fosse vero, basterebbe che la crisi passasse davvero, una volta per tutte…
Ciao Piotr. Un vero piacere rileggerti in queste pagine.
Devo correggerti, però. Io sono Baricco, perdinci.
Non riconosci...
Il mio
Stile
Eh?
...
...
...
Infatti scrivo anche su Repubblica.
Sul Corriere.
Sui libri.
Sui muri.
...
Saltando una riga su due
e tornando a capo
spesso
...
Riempio pagine su pagine.
Su pagine.
...
Di raffinate finezze
...
Non amare Baricco
è sfuggire
la vita...
la vita
(Due volte. Colpisce di più)
...
In quanto alla lista dei desideri, direi che hai detto e spiegato tutto. Nulla di più.
Ehi Max ricomparso. Mi associo a Fran e do il bentornato alla consueta ventata di ottimismo.
Consolata, guarda che non è mica Max.
E' Alessandro, non hai visto come scrive?
Perdinci.
Con questo post ho avuto la sensazione di rileggere i libri di Schiffrin André sull'editoria...
Inquietante
:S
hey, non ti permetto di insultare allepallesson, è un grande!
comunque, felice di ritrovarti.
Felicissimo di incontrarti nuovamente.
In quanto al povero giallista scandinavo, mi dispiace di averlo maltrattato ma qui in libreria non hai idea della rottura di peperoni che di hanno dato con libro+film+rilibro+rifilm+ecc. La sensazione finale è che in Norvegia-Svezia-Finlandia (senza dimenticare Islanda e Danimarca)vivessero soltanto scrittori geniali e che noi avremmo avuto l'enorme privilegio di poterli vendere... Con tutto ciò, personalmente non ritengo l'opera di Larsson superiore a quella di tanti altri giallisti. Opinione del tutto personale, ovviamente.
...
Per Infrid: ho un santino di Schiffrin sul cuore. Ciò che ha detto si è avverato con una precisione geometrica...
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