4.12.15

Facebook e il presepe


Oggi, venerdì, me ne vado qualche giorno in montagna. 
A battere i denti, come sostiene mia madre. 
A rilassarmi e dimenticare il mondo, secondo me. 
A passeggiare in compagnia di mia moglie e tutti e due a leggere nelle rispettive poltrone. 
A lasciare il cane libero di girare, annusare, cercare, esplorare. 
Mi manca, la montagna. Un posto dove posso eventualmente comprare il giornale - se mi ricordo di chiederlo al factotum della frazione - ma posso anche farne a meno, dove posso controllare la posta elettronica, se tutto va bene, ma non raramente devo farne a meno, dove per caricare la pagina di un giornale ci vuole un tempo compreso tra il minuto intero e i tre minuti, passati i quali il pc si stufa e mi comunica, secco: «Hai oltrepassato il tempo per caricare questa pagina, vai a farti un giro», oppure, semplicemente, si addormenta. 
E Librodifacce? 
Beh, grazie al telefono mi arrivano commenti e «mi piace» ma ho non poche difficoltà a intervenire. Sempre ammesso che voglia intervenire. Il che, nel clima rilassato della vita in montagna, mi sembra talmente poco urgente da poter essere rinviato al mio rientro. 
Ed è interessante come, anche dopo cinque-sei giorno di abbandono, le cose non siano minimamente cambiate. Questo potrebbe dimostrare la mia personale inutilità o, semplicemente, che la cosa a cui somiglia di più FB è un gruppo di condomini che discutono sul pianerottolo, vagando dal cazzeggio puro e semplice, a qualche rara osservazione intelligente a qualche frequente tirata criptofascista. FB ha il grosso difetto di essere uno specchio deformante del reale, capace di rendere numerosi i pidocchi e piccoli gli esseri umani. È la necessità di apparire quotidianamente su FB a renderlo pericoloso e parlo per ragion veduta. Credete che Balzac o Einstein o Dostoevskij o Hawking avrebbero sempre fatto una splendida figura se spinti a postare quotidianamente i loro piccoli fatti? Il problema di FB è quello di tagliare i tempi della vita, rendere tutto istantaneo e tutto istantaneamente dimenticabile. La vita vera, quella che deprime, ferisce ed esalta appare raramente su FB, mentre si parla di cose delle quali in genere si hanno troppi pochi elementi per imbastire un discorso decente. Prevalgono gli individui dotati di poca informazione e spesso poca cultura che scribacchiano qualcosa, in GENERE IN MAIUSCOLO, tanto per rassicurarsi della propria esistenza. Non significa che d'ora in avanti non frequenterò più FB, anche perché con alcune persone è l'unico modo per mantenere un minimo di contatti, ma semplicemente che, come ho fatto finora, lo utilizzerò lo stretto indispensabile. 


...
D'altro canto non mancano i temi sui quali discutere, ultimamente. Basta pensare ai presepi mancati, alle canzoncine natalizie vietate, ai crocifissi nascosti. La cosiddetta Destra Italiana, formata da individui intolleranti e perennemente alla ricerca di argomenti sui quali costruire un caso esemplare, si sono scatenati contro un direttore didattico apparentemente ebreo («si chiama col nome di una città, quindi è un giudeo») che ha vietato a due intrepide mamme di insegnare ai bambini i canti natalizi. È uno di quei casi nei quali viene voglia di diventare Uncle Scrooge e criticare l'infinita stupidità del popolo bue che si affretta a rendere santa una festa assolutamente pagana come Natale. E perché mai un un direttore scolastico avrebbe dovuto acconsentire a due nessuno come le due mamme in questione di intervenire a scuola? Quand'anche fossero state due soprano liriche o due musicologhe con tanto di laurea - il che NON è - perché mai avrebbe dovuto interrompere le lezioni per permettere ai bambini di cantare una delle consuete, stucchevoli, canzoncine natalizie? Non ne sentono abbastanza a casa di queste sciocchezze? In televisione? Nei centri commerciali? Ma questo banale incidente è diventata l'occasione per la sfiatatissima Destra Italiana di urlare al sacrilegio, al leso presepe, al gomblotto contro la cristianità. Ma perché kz non parlate di ciò che accade in Vaticano? Dcardinali che distraggono fondi, di politici che in combutta con ordini religiosi drenano fondi e beneficenza? Non vogliamo dir nulla a costoro? No, per carità. Pensiamo ai poveribbimbi ai quali è stato vietato di cantare «Tu scendi dalle stelle», probabilmente mentre un imam satanico ridacchia in un sottoscala armando il kalašnikov
Lo so, il problema è che con Renzi al governo non rimane molto spazio alla destra. Tutti i dogmi del liberalismo più idiota sono già stati occupati dal Nostro uomo e alle Mariestelle Gelmini e ai Mattei Salvini non resta che urlare per farsi notare. Distribuire santini, cantare a cappella, maledire gli infedeli. Il tutto da parte di chi - parlando del nostro Salvinotto - fino a pochi anni fa si vestiva di verde, indossava un elmo dei vichinghi da filodrammatica e minacciava di sostituire la chiesa con il Dio Po. 

Il Dio Po.
Ma ci pensate? 


La sensazione che la destra stia copiando il ritmo di FB, ogni giorno urlando «attenti al lupo» per motivi ideologicamente sempre uguali: la paura del diverso, la paura dei cambiamenti, i quattro soldi che si sono messi da parte e che si temono vengano sottratti, la piccola avarizia dell'anziano terrorizzato dalla morte vicina, l'invidia di non essere in alcun modo privilegiati e il gusto malinconico e perverso di lamentarsi sempre di mille torti, tra immaginari e reali. Un po' meno, ultimamente, il timore di essere chiamati a contribuire al bene comune dopo anni e anni di felice evasione: Renzi sta lavorando attivamente tra gli evasori...
Il ritmo di FB probabilmente finirà per macinare le parole d'ordine della Destra. 
A meno che non arrivino qui milioni di immigrati.  
O che la crisi colpisca ancora. Forte.
IL NSADP poteva far ridere negli anni '20
Faceva molto meno ridere dopo la crisi del '29.
Incrociate le dita. 
Io, intanto, vado in montagna. Nel caso pronto a rimanerci :) [*]

[*] Ma non riuscirò a rimanere a lungo in montagna. Io e Silvia siamo stati convocati da Hugmented fantascienza in podcast. Il tema sul quale siamo stati interpellati è l'Intelligenza Artificiale in narrativa, sul quale stiamo scegliendo qualche titolo. Roba come Permutation City di Greg Egan o La civiltà dei Solari di Norman Spinrad. E un vecchio racconto di Clarke, I nove miliardi di nomi di Dio, un racconto quietamente, dolcemente allucinante... Non perdeteci di vista.

29.11.15

ALIA Evo 2.0. Come andrà a finire?


Stamattina ho finalmente scritto «Fine» in calce al mio racconto. Titolo provvisorio: «Una nuova vita», trentatrè pagine del formato ALIA, una miseria rispetto a Cavazza con le sue 80 pagine. Ma fortunatamente gli altri autori di questo ALIA sono stati più modesti e contenuti. O meno coraggiosi. Perlomeno quelli che hanno già inviato i loro testi. Sinceramente non è stato facile arrivare alla parola fine, dal momento che mi sono imbarcato in un tour de force non dei più facili. In compenso ho acquisito una cultura invidiabile in tema Buchi Neri, Supernovae, fibre sintetiche e simmetrie chiraliche.
Ultime due piccole note per gli  interessati: la prima è che non ci sono tranx, in questo racconto. L'aspetto esotico e/o sorprendente è la IA (Intelligenza Artificiale) di una nave. Secondo elemento: il racconto è scritto al presente. Sono desolato per la neonata "Associazione per la difesa del passato remoto in fantascienza", ma il racconto è nato così e così resterà. Magari è un bidone, ma al passato remoto non veniva proprio.


Vogliamo controllare gli autori, tanto per vedere che non manchi nessuno?
Vittorio Catani.[*] Danilo Arona [**], Chiara Negrini, Maurizio Cometto, Eugenio Saguatti (il cui racconto è arrivato nei giorni scorsi), Francesco Troccoli, [***] Vincent Spasaro, Fabio Lastrucci, Mario Giorgi, Davide Zampatori, Paolo Cavazza e il sottoscritto, Massimo Citi. In attesa a giorni, Consolata Lanza, Massimo Soumarè, Valeria Barbera e, immancabilmente, Silvia Treves. Totale: 16 autori (se per caso ho dimenticato qualcuno me lo dica [con gentilezza, per carità], idem se avete un racconto nel cassetto ma non avete osato inviarlo finora...) per un'antologia che viaggerà tra le 300 e le 400 pagine. Piccola nota su Silvia Treves: la poveretta, oltre a curare con me l'edizione del futuro volume e a tentare di scrivere il proprio racconto, è stata incastrata nelle infinite grane create da «La buona scuola» di Renzi, con una parte degli insegnanti che hanno preso servizio in ottobre o in novembre e con grane ridicole tipo: «insegnante di diritto per le superiori inviato in una scuola media». E a fare che, direte voi? Bella domanda. Più che di Buona Scuola dovremmo parlare Hellzapoppin's School, ovvero di Scuola dell'assurdo.

Manca Davide Mana e sono io il primo a dispiacermi per la sua assenza, dopo la collaborazione in tutti gli ALIA precedenti e a diverse edizioni di Fata Morgana. Ho scritto a Davide ma il nostro uomo non è purtroppo disponibile per diversi motivi che non starò a spiegare qui. Non posso che riportare la sua frase su ALIA Evo 2.0: «Io sono qui che faccio il tifo per Alia». Ottimo, ricordati di noi la prossima volta.
A questo punto si può lanciare uno sguardo d'insieme all'antologia com'è al momento attuale? Beh, sì, si può anche tenendo conto dei cenni ricevuti sui racconti in arrivo. Diciamo che ci sono nove racconti di sf - dalla space opera alla Terra post-catastrofe ambientale, alla hard-sf, all'intelligenza non umana - due steampunk (particolarmente graziosi entrambi). tre ottime storie di fantasmi e due purissimi horror. L'insieme è ricco e curioso, capace di dare davvero un quadro d'insieme alla narrativa fantastica italiana contemporanea.
Che altro aggiungere? Beh, che se continua così al massimo per febbraio la nostra antologia vedrà la luce. Rimanete sintonizzati. 
P.S.: questo articolo esce in contemporaneo presso ALIA Evolution
Questa NON è la copertina del prossimo ALIA Evo 2.0
[*] È di questi giorni l'uscita per l'editore Meridiano Zero della seconda edizione del suo romanzo Il Quinto Principio.
[**] Con un racconto di Danilo Arona è appena uscita l'antologia Malombre da Dunwich Edizioni. 
[***] Il 24 novembre è uscito in e-book il racconto Hypnos da Delos Edizioni.

24.11.15

Libri per Natale e un nuovo editore


Tra poco si ricomincia. 
Anzi mi è già capitato.
Parlo di ciò che ha conquistato massicciamente la televisione e che fa sempre più spesso capolino sul Web.
Un'invasione di melassa che trabocca fuori dallo schermo a bagnare i tappeti e infeltrire le tovaglie, rendendoci tutti più astiosi e cattivi o più malinconici e solitari.
Il Natale. 
...Oddio!
Tra poco si parte con la ricerca più o mano affannosa di regali, che devono essere diversi da quelli dell'anno precedente, anche se la persona alla quale deve andare il regalo non è cambiata, non ha cambiato gusti e continua ad apprezzare oggetti appartenenti alla stessa famiglia di quello regalato, del tipo camicie/ cravatte/ papillon/ gilet o pipa/ nettapipa/portacenere/portatabacco. 
Io come mi regolo? 
Semplice: con dei libri. 
Una volta, a causa del mio lavoro in libreria, dovevo evitare il più possibile i libri per ovvi motivi. «Eh, regala libri perché non li paga», affermazione corretta a patto di aggiungere «subito». Magari nessuno lo pensava davvero ma era inevitabile sospettarlo. Sicché niente libri, obbligandomi a pericolose indagini nel tentativo di capire quali fossero i gusti - musicali, gastronomici, odoriferi o estetici - di donne e uomini ai quali ero chiamato a fare un dono natalizio. 
Ma lo stesso problema si poneva agli amici che volevano farmi un regalo: «Vorrai mica regalargli un libro?». Già. Vien voglia di aggiungere: «Eh sì, ne ho già uno». Il risultato erano scelte spesso opinabili in materia di dischi o di soprammobili, gli uni frequentemente fuori bersaglio in rapporto ai miei gusti gli altri in qualche occasione meritevoli di scomparire in soffitta dopo una brevissima stagione sulla libreria.
Uno dei problemi era il fatto che i miei gusti musicali - non esattamente riconducibili a un qualche genere preciso - erano affari miei e non mi capitava quasi mai di discuterne pubblicamente. Il risultato era quindi fatalmente: «Ti ho regalato questo perchè piace a un sacco di gente». 
Sorvoliamo. 
Ma anche adesso i libri risultano un genere poco frequentato da chi si ricorda di me per Natale. In fondo sono sempre un ex-libraio, quindi un soggetto pericoloso. Viceversa non ho più motivi per astenermi dal regalare libri. Regolatevi. 


...
È di oggi la notizia che un pugno di eroi, ex-autori Bompiani, ha rinunciato alla distribuzione Mondadori per creare una propria casa editrice, «La nave di Teseo». Tra i transfughi l'ex-direttrice editoriale di Bompiani, Elisabetta Sgarbi e con lei Umberto Eco, Sandro Veronesi, Hamif Kureishi, Tahar Ben Jalloun, Edoardo Nesi, Furio Colombo e altri già arrivati o in arrivo, molti dei quali hanno personalmente contribuito alle finanze della neonata casa editrice. La distribuzione del nuovo editore sarà appannaggio del gruppo Messaggerie Libri, idem la promozione. 
Come dire, a parte ogni altra considerazione, il meglio del catalogo RCS. 
Non a caso gli stessi soggetti che a suo tempo firmarono petizioni, rilasciarono interviste, dichiararono in più occasioni che non avevano intenzione di entrare nel futuro gruppo Mondadori-Rizzoli, o Mondazzoli come scrivono i detrattori. 


Non posso sinceramente nascondere una certa soddisfazione nel vedere che ciò che il management dispone trova ancora qualcuno che nonostante rifiuta e che è disposto a giocarsi tempo, denaro e fatica pur di mettere il bastone tra le ruote ai potenti e ai potentati. Questo non significa che trovo automaticamente bellissimi i libri che costoro scrivono - i miei gusti personali non entrano nel gioco - ma ho motivo per apprezzare il loro gesto. Poi qualcuno dirà che in realtà Mondadori non aveva intenzione di rinnovare i contratti, che qualcuno era in pieno declino, che qualcuno era comunista - accusa che di questi tempi va bene per tutti -, che Elisabetta Sgarbi odiava Marina Berlusconi e ha portato con sé i suoi autori, che si tratta di Signori Autori troppo ben abituati da tollerare interventi esterni, che tanto l'editoria è in crisi e che la Nave di Teseo non terrà il mare a lungo ecc. ecc., fatto si è che, in assenza di un intervento diretto del potere politico, qualcuno si è ribellato e se n'andato. Magari persino perché ha un concetto vago e torpidamente comunista di un'editoria libraria libera, aperta a tutti, senza un padrone delle ferriere che decide che cosa pubblicare e che cosa no. 
Poi è molto probabile sarà Amazon a decidere del futuro degli editori storici italiani e degli autori, ma intanto, per questo momento, lasciatemi essere contento.
 
 
 

20.11.15

Nelle grandi e nelle piccole cose


Forse non lo sapete ma...
«Dai, i quattro gatti che seguono questo blog lo sanno fino alla nausea, trova qualcos'altro».
Fammi finire. Dicevo. Forse non sapete che nel mio ultimo romanzo, «Settembre», scritto tra ottobre del 2014 e settembre del 2015, parlo (per metafora) di Daesh, ovvero dello Stato Islamico. 
«Credo lo sapessero.»
Non importa. Abbiano pazienza. È un discorso serio.
Uno dei problemi che mi ha perseguitato per il tempo della scrittura - e che a maggior ragione mi perseguita ora - è la reale somiglianza non tanto nelle azioni - anche se è inevitabile creare nel corso dell'azione una rete di gesti efferati e gratuitamente crudeli, dal momento che il Daesh vive anche di queste - quanto nella dinamica dell'arruolamento, nella povertà di scopi realistici alle azioni di guerra, nella metastruttura religiosa che sostiene la propaganda dell'organizzazione. In sostanza è l'apparente follia di Daesh che risulta difficile immaginare e perseguire. 
In sostanza ciò che mi sono imposto è stato creare un'organizzazione di stampo confessionale ma priva di una vera religiosità, il cui scopo è quello di creare terrore, sostenuto e diretto da individui il cui scopo mistico è largamente secondario a interessi del tutto mondani e formato da militanti socialmente svantaggiati o membri della malavita, categorie spesso sovrapponibili. Ultimo particolare: la presenza di una sostanza stupefacente a creare insieme disciplina ed esaltazione nei militanti. Era questo elemento, introdotto nel romanzo senza alcun riscontro, che ha avuto un'inattesa conferma in questi ultimi giorni con la scoperta dell'uso da parte dei membri dell'ISIS di Captagon, una sostanza a base di anfetamina e teofillina, che: «Crea una specie di euforia: non dormi, non mangi ma le energie non ti mancano» (da: Il Corriere della Sera/Esteri, 18 novembre 2015). 

In sostanza ho potuto per il momento tirare un respiro di sollievo. Se i combattenti di Daesh, tanto per dire, avessero mostrato una forte e genuina convinzione religiosa e non il bla-bla-bla da boia bigotto con il quale condiscono ogni loro azione, avrei dovuto ritirare il romanzo dal commercio, invece finora - e ripeto, finora - non ho motivi per farlo.
Resta aperta la domanda: «Perché scrivere un romanzo per raccontare una storia che tutti conoscono? E perché un romanzo di fantascienza, genere notoriamente di evasione?»
Allora. 
L'ho scritto per me, innanzitutto. 
Perché dovevo fare qualcosa contro l'ISIS. 
Dal momento che non ho più l'età per partire per la Siria o l'Iraq e dare manforte ai Curdi ho fatto l'unica cosa che - bene o male - so fare: scrivere. Aver scritto di loro mi ha permesso di comprenderli, mi ha spinto a studiare, a informarmi, a smontare il loro disegno e analizzarlo. Tutto ciò non mi risparmierà una morte improvvisa e maligna dovessi mai incontrarli sulla mia strada, ma mi ha dato la possibilità di capire, ovvero uno dei motivi fondamentali per i quali esistiamo, oltre che la principale molla della nostra evoluzione. 
Quanto al fatto che tutti conoscano la vicenda di Daesh e dei suoi miliziani permettemi di dubitarne. La visione dei musulmani e dell'Islam che gira in Italia non è né aggiornata né, il più delle volte, intelligente. [*]
 Staccare una serie di fatti dalla sfondo dell'attualità permette di comprenderne i motivi profondi e giocare con la nostra tradizione cristiana mi ha permesso di fare un passo avanti: si può "giocare" con qualsiasi Dio e qualsiasi religione per presentarne i moventi più profondi e più inconfessabili.
In fondo sono ateo e marxista... 
E si può raccontare l'apparente caos dei motivi, le complicità, i sostenitori celati, con una serie di accostamenti successivi, fino a metterli a fuoco.
Perché di fantascienza?
Per motivi di libertà narrativa, innanzitutto, non avrei potuto scrivere un romanzo "realistico" sul terrorismo islamico a meno di non avere incontri, colloqui, discussioni. Un lavoro pressoché interminabile.[**] E in secondo luogo perché la fantascienza può avere una compattezza narrativa di tipo storico e cronachistico che pochi altri generi concedono. E in terzo luogo perché amo la fantascienza e, a parte quella, so scrivere soltanto fantastico psicologico, del tutto inadatto per raccontare una vicenda pubblica. 
Spero di essere stato chiaro.
A questo punto lascio la parola a uno dei personaggi di «Settembre», il miliziano Paulo Tan Low, prigioniero dei combattenti di Amphipolis e combattente tra i Gioanniti, i terroristi del Daesh di un futuro possibile: 

...E voi perché siete qui? Voi dell'Armata di soccorso, voi comeniti, voi di Settembre? Perché siete qui? Che diritti avete su questo pianeta? Che diritti avete di costruire una società umana senza il Redentore? – Tace improvvisamente e chiude gli occhi. È riuscito a impallidire ancora e muove la mandibola come in un tic che non riesce a fermare. Ricomincia a occhi chiusi: – Siamo stati inviati qui, come rifiuti o immondizia gettata giù da una nave. La nostra fede è contagiosa, rabbiosa, potente. Siamo orfani di Dio, i soli a ricordare un Dio morto e un Dio sconsolato che ha perduto il proprio figlio. Gesù Cristo è morto senza speranza... La Resurrezione è una pietosa balla che la Chiesa Romana ha sempre presentato come verità. L'umanità ha perduto la sua unica occasione e adesso con la Diaspora stiamo portando la confusione e il dolore tra le stelle. Noi siamo gli angeli del Dio morto e siamo qui per vendicarlo. Noi portiamo l'apocalisse. Noi siamo l'Apocalisse.

[…] Affonda il capo nel cuscino e fa un movimento vago con la mano: – Lavoravo per una multisistemi. A scavare terre rare dalle viscere di Disnomia. Qualche tonnellata al mese. Ma c'era chi lavorava sugli asteroidi, le stesse terre rare a un prezzo minore. Abbiamo aumentato i ritmi, lavorato per salari più bassi. Un giorno sono andato a lavorare ed era tutto spento. Ci siamo trovati senza lavoro, senza salario... La Exa aveva fatto le valige, aveva fermato le macchine e se n'era andata.[…] Io non ho altro, non ho altro. Soltanto loro. Mi hanno permesso di capire... voi non avete visto il cielo di Disnomia, il sole troppo lontano per essere riconoscibile, Eris, grigio e immobile sull'orizzonte. Le luce delle navi che scendono e che non portano novità per nessuno...

La risposta alla lunga melopea di Paul Tan Low è del sergente maggiore Rita Kuznetsova: «Voi siete dei coglioni. Dei miserabili coglioni.»
Oui, je suis madame Kuznetsova

*** Ultima nuova, è appena uscito presso il blog «La nostra libreria» una recensione a «Settembre». Ringrazio di cuore Michele, estensore della rece e il blog plurimo che hanno contribuito a convincermi che non ho soltanto perso tempo...*** 



[*] Esistono purtroppo migliaia di esempi di burbanzosa ignoranza sanguinaria e di greve retorica guerrafondaia. Non farò esempi, vi basterà dare un'occhiata ai titoli di alcuni giornali.  
[**] Non è semplice pigrizia, ma esisteva una necessità di rapidità - un romanzo sull'invasione dell'Iraq che esce cinque anni dopo viene letto da qualcuno? - e di fattibilità, dal momento che non sono ricco e nessuno mi paga per intervistare qualcuno.