3.3.11

Gordon R. Dickson, una riflessione

Mi attende un nuovo appuntamento con il prox LN, ovvero con i libri letti in questi mesi.
Una pila di rispettabili dimensioni qui sullo scaffale accanto alla scrivania.
E non ci sono tutti.
Ci sono anche i libri riletti, recuperati nella casa di vacanza e letti con un misto di rimpianto, curiosità e diffidenza.
Queste poche note sono dedicate a un autore che più o meno quarant'anni fa ha avuto un certo peso nella mia formazione e che ho recentemente riletto.
Gordon R. Dickson.
Scomparso nel 2001, vincitore di tre premi Hugo con due romanzi e un racconto.
Un autore ritenuto di destra, una collocazione perfettamente confermata alla rilettura del suo ciclo dei Dorsai. I Dorsai sono combattenti nati. Di origine, si intuisce, scozzese. Cresciuti su pianeti freddi e poco popolati. Vogliono rappresentare, nel vasto panorama dell'universo futuro, la razza umana più profonda e sincera, gente in grado di resistere agli inganni e alle lusinghe di una società complessa e raffinata.
Il ciclo del Dorsai ha relativamente poco di fantascientifico nella descrizione dei diversi mondi. E la guerra è narrata con frasi e modi che richiamano immediatamente la Corea, il Vietnam o le Ardenne dell'ultima guerra mondiale. Le astuzie dei Dorsai non appaiono particolarmente geniali o originali - a uno sguardo più attento e meditato, e i raffinati disegni dei politici hanno qualcosa di un po' meccanico. Inevitabile scuotere la testa con un mezzo sorriso.
L'umanità si è divisa e separata secondo le proprie diverse caratteristiche di temperamento e capacità. I mistici, i religiosi, i tecnologici, gli economici, i militari. Ognuno con il proprio pianeta, unito o separato dagli altri dal tipo di controllo condotto sulla mano d'opera. Puoi essere venduto a un altro pianeta senza possibilità di discuterne o essere ceduto secondo la tua disponibilità e i tuoi interessi.
Il modo di trattare il personale specializzato - scienziati, guerrieri, ingegneri, bibliotecari o preti - determina la posizione politica del pianeta nell'universo umano. «Comunista», se è il pianeta a decidere per te, oppure «liberale». Inevitabile constatare ora, anno 2011, tutta la banale semplificazione di questo modello di società futura.
Ma che cosa diavolo mi piaceva allora, a sedici-diciassette anni?
Non è stato facile capirlo ma lentamente ho avuto la sensazione di capire che cosa mi motivava allora e che, probabilmente, tuttora lo fa. Non è tanto la simpatia per il pensiero di destra - anche se debbo ammettere che a sedici anni ero ferocemente anticomunista - ma la sensazione di aver afferrato uno dei tanti fili che spiegano (forse) la nostra esistenza su questo pianeta. Il senso di un Destino - sia pure meno rigido e schematico di quello postulato dal buon Dickson, autore tra l'altro purtroppo ormai semidimenticato - che rende ognuno di noi, povero o ricco, intelligente o ottuso, unico e inconfondibile.
Curiosamente una delle radici del mio pensiero e della mia visione del mondo successiva.
La convinzione profonda che sia possibile arrivare a un mondo dove « da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo le proprie necessità».
Un passaggio curioso, lo ammetto. Da Gordon Dickson a Vladimir Ilic Ulyanov detto Lenin, ma tutto sommato possibile. Al centro la dialettica tra l'umano e la società, una dialettica - ovvero una separazione e uno scontro - che è al centro (inaspettatamente) anche dell'opera di Dickson. Un autore sinceramente laico, giova ricordarlo, che tuttavia non aborre il pensiero mistico, tanto da giungere a immaginare i pianeti Amici dove Dio è immanente, onnipresente (e invadente) e che, pur sconfitti, non scompariranno dal panorama dei mondi umani. A confemare che anche la religione più fondamentalista ha un senso, un colore e uno scopo nell'esistenza umana. Non necessariamente positivo, ma reale.
Una fantascienza un po' infantile e un po' goffa, siamo d'accordo, ma carica di un'ansia d'espressione e di comunicazione che non è facile trovare in ambito letterario.
Mi riconcilio con me stesso, in fondo.
Non ero un fesso fascista, allora, ma semplicemente un fesso avido di nozioni, idee e riflessioni.
Più o meno ciò che sono tuttora.



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