Già.
È un po' di tempo che non parlo di libri, ovvero del mio mestiere.
Ma sono parecchio stufo e ho la sensazione netta di aver già detto praticamente tutto quello che si poteva decentemente dire sull'argomento. La politica sui libri assomiglia tristemente alla vicenda di B., il demente, che ha da tempo finito di sorprenderci.
Comunque sia, provando ad alzare lo sguardo... beh il panorama non è bello.
È in discussione al senato una legge sul libro sinceramente risibile (e anche questo non è certo un record per questo governo), opera del medesimo genio - Ricky Levi - che anni fa escogitò una legge su internet della quale parlai qui. Il fatto che l'on. Levi sia stato eletto nel PD può probabilmente deludere i sostenitori di Prodi & Bersani ma lascia del tutto impassibile il sottoscritto che ha smesso di considerare il PCI e i suoi derivati come un partito di sinistra fin dal 1977. Alla mediocre legge Levi è stato comunque aggiunto un comma che prevede in sostanza la sua totale inutilità. Lo sconto massimo sui libri concesso dalla legge è infatti del 15% (contro il 5% di Francia e Spagna e lo 0% della Germania) ma con la possibilità di condurre campagne di sconto – al 30% di sconto o più – per 11 mesi all'anno, escludendo cioé dicembre.
«E perché dicembre no?»
Tanto valeva comprendere anche dicembre.
Per i nonni amorevoli che regalano libri ai bimbi, per dire. La zie malate. I giovani senza lavoro. I vecchietti soli. La vedove e gli orfani. Prendiamo un libro e ci scriviamo sopra «euro 50», poi lo vendiamo con lo sconto del 60% (Incredibile risparmio! Meraviglioso! Fantastico!) e il nostro lettore potrà tornarsene a casa tutto contento con il suo libro da 10 euro pagato 20.
Gli sconti sui libri, soprattutto quelli proposti dagli editori, sono un modo per prendere per il naso i lettori. L'ho detto e ripetuto ovunque e in tutti i possibili toni. Ma siamo ancora qui. Un libro venduto a 15 euro offerto con lo sconto del 30% è un libro che vale al massimo 10 euro (3 euro al la libreria, 2 al distributore e 5 lordi all'editore) e dovrebbe essere venduto per tutto l'anno a 10 euro, 9,50 in offerta. Punto e basta. Senza prendere in giro nessuno.
Lo sconto sui libri, soprattutto se praticato dalle grandi superfici e dalle librerie di catena, finisce per favorire unicamente pochi titoli già abbondantemente sostenuti dai media. Qualcuno ricorda l'infinita querelle provocata dalla vendita nei supermercati Tesco del settimo Harry Potter a 4 sterline nel dicembre 2008 contro un prezzo di copertina consigliato di 16? La catena di librerie Waterstone's - la cui spregiudicata politica di sconti aveva già provocato la chiusura di migliaia di punti vendita indipendenti - protestò a gran voce ma inutilmente. In omaggio alla politica «liberale» del lassez-faire si lasciò che la consociata inglese di Wall Mart entrasse pesantemente nel settore librario. Il risultato, al di là del vantaggio di posizione e d'immagine acquisito da Tesco, fu uno scontro fra giganti su un titolo ampiamente vendibile, lasciando credere ai lettori che il margine di utile fosse largamente comprimibile. «Tesco avrà ben voluto guadagnarci qualcosa, no?», si saranno molti acquirenti. Conclusione ovviamente errata e che ignora la possibilità di scegliere di compiere un'operazione in perdita per acquisire una posizione di rilievo in una ampia sezione di mercato. Tipo di operazione che è viceversa pane quotidiano per la GDO (grande distribuzione organizzata) che viaggia abitualmente con margini molto bassi ed è pronta a chiudere in perdita su classi di prodotti che intende promuovere per affermare il proprio marchio.
I supermercati e le catene librarie in Italia hanno sconti all'acquisto del 45-50% contro il 30-35% delle librerie indipendenti. Questo spiega largamente il motivo della scelta di una politica interamente basata sullo sconto. ovvero - a ben vedere -su un prezzo artificiosamente elevato ma ampiamente scontabile su una gamma di 200-300 titoli di «sicuro» successo. Il risultato finale sarà, come prevedibile, un mercato reso fortemente distorto in un settore delicato come quello librario.
Pochi editori hanno i mezzi per condurre una simile politica e ben poche librerie. Per gli uni e gli altri l'unica alternativa è la semplice chiusura.
La caccia al best-seller è poi un vero veleno per la qualità media della produzione libraria.
Date un'occhiata ai titoli in uscita.
Sarà per questo che le vendite di libri sono nella migliore ipotesi ferme o addirittura in regresso?
«Ma c'è la crisi»
Certo, vero. E i salari. come cui ha spiegato il centro Studi CGIL sono diminuiti in termini assoluti.
L'unica vera soluzione sarebbe una politica di contenimento dei prezzi. Un libro da 10 euro venduto a 10 euro.
Niente sconti straordinari, niente campagne.
Pochi giorni - tre o quatto all'anno - di sconto straordinario del 10%.
Ma non è questa la politica di lor Signori. Meno che mai quella dell'editore numero uno: Arnoldo Berlusc... pardon, Mondadori editore.
...
Ma molti editori (Marcos y Marcos, Iperborea, Nottetempo, Voland, Instar Libri, Minimum Fax, Fazi, Sellerio, Donzelli, Fanucci, E/O, il Saggiatore, Neri Pozza e centinaia di altri) stanno conducendo una campagna CONTRO questa legge. Insieme a loro librai e autori.
Per ulteriori informazioni, un po' meno brutali delle mie, rimando volentieri al loro sito.
È un po' di tempo che non parlo di libri, ovvero del mio mestiere.
Ma sono parecchio stufo e ho la sensazione netta di aver già detto praticamente tutto quello che si poteva decentemente dire sull'argomento. La politica sui libri assomiglia tristemente alla vicenda di B., il demente, che ha da tempo finito di sorprenderci.
Comunque sia, provando ad alzare lo sguardo... beh il panorama non è bello.
È in discussione al senato una legge sul libro sinceramente risibile (e anche questo non è certo un record per questo governo), opera del medesimo genio - Ricky Levi - che anni fa escogitò una legge su internet della quale parlai qui. Il fatto che l'on. Levi sia stato eletto nel PD può probabilmente deludere i sostenitori di Prodi & Bersani ma lascia del tutto impassibile il sottoscritto che ha smesso di considerare il PCI e i suoi derivati come un partito di sinistra fin dal 1977. Alla mediocre legge Levi è stato comunque aggiunto un comma che prevede in sostanza la sua totale inutilità. Lo sconto massimo sui libri concesso dalla legge è infatti del 15% (contro il 5% di Francia e Spagna e lo 0% della Germania) ma con la possibilità di condurre campagne di sconto – al 30% di sconto o più – per 11 mesi all'anno, escludendo cioé dicembre.
«E perché dicembre no?»
Tanto valeva comprendere anche dicembre.
Per i nonni amorevoli che regalano libri ai bimbi, per dire. La zie malate. I giovani senza lavoro. I vecchietti soli. La vedove e gli orfani. Prendiamo un libro e ci scriviamo sopra «euro 50», poi lo vendiamo con lo sconto del 60% (Incredibile risparmio! Meraviglioso! Fantastico!) e il nostro lettore potrà tornarsene a casa tutto contento con il suo libro da 10 euro pagato 20.
Gli sconti sui libri, soprattutto quelli proposti dagli editori, sono un modo per prendere per il naso i lettori. L'ho detto e ripetuto ovunque e in tutti i possibili toni. Ma siamo ancora qui. Un libro venduto a 15 euro offerto con lo sconto del 30% è un libro che vale al massimo 10 euro (3 euro al la libreria, 2 al distributore e 5 lordi all'editore) e dovrebbe essere venduto per tutto l'anno a 10 euro, 9,50 in offerta. Punto e basta. Senza prendere in giro nessuno.
Lo sconto sui libri, soprattutto se praticato dalle grandi superfici e dalle librerie di catena, finisce per favorire unicamente pochi titoli già abbondantemente sostenuti dai media. Qualcuno ricorda l'infinita querelle provocata dalla vendita nei supermercati Tesco del settimo Harry Potter a 4 sterline nel dicembre 2008 contro un prezzo di copertina consigliato di 16? La catena di librerie Waterstone's - la cui spregiudicata politica di sconti aveva già provocato la chiusura di migliaia di punti vendita indipendenti - protestò a gran voce ma inutilmente. In omaggio alla politica «liberale» del lassez-faire si lasciò che la consociata inglese di Wall Mart entrasse pesantemente nel settore librario. Il risultato, al di là del vantaggio di posizione e d'immagine acquisito da Tesco, fu uno scontro fra giganti su un titolo ampiamente vendibile, lasciando credere ai lettori che il margine di utile fosse largamente comprimibile. «Tesco avrà ben voluto guadagnarci qualcosa, no?», si saranno molti acquirenti. Conclusione ovviamente errata e che ignora la possibilità di scegliere di compiere un'operazione in perdita per acquisire una posizione di rilievo in una ampia sezione di mercato. Tipo di operazione che è viceversa pane quotidiano per la GDO (grande distribuzione organizzata) che viaggia abitualmente con margini molto bassi ed è pronta a chiudere in perdita su classi di prodotti che intende promuovere per affermare il proprio marchio.
I supermercati e le catene librarie in Italia hanno sconti all'acquisto del 45-50% contro il 30-35% delle librerie indipendenti. Questo spiega largamente il motivo della scelta di una politica interamente basata sullo sconto. ovvero - a ben vedere -su un prezzo artificiosamente elevato ma ampiamente scontabile su una gamma di 200-300 titoli di «sicuro» successo. Il risultato finale sarà, come prevedibile, un mercato reso fortemente distorto in un settore delicato come quello librario.
Pochi editori hanno i mezzi per condurre una simile politica e ben poche librerie. Per gli uni e gli altri l'unica alternativa è la semplice chiusura.
La caccia al best-seller è poi un vero veleno per la qualità media della produzione libraria.
Date un'occhiata ai titoli in uscita.
Sarà per questo che le vendite di libri sono nella migliore ipotesi ferme o addirittura in regresso?
«Ma c'è la crisi»
Certo, vero. E i salari. come cui ha spiegato il centro Studi CGIL sono diminuiti in termini assoluti.
L'unica vera soluzione sarebbe una politica di contenimento dei prezzi. Un libro da 10 euro venduto a 10 euro.
Niente sconti straordinari, niente campagne.
Pochi giorni - tre o quatto all'anno - di sconto straordinario del 10%.
Ma non è questa la politica di lor Signori. Meno che mai quella dell'editore numero uno: Arnoldo Berlusc... pardon, Mondadori editore.
...
Ma molti editori (Marcos y Marcos, Iperborea, Nottetempo, Voland, Instar Libri, Minimum Fax, Fazi, Sellerio, Donzelli, Fanucci, E/O, il Saggiatore, Neri Pozza e centinaia di altri) stanno conducendo una campagna CONTRO questa legge. Insieme a loro librai e autori.
Per ulteriori informazioni, un po' meno brutali delle mie, rimando volentieri al loro sito.
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